Archivi del mese: luglio 2022

Strutture serendipiche di Francesco Paolo Intini, Televisore, Due esercizi serendipici di Giuseppe Gallo, Gli esercizi serendipici sono un utilissimo strumento per liberare l’immaginazione dalle pastoie grigie dell’io. La regola è che la parola o l’oggetto designati devono essere messi in relazione con un enunciato o più enunciati correlati che non hanno alcun legame diretto con la parola o l’oggetto designato. Può sembrare un esercizio di semplice esecuzione. E invece è difficilissimo, ma può essere svolto in moltissimi modi differenti

Sean Connery Agente 007 spiaggiaGli esercizi serendipici sono un utilissimo strumento per liberare l’immaginazione dalle pastoie grigie dell’io. La regola è che la parola o l’oggetto designato devono essere messi in relazione con un enunciato o più enunciati correlati che non hanno alcun legame diretto con la parola o l’oggetto designato. Può sembrare un esercizio di semplice esecuzione. E invece è difficilissimo, ma può essere svolto in molti modi differenti. 
Ecco un esempio di struttura serendipica tratto da una foto scattata durante una pausa delle riprese del film “Thunderball” (film del 1964):

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Milano marittima

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Spiaggia non identificata: Sean Connery (Agente 007) e Claudine Auger in costume da bagno, durante una pausa delle Riprese di “Thunderball” (film del 1964), l’attrice è sulle gambe di Sean Connery seduto su una sdraio mentre guarda corrucciato il fotografo che sta scattando la fotografia

(g.l.)

Sulla serendipità

La Treccani: serendipità s. f. [dall’ingl. serendipity, coniato (1754) dallo scrittore ingl. Horace Walpole che lo trasse dal titolo della fiaba The three princes of Serendip: era questo l’antico nome dell’isola di Ceylon, l’odierno Srī Lanka], letter. – La capacità o fortuna di fare per caso inattese e felici scoperte, spec. in campo scientifico, mentre si sta cercando altro.

Con il crollo della coscienza quale luogo privilegiato della riflessività del soggetto, è crollata anche l’arte fondata sulle fondamenta di quel luogo, di quel soggetto, ergo: crisi della rappresentazione prospettica e unitemporale e crisi della rappresentazione tout court.

Il soggetto è diventato serendipico.

La mancanza di un Principio è diventata una petizione serendipica.

La disseminazione è diventata il luogo della serendipità.

Il soggetto serendipico è diventato una traccia, parla un linguaggio-traccia, un linguaggio osmoticamente serendipico, cancellabile, sostituibile. La poesia, il romanzo, le arti figurative, il cinema sono diventati i luoghi dove si racconta ciò che ci narra la realtà serendipica, la condivisione serendipica, l’I like serendipico: la narrazione giornalistica della crisi prospettica. L’arte diventa comunicazione del comunicato stampa, del comunicazionabile, comunicazione della condivisione, l’I like della «privacy» de-storicizzata, l’I like delle storie personali, degli affari propri. Una esistenza de-storicizzata dà luogo ad una esistenza serendipica.

(Marie Laure Colasson)

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Francesco Paolo Intini

Perché si arriva a questo procedimento nella poetry kitchen?
(Gino Rago)

L’io è serendipicamente mutato in non-Io, per effetto di un morso di zanzara, credo o per un verso scagliato da Orfeo contro le Baccanti.
Il verso serendipico abolisce l’ispirazione ma anche l’aspirazione. Parte da un punto qualsiasi, un verbo, un aggettivo a caso, il primo oggetto visualizzato sul televisore o che viene in mente a una lucertola e sbroglia la matassa che gli sta dietro.
L’autore non ha una storia da raccontare, ma uno yogurt di fatti montati l’uno sull’altro, l’uno accanto all’altro in un techeteche ad interesse zero perché la ripetizione ne ha tolto il succo, la vis comica e la bellezza fisica è offuscata dalla vecchiaia e dal lifting.
Se in questo frangente capita di perdere la coda diventa possibile che ricresca una testa o una zampa o uno sportello di auto o uno spillo.
Il DNA che generava il buon verso musicale presenta una mutazione da inquinamento atmosferico e non solo. L’effetto principale è che il figlio non assomiglia ai genitori. Nascono bulloni da gemme di ulivo e dunque diventa salutare condire l’insalata con l’olio dei freni.
Non solo, ma le quattro basi azotate si sono ritrovate acide da un giorno all’altro per un cambio di stagione non preventivato e dunque è lecito aspettarsi che dai figli dei fiori, attesi per il prossimo anno, nascano piccoli Kruscev con le ogive piene di cemento armato e più in là l’agenda prevede roboanti piazze in cui baffetti e baffoni si scontreranno rovesciando tutte le medaglie.
L’evoluzione è ovvia. La cucina contiene tutti gli elementi di un perfetto disordine. Se la lavastoviglie è la suocera, il frigo è la nuora. C’è spazio per Antigone ma anche per un pesciolino d’argento o un’aragosta nella grotta del divano.
In tutto questo convertire longitudini con parallele rimane solo un punto al centro del pianeta, fisso come una fissazione universale: “LA POESIA NON CONTA NULLA” o al massimo dell’analgesia un po’ meno dell’aspirina contro le tabe dorsali ma ci sarà sempre qualcuno che buscherà il premio Nobel per gli sforzi fatti nel dimostrare il contrario.

Tu bari (io pure)

Microscopio

“I poeti sono eventi di una pozzanghera
in attesa che Einstein ne spieghi il caos.”

Per caso è San Giacomo e dolce e chiara è la notte e senza vento?-

Si tratta di una caldaia che dibatte col mestolo per capire se il metallo sia creta o viceversa.

Una versione popolare accennava a droghe pesanti e leggere che sempre droghe sono o furfanti.

E dunque ci devono essere dei precedenti, qualcuno che spieghi di cosa si stava parlando e se questo affondare le zampe nel sugo di pelose faccia parte del gioco.

Forse iniziò con un calcio negli stinchi la sfida all’antico e ci volle un alieno per risolverla in favore di cosa?

La luna dribbla i suoi pezzi , ma fa niente, non c’era nei programmi di uscirsene con un petto di pollo e sbiancare la serata col chiarore del contado,-

Finì con un gesto crudele di tigre contro tigre azzoppata?
Ora si tratta di capire se in marmitta vada meglio l’aglio o la cipolla.

E’ ora che la catalisi trasformi in delizia l’odore di un cefalo spiaggiato!

Qualcuno intanto imbandiva la tavola e invece del “tutto è logico basta partire dalle orecchiette che si finisce a rape”- ovvio che Newton ne firmava i Principia -, servì tre paccheri (dico tre) in salsa di gambero.

Mutò la fisica classica in moderna?

Qui sul lungomare scorre linfa di fico e il polpo si arriccia sputando morbidezze e lussurie di amante.

Ma dal terrazzo la vista è uno scorrere di pista su pista e se arriva un lamento in ventosa è presto azzerato da un rombo di scooter.

Anche il pesce si presenta in marsina e racconta in tedesco- francese- inglese e latino che un’ombrina di brodo bollito ha mutato una zuppa in panino.

Occorre un uomo di genio per comprendere come scorre il presente sui tetti di Bari, Se”n’derr all lanz” stia in mezzo a Manhattan.

E i poeti? Particelle di grasso su Yogurt come in foto di gruppo.

Francesco Paolo Intini

UNA INTERPRETAZIONE AFOSA

 Quark 

A pancia piena cantano lodi gregoriane. Non sanno chi suoni l’organo né chi diriga il gran concerto. Dopo aver apparecchiato il nido – alcune specie di pappagalli lo cingono di bouganville come la fronte di Gesù- covano le uova . Aspettano con ansia il pigolio delle zanzare. 

Ibiscus 

Che male c’è a nascere radio telescopio? Ci sono api che vengono dal nulla. L’occhio potente mette a fuoco la nascita del primo ronzio.  

Silenzio 

Matrioska di corvi. Gracchiano al mattino, gracchiano la sera. Interferiscono di giorno. 

Eugualeemmecidue.  

Non aprire la porta del neurone estremo. Dopo, nel paradosso, quando sei di là, tra  pupe che mai si schiusero- Capsule della conservazione che mai si dissolsero- Il terzo occhio del baco che non trovò gelso:-sono la cellula senza sangue, dove il respiro adombra il suo “non c’è”. 

Governo 

Accade che un governo entri nella spazzatura e trovi pace tra Rumor e Leone. Oggi però soltanto il non riciclabile sarà reso al creatore. Mancano le stragi, ma la tensione promette un’estate di tira e molla in favore dell’organico. 

Bottiglie 

Ascoltare i poeti … mentre battono i denti delle assonanze.  

Un CRA di qua, un CRA di là e TRALLALLERO di: 

 -Comare hai una cipolla?  

E dentro un buco nero la stella nana della malinconia: 

-Mi stiri la camicia che domani ho un matrimonio? 

 Sarà stritolata dal bel canto per una madre, una campagna che residua un filo d’erba, il ciliegio immune ai pesticidi e il colibrì che succhia Andromeda.  

Silenzio!  

Inizia il pianto antico.  

Spunta la luna dal monte…fiu..fiu.. 

Uno sbuffo di qua, uno li là del toro Islero in Manolete. 

(potrebbe continuare)

Giuseppe Gallo

Primo esercizio

Televisore

Il televisore si accese per sorridere. Finalmente conteneva.
E il lampadario a sette luci si spense. Era l’ora del caffè.

Dimmi. Cos’è una parola se nessuno la dice?
Il frigo affogava nel Rum. Satinato e bisex.

Marilaure a piedi nudi aveva intravisto Brigitte Bardot
fare l’amore con la guerra. Si era già all’apericena.

C’era da aspettarselo. L’oroscopo l’aveva previsto.
Dio fluiva nell’universo inseguendo un rotolo di carta igienica.

Secondo esercizio

Televisore

Putin, accucciato nel grano, ingoia uomini assopiti dal gas.

Lampadario

Tramonto.

Caffettiera

Sorso dopo sorso il giovane Holden è diventato Nessuno.

Campo largo 

Sempre dentro. Nel gorgo. Con l’Ombra che ci cade addosso.

Appendiabiti

Giacobbe voleva tornare in Palestina tra i sicomori e le palme.

Frigorifero 

Oggi il vento del Nord ronza intorno mortifero

Universo 

E la palla di gomma rimbalza da Venere a Marte, da Saturno alla Luna.

Climatizzatore

Da Wuhan in poi la ventola non funziona neanche a Mariupol.

Oroscopo 

Oro e ora erano fratello e sorella.

Rotocalco

Gira che ti rigira, c’è sempre Totti a leccare un cucchiaio di carta.

Francesco Paolo Intini (1954) vive a Bari. Coltiva sin da giovane l’interesse per la letteratura accanto alla sua attività scientifica di ricerca e di docenza universitaria nelle discipline chimiche. Negli anni recenti molte sue poesie sono apparse in rete su siti del settore con pseudonimi o con nome proprio in piccole sillogi quali ad esempio Inediti (Words Social Forum, 2016) e Natomale (LetteralmenteBook, 2017). Ha pubblicato due monografie su Silvia Plath (Sylvia e le Api. Words Social Forum 2016 e “Sylvia. Quei giorni di febbraio 1963. Piccolo viaggio nelle sue ultime dieci poesie”. Calliope free forum zone 2016) – ed una analisi testuale di “Storia di un impiegato” di Fabrizio De Andrè (Words Social Forum, 2017). Nel 2020 esce per Progetto Cultura Faust chiama Mefistofele per una metastasi. Una raccolta dei suoi scritti:  Natomaledue è in preparazione. 

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Marie Laure Colasson nasce a Parigi nel 1955 e vive a Roma. Pittrice, ha esposto in molte gallerie italiane e francesi, sue opere si trovano nei musei di Giappone, Parigi e Argentina, insegna danza classica e pratica la coreografia di spettacoli di danza contemporanea. Nel 2022 per Progetto Cultura di Roma esce la sua prima raccolta poetica in edizione bilingue, Les choses de la vie.

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Giuseppe Gallo, nato a San Pietro a Maida (Cz) il 28 luglio 1950 e vive a Roma. È stato docente di Storia e Filosofia nei licei romani. Negli anni ottanta, collabora con il gruppo di ricerca poetica “Fòsfenesi”, di Roma. Delle varie Egofonie,  elaborate dal gruppo, da segnalare Metropolis, dialogo tra la parola e le altre espressioni artistiche, rappresentata al Teatro “L’orologio” di Roma. Sue poesie sono presenti in varie pubblicazioni, tra cui Alla luce di una candela, in riva all’oceano,  a cura di Letizia Leone (2018.); Di fossato in fossato, Roma (1983); Trasiti ca vi cuntu, P.S. Edizioni, Roma, 2016, con la giornalista Rai, Marinaro Manduca Giuseppina, storia e antropologia del paese d’origine. Ha pubblicato Arringheide, Na vota quandu tutti sti paisi…, poema di 32 canti in dialetto calabrese (2018), ha pubblicato il romanzo Vi lowo tutti, (Progetto cultura, Roma, 2021). È redattore della rivista di poesia e contemporaneistica “Il Mangiaparole”. È pittore ed ha esposto in varie gallerie italiane.

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Testi serendipici di Giorgio Linguaglossa, Lucio Mayoor Tosi, Jacopo Ricciardi, Il soggetto serendipico è diventato una traccia, parla un linguaggio-traccia, un linguaggio osmoticamente serendipico, cancellabile, sostituibile. La poesia, il romanzo, le arti figurative, il cinema sono diventati i luoghi dove si racconta ciò che ci narra la realtà serendipica, la condivisione serendipica, l’I like serendipico: la narrazione giornalistica della crisi prospettica. L’arte diventa comunicazione del comunicato stampa, del comunicazionabile, comunicazione della condivisione, l’I like della «privacy» de-storicizzata, l’I like delle storie personali, degli affari propri. Una esistenza de-storicizzata dà luogo ad una esistenza serendipica.

Lucio Mayoor Tosi Gallina Nanin uccisa

Lucio Mayoor Tosi, La gallina Nanin uccisa nel pollaio, 2022

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L’arte è magia liberata dalla menzogna di essere verità (Adorno)

Il “Washington Post” ha di recente pubblicato un articolo che illustra come siano sfuggenti se non arbitrari i criteri con cui viene dato diverso spazio alle diverse e frequenti aggressioni armate che sono tornate a essere trattate come una “crisi” per il loro essersi intensificate negli ultimi mesi. Non è chiaro in base a quali variabili (movente, origine delle vittime, luogo, modalità) ciascun evento guadagni maggiori o minori share: ci sono molte variabili: una strage è considerata più una notizia se avviene in un luogo dove è meno prevedibile, o dove le persone dovrebbero essere più protette e al sicuro; il matematico dato quantitativo del numero dei morti è quello che decide di più le scelte perché attrae di più l’interesse dei lettori. La redazione del “Washington Post”, si dice nell’articolo, manda di norma un inviato quando i morti sono almeno quattro: «non riusciamo a seguire tutte le storie».

È un tema di riflessione quanto i meccanismi dell’informazione siano in realtà serendipici e affetti da disinformazia, ovvero, dipendano da variabili indipendenti dalla nostra volontà e/o dal significato che noi attribuiamo alle parole dato che siamo abituati a considerare degne della nostra attenzione e analisi catastrofi, tragedie, violenze e quant’altro a partire dal numero di decessi di persone, oppure per le variabili fortuite o per degli algoritmi che decidono per noi ciò che segretamente desideriamo. La realtà è già da tempo diventata serendipica e parallattica. E non ce ne eravamo accorti.

Con il che il soggetto post-edipico è diventato il soggetto serendipico.

Peschiamo in quella zona di indistinzione e di indiscernibilità in cui tutti i significati sono fasulli e posticci come nella notte di Hallowen. È il collasso dell’ordine simbolico ciò di cui tratta la poesia serendipica, il collasso dei significati; la poesia ha cessato di essere una «posizione di significati» per diventare una «indisposizione dei significati»; la guerra di invasione di uno stato sovrano, l’Ucraina, ha reso tutto ciò assolutamente evidente. La vecchia nomenclatura della poesia dell’io plenipotenziario e penitenziario è diventata improvvisamente assolutamente ridicola. Quale «Io» in questa situazione di collasso dell’ordine simbolico?. Il mondo di parallasse è un mondo parallattico e serendipico.*

(Giorgio Linguaglossa)

*[Mi ha colpito la notizia dei due cosmonauti russi i quali hanno issato a bordo della navicella spaziale la bandiera con la Z impressa. Che altro dire?, ci troviamo in un reale parallattico, serendipico, collassato… non c’è più un reale su cui si possa fare riferimento, ciascuno ha il proprio reale portabile, ciascuno parla e pensa nel proprio linguaggio collassato, fitto di ideologemi, scatole vuote, ciascuno parla con il revolver fumante sul tavolo, non ci sono più che significati serendipici]

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Sulla serendipità

La Treccani: «serendipità s. f. [dall’ingl. serendipity, coniato (1754) dallo scrittore ingl. Horace Walpole che lo trasse dal titolo della fiaba The three princes of Serendip: era questo l’antico nome dell’isola di Ceylon, l’odierno Srī Lanka], letter. – La capacità o fortuna di fare per caso inattese e felici scoperte, spec. in campo scientifico, mentre si sta cercando altro.»

Con il crollo della coscienza quale luogo privilegiato della riflessività del soggetto, è crollata anche l’arte fondata sulle fondamenta di quel luogo, di quel soggetto, ergo: crisi della rappresentazione prospettica e unitemporale e crisi della rappresentazione tout court.

Il soggetto è diventato serendipico

La mancanza di un Principio è diventata una petizione serendipica.

La disseminazione è diventata il luogo della serendipità.

Il soggetto serendipico è diventato una traccia, parla un linguaggio-traccia, un linguaggio osmoticamente serendipico, cancellabile, sostituibile. La poesia, il romanzo, le arti figurative, il cinema sono diventati i luoghi dove si racconta ciò che ci narra la realtà serendipica, la condivisione serendipica, l’I like serendipico: la narrazione giornalistica della crisi prospettica. L’arte diventa comunicazione del comunicato stampa, del comunicazionabile, comunicazione della condivisione, l’I like della «privacy» de-storicizzata, l’I like delle storie personali, degli affari propri. Una esistenza de-storicizzata dà luogo ad una esistenza serendipica.

(Marie Laure Colasson)

Poetry kitchen

Esercizi serendipici

 

Giorgio Linguaglossa

Televisore

Quella cosa che si accende e si spegne, si accende dopo che si spegne e si spegne dopo che si accende.

Lampadario

Un acchiappafarfalle litigò con un ventilatore e diventò un topo mentre un rinoceronte deglutiva un innocente

Caffettiera

Uomini in canottiera preferiscono il caffè bisex all’apericena, dichiarano di voler andare su Encelado, satellite di Giove dove piove una pioggia di diamanti

Campo Largo

Un triangolo isoscele si arrampica sul grattacielo più alto di Taiwan, scatta una foto alla luna, torna indietro, prende l’ascensore, si ferma al bar e ordina una granita di caffè affogata nel Rhum

Appendiabiti

Quella cosa malinconica che sta sempre in anticamera dietro al tappo di sughero dello spumante come la polvere sotto il tappeto del salotto

Frigorifero

Mare della tranquillità dove il borseggiatore nasconde la refurtiva

Universo

È quella casa che sta dentro un’altra casa che non ha fine né inizio ma si prende spesso il raffreddore

Climatizzatore

Accade che Venere e Marte giocano a tuo favore se Brigitte Bardot si getta nella mischia mentre tu vai in piscina a nuotare. Consiglio: Gli specchi ci disprezzano, non dimenticate che i pipistrelli avranno la loro vendetta

Oroscopo

La posizione parallattica di Venere tra Marte e Saturno inficia i tuoi progetti se presi prima di pranzo. Consiglio: Nascondi sempre la pistola nel primo cassetto del comò

Rotocalco

Rotolo di carta igienica che si srotola e si arrotola dopo che si è andati al bagno a fare un bisogno. Continua a leggere

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Edith de Hody Dzieduszycka, Tre Libri: Alghe e fanghiglia (2021), Un’altra pelle (2022), Frattaglie (2022), Lettura di Marie Laure Colasson, L’arte diventa comunicazione del comunicato, comunicazione della «privacy», delle storie personali, non più dell’incomunicabile, non più di ciò che ci dice l’indicibile, il lato nascosto, in ombra dell’esistenza. Edith Dzieduszycka è sostanzialmente una poetessa dell’esistenza e del modernismo, rimane ancorata ai principi cardine delle poetiche del modernismo del Novecento

Edith Dzieduszycka immagine
Edith Dzieduszycka astratto, 2016

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Tre libri di Edith de Hody Dzieduszycka
nella lettura di Marie Laure Colasson

Edith Dzieduszycka, Un’altra pelle, haiku, Progetto Cultura, Roma, 2022, pp. 86, € 12

La poesia haiku è un genere letterario legato e intimamente connesso alla componente naturalistica: ne consegue, logicamente, che un buon haijin dovrebbe farsi fine osservatore di tutto quello che può essere catalogato come “dato o evento naturalistico”. Questo è ancor più vero se teniamo presente che, nella poesia haiku il riferimento stagionale (kigo/kidai) è veicolo del sentire e dei moti d’animo dello haijin.
Comporre un buon haiku non è tanto scrivere, bensì osservare con attenzione: un vero haijin dovrebbe anzitutto fare propri i valori estetici tipici del genere poetico preso in esame oltre che familiarizzare con le principali tecniche compositive di questa forma di poesia (sottotipi di toriawase, ichibutsujitate, posizione del kireji, uso del chūkangire, ecc).
Nella poesia haiku, al pari di quanto avviene anche in altre arti giapponesi, «less is more» (meno è meglio), uno haijin, che voglia essere riconosciuto tale, deve togliere, sottrarre e, in un certo senso, destrutturare gran parte delle nostre sovrastrutture mentali: tutto quello che un poeta di haiku necessita è «meno». Il registro linguistico che uno haijin adotta nei suoi componimenti, come si sa, è semplice, ma non elementare, privo di fronzoli e retorica; le immagini presenti, variamente combinate fra loro (toriawase), che vengono proposte al fruitore delle poesie haiku devono essere concrete e molto raramente egli dovrebbe ricorrere a immagini astratte. Un poeta di haiku non parla né al passato né al futuro, ma è solo e sempre immerso, così come ogni buon componimento creato dalla sua penna, nel presente, nell’hic et nunc.
È la crisi della poesia del modernismo quello che questa poesia haiku di Edith de Hody Dzieduszycka mette in vetrina, la poetessa segue il principio della libera perifrasi, non più le antichissime e nobili regole dello haiku classico: in Dzieduszycka posta una parola, un oggetto, segue la perifrasi, che dà una analisi di quell’oggetto lontana molto spesso dalla ragione narrante del modo tradizionale di fare haiku. La poetessa franco-italiana mette in opera una de-figurazione delle regole dell’haiku. Con il crollo della coscienza quale luogo privilegiato della riflessività del soggetto, è crollata anche l’arte fondata sulle fondamenta di quel luogo, ergo, crisi della rappresentazione prospettica e crisi della rappresentazione tout court. La mancanza di un Principio è diventata una petizione di principio, la disseminazione è diventata il luogo dell’erranza; il soggetto è diventato una traccia; la poesia, il romanzo, le arti figurative, il cinema sono diventati i luoghi dove si racconta ciò che ci narra la cronaca: la narrazione giornalistica della crisi. L’arte diventa comunicazione del comunicato, comunicazione della «privacy», delle storie personali, non più dell’incomunicabile, non più di ciò che ci dice l’indicibile, il lato nascosto, in ombra dell’esistenza. Edith Dzieduszycka è sostanzialmente una poetessa dell’esistenza e del modernismo, rimane ancorata ai principi cardine delle poetiche del modernismo, come appare chiaro in questi ultimi suoi tre volumi.

Edith Dzieduszycka, Alghe e fanghiglia, Genesi, Torino, 2021pp. 150, € 15

Nella penombra blu
galleggiano
leggeri
gli ectoplasmi

bene lo sanno
loro
d’essere percepiti da pochi eletti
così da molto tempo
si sono rassegnati ad esser trasparenti

io che non m’illudo di stare tra quei pochi
cerco di capire cosa sono
le forme
informi e ondeggianti
che tutt’intorno a me
luccichio
volteggiano.

È una poesia del libro di Edith de Hody Dzieduszycka: c’è la «casa austera dalle persiane verdi», ci sono degli esseri invisibili, gli «ectoplasmi», ci siamo, invisibili, noi i lettori, ci sono gli abitanti della casa, rigorosamente anonimi, c’è tutto ciò che ci deve essere, c’è il padre e la madre dell’autrice, o meglio, l’assenza del padre e della madre deportati dai nazisti nel lager di Auschwitz durante l’ultima guerra, c’è un «muro altissimo», e poi c’è il misterioso mondo dell’infanzia. Sono rimaste delle «alghe» e della «fanghiglia», tutto ciò che sopravvive di quel mondo lontano:

Per i miei cinque anni
regalata mi fu una colomba bianca
bestiolina gentile che nominai Justine.
Aperta la sua gabbia svolazzava felice
andando a posarsi sulla spalla o la testa
di chi la invitava.

Insieme a lei, più conigli e galline nel pollaio
in sette eravamo in quella casa
dalle persiane verdi di fronte alla scuola
un uomo, mio padre e sei donne
chiuse le serrande contro orecchi malvagi
ad ascoltare alla radio messaggi oscuri
a vigilare seri e bisbigliare cose che non capivo.

Verso di me piovevano, severe ed accorate
le raccomandazioni sul come comportarmi:
“Se gente sconosciuta incontrata per strada
ti fa domande strane sulla nostra famiglia
mentre vai nel villaggio a comprare il pane
devi fare la stupida e dire:
Non lo so, io sono piccina”
poi subito di corsa tornare a casa.

Successe una mattina plumbea di novembre
mai più adatto il giorno
– due, quello dei Morti –
che rimarrà per sempre nella mia memoria.

Calzata da stivali
serrata in vert-de-gris
irruppe a mezzogiorno abbaiando
una squadra feroce
che alla vita vera e a noi tre sorelle
strappò all’improvviso madre e padre.

Lasciata fu poi la casa
vuota
spalancata
noi sorelle spaurite
messe al sicuro da persone pietose
nascoste e protette insieme a Justine
minuscolo tesoro nella gabbia rinchiusa

Cupi e angosciosi come gelida nebbia
vennero poi i giorni dell’attesa
le notti afone dei roventi perché
il Tempo del Silenzio.
Tra il prima e il dopo
eretto era stato
un muro, un Muro altissimo
di sospetto e di paura.

In quella casa austera dalle persiane verdi
casa di pietra grigia a prima vista anonima
in quel cortile stretto fra dimore ostili
visitato di notte da ombre fluttuanti
accadevano ora eventi insoliti
che vedevo solo io
nessun altro sapeva.

Porte che sbattevano
quando lontano già era fuggito il vento
finestre spalancate all’improvviso chiuse
come gusci gelosi e silenziose bocche
pareti stropicciate, da ragni
e pipistrelli rammendate agli angoli
scala che scendeva invece di salire
nell’androne budello
bagliori ballerini
e presenze malvagie dalle mosse furtive
un granaio di fronte pieno di meraviglia
corone e perline
perfide trappole.

in quella casa tetra vestita da fantasmi
dal ricordo distorta e mai più disertata
viva ancora, nei miei sogni
e dal respiro caldo
forse ritroverò il filo della storia. Continua a leggere

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Marie-Laure Colasson, Les choses de la vie, Progetto Cultura, Roma, 2022, pp. 126, 12 €, Nota di lettura di Edith Dzieduszycka, Qualsiasi ierofania mi è ostile ed estranea, Nella mia poesia non troverete mai le parole che diventano la «potenza» della negazione o la «potenza» della affermazione, che vogliono il reale come Nulla, e sono quindi Nihil, nichilismo (M.L. Colasson)

Marie Laure Colasson Les choses de la vie

Chi sa perché, mi affiora spesso in mente l’antico giuoco delle somiglianze e delle affinità, che applico a persone sconosciute o celebre in momenti di svago mentale o d’insonnia!

Così, dopo la lettura del suo libro, Les choses de la vie, ora pubblicato da Progetto Cultura con dotti commenti di Giorgio Linguaglossa, mi è venuta in questa notte bianca la voglia di scegliere un animale da abbinare in qualche modo a Milaure! E’ stato fulmineo! En un clin d’oeil mi è subito sbalzata nel pensiero l’immagine della libellula! Creatura sinuosa e danzante, raffinata e rarefatta, leggera e scintillante, dal pallore un po’ evanescente, il cui volo a zigzag veloce e imprevedibile la porta di qua di là sulle acque dello stagno, alla ricerca di un cibo nascosto o semplicemente di un giunco degno della sua attenzione.

Dotata di ali luminescenti e frementi al minimo soffio di vento, è arduo seguire il suo percorso. Tout comme è spesso difficile seguire la poesia di Marie-Laure, che non può e non vuole dimenticare o rinnegare le sue origini. Ci trasporta così, attraverso colte citazioni e rimandi, insieme a personaggi ricorrenti, la blanche geisha, Eredia, Lilith, la comtesse Bellocchio, Eglantine e Sarah e tanti altri, nel mondo cosmopolita e soprattutto francese del ‘900, tra i versi di Rimbaud e Verlaine, sulle musiche di Satie e Ravel, illuminati dal demone verde elettronico (ndr. la sigaretta elettronica che l’autrice fuma). Un mondo in cui n’importe quoi peut arriver à n’importe chi!

Contenitore senza fondo di tutte le meraviglie, vaso di Pandora dalle capacità inesauribili, le sac crocodile si riempie e si svuota al ritmo della danza e d’una coreografia sempre in movimento di clown pailletés e coccinelle.

Un tour de force d’inventiva, d’immaginazione, di reminiscenze a 360°, con gli accostamenti più strambi ed imprevisti che ci trascinano in una ronda infernale in cui vizio e virtù si danno la mano per dipingere le tele più folli ove spadroneggia un Francis Bacon imperioso seduto sul suo trono-poltrona di velluto grenat.

Copertina ispirata a Rotella, con quella gamba rossa e aguichante emergendo dagli strappi a conferma della frammentazione di stile e percorso mentale. Una lettura saltellante e brillante che non ti lascia un attimo di requie, ma ti spinge e trascina in tutte le direzioni sul suo carosello impazzito!

(Edith Dzieduszycka, 1 luglio 2022)

Sedie comuni ridipinte da Marie laure Colasson

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Qualsiasi ierofania mi è ostile ed estranea.

Penso che la mia poesia sia afanica, drasticamente materica, diafana e diafanica.

L’arte oggi attraversa tutti i suoi momenti senza poter mai giungere a un’opera che esprima il positivo, giacché non può mai identificarsi con alcuno dei momenti del positivo. Nella mia poesia non troverete mai un momento in cui si dice il positivo di un enunciato e né il positivo di una negazione. Affermazione e negazione facevano parte di quella metafisica che intendeva le parole che contenevano una intenzionalità verso […] una direzione verso […]. Non troverete mai le parole che diventano la «potenza» della negazione o la «potenza» della affermazione, che vogliono il reale come Nulla, e sono quindi Nihil, nichilismo. Il termine non è ovviamente hegeliano ma post-heideggeriano, come post-heideggeriana è la conclusione del concetto dell’arte nella surmodernità: Oggi la nuova metafisica che è la Tecnica nuda non  dà alcun nichilismo, non ci consegna alcun Nihil ma ci fornisce il Pieno in grandissima quantità: il Pieno dei markettifici, il pieno di benzina, il pieno del negotium che ha sostituito l’otium. Tutto ciò non coincide con nessuna essenza dell’arte nel punto estremo del suo destino (hegelianamente inteso); in entrambe le soluzioni l’essere dell’arte si destina all’uomo come un qualcosa che non può essere pronunciato, chiamato, definito. Probabilmente, finché il nichilismo governerà segretamente il corso della storia dell’occidente, l’arte non uscirà dal suo interminabile crepuscolo, un crepuscolo pieno di «cose piene», ovviamente.

(Marie Laure Colasson)

Le prime sei composizioni di Les choses de la vie

1.

Son petit pain fourré au champagne le matin
des cigarettes en chocolat dans ses poches trouées

Un merle chante au centre du silence
un merle chante faux dans un silence aveuglant

Assis sur une photo de Doisneau séchant dans la baignoire
solitude sans silence

Eglantine boit le champagne suce le chocolat
avale la photo engloutie au fin fond de son lit

Sa photo à côté du lit
è definitivo coup de poignard

Dans la chambre émanation de cadmium red
elle poignarde le temps le merle s’envole

Putride le déclin convulsif le temps
elle tressaille engloutie au fin fond de son lit

La chambre est rouge

*

La sua ciambella farcita allo champagne al mattino
delle sigarette al cioccolato nelle sue tasche bucate

Un merlo canta al centro del silenzio
Un merlo canta falso nel silenzio accecante

Seduto sopra una foto di Doisneau si asciuga nella tinozza
solitudine senza silenzio

Eglantine beve lo champagne succhia il cioccolato
Inghiottisce la foto inabissata al fondo del letto

La sua foto accanto al letto
è definitivo colpo di pugnale

Nella stanza emanazione di cadmium red
Lei pugnala il tempo il merlo s’invola
Putrido il declino convulso il tempo
lei rabbrividisce inabissata in fondo al letto

La stanza è rossa

2.

Les couleurs dansent sur la pointe d’une aiguille
Menaçant le rouge de devenir violet

Rouges violettes les fleurs sur le balcon
dans le cercueil de Paul Cézanne des photos éparpillées

Sarah dans le tunnel s’en empare pour gommer leurs mémoires

Le cercueil furieux s’échappe en Rolls Royce
boit son thé au jasmin se brûlant les entrailles

Sarah prend un chiffon bleu outremer
pour nettoyer ces fragments d’archéologie

Les couleurs les photos se transforment en gélatine
pour construire un incertain devenir

Que de photos éparpillées sur le sol
archéologie du passé

Son rimmel a coulé un autre théâtre
avec un chiffon efface la mémoire

……échappatoire

*

I colori ballano sulla punta d’un ago
minacciano il rosso di diventare viola

Rossi viola i fiori sul balcone
nella bara di Paul Cezanne delle foto sparpagliate

Sarah dentro il tunnel se ne impadronisce per cancellare le loro memorie

La bara furiosa se ne scappa in Rolls Royce
beve il suo tè al gelsomino si brucia le viscere

Sarah prende uno straccio blu oltremare
per pulire questi frammenti d’archeologia

I colori le foto si trasformano in gelatina
per costruire un incerto avvenire

Quante foto sparpagliate sul pavimento
Archeologia del passato

Il suo rimmel si è sciolto un altro teatro
con lo straccio cancella la memoria

….scappatoia

Marie Laure Colasson Notturno 9 collage 30x25 cm 2007M.L. Colasson, Collage, Notturno, 30×25, 2007

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Robert Frost, Fuoco e ghiaccio, Adelphi, 2022, a cura di Ottavio Fatica, traduzione di Silvia Bre, pp. 547 € 30, Nota di lettura di Marie Laure Colasson

Robert frost

circa 1960: American poet and 1924 Pulitzer Prize winner Robert Lee Frost (1874 – 1963) holds a stick in both hands at arms length in a forest. (Photo by Hulton Archive/Getty Images)
.

Stopping by Woods on a Snowy Evening
di ROBERT FROST

Whose woods these are I think I know.
His house is in the village though;
He will not see me stopping here
To watch his woods fill up with snow.

My little horse must think it queer
To stop without a farmhouse near
Between the woods and frozen lake
The darkest evening of the year.

He gives his harness bells a shake
To ask if there is some mistake.
The only other sound’s the sweep
Of easy wind and downy flake.

The woods are lovely, dark and deep,
But I have promises to keep,
And miles to go before I sleep,
And miles to go before I sleep.

Sostando presso dei boschi in una sera di neve

Credo di sapere di chi siano questi boschi;
Ma la sua casa è al villaggio.
Egli non mi vedrà fermo qui
A guardare i suoi boschi riempirsi di neve.

Deve sembrare strano al mio cavallo
Sostare qui dove non c’è una casa,
Tra i boschi ed il lago ghiacciato
La sera più scura dell’anno.

Scuote i campanellini dei finimenti
Per chiedere se non c’è sbaglio.
Non c’è altro suono che il fruscio
Dolce del vento e dei soffici fiocchi.

I boschi sono belli, scuri e profondi;
Ma io ho tante promesse da mantenere,
E tante miglia da fare prima di poter dormire
E tante miglia da fare prima di poter dormire.

Acquainted with the Night

I have been one acquainted with the night.
I have walked out in rain—and back in rain.
I have outwalked the furthest city light.
 
I have looked down the saddest city lane.
I have passed by the watchman on his beat
And dropped my eyes, unwilling to explain.
 
I have stood still and stopped the sound of feet
When far away an interrupted cry
Came over houses from another street,
 
But not to call me back or say good-bye;
And further still at an unearthly height,
One luminary clock against the sky
 
Proclaimed the time was neither wrong nor right.
I have been one acquainted with the night.
.

In confidenza con la notte

Sono stato uno in confidenza con la notte.
Sono uscito sotto la pioggia – e sotto la pioggia son rientrato.
Ho camminato oltre le più lontane luci della città.

Ho guardato in fondo al vicolo più triste.
Ho incrociato il guardiano di ronda
E ho abbassato lo sguardo, senza voler spiegare.

Sono rimasto in piedi, immobile, fermando il suono dei passi
Quando da lontano un grido interrotto
Giungeva dalle case di un’altra via,

Ma non per chiamarmi indietro o dire addio;
E più lontano ancora, ad un’altezza ultraterrena,
Un orologio splendente contro il cielo

Annunciava che l’ora non era giusta né sbagliata.
Sono stato uno in confidenza con la notte.

The Vantage Point

If tired of trees I seek again mankind,
Well I know where to hie me—in the dawn,
To a slope where the cattle keep the lawn.
There amid lolling juniper reclined,
Myself unseen, I see in white defined
Far off the homes of men, and farther still
The graves of men on an opposing hill,
Living or dead, whichever are to mind.

And if by noon I have too much of these,
I have but to turn on my arm, and lo,
The sunburned hillside sets my face aglow,
My breathing shakes the bluet like a breeze,
I smell the earth, I smell the bruisèd plant,
I look into the crater of the ant.

L’osservatorio

Se stanco d’alberi di nuovo cerco gli uomini,
bene io so dove affrettarmi – nell’alba,
a un pendio dove pascola la mandria.
Là in mezzo a pigri ginepri adagiato,
non visto io vedo nitide nel bianco
lontano le case di uomini e, più ancora
lontano, le tombe di uomini su un’opposta collina,
vivi o morti, ma tutti da ricordare.

E se per mezzogiorno anche mi stanco
di loro, non ho che da voltarmi sul fianco
e l’assolata collina mi illumina in viso,
il mio respiro è una brezza al fiordaliso che trema,
odoro la terra, la piantina ferita,
guardo dentro il cratere della formica..

(Trad. di Roberto Sanesi)

Wallace-Stevens-Walk-Blackbird-1

versi di Wallace Stevens

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Robert Frost è stato il poeta preferito di John Fitzgerald Kennedy, è nato a San Francisco nel 1874 ed è morto a Boston il 29 gennaio 1963. È il poeta della natura vista in rapporto di estraneità e di rigetto istintivo verso la civiltà urbana e l’ideologia del progresso storico; è un poeta isolazionista, sostanzialmente astorico, anti sistemico, è il poeta del versante rurale del modernismo americano, di qui il suo linguaggio e le sue tematiche: è un poeta elementare, ripetitivo, isolazionista, regressivo. Nel 1922 escono The Waste Land  di Eliot, l’Ulisse di Joyce, le Elegie duinesi di Rilke, Il castello di Kafka, Sodoma e Gomorra di Proust;  nel 1923 esce La coscienza di Zeno di Italo Svevo. Ha inizio il modernismo europeo, il 15 giugno del 1925 esce a Torino, per il tramite di Piero Gobetti, Ossi di seppia di Eugenio Montale; nel 1914 esce L’incendiario di Palazzeschi, nel 1930 il primo volume de L’uomo senza qualità di Robert Musil, nel 1923 Wallace Stevens esordisce con la raccolta Harmonium, che contiene la famosa poesia “Sunday Morning”, dove il poeta americano raggiunge un perfetto balancement tra la natura e la civiltà delle macchine; nello stesso anno escono Spring and All di W. C. Williams e New Hampshire di Robert Frost (1874-1963). Non ci possono essere due poeti più distanti tra loro. Il modernismo americano differisce da quello europeo, il primo è erede della lezione di Ralph Emerson e di Leaves of grass di Walt Whitman, oscilla tra sentimento della natura e vitalismo panico, il secondo si orienterà verso la rappresentazione della crisi esistenziale dell’uomo  occidentale prigioniero della tecnica e del progresso. Continua a leggere

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