Gli esercizi serendipici sono un utilissimo strumento per liberare l’immaginazione dalle pastoie grigie dell’io. La regola è che la parola o l’oggetto designato devono essere messi in relazione con un enunciato o più enunciati correlati che non hanno alcun legame diretto con la parola o l’oggetto designato. Può sembrare un esercizio di semplice esecuzione. E invece è difficilissimo, ma può essere svolto in molti modi differenti.
Ecco un esempio di struttura serendipica tratto da una foto scattata durante una pausa delle riprese del film “Thunderball” (film del 1964):
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Milano marittima
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Spiaggia non identificata: Sean Connery (Agente 007) e Claudine Auger in costume da bagno, durante una pausa delle Riprese di “Thunderball” (film del 1964), l’attrice è sulle gambe di Sean Connery seduto su una sdraio mentre guarda corrucciato il fotografo che sta scattando la fotografia
(g.l.)
Sulla serendipità
La Treccani: serendipità s. f. [dall’ingl. serendipity, coniato (1754) dallo scrittore ingl. Horace Walpole che lo trasse dal titolo della fiaba The three princes of Serendip: era questo l’antico nome dell’isola di Ceylon, l’odierno Srī Lanka], letter. – La capacità o fortuna di fare per caso inattese e felici scoperte, spec. in campo scientifico, mentre si sta cercando altro.
Con il crollo della coscienza quale luogo privilegiato della riflessività del soggetto, è crollata anche l’arte fondata sulle fondamenta di quel luogo, di quel soggetto, ergo: crisi della rappresentazione prospettica e unitemporale e crisi della rappresentazione tout court.
Il soggetto è diventato serendipico.
La mancanza di un Principio è diventata una petizione serendipica.
La disseminazione è diventata il luogo della serendipità.
Il soggetto serendipico è diventato una traccia, parla un linguaggio-traccia, un linguaggio osmoticamente serendipico, cancellabile, sostituibile. La poesia, il romanzo, le arti figurative, il cinema sono diventati i luoghi dove si racconta ciò che ci narra la realtà serendipica, la condivisione serendipica, l’I like serendipico: la narrazione giornalistica della crisi prospettica. L’arte diventa comunicazione del comunicato stampa, del comunicazionabile, comunicazione della condivisione, l’I like della «privacy» de-storicizzata, l’I like delle storie personali, degli affari propri. Una esistenza de-storicizzata dà luogo ad una esistenza serendipica.
(Marie Laure Colasson)
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Francesco Paolo Intini
“Perché si arriva a questo procedimento nella poetry kitchen?”
(Gino Rago)
L’io è serendipicamente mutato in non-Io, per effetto di un morso di zanzara, credo o per un verso scagliato da Orfeo contro le Baccanti.
Il verso serendipico abolisce l’ispirazione ma anche l’aspirazione. Parte da un punto qualsiasi, un verbo, un aggettivo a caso, il primo oggetto visualizzato sul televisore o che viene in mente a una lucertola e sbroglia la matassa che gli sta dietro.
L’autore non ha una storia da raccontare, ma uno yogurt di fatti montati l’uno sull’altro, l’uno accanto all’altro in un techeteche ad interesse zero perché la ripetizione ne ha tolto il succo, la vis comica e la bellezza fisica è offuscata dalla vecchiaia e dal lifting.
Se in questo frangente capita di perdere la coda diventa possibile che ricresca una testa o una zampa o uno sportello di auto o uno spillo.
Il DNA che generava il buon verso musicale presenta una mutazione da inquinamento atmosferico e non solo. L’effetto principale è che il figlio non assomiglia ai genitori. Nascono bulloni da gemme di ulivo e dunque diventa salutare condire l’insalata con l’olio dei freni.
Non solo, ma le quattro basi azotate si sono ritrovate acide da un giorno all’altro per un cambio di stagione non preventivato e dunque è lecito aspettarsi che dai figli dei fiori, attesi per il prossimo anno, nascano piccoli Kruscev con le ogive piene di cemento armato e più in là l’agenda prevede roboanti piazze in cui baffetti e baffoni si scontreranno rovesciando tutte le medaglie.
L’evoluzione è ovvia. La cucina contiene tutti gli elementi di un perfetto disordine. Se la lavastoviglie è la suocera, il frigo è la nuora. C’è spazio per Antigone ma anche per un pesciolino d’argento o un’aragosta nella grotta del divano.
In tutto questo convertire longitudini con parallele rimane solo un punto al centro del pianeta, fisso come una fissazione universale: “LA POESIA NON CONTA NULLA” o al massimo dell’analgesia un po’ meno dell’aspirina contro le tabe dorsali ma ci sarà sempre qualcuno che buscherà il premio Nobel per gli sforzi fatti nel dimostrare il contrario.
Tu bari (io pure)
Microscopio
“I poeti sono eventi di una pozzanghera
in attesa che Einstein ne spieghi il caos.”
Per caso è San Giacomo e dolce e chiara è la notte e senza vento?-
Si tratta di una caldaia che dibatte col mestolo per capire se il metallo sia creta o viceversa.
Una versione popolare accennava a droghe pesanti e leggere che sempre droghe sono o furfanti.
E dunque ci devono essere dei precedenti, qualcuno che spieghi di cosa si stava parlando e se questo affondare le zampe nel sugo di pelose faccia parte del gioco.
Forse iniziò con un calcio negli stinchi la sfida all’antico e ci volle un alieno per risolverla in favore di cosa?
La luna dribbla i suoi pezzi , ma fa niente, non c’era nei programmi di uscirsene con un petto di pollo e sbiancare la serata col chiarore del contado,-
Finì con un gesto crudele di tigre contro tigre azzoppata?
Ora si tratta di capire se in marmitta vada meglio l’aglio o la cipolla.
E’ ora che la catalisi trasformi in delizia l’odore di un cefalo spiaggiato!
Qualcuno intanto imbandiva la tavola e invece del “tutto è logico basta partire dalle orecchiette che si finisce a rape”- ovvio che Newton ne firmava i Principia -, servì tre paccheri (dico tre) in salsa di gambero.
Mutò la fisica classica in moderna?
Qui sul lungomare scorre linfa di fico e il polpo si arriccia sputando morbidezze e lussurie di amante.
Ma dal terrazzo la vista è uno scorrere di pista su pista e se arriva un lamento in ventosa è presto azzerato da un rombo di scooter.
Anche il pesce si presenta in marsina e racconta in tedesco- francese- inglese e latino che un’ombrina di brodo bollito ha mutato una zuppa in panino.
Occorre un uomo di genio per comprendere come scorre il presente sui tetti di Bari, Se”n’derr all lanz” stia in mezzo a Manhattan.
E i poeti? Particelle di grasso su Yogurt come in foto di gruppo.
Francesco Paolo Intini
UNA INTERPRETAZIONE AFOSA
Quark
A pancia piena cantano lodi gregoriane. Non sanno chi suoni l’organo né chi diriga il gran concerto. Dopo aver apparecchiato il nido – alcune specie di pappagalli lo cingono di bouganville come la fronte di Gesù- covano le uova . Aspettano con ansia il pigolio delle zanzare.
Ibiscus
Che male c’è a nascere radio telescopio? Ci sono api che vengono dal nulla. L’occhio potente mette a fuoco la nascita del primo ronzio.
Silenzio
Matrioska di corvi. Gracchiano al mattino, gracchiano la sera. Interferiscono di giorno.
Eugualeemmecidue.
Non aprire la porta del neurone estremo. Dopo, nel paradosso, quando sei di là, tra pupe che mai si schiusero- Capsule della conservazione che mai si dissolsero- Il terzo occhio del baco che non trovò gelso:-sono la cellula senza sangue, dove il respiro adombra il suo “non c’è”.
Governo
Accade che un governo entri nella spazzatura e trovi pace tra Rumor e Leone. Oggi però soltanto il non riciclabile sarà reso al creatore. Mancano le stragi, ma la tensione promette un’estate di tira e molla in favore dell’organico.
Bottiglie
Ascoltare i poeti … mentre battono i denti delle assonanze.
Un CRA di qua, un CRA di là e TRALLALLERO di:
-Comare hai una cipolla?
E dentro un buco nero la stella nana della malinconia:
-Mi stiri la camicia che domani ho un matrimonio?
Sarà stritolata dal bel canto per una madre, una campagna che residua un filo d’erba, il ciliegio immune ai pesticidi e il colibrì che succhia Andromeda.
Silenzio!
Inizia il pianto antico.
Spunta la luna dal monte…fiu..fiu..
Uno sbuffo di qua, uno li là del toro Islero in Manolete.
(potrebbe continuare)
Giuseppe Gallo
Primo esercizio
Televisore
Il televisore si accese per sorridere. Finalmente conteneva.
E il lampadario a sette luci si spense. Era l’ora del caffè.
Dimmi. Cos’è una parola se nessuno la dice?
Il frigo affogava nel Rum. Satinato e bisex.
Marilaure a piedi nudi aveva intravisto Brigitte Bardot
fare l’amore con la guerra. Si era già all’apericena.
C’era da aspettarselo. L’oroscopo l’aveva previsto.
Dio fluiva nell’universo inseguendo un rotolo di carta igienica.
Secondo esercizio
Televisore
Putin, accucciato nel grano, ingoia uomini assopiti dal gas.
Lampadario
Tramonto.
Caffettiera
Sorso dopo sorso il giovane Holden è diventato Nessuno.
Campo largo
Sempre dentro. Nel gorgo. Con l’Ombra che ci cade addosso.
Appendiabiti
Giacobbe voleva tornare in Palestina tra i sicomori e le palme.
Frigorifero
Oggi il vento del Nord ronza intorno mortifero
Universo
E la palla di gomma rimbalza da Venere a Marte, da Saturno alla Luna.
Climatizzatore
Da Wuhan in poi la ventola non funziona neanche a Mariupol.
Oroscopo
Oro e ora erano fratello e sorella.
Rotocalco
Gira che ti rigira, c’è sempre Totti a leccare un cucchiaio di carta.
Francesco Paolo Intini (1954) vive a Bari. Coltiva sin da giovane l’interesse per la letteratura accanto alla sua attività scientifica di ricerca e di docenza universitaria nelle discipline chimiche. Negli anni recenti molte sue poesie sono apparse in rete su siti del settore con pseudonimi o con nome proprio in piccole sillogi quali ad esempio Inediti (Words Social Forum, 2016) e Natomale (LetteralmenteBook, 2017). Ha pubblicato due monografie su Silvia Plath (Sylvia e le Api. Words Social Forum 2016 e “Sylvia. Quei giorni di febbraio 1963. Piccolo viaggio nelle sue ultime dieci poesie”. Calliope free forum zone 2016) – ed una analisi testuale di “Storia di un impiegato” di Fabrizio De Andrè (Words Social Forum, 2017). Nel 2020 esce per Progetto Cultura Faust chiama Mefistofele per una metastasi. Una raccolta dei suoi scritti: Natomaledue è in preparazione.
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Marie Laure Colasson nasce a Parigi nel 1955 e vive a Roma. Pittrice, ha esposto in molte gallerie italiane e francesi, sue opere si trovano nei musei di Giappone, Parigi e Argentina, insegna danza classica e pratica la coreografia di spettacoli di danza contemporanea. Nel 2022 per Progetto Cultura di Roma esce la sua prima raccolta poetica in edizione bilingue, Les choses de la vie.
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1964-2022
La massaia di Voghera che ha studiato all’Alberghiero di Massa Lubrense è penetrata nel set del film “Thumberland”, ha scacciato la prima attrice Claudine Auger ed ha sedotto Sean Connery (Agente 007). La coppia ha poi preso un volo di linea ed è approdata alle Bahamas e sulle spiagge di Copacabana da dove ha inviato un aquilone a Fred Bongusto, con su scritto “Viva l’Italia!”, mentre questi cantava al “Papeete beach” di Senigallia “Una rotonda sul mare”, successo dell’estate del 1964, Salvini, il gran cialtrùn, non era ancora nato, ed io non mi sentivo poi tanto bene…
Qualcuno potrebbe obiettare che la procedura serendipica sia un andare a zonzo per i territori della poesia, e che la cosa trovata, inattesa, sia la poesia stessa (si spera). Attenzione a Belfagor, a 007 e Fred Bongusto: dicono della nostra età avanzata. Cioè, che siamo esterrefatti in quanto metà della nostra mente, oltre all’organismo, appartiene al secolo passato. E poi mancano le pause, cioè il fattore “T”, perché il salto da un pensiero all’altro è determinato dal tempo (vissuto), il quale non conosce consecutio. Il rischio è quello di fare bizzarro modernismo. Ma l’esercizio merita attenzione, il fattore de-condizionante può aprire porte difficili anche solo da immaginare.
Intini afferma che il testo deve “mantenersi integro” nel caos esterno e il vuoto ha un proprio desiderio che consiste nello sgretolare tutto (parafraso); quindi il testo è questo sgretolarsi per azione del vuoto. Il lettore ne gode perché quello sgretolarsi effettuato per desiderio del vuoto, a cui il poeta partecipa, rimane integro. Si potrebbe pensare che l’integrità di un testo si possa migliorare e che quindi esistano testi più integri di altri. Ma di che tipo sia questa integrità migliore è difficile dire. Alcuni versi di Intini mi piacciono più di altri, penso valga anche per Linguaglossa (con migliore discernimento da Poetry Kitchen), ma il testo è la somma delle parti (anche se queste si accumulano per sottrazione del vuoto) oppure no e le parti sono salti su uno stesso punto? E l’integrità come si misura rispetto alle parti? Intendo che all’interno della Poetry Kitchen, pur con estrema perizia di lavoro di fattura, nel risultato del testo ci sia una specie di sensazione di scivolare sul testo, di surfare sull’onda del vuoto, e chi surfa è il lettore che vive questo lasciarsi andare, questo diventare della mente gas e vuoto insieme. E l’ ampiezza della nube è già un oceano senza limite dove un testo rispetto a un altro non si situano vicino ma piuttosto estraniati l’uno dall’altro. Così c’è un’ebbrezza del surfista che cavalca il vuoto ma questa ebbrezza non ha poi variazione e rimane stabile, non ha shock, inizia e resta, e non si scende mai da cavallo anche se si interrompe la lettura (quando la si riprende ci si trova sempre sulla cresta dell’onda). E questo accade anche quando il testo ha una vita più occasionale, estemporanea. È il meccanismo attivato per giocare con il vuoto (o per farsi giocare dal vuoto) a rendere variegata l’esperienza, mi pare. È come se valesse di più la forma e la struttura della tavola del resto. È come surfare su uno stuzzicadenti e altro ancora. Il vuoto resta sempre lì, e non si può scendere dall’onda.
PIGAFETTA
Il vuoto ha un nome: si chiama IO.
L’oceano dell’Io non fa che incresparsi: Io, Io, Io come al dominio dello stallone,
ma sembra pacifico, o almeno così ricorda Magellano
E se sembrò un Dio all’osservatore estremo a noi era evidente che ad una caravella seguiva l’altra
L’uno ammutinato non sarebbe tornato a casa, ma unica e temeraria sarebbe stata la rotta del poeta
(F.P.Intini)
e.c. “come al dominio dello stallone” va corretto con ” come alla doma dello stallone”. Grazie
Tutto è possibile, stai camminando ed ecco che un gas ti rivolge la parola.
Grande, Intini.
Estemporanea e davvero bella. Complimenti.
Ieri Mauro Pierno ha scritto:
Caro Mauro,
hai perfettamente ragione, dinanzi alla gravità della crisi mondiale la poesia tradizionale è diventata illeggibile e impraticabile, oltreché indecorosa, prodotto di egocentrismi omiletici di letterati che non hanno nulla da dire. L’unica poesia possibile oggi in Occidente è la poesia kitchen, con le sue diramazioni.
Questi esercizi serendipici lasciano dopo la lettura un senso di libertà e freschezza. Dopo aver letto le prime parole si prosegue e ci si domanda : come va a finire? Si crea una sorta di suspense.
Cucciolo
Leccato a dismisura nella colorazione di una fossa antartica.
Cammello
Suddiviso da groppe e grucce nell’andirivieni di suggestive cascate adulte.
Camino
Suggestiva la psoriasi di gran lunga spostata sull’ascisse di un ascensore.
Sterco
Si arrotolano nello specchio. Un profumo insoddisfatto alle narici della Luna.
Giraffa
Nana in collisione intorno a galassie di immondizie differenziate.
Carrozzina
Assomigliato a radiosi mattini tra i lenti luccichii
di rosoni romanici.
Cammei
Gli stessi dromedari senza gobba scomparsi
tra le righe di oasi letterari.
Droni
Semplificati tra numeratore e denominatore
tra sogliola ed incudine.
Parallele
Estenuanti incontro di labbra carnose tra le sinapsi di collezioni antiche.
Gonadi
Inopportuni legami spiegati letteralmente a memoria. Financo spazi e sedie sdraio.
Galileo
Il lampadario di cui sopra negli spazi letterari. A Pisa come a Milano, prêt-a-porter.
Grazie OMBRA
Esercizio serendipico
Il Mago Woland si presentò al pubblico del Circo moscovita con queste parole:
Il postino suona sempre 2 volte. Il carillon del pendolo trilla 3 volte. Ogni mezz’ora esce il cucù che fa chicchirichì. La suoneria del cellulare invece intona l’inno d’Italia 10 volte prima di tacitarsi
Mr Bloom ha chiamato al cell Lola Astanova che suonava il pianoforte con indosso una pelliccia di Astrachan (ma sotto era nuda) per dirLe: “Ja liubliù Belzebù”.
Lola gli ha risposto per le rime: “Solo Dio è impotente”
2017, così parlava il leader della Lega Matteo Salvini davanti ai giornalisti riuniti alla Camera: “Ho firmato un accordo programmatico tra Lega e Russia unita, il partito di Putin. Ritengo che Putin sia uno dei migliori uomini di governo al mondo. Se avessimo Putin anche in Italia staremmo meglio, e questo lo dico perché ne sono convinto”
Qualcuno gracchiò:
“Per la terza legge di Newton ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”
Il Signor Archimede ha obiettato a Salvini che “un corpo immerso in un fluido subisce una spinta dal basso verso l’alto pari al peso del liquido spostato”
“Socrate dovrebbe dimettersi dal ruolo di educatore se non vuole essere messo alla berlina dall’Aeropago”, gridò fuori di senno Ennio Flaiano per poi concludere:
“Per fortuna il meglio è passato”
Penso che fondamentalmente un testo serendipico restituisca creatività alla poesia. Se è vero che viaggia nel vuoto- ma fino a che punto ogni altro gas: scientifico, matematico, filosofico etc. è assente?- e vorrebbe appropriarsene indefinitamente, disperando dell’impresa come Achille e Tartaruga è altrettanto vero che il desiderio del vuoto lo rende fertile di fermenti che negano le parole e nel fare questo ne inventano altre come in un puzzle di tasselli bianchi e neri tutti uguali in forma e dimensione di cui nessuno conosce la figura definitiva. In questo senso è possibile aggiungere e togliere per realizzare una realtà locale che consiste di un piccolo senso più o meno ordinato in uno spazio generale caotico tra conscio e inconscio. Chiedersi quale sia la figura che presiede al puzzle è come chiedersi quale figura abbia il caos. Il bello di tutto è che quello che alla fine chiamiamo componimento finisce solo apparentemente, ma potrebbe riprendere vita da una parola qualsiasi -come farebbe spontaneamente il gas se in un punto qualsiasi del suo contenitore si aprisse un foro-bisogna ad un certo punto umilmente accontentarsi di quel poco (sempre poco se la vis che presiede l’espansione è la stessa di un gas) che si riesce a scrivere, consci di un tutto non rappresentabile definitivamente ma anche del fatto che l’effetto diluizione non cambia la natura del gas. Il desiderio soggettivo del vuoto è inappagabile ma anche l’appetito del vuoto, sul nostro desiderio non scherza, specie se al suo interno residuano particelle scientifiche, filosofiche etc. di ogni altro tipo. Ciò che conta è l’effetto di contrasto tra un testo poetico e quello che lo circonda, fino a che punto esso si sia mantenuto integro rispetto a tutti le altre molecole che in un vuoto relativo sbattono e collidono in un tutto caotico. Almeno così mi sembra, ciao.
GAS GAS
Mentre il tempo gioca con l’immortalità
-Un suo difetto come il boro nel diamante azzurro-
Siamo qui ad osservare il giro del ventilatore
Torna tra noi dopo lunga assenza Ulisse e ciò che ha da dire
Lo dirà in conferenza stampa.
All’ingresso, sull’altare della rimembranza il Master Chef
Con firma dell’autore.
Compratelo prima che finisca la guerra di Troia.
Nel frattempo Nerone, re del riso patate e cozze,
è venuto a dirci:
Vendo epoche di focaccia barese appena sfornate
Crebbero intorno a nuclei di titanio
E la catena respiratoria ne fu orgogliosa,
come la Madre alla spesa di Einstein
E dunque erbe cipolline, mettetevi il baffetto bianco,
arruffate i capelli, sguainate la linguaccia all’ aglio.
La memoria è una piaga insopportabile
Si berrà anche questo bisque di cingoli chelati
Che altro farne di una parola usata?
Plof!
Scorre nelle vene dell’Occidente il cloroformio
Meglio il vino novello, ma tantè!
Faremo un cicchetto su in terrazza
Quasi un brindisi alla taglia quarantadue delle bare
Oppure a uno scarafaggio che batte il match point
Tra scopa e polvere di caffè.
Micidiale il suo Nadal in fronte al Sindaco.
(F.P.Intini)
Vediamo le cose da punti di vista diversi, ed è bene che sia così. La visione scientifica sbaraglia equilibri e certezze, esatto contrario di ciò che comunemente si pensa. La visione mistica, lo dico per semplificare, non può essere data senza che vi sia partecipazione diretta dell’osservatore. Il vuoto mistico è in relazione al divenire costante; la qual cosa è stabile e continua, al punto da far pensare che sia sempre stato così: nessun inizio (big bang) ma costante inizio, se così si può dire, di tutto ciò che muore, si trasforma, di tutto ciò che è in atto. Le due visioni si somigliano.
Mi vedo sconcertato mentre avanzo tra fotografie sospese nel vuoto; se presto attenzione a una di queste, ecco che l’immagine prende vita, e mi ritrovo in qualche storia, anche le più banali, le più insignificanti… e non sempre ne vale la pena. Quindi ho eliminato figure e personaggi, che diventano voci. Avanzo in ciò che sono e non sono, stabilmente. Tra l’altro, a me sembra di non avere immaginazione, la quale serve a prefigurare, e non c’è fatica maggiore che inseguire un buon concetto, una buona immagine visiva (se capita cerco di sbrigarmela in meno di due versi, se di più ci rinuncio. Mi porterebbero fuori strada). La procedura serendipica non è distante da questo comportamento.
«Un puzzle di tasselli bianchi e neri tutti uguali in forma e dimensione di cui nessuno conosce la figura definitiva
[…]
Chiedersi quale sia la figura che presiede al puzzle è come chiedersi quale figura abbia il caos. Il bello di tutto è che quello che alla fine chiamiamo componimento finisce solo apparentemente, ma potrebbe riprendere vita da una parola qualsiasi
[…]
Il desiderio soggettivo del vuoto è inappagabile ma anche l’appetito del vuoto, sul nostro desiderio non scherza, specie se al suo interno residuano particelle scientifiche, filosofiche etc. di ogni altro tipo. Ciò che conta è l’effetto di contrasto tra un testo poetico e quello che lo circonda».
Queste parole di Francesco Paolo Intini dimostrano che Francesco ha compreso molto bene la questione della centralità della struttura serendipica in quanto essa, a mio avviso, non è un tipo di scrittura a fianco di altre, ma la struttura che decide il tipo di scrittura, decide i «tasselli» da inserire nel vuoto di essa, decide della reiezione dell’io. In verità, la struttura è vuota, e i tasselli hanno al loro interno una insondabile quantità di vuoto, abbiamo in ogni atto di scrittura sempre a che fare con un atto di vuoto e con il vuoto. Così, il vuoto sorregge la struttura per sua legge ontologica.
I poeti francesi che abbiamo esemplificato sotto non sono arrivati a questa comprensione, si trovano ancora al di qua della scoperta della centralità del «vuoto», della sua invincibilità.
Vorrei aver formulato le parole qui sopra citate, ma sono parte di un testo di Intini.
caro Intini,
in questa tua poesia ci sono delle autentiche perle, come quando accenni alla «conferenza stampa» di Ulisse etc., con il che mi rassicuri circa l’origine comunitaria del linguaggio secondo cui il linguaggio nasce quando una comunità, l’orda primitiva, si dà all’interludio, si dedica agli ozi dopo le fatiche per aver cacciato del buon cibo, della buona selvaggina. Il linguaggio è un modo per gustarsi l’ozio mangiando della buona selvaggina, è un modo per sconfiggere l’ozio e la noia, il freddo e i pericoli della caccia. Molto probabilmente durante queste cene conviviali dell’orda primitiva si mangiava e si beveva e si faceva festa, si danzava, si danzava con le maschere.
La poesia nasce quando il linguaggio fa festa.
Ecco un esempio della nuova poesia francese.
da https://www.pol-editeur.com/index.php?spec=editions-pol-blog&numpage=5&numrub=4&numcateg=&numsscateg=&lg=fr&numbillet=67&numauteur=&lg=fr
Litanies du 3 octobre 2009 à la Grande Mosquée de Paris
25 novembre 2009, 18h49 par Frédéric Boyer
Il y a
15 milliards d’années je suis l’univers
5 milliards d’années je suis la vie sur terre
il y a
12 millions d’années
160 000 ans
24 heures
c’est vous c’est moi
1 nuit
1 instant
j’y suis
il y a 135 000 ans je faisais du feu dans la nuit
il y a 384 000 kilomètres de la terre à la lune
il y a 150 millions de kilomètres de la terre au soleil
et 125 milliards de galaxies.
Il y a 25 000 ans j’étais la Vénus de Willendorf.
Il y a 15 000 ans j’étais la main de Lascaux.
Il y a 5 500 ans j’étais la roue.
Il y a 5000 ans j’étais le bronze.
Il y a 3000 ans j’étais le fer.
Il y a plus de 1000 ans j’étais la poudre.
Je suis mort en Egypte il y a 3 000 ans.
Je suis mort il y a 2596 ans en exil à Babylone.
8851 kilomètres j’étais la Muraille de Chine.
2350 mètres j’étais le Machu Pichu.
9 999 chambres j’étais la Cité interdite.
250 000 vers j’étais le Mahâbhârata.
15 337 vers j’étais l’Iliade.
J’étais les 1001 nuits.
Je suis mort à Jérusalem il y a deux mille ans.
J’ai brûlé à Rome le 19 juillet 64.
Je suis mort à Pompéi le 24 août 79.
J’ai quitté la Mecque le 9 septembre 622 et je meurs 10 ans plus tard à Médine le 8 juin 632.
Je pars de Clermont le 27 novembre 1095. Je ne reviendrai pas. Je suis mort en chemin le 12 avril 1096.
En 1428 je crée un empire dans la vallée de Mexico. Je suis massacré en 1524.
Je suis brûlée vive le 30 mai 1431.
Je suis mort esclave à Constantinople le 29 mai 1453.
Le 2 janvier 1492 je meurs à Grenade.
Le 12 octobre 1492 à 2 heures du matin je crie Terre. Terre en vue.
J’ai tué
8 millions d’indiens
60 millions de bisons
2 millions de loups.
Je fais en 1509 à Rotterdam l’éloge de la folie.
Je suis mort à Cuzco le 15 septembre 1533.
Je débarque du Mayflower le 11 novembre 1620.
Le 20 juin 1789 je prête serment dans la salle du Jeu de Paume.
Je suis mort avec tous mes frères le 29 décembre 1890 dans le Dakota du sud. Il neigeait.
6650 kilomètres j’étais le Nil.
6500 kilomètres j’étais l’Amazone.
2510 kilomètres j’étais le Gange.
1012 kilomètres j’étais la Loire.
Je suis mort à Austerlitz le 2 décembre 1805.
Le 15 septembre 1830 je prends le train à Liverpool.
Le 28 décembre 1895 je découvre le cinématographe.
J’ai planté 60 000 rosiers en 1903 en Allemagne.
roses de Rûmi de Saadi de Hâfiz
roses de Reims de Chartres et d’Amiens
Je suis assassiné à Sarajevo le 28 juin 1914.
Je suis tué avec mes frères dans une rafle le 24 avril 1915 à Constantinople.
Je suis mort le 21 février 1916 près de Verdun.
Je suis né à Istanbul le 26 septembre 1938.
Je suis mort en Allemagne la nuit du 9 novembre 1938.
Le 17 décembre 1938 à Berlin je suis la fission nucléaire.
Je suis mort avec ma soeur dans le gaz et le feu une nuit de 1943 à Auschwitz Birkenau 70 kilomètres à l’ouest de Cracovie.
J’explose à Hiroshima le 6 août 1945 à 8 heures 16 minutes et 2 seconde.
Je suis chassé de Palestine avec toute ma famille une nuit d’été de l’année 1948.
Je suis né dans le sud de la France le 2 mars 1961.
Je suis assassiné à Memphis le 4 avril 1968.
Je suis né le 2 août 1968.
J’ai marché sur la lune le 20 juillet 1969 à 21 heures 17.
Je me donne la mort à Santiago du Chili le 11 septembre 1973.
Je suis née par césarienne en Grande Bretagne le 25 juillet 1978.
Je suis tombé à Berlin le 9 novembre 1989.
Je suis mort le 11 septembre 2001 à Manhattan.
Je suis né aujourd’hui 353 000 fois dans le monde entier
et j’ai tué cette année 13 millions d’hectares de forêts.
Le 31 juillet 2008 je trouve de l’eau gelée sur Mars.
12 millions d’habitants je suis Bombay.
10 millions d’habitants je suis Moscou.
9 millions d’habitants je suis Karachi.
8 millions d’habitants je suis Tokyo.
Nous sommes 900 millions cette nuit dans le monde à avoir faim.
Nous sommes 700 millions à vivre sur un volcan.
Nous sommes 10 000 espèces d’oiseaux, 5 400 espèces de mammifères, plus d’1 million d’insectes différents
299 792 458 mètres par seconde je suis la vitesse de la lumière
et c’est la nuit
Frédéric Boyer
Litanies du 3 octobre 2009 à la Grande Mosquée de Paris
Durante la seconda guerra mondiale mi sono imboscato. Ma sono morto di fame in Africa. Ho combattuto da Samurai, affettato cipolle in Tibet. A Le Pouldu, in Francia, aspettavo visite dalla città per poter vendere qualche quadro. Ma non piacevano i miei uomini disegnati con tre testicoli… che poi a me interessava la stoffa del divano. E neanche sapevo di Matisse. È ora che cominci a guardarmi attorno, considerare l’umanità con più attenzione. È che siamo tanti. Frédéric Boyer ne sa di più.
Scherzo. Ma è vero che attualmente siamo il risultato ultimo della specie umana.
Per chi voglia leggere qualcosa della poesia «oggettualista» francese, legga qui di Nathalie Quintaine, Remarques (1997) tradotto e pubblicato in Italia, Osservazioni (2015) :
Il testo sopra riportato di Frédéric Boyer mi sembra piuttosto un esempio di dissoluzione dell’oggettualismo e dell’io. I brevissimi testi della Quintaine sono espressione della spettrale oggettualità del quotidiano visti dal quotidiano. Certo, l’oggettualismo della poesia francese è una filiale minore del quotidiano, si capisce che negli anni novanta sia stata quella la via per indebolire l’oggettualismo del quotidiano restandoci però dentro. Era una impasse, un vicolo cieco. Il problema dell’oggettualismo non lo si può risolvere restando dentro l’oggetto, ma da fuori, mettendo l’oggetto fuorilegge, derubricandolo a semplice proiezione delle pulsioni inconsce e conscie dell’io. Il problema dell’oggetto e della poesia oggettuale non è risolvibile dall’interno della visione oggettuale e statica delle cose, ma fuoriuscendo da essa visione dell’oggetto, fuoriuscendo dalla visione dell’io plenipotenziario e penitenziario, questo a noi oggi è chiarissimo. Quel tipo di poiesis è ancora dipendente e aggrovigliata ad una visione mimetica e antropocentrica dell’oggetto. La nuova fenomenologia del poetico iniziata dalla rivista lombradelleparole.wordpress.com è stato invece un percorso di fuoriuscita dall’oggettualismo e dal quotidianismo
19 septembre 2013, 15h18 par Liliane Giraudon
« La scène européenne est devenue un dépotoir hanté par les idées ratées et envahies par des pillards culturels, l’armée qui profite de sa propre défaite »
Edward Bond.
Un homme. C’est à dire le metteur en scène.
Une femme. C’est à dire celui ou celle qui écrit pour le théâtre.
L’homme est debout.
La femme devant lui assise sur un tabouret.
L’homme porte des talons hauts.
La femme des talons plats.
ELLE :
Tout su.
J’ai tout su dés le début.
Mais je ne voulais rien savoir.
Etre une femme c’est un corps occupé.
On m’avait appris qu’il fallait.
Tourner la langue.
Les dents se touchent, la langue alors touche l’ensemble des dents du devant, haut et bas.
Saint, trois fois saint.
Déchaussez-vous !
(Elle ôte ses chaussures)
Je ne veux pas vous connaître et au revoir.
J’entrais en scène.
C’était un bar.
Je n’avais pas d’autre moyen de me produire.
Et je voulais briller.
D’ailleurs ma lampe de poche je la portais au front.
Sans cesse allumée.
Une chose peut bien ressembler à une autre mais rien ne l’empêche de briller.
(Elle aligne ses chaussures avec soin)
LUI
C’était un petit tas.
Ou une cage.
Vous y êtes allée sans qu’on vous pousse.
Cette formation vous l’avez désirée.
Et vous avez signé.
On raconte même que durant des mois vous n’avez ingurgité que des soupes en sachet.
Quelques yaourts.
Mourir ne vous inquiétait guère.
Vous avez réussi !
Tous les diplômes vous les avez obtenus !
Vos papiers sont en règle.
(Il ôte ses chaussures mais garde ses chaussettes)
ELLE :
Ecoutez moi.
Ecoutez moi.
Petite fille j’écrivais des vers.
Pas la peine de me faire croire que j’en serais devenue un.
Une femme ver.
Pas la couleur.
Et mal accordée.
Corsage ouvert.
« Jupe fendue ma Femme est Carriole »
Ma femme est un bouc.
Un hachis.
Une dévastation.
Vous devez m’écouter.
Je vois bien que vous ne m’écoutez pas.
Mais je m’en fous. Je vous parle.
Parce que je suis venue.
Pour cette chose.
C’est pour ça que vous m’avez fait venir.
Vous allez m’écouter.
Envoyez le bon de caisse !
(Elle remet ses chaussures)
( Les chaussures doivent être de la même couleur que son rouge à lèvres )
Cher partenaire d’une femme sans homme
(Elle est un homme !)
Vous savez bien que j’y viendrai.
Je suis sans illusion sur ma syntaxe.
Tout dans la bouche.
Je chante.
Au magasin je chante et au bar je sers.
Ça fait longtemps.
Accommodez vous.
Prenez ce siège.
J’irai au sol.
Ce divan n’est plus d’usage. Il est défoncé.
D’autres fesses semblables aux vôtres.
Et puisqu’on en parle le corps entier.
Vous aussi vous aurez des comptes à rendre.
Ce nouvel art dramatique vous n’y couperez pas.
Ne vous méprenez pas sur mes bouts de seins.
Je ne veux pas anticiper.
Ils m’ont toujours précédée dans la besogne.
Pour ce qui est des zones Nora en parlait mieux que moi.
Relisez. Faites les fous.
Mais plus personne ne lit.
Et vous, ne dites rien.
Laissez-moi faire.
Elle le fait asseoir sur le tabouret et s’accroupit au sol, entre ses jambes.
Gros plan sur le divan défoncé qui occupe un coin de la pièce.
Les chaussures de l’homme forment un petit tas bien visible.
LUI.
Savez –vous combien de fois on voit sourire Dante dans « La Divine Comédie » ?
J’ai pris soin de noter sur une fiche chacun des passages où il le fait.
En Ukraine, sur la Volga, partout j’étais dans la salle et j’observais davantage les spectateurs que les acteurs.
Qu’est-ce que vous croyez ?
Qu’il y a quatre colonnes et pas six ?
Que vos didascalies sont nécessaires ?
Le risque est inséparable de son rythme !
Son silence le soutient …
Il se lève, remet ses chaussures après avoir lentement ôté ses chaussettes.
ELLE :
Le rat était auprès des chattes très cruelles.
Les questions il faut les poser avant.
Ce qui s’appelle le gant à l’intérieur de la main.
La langue touchera le monde.
Celui qui répond va être dépecé.
On lui prendra le bras avec un crochet.
On le déchirera et on emportera le morceau.
Celui là parlera de la réalité crue.
On voudra oublier mais on se souviendra.
Ne vous y trompez pas.
Je ne suis pas un sauna ni un night club.
La réalité en fiction n’est pas la fiction en réalité.
Le soleil écrivait ses volontés dans le ventre des moutons.
On y revient. On se retourne.
Je vous l’avais annoncé.
Je vous ferai un poème de Soft Shoe.
Des claquettes sans claquettes.
Qui se dansent sur le sable.
Puisque Ils c’est Elles.
Ne vous y trompez pas.
L’imagination crée des fantômes.
Ceux-là ne se contrôlent pas.
Il existe une technique de l’incrustation.
Bientôt nos tragédies nous le diront.
Elle remet ses chaussures après avoir ôté ses bas.
LUI :
Alors éteignez tout.
Il est temps de signer.
C’est sans lendemain.
Nous avons tout vu.
Les monstres ne peuvent se passer de compagnie.
Nous sommes des hommes et des femmes de notre temps.
Set 136
…
Si trattava di richiamare la rucola, visto che il limone si spremeva
per trattenere i pezzi di parmigiano sul carpaccio di bresaola.
La balena ingoia un rospo, lo rigetta sulla spiaggia, lo chef serendipico
prepara filetto di pesce con la coda dorata alla griglia in Piazza Castello
la bombola del gas non trova un forno a microonde a Venezia
mentre un coccodrillo litiga con un boa in gondola, nel giardino da nominare.
Il pregiato vino rosé blankpink fa due passi all’Expo Kitchen di Parigi
un bavarese offre birra parallattica bionda in assaggio.
Il fegato di merluzzo si spina per un posto al sole, il Vesuvio
gli offre crema abbronzata per rigassificare i canali di scolo.
Oltrepassati i portici una squadriglia di bombardieri lancia confetti serendipici
al cioccolato, dei merli li rubano al volo, le cannoniere fanno fuoco d’artificio
…
By c.r.
Liliane Giraudon mi sembra più innovativa dell’altro poeta, nel complesso mi sembra che la loro poesia stia ancora dentro la tradizione della poesia francese.
Si percepisce che c’è anche nella poesia di questi due autori lo sforzo di lasciare alle spalle la soggettività egolalica della poesia del novecento, Frédéric Boyer ripercorre sostanzialmente la poesia a soggettività monocentrica, c’è un eccesso di “je” che stona e guasta, sarebbe bastato cancellare ogni «traccia» del “je” e il risultato sarebbe stato migliore, ma il peso dell’io sembra davvero insuperabile… tutto questo “je” è posticcio, artefatto, pesante, onnipervasivo… In Liliane Giraudon c’è maggiore autocontrollo, la composizione ha il baricentro più solido, più centrato, c’è una idea di poesia più solida e meno dipendente dagli stereotipi della tradizione, ma ancora non c’è una NUOVA idea di cosa fare con il linguaggio poetico, si va a tentoni provando una cosa e poi l’altra.. La migliore sembra senz’altro la Quintaine, lei ha più idee da mettere in campo, anche se ancora troppo dipendente da una idea del quotidiano in poesia che ne limita le possibilità.