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Dieci poesie kitchen di Nunzia Binetti, Quello che nella poesia della tradizione è il momento epifanico, ovvero una istantanea reazione emotiva, nella poetry kitchen diventa lo spazio vuoto, lo iato di un significante vuoto ed eccedente che prende corpo in parola, la parola incomunicativa, incomprensibile del momento kitchen, come si vede bene nella poesia di Nunzia Binetti, è una parola parlata dall’Estraneo o, come recita la Binetti, da un «avatar», In definitiva, la poesia delle modalità kitchen altro non è che una de-costruzione ininterrotta una volta che il virus kitchen si sia introdotto in una tradizione saponificata e imbalsamata

Nunzia Binetti

Nunzia Binetti

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Nunzia Binetti nata a Barletta in Puglia, dopo il Liceo Classico e studi in medicina ha intrapreso quelli di Lettere moderne e Beni Culturali , laureandosi presso l’Università degli studi di Foggia con una tesi sulla Poesia Contemporanea femminile in Puglia. È impegnata nel sociale, e in particolare nella promozione delle donne nelle Arti e Affari (già presidente della Fidapa BPW. sezione di Barletta e già membro della task force twinning BPW International).  Cofondatrice del “Comitato della Dante Alighieri Barletta”, è anche membro del Consiglio Direttivo. Ha recensito e prefato raccolte poetiche di autori  e pubblicato articoli letterari su “Vivicentro Notizie Rassegna Stampa” e su “ Versante Ripido”, in web. Sue poesie sono presenti in molte antologie poetiche (Campanotto Editore), (ED.Giulio  Perrone –Roma), ( LietoColle) e nelle antologie: Fil Rouge (CFR editore) e Il ricatto del Pane (CFR Edizioni ). Nel 2010 ha esordito con la prima Silloge completa In Ampia Solitudine (CFR – Editore) e nel 2014 con la Raccolta Di Rovescio (CFR .Editore), tradotta anche in francese nel 2017 da Roberto Cucinato, pubblicata in Francia e regolarmente depositata presso la Biblioteca Nazionale di Parigi.  La rivista serba “Bibliozona” (della Biblioteca Nazionale di Nis) ha pubblicato una sua poesia in lingua serba. È stata recensita nelle Riviste letterarie: Capoverso (Ed. Orizzonti Meridionali), I fiori del male (Ibiskos Ed.) , dal quotidiano “La Gazzetta del Mezzogiorno”, dalla Gazzetta di Verona” e, in web, nella rivista on line lombra delle Parole.wordpress.com . Nel gennaio 2019 ha pubblicato la sua ultima raccolta poetica Il Tempo del Male (Terra d’ulivi edizioni). Progetta di pubblicare, a breve, una nuova silloge poetica che includa una sezione vicina allo sperimentalismo.

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Commenti

Prosa troppo diligente e lessico ricercato, o anche solo doverosamente appropriato, possono creare difficoltà per chi voglia accomodarsi nella stretta della frammentazione. Il frammento è cura dimagrante, i suoi affetti sul linguaggio sono immediati. Stop and go, interruzione (morte del pensiero e sue parole) sono costanti, e così le riprese (vero e proprio reset). Il fuori-senso, le repentine deviazioni, inseriscono e rendono visibile, anche in lettura, il fattore T-tempo, che è parte costitutiva del pensare originario: il qui e ora, ma del tutto inventato.

(Lucio Mayoor Tosi)

Il virus kitchen nella tradizione saponificata, sanificata e ininterrotta della poesia narrativeggiata a vocazione maggioritaria

Le poesie di Nunzia Binetti sono la riprova di come la contaminazione e la infiltrazione tra un linguaggio poetico ereditato (quello narrativizzato) e quello nuovo della poetry kitchen stia dando ottimi risultati. La Binetti parte dal linguaggio poetico dell’io che si confessa allo specchio di questi ultimi decenni per allontanarsene in direzione di un linguaggio ibrido, meticciato, con inserti kitchen, cioè lateralizzati, spostati dal significato consueto e condiviso e dalla soggettività registrata. Il risultato è probante, l’autrice dimostra che la transizione e la transazione tra un linguaggio noto e conosciuto, addomesticato, e uno nuovo, ignoto e non addomesticato può dare ottimi risultati. E noi non possiamo che incoraggiarla in questa direzione. E non è detto che tra infiltrazione e transazione vi sia inimicizia o contraddittorietà, la prassi kitchen ci dice che nelle modalità kitchen l’infiltrazione del virus kitchen in un corpo «sanificato» e saponificato come quello della tradizione post-lirica italiana può dare ottimi risultati.

Alla base della poesia di accademia incentrata sulla perorazione di una soggettività in preda di una particolare esantema soggettoalgico c’è la convinzione che la forma-poesia debba essere una veicolazione narcisistica di un’istantanea reazione emotiva, invece alla base della poesia della nuova fenomenologia del poetico c’è la convinzione che la forma-poesia debba essere una forma di «incomunicazione» (per riprendere una dizione di Alfredo de Palchi degli anni sessanta), di non-coincidenza permanente tra la parola e la cosa. Come si vede, i conti tornano, anche a distanza di sei, sette decenni dalla poesia depalchiana e dalla neoavanguardia. Ma i conti sono destinati a tornare e a ritornare imbrogliati nella matassa dei nodi di Gordio e dei nodi scorsoi della tradizione saponificata e sanificata e ininterrotta della poesia narrativeggiata a vocazione maggioritaria.
Quello che nella poesia della tradizione saponificata è il momento epifanico, ovvero, una istantanea reazione emotiva che vorrebbe tradursi in una parola epifanica, nella poetry kitchen diventa lo spazio vuoto, lo iato di un significante vuoto ed eccedente che prende corpo in una parola; la parola incomunicativa, incomprensibile del momento kitchen, come si vede bene nella poesia di Nunzia Binetti, è una parola parlata dall’Estraneo o, come recita la Binetti, da un «avatar». L’io ne resta diviso, spiazzato («Pensai a un intralcio, a una devianza di percorso»), e veniamo proiettati in un’altra dimensione («La musica si interruppe»), e l’avatar prende posizione, prende direttamente la parola, ecco il momento diegetico («l’avatar assunse un tono perentorio,/ sfilò per tutto il corridoio…»); ed ecco il momento mimetico dove parla l’io: («Errore, delitto preterintenzionale!»), interviene l’avatar femminile («No. Il croco, il tuorlo, ci mostrano il giallo che è il retro dell’identità»). Subito dopo si cambia fotogramma, ecco che interviene un terzo personaggio “Lady Tristezza” (o forse è ancora l’avatar che parla?). In definitiva, la poesia delle modalità kitchen altro non è che una de-costruzione ininterrotta una volta che il virus kitchen si sia introdotto in una tradizione saponificata e imbalsamata.

Noi sappiamo che la soggettività non è mai «autentica», è sempre impura, contaminata; fin dall’inizio è impregnata di impersonale, perché solo la lingua pubblica (cioè di nessuno, arbitraria e presoggettiva), le offre i dispositivi grammaticali per formare l’“io”, infatti, Lacan ha scritto: «Lalangue sert à de toutes autres choses qu’à la communication». In conformità a questa impostazione, il pre-individuale precede la soggettività, ergo la lingua del pre-individuale è più vera di quella della soggettività, ecco la ragione della modalità kitchen: posizionarsi e direzionarsi verso il pre-individuale del linguaggio poetico è la via prescelta dalla poesia della nuova fenomenologia del linguaggio poetico.

(Giorgio Linguaglossa)

Dieci Poesie inedite di Nunzia Binetti

«Il La è Bemolle». Così si presentò l’avatar.
Pensai a un intralcio, a una devianza di percorso

La musica si interruppe, l’avatar assunse un tono perentorio,
sfilò per tutto il corridoio…

«Errore, delitto preterintenzionale!» replicai.
«No. Il croco, il tuorlo, ci mostrano il giallo che è il retro dell’identità» Ella rispose.

Lady Tristezza emerse da un mare di suoni,
sirena per finta. Frammenti di sughero poi vennero a galla.

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Elisa amò Beethoven. Non lo confessa.
Oggi non sa più amare.

Tra Schengen e Lampedusa affondò il mare.
Ruth Benedict volse lo sguardo a un crisantemo e ad una spada.
Il crisantemo è divenuto nero.

Ogni Bellezza uccide.
La gara è tra i gerani, sui balconi a farsi cogliere.
Il mito d’Elena ritorna per (s)fiorire.

Nessuna Giustizia è scienza esatta.
La luce della luna echeggia tra le foglie morte.

Notte, sii sempre buona!

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Il meccanismo del sistema accelerato ha piglio tribale e
ritmo di danza.

I figli uccideranno sempre i padri.

Mendel in tutta fretta mobilitò caratteri alieni dominanti.
I vincitori persero tutto, anche l’onore.

«Siatemi almeno voi fedeli nei miei infiniti modi d’essere».
Così l’ameba parlò alle sorelle ortiche.

Tossine apolidi affiorarono dal mare.
Un seme scivolò nel solco sbagliato

Così nacque un australopiteco super sapiens.

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«Ho perso l’anello che portavo al dito perché mi sono sposato con la poesia».
Scrisse Dunn, pensando a Puskin, ma la lettera tornò indietro,

non fu recapitata.

Ma qui vivono uomini mezzo-gatti, ad essi tutto è indifferente.
Hanno comportamenti gattici.

Bifore di cattedrali ospitano gabbiani.
La profilassi è solo antibatterica.

E l’Angelus trasalisce per certe maldicenze dei credenti contro i preti.
Inutile agire sui tufi spolpati dagli eventi.

Ed ora discorriamo dell’autunno.
«Cosa sai, tu, dei melograni?», mi chiese.

«Intonano canti funebri sulle terrazze di novembre»,
risposi non molto convinta. Continua a leggere

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Marie-Laure Colasson, Les choses de la vie, Progetto Cultura, Roma, 2022, pp. 126, 12 €, Nota di lettura di Edith Dzieduszycka, Qualsiasi ierofania mi è ostile ed estranea, Nella mia poesia non troverete mai le parole che diventano la «potenza» della negazione o la «potenza» della affermazione, che vogliono il reale come Nulla, e sono quindi Nihil, nichilismo (M.L. Colasson)

Marie Laure Colasson Les choses de la vie

Chi sa perché, mi affiora spesso in mente l’antico giuoco delle somiglianze e delle affinità, che applico a persone sconosciute o celebre in momenti di svago mentale o d’insonnia!

Così, dopo la lettura del suo libro, Les choses de la vie, ora pubblicato da Progetto Cultura con dotti commenti di Giorgio Linguaglossa, mi è venuta in questa notte bianca la voglia di scegliere un animale da abbinare in qualche modo a Milaure! E’ stato fulmineo! En un clin d’oeil mi è subito sbalzata nel pensiero l’immagine della libellula! Creatura sinuosa e danzante, raffinata e rarefatta, leggera e scintillante, dal pallore un po’ evanescente, il cui volo a zigzag veloce e imprevedibile la porta di qua di là sulle acque dello stagno, alla ricerca di un cibo nascosto o semplicemente di un giunco degno della sua attenzione.

Dotata di ali luminescenti e frementi al minimo soffio di vento, è arduo seguire il suo percorso. Tout comme è spesso difficile seguire la poesia di Marie-Laure, che non può e non vuole dimenticare o rinnegare le sue origini. Ci trasporta così, attraverso colte citazioni e rimandi, insieme a personaggi ricorrenti, la blanche geisha, Eredia, Lilith, la comtesse Bellocchio, Eglantine e Sarah e tanti altri, nel mondo cosmopolita e soprattutto francese del ‘900, tra i versi di Rimbaud e Verlaine, sulle musiche di Satie e Ravel, illuminati dal demone verde elettronico (ndr. la sigaretta elettronica che l’autrice fuma). Un mondo in cui n’importe quoi peut arriver à n’importe chi!

Contenitore senza fondo di tutte le meraviglie, vaso di Pandora dalle capacità inesauribili, le sac crocodile si riempie e si svuota al ritmo della danza e d’una coreografia sempre in movimento di clown pailletés e coccinelle.

Un tour de force d’inventiva, d’immaginazione, di reminiscenze a 360°, con gli accostamenti più strambi ed imprevisti che ci trascinano in una ronda infernale in cui vizio e virtù si danno la mano per dipingere le tele più folli ove spadroneggia un Francis Bacon imperioso seduto sul suo trono-poltrona di velluto grenat.

Copertina ispirata a Rotella, con quella gamba rossa e aguichante emergendo dagli strappi a conferma della frammentazione di stile e percorso mentale. Una lettura saltellante e brillante che non ti lascia un attimo di requie, ma ti spinge e trascina in tutte le direzioni sul suo carosello impazzito!

(Edith Dzieduszycka, 1 luglio 2022)

Sedie comuni ridipinte da Marie laure Colasson

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Qualsiasi ierofania mi è ostile ed estranea.

Penso che la mia poesia sia afanica, drasticamente materica, diafana e diafanica.

L’arte oggi attraversa tutti i suoi momenti senza poter mai giungere a un’opera che esprima il positivo, giacché non può mai identificarsi con alcuno dei momenti del positivo. Nella mia poesia non troverete mai un momento in cui si dice il positivo di un enunciato e né il positivo di una negazione. Affermazione e negazione facevano parte di quella metafisica che intendeva le parole che contenevano una intenzionalità verso […] una direzione verso […]. Non troverete mai le parole che diventano la «potenza» della negazione o la «potenza» della affermazione, che vogliono il reale come Nulla, e sono quindi Nihil, nichilismo. Il termine non è ovviamente hegeliano ma post-heideggeriano, come post-heideggeriana è la conclusione del concetto dell’arte nella surmodernità: Oggi la nuova metafisica che è la Tecnica nuda non  dà alcun nichilismo, non ci consegna alcun Nihil ma ci fornisce il Pieno in grandissima quantità: il Pieno dei markettifici, il pieno di benzina, il pieno del negotium che ha sostituito l’otium. Tutto ciò non coincide con nessuna essenza dell’arte nel punto estremo del suo destino (hegelianamente inteso); in entrambe le soluzioni l’essere dell’arte si destina all’uomo come un qualcosa che non può essere pronunciato, chiamato, definito. Probabilmente, finché il nichilismo governerà segretamente il corso della storia dell’occidente, l’arte non uscirà dal suo interminabile crepuscolo, un crepuscolo pieno di «cose piene», ovviamente.

(Marie Laure Colasson)

Le prime sei composizioni di Les choses de la vie

1.

Son petit pain fourré au champagne le matin
des cigarettes en chocolat dans ses poches trouées

Un merle chante au centre du silence
un merle chante faux dans un silence aveuglant

Assis sur une photo de Doisneau séchant dans la baignoire
solitude sans silence

Eglantine boit le champagne suce le chocolat
avale la photo engloutie au fin fond de son lit

Sa photo à côté du lit
è definitivo coup de poignard

Dans la chambre émanation de cadmium red
elle poignarde le temps le merle s’envole

Putride le déclin convulsif le temps
elle tressaille engloutie au fin fond de son lit

La chambre est rouge

*

La sua ciambella farcita allo champagne al mattino
delle sigarette al cioccolato nelle sue tasche bucate

Un merlo canta al centro del silenzio
Un merlo canta falso nel silenzio accecante

Seduto sopra una foto di Doisneau si asciuga nella tinozza
solitudine senza silenzio

Eglantine beve lo champagne succhia il cioccolato
Inghiottisce la foto inabissata al fondo del letto

La sua foto accanto al letto
è definitivo colpo di pugnale

Nella stanza emanazione di cadmium red
Lei pugnala il tempo il merlo s’invola
Putrido il declino convulso il tempo
lei rabbrividisce inabissata in fondo al letto

La stanza è rossa

2.

Les couleurs dansent sur la pointe d’une aiguille
Menaçant le rouge de devenir violet

Rouges violettes les fleurs sur le balcon
dans le cercueil de Paul Cézanne des photos éparpillées

Sarah dans le tunnel s’en empare pour gommer leurs mémoires

Le cercueil furieux s’échappe en Rolls Royce
boit son thé au jasmin se brûlant les entrailles

Sarah prend un chiffon bleu outremer
pour nettoyer ces fragments d’archéologie

Les couleurs les photos se transforment en gélatine
pour construire un incertain devenir

Que de photos éparpillées sur le sol
archéologie du passé

Son rimmel a coulé un autre théâtre
avec un chiffon efface la mémoire

……échappatoire

*

I colori ballano sulla punta d’un ago
minacciano il rosso di diventare viola

Rossi viola i fiori sul balcone
nella bara di Paul Cezanne delle foto sparpagliate

Sarah dentro il tunnel se ne impadronisce per cancellare le loro memorie

La bara furiosa se ne scappa in Rolls Royce
beve il suo tè al gelsomino si brucia le viscere

Sarah prende uno straccio blu oltremare
per pulire questi frammenti d’archeologia

I colori le foto si trasformano in gelatina
per costruire un incerto avvenire

Quante foto sparpagliate sul pavimento
Archeologia del passato

Il suo rimmel si è sciolto un altro teatro
con lo straccio cancella la memoria

….scappatoia

Marie Laure Colasson Notturno 9 collage 30x25 cm 2007M.L. Colasson, Collage, Notturno, 30×25, 2007

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