
Due ex commilitoni, Tallìa e Germanico, reduci dalle battaglie di Idistaviso
di Marie Laure Colasson
Due ex commilitoni, Tallìa e Germanico, reduci dalle battaglie di Idistaviso, si scambiano missive, si cercano e si allontanano nella misura in cui il loro linguaggio è diventato ultroneo e tellurizzato. È un dialogo drammatico e ilare perché non c’è un cunicolo per uscire fuori dalla Storia, siamo già tutti «storializzati» costretti ad un «fuori-significato permanente» e a un «fuori-senso permanente», deiettati dalla «storia» e già tutti «storializzati». È un dialogo sovradeterminato e sovraeccitato in quanto surdeterminato, impossibile da svolgere perché comunque non condurrebbe in alcun luogo, perché il luogo del Potere è il positum, il posto. Si tratta di un dialogo «posizionale», ciascuno dei due attori ristretto nella propria «posizione» reclusoria e, al tempo stesso, «spodestato», cioè «fuori-luogo» senza alcuna possibilità di sortita politica. Di qui il loro linguaggio, che è un «fuori-luogo», un «fuori-posizione», un «luogo ultroneo». In un mondo dove il motto di Hölderlin non appare più valido: «Dove nasce il pericolo maggiore cresce anche ciò che può salvarci (Wo aber Gefahr ist das Rettende auch)», perché oggi siamo già dentro il «pericolo maggiore», siamo nell’epoca della catastrofe permanente e non si avvista nessuna Idistaviso all’orizzonte. Il dramma di Tallia e di Germanico è di essere stati deiettati dalla «storia» e di non avere una «via di uscita». Il dramma è sempre politico, l’estetica viene dopo, ecco la ragione che determina una sovraeccitazione del linguaggio di Tallia e di Germanico. Oggi, il dramma della politica delle grandi potenze sta nel dis-equilibrio permanente e che nessuno dei due contendenti (Cina e U.S.) è in grado di mantenere una egemonia globale e quindi il mondo è condannato a una competizione globale permanente, le due grandi potenze sono consapevoli del fatto che ciascuna di esse può sferrare in qualsiasi momento un attacco a sorpresa con conseguenze devastanti per l’avversario. Il dis-equilibrio permanente determina così una situazione di catastrofe permanente.
La poesia kitchen è un prodotto dell’epoca della catastrofe permanente nel quale il pensiero logico-sequenziale, di tipo “alfabetico” è stato sostituito da un tipo di pensiero nello stesso tempo «olistico» e «multi-tasking».
Il dizionario Garzanti scrive che con «multi-taksing si dice di sistema operativo (informatico) in grado di eseguire contemporaneamente più programmi alternando il tempo dedicato all’esecuzione di ciascuno di essi».
L’idea della «nuova poesia» si può riassumere così: disattivare il significato da ogni atto linguistico, de-automatizzarlo, deviarlo, esautorare il dispositivo comunicazionale, creare un vuoto nel linguaggio, sostituire la logica del referente con la logica dell’assente e del non-referente. Ogni linguaggio riposa su delle presupposizioni comunemente accettate, non è qui in questione ciò che il linguaggio propriamente indica, ma quel Qualcuno che glielo consente di indicare. C’è sempre un Qualcuno, un fuori-testo, un fuori-cornice che interferisce con le nostre parole, le parole sono sempre ibride, abnormi, ultronee e chi non l’ha ancora capito è perché è rimasto alla numismatica dei francobolli fuori corso.
Scrive Giorgio Linguaglossa:
«Una parola ne presuppone sempre delle altre che possono sostituirla, completarla o dare ad essa delle alternative: è a questa condizione che il linguaggio si dispone in modo da designare delle cose, stati di cose o azioni secondo un insieme di convenzioni, implicite e soggettive, un altro tipo di riferimenti o di presupposti. Parlando, io non indico soltanto cose e azioni, ma compio già degli atti che assicurano un rapporto con l’interlocutore conformemente alle nostre rispettive situazioni: ordino, interrogo, prometto, prego, produco degli “atti linguistici” (speech-act)».
Per la «nuova poesia» è prioritaria l’esigenza di disattivare l’organizzazione referenziale del linguaggio, aprire degli spazi di indeterminazione, di indecidibilità, creare proposizioni che non abbiano alcuna referenza che per convenzione la comunità linguistica si è data.
Una zona di indistinzione, di indiscernibilità, di indecidibilità, di disfunzionalità si stabilisce tra le parole e le frasi come se ogni singola unità frastica attendesse di trovare la propria giustificazione dalla unità frastica che immediatamente la precede o la segue… non si tratta di somiglianza o di dissimiglianza tra le singole unità frastiche ma di uno slittamento, una vicinanza che è una lontananza, una contiguità che si rivela essere una dis-contiguità, una prossimità che si rivela essere una dis-prossimità… si tratta di una dis-cordanza, di un dis-formismo che si stabilisce tra i singoli sintagmi… anche le unità di luogo e di tempo della mimesis aristotelica sembrano dissolversi in una fitta nebbia e, con la dissoluzione della mimesis, viene meno anche la giustificazione di un io plenipotenziario e panottico, viene meno anche la maneggevole sicurezza del corrimano del significato.
È una poesia che fa larghissimo impiego di «sovraeccitazioni», di shock, di sussulti, di strappi, di traumi… È perché viviamo in una società traumatizzata e tellurizzata che fa del trauma una necessità di vita e di Narciso. Basta osservare il panorama della politica di oggi: i populisti nazionalisti e sciovinisti fanno amplissimo uso della «sovraeccitazione»; gli stessi media Facebook, Instagram, Twitter, Tik Tok, i telegiornali etc non sono altro che una vetrina e un palinsesto di notizie che fanno della sovraeccitazione una surdeterminazione, una normologia profilattica; la stessa forma-merce, il design e il marketing, dipendono dallo stato di «sovraeccitazione permanente» in cui noi viviamo. Si punta allo stato di «sovraeccitazione» e di surplus di eccitazione, non vedo perché la forma-poesia ne debba rimanere estranea.
Scrive Lucio Mayoor Tosi:
«La scrittura NOE (nuova ontologia estetica) è più vicina al pensare stesso, ne riprende le modalità. Per questo, nonostante le stranezze, i salti semantici, penso si tratti di poesie ri-conoscibili. Perché tutti pensano, e spesso parlano, in modo incoerente. NOE è vicina all’aspetto sorgivo del pensiero… come anche tutta la poesia di sempre, solo che in altri modi si avverte il profumo del potpourri, violette e lavanda, cose del consueto, del corredo».

Giuseppe Talìa
Tallìa
Caro Germanico,
sono molto preoccupato. Giorgio Linguaglossa
non è più quello di prima, È diventato un buono
perdona tutti, perdona anche le mie intemperanze
invece di ributtarmi nel vuoto da cui vengo.
Dice che anche il vuoto è una “cosa”, una cosa che
Contiene il vuoto stesso come un vaso che contiene
La presentificazione e il paradosso del pieno e del vuoto.
Tu lo capisci? Farnetica che la verità è più potente
Della verità stessa. Non ti pare, Germanico, delirante
Il pensiero per cui la verità che di per sé non esiste
Possa esistere in un fondo veritativo? E poi frequenta
Piazze dell’Urbe colme di sardine inneggiando
Ad un rinnovamento che dal profondo dei mari terrestri
Possa riportare questa nostra società malata di memoria
A lungo termine dal Nulla al Tutto e che il Tutto possa comunicare
Con il Tutto. Non ti pare la metonimia un sintomo grave?
Lo tengo d’occhio e ti dirò nella mia prossima.
Giorgio Linguaglossa
Risposta di Germanico a Tallia (Giuseppe Talìa)
Il posto del re è vuoto
caro Tallia,
scrivo dalla mia abitazione: Marketstrasse n. 7 nell’anno mille 3781 ab Urbe còndita.
Il posto del Re è vuoto.
La nuova poesia?, il nuovo romanzo?, la nuova critica?
L’elefante sta bene in salotto, è buona educazione non nominarlo.
Tu dici:
«Andiamo verso la catastrofe con un eccesso di parole?».
L’elefante si aggira nel salotto.
Con la proboscide fracassa il vasellame, sporcifica la tappezzeria,
rovista nei cassettoni stile liberty e post-pop,
manda in pezzi anche il lampadario di Murano
e la cristalleria di Boemia…
Il vestito di Heisenberg è morto il 25 agosto 1926
mentre si recava in tram a Copenaghen.
Noi lo sappiamo dai resoconti dei suoi studi intorno ad un misterioso ipotocasamo
una micro struttura elicoidale
un miliardo di elementi all’incirca
con innesti di mitogrammi di tantalio e cadmio.
Ricordo un trafiletto del 24 aprile 1997 sul “Sole 24 Ore”
di un poeta milanese che parlava di silenzio e di ascolto…
Masticavo quei tramezzini psicopoetici con del chewingum che attaccavo alle pareti.
Adesso ci sono i cinici, stretti parenti delle cimici, gli scettici,
gli iloti parenti stretti degli idioti.
Però gli iloti di oggi hanno un aplomb più strutturato,
intendo i loro brodini psicocritici.
Nei loro trafiletti ci vedo il vuoto apotropaico, il vuoto del Re.
Una volta c’erano anche i “francobolli” su “La Stampa”,
con all’interno una poesiuola.
Lo spettacolo non era edificante, affatto.
E certo che i lettori normali non prestavano alcuna attenzione a quelle sciocchezze.
Quindi nessuno le leggeva.
Bei tempi, caro Tallia!

Giuseppe Talìa
Eventum.
(Risposta di Tallia a Germanico)
Caro Germanico,
La crisi idrica è iniziata lo scorso anno.
I pozzi si asciugheranno la prossima estate.
Il popolo se ne accorgerà goccia a goccia.
Quando il vaso sarà colmo.
Giorgio Linguaglossa è un eremita.
Gli spedisco di tanto in tanto i fichi secchi della Bitinia.
Con dentro le mandorle delle Galapagos.
Da quando ha visto per primo l’elefante
In salotto sporcificare la cristalleria,
Non è più lo stesso.
Recentemente mi ha inviato un rotolo.
Con alcune domande. Uno spartiacque.
È ossessionato dal pensiero della fine
del pensiero occidentale.
L’algoritmo – metafisica del presente lo tenta.
E ci sta dentro. La crisi iniziata nel 1929.
Un Nihil si muove dall’ora da una banca all’altra.
Le legioni dispiegate cercano di fare la storia.
Un sentore di fine secolo anticipata
Fuoriesce dagli split dei condizionatori.
Lo invito a qualche incursione barbarica:
Aleja, la schiava amazoniana, recita tutta la divina Commedia;
Grunge Assistant, il liberto, traduce qualsiasi frase in tutte le lingue.
Avoir la patate/banane/pêche.
Tomber dans les pommes.
Raccontare qualche insalata.
(Come dargli torto, la bellezza del sublime
Nel disordine estraneo al bello, ci accomuna)
Un giorno Boileau mi suggerì: lascia perdere gli alessandrini.
Ignora i bellimbusti degli emistichi. Molla i signorini settenari.
I gargarismi del privé a portabilità probatoria.
Apri le finestre al nonsenso del mondo. Aria.
Chiudi le inferriate del valore assoluto.
Di te che ti nascondi.
Va verso – verso. Rompi quando è necessario.
Ti accorgerai che Eventum non è cosa di macchine.
Ricorda che l’ape esce dal fiore solo quando è ubriaca di polline.
Giorgio Linguaglossa
Risposta di Germanico (Giorgio Linguaglossa) a Tallia (Giuseppe Talìa)
caro Tallia,
qui nell’Urbe non ce la passiamo tanto bene.
La plebe è nel dubbio se stare dalla parte dei meloniani o se da quella del bullo di Mediolanum.
Oscilla.
In entrambi i casi siamo fottuti.
E poi c’è quel Cavaliere con le sue coorti di lucidascarpe e sciacalli che maneggiano sottobanco con l’azero Ozerov che viene dalla Sarmatia.
Ozerov ama il prosecco del Friuli, i fanghi del mar Morto e gli spaghetti alla amatriciana.
Scalda le sue armate ai confini della Dacia.
Al momento, è in vetta agli scudi il tribuno Conte, quel manigoldo vuole la pax, costi quel che costi, con i barbari sarmati.
Asserisce il Conte:
«La Dacia se la sbrighi da sola, non sono fatti nostri, teniamoci le legioni a guardia delle Alpi apuane, i bordi dell’impero ad est non sono questione che ci riguardi!»
Questo dice il tribuno.
Il cavaliere cincischia, i meloniani fanno minzioni, i salviniani spetazzano, i destriani caracollano per l’Urbe con le magliette e l’effigie dell’azero perfino dentro le terme di Diocleziano…
Nel frattempo, i prezzi del gas sono alle stelle, le cibarie costano quanto un occhio.
Servono rigassificatori, stoccaggi di armi e munizioni, meno climatizzatori, più balestre e balliste, obici, pilum.
Serve il grano della Dacia e meno ciarle tribunizie.
Intanto, il poeta Montale cincischia con questi versicoli:
«Le trombe d’oro della solarità»

Giuseppe Talìa
Tallia
Caro Germanico,
Fukuyama ha mosso le truppe di terra per tentare
Di ricreare la collettività perduta.
Bauman ha pensato bene di allagare il terreno.
Renderlo scivoloso, fanghiglioso e disaggregante.
Si naviga come con Conrad, si scrolla come per scrollarsi
Di dosso ogni responsabilità, si surfa come a Bondi Beach,
Si entra e si esce come si fosse con Proust, ci si accontenta
Di poco come per ipertrofia congenita dell’io sono,
Si lasciano tracce inesistenti come minimale chic.
L’altro giorno si parlava con Laterzo sed Peiora:
Shakespeare vivacchiava con il bonus studenti.
Montale teneva con il reddito di cittadinanza.
Pasolini veniva invitato spesso nelle Domus.
Gli altri a seguire, tra un’ospitata e l’altra
e il bonus docenti qualcosa pure gli entrava nelle tasche.
Pare che si riuniscano di tanto in tanto per capire
Come resistere nell’autonomia differenziata dell’Impero.
Giorgio Linguaglossa
Germanico
Caro Tallia,
Il poliptoto è entrato nel retto di Putler
Bum! il poliptoto è entrato nel retto di Putler lanciato dall’incrociatore Moskvà
L’Elefante suona l’olifante
Ne esce il pesce Lavrov con squame e sopracciglia dipinte
Odisseo commercia con il petrolio e il gas dei russi, manduca fagiani e noccioline del Ponto Eusino
Confonde Cesare con la regina Zenobia, però ha un occhio peritissimo per la valuta pregiata della Signora Circe
Il pesce Lavrov tira per la giacca il Signor Putler
Ne esce una marmellata di essenze all’isotopo di deuterio e un rotolo di carta igienica con impresso l’aureo sigillo della defecatio del Tirannosauro
Accadde nel Cetaceo che una proboscide con squame di coccodrillo prese a crescere dal retto dell’Ibrido
«It is high time to put this on the agenda»,
disse Odisseo appena uscito dall’antro di Polifemo aggrottando le sopracciglia.
«The event has occurred»,
così chiuse la questione l’itacense alla conferenza stampa convocata da Penelope.
Dopo aver ingoiato il poliptoto il pesce Lavrov non trovò di meglio che rifugiarsi di nuovo nel retto del Signor Putler
Ed ivi compì la defecatio e la prolificatio
Il topo saltellò sul piattino con del formaggio bucherellato, morse un fiordo di Emmental Switzerland e lo trangugiò
Dal retto del pesce Lavrov uscì un minuscolo Putler all’isotopo di plutonio in forma di supposta o di Sputnik
Lo psicozoico tossì e crebbero delle margherite all’intorno
«Benvenuti – esclamò il manigoldo – alla fine dell’Antropocene, ovvero, l’Età della Catastrofe Permanente!»
Giuseppe Talìa (pseudonimo di Giuseppe Panetta), nasce in Calabria, nel 1964, risiede a Firenze. Pubblica le raccolte di poesie: Le Vocali Vissute, Ibiskos Editrice, Empoli, 1999; Thalìa, Lepisma, Roma, 2008; Salumida, Paideia, Firenze, 2010. Presente in diverse antologie e riviste letterarie tra le quali si ricordano: Florilegio, Lepisma, Roma 2008; L’Impoetico Mafioso, CFR Edizioni, Piateda 2011; I sentieri del Tempo Ostinato (Dieci poeti italiani in Polonia), Ed. Lepisma, Roma, 2011; L’Amore ai Tempi della Collera, Lietocolle 2014. Ha pubblicato i seguenti libri sulla formazione del personale scolastico: LʼIntegrazione e la Valorizzazione delle Differenze, M.I.U.R., marzo 2011; Progettazione di Unità di Competenza per il Curricolo Verticale: esperienze di autoformazione in rete, Edizioni La Medicea Firenze, 2013. È presente con dieci poesie nella Antologia Come è finita la guerra di Troia non ricordo a cura di Giorgio Linguaglossa, Ed. Progetto Cultura, Roma, 2016.; con il medesimo editore nel 2017 esce la raccolta poetica La Musa Last Minute. È uno degli autori presenti nella Antologia Poetry kitchen nella Agenda 2023 Poesie kitchen edite e inedite (2022) e nel volume di contemporaneistica e ermeneutica di Giorgio Linguaglossa, L’Elefante sta bene in salotto, Ed. Progetto Cultura, Roma, 2022.
Giorgio Linguaglossa è nato nel 1949 e vive e Roma. Per la poesia esordisce nel 1992 con Uccelli (Scettro del Re), nel 2000 pubblica Paradiso (Libreria Croce). Nel 1993 fonda il quadrimestrale di letteratura “Poiesis” che dal 1997 dirigerà fino al 2006. Nel 1995 firma, insieme a Giuseppe Pedota, Maria Rosaria Madonna e Giorgia Stecher il «Manifesto della Nuova Poesia Metafisica», pubblicato sul n. 7 di “Poiesis”. È del 2002 Appunti Critici – La poesia italiana del tardo Novecento tra conformismi e nuove proposte (Libreria Croce, Roma). Nel 2005 pubblica il romanzo breve Ventiquattro tamponamenti prima di andare in ufficio. Nel 2006 pubblica la raccolta di poesia La Belligeranza del Tramonto (LietoColle).
Per la saggistica nel 2007 pubblica Il minimalismo, ovvero il tentato omicidio della poesia in «Atti del Convegno: “È morto il Novecento? Rileggiamo un secolo”», Passigli. Nel 2010 escono La Nuova Poesia Modernista Italiana (1980–2010) EdiLet, Roma, e il romanzo Ponzio Pilato, Mimesis, Milano. Nel 2011, per le edizioni EdiLet pubblica il saggio Dalla lirica al discorso poetico. Storia della Poesia italiana 1945 – 2010. Nel 2013 escono il libro di poesia Blumenbilder (natura morta con fiori), Passigli, Firenze, e il saggio critico Dopo il Novecento. Monitoraggio della poesia italiana contemporanea (2000–2013), Società Editrice Fiorentina, Firenze. Nel 2015 escono La filosofia del tè (Istruzioni sull’uso dell’autenticità) Ensemble, Roma, e una antologia della propria poesia bilingue italia-no/inglese Three Stills in the Frame. Selected poems (1986-2014) con Chelsea Editions, New York. Nel 2016 pubblica il romanzo 248 giorni con Achille e la Tartaruga. Nel 2017 escono la monografia critica su Alfredo de Palchi, La poesia di Alfredo de Palchi (Progetto Cultura, Roma), nel 2018 il saggio Critica della ragione sufficiente e la silloge di poesia Il tedio di Dio, con Progetto Cultura di Roma. Ha curato l’antologia bilingue, ital/inglese How The Trojan War Ended I Don’t Remember, Chelsea Editions, New York, 2019. Nel 2002 esce l’antologia Poetry kitchen che comprende sedici poeti contemporanei e il saggio L’elefante sta bene in salotto (la Catastrofe, l’Angoscia, la Guerra, il Fantasma, il kitsch, il Covid, la Moda, la Poetry kitchen). È il curatore della Antologia Poetry kitchen e dei volumi Agenda 2023 Poesie kitchen edite e inedite (2022), L’Elefante sta bene in salotto, Ed. Progetto Cultura, Roma, 2022. Nel 2014 ha fondato e dirige tuttora la rivista telematica lombradelleparole.wordpress.com con la quale, insieme ad altri poeti, prosegue la ricerca di una «nuova ontologia estetica»: dalla ontologia negativa di Heidegger alla ontologia meta stabile dove viene esplorato un nuovo paradigma per una poiesis che pensi una poesia delle società signorili di massa, e che prenda atto della implosione dell’io e delle sue pertinenze retoriche. La poetry kitchen, poesia buffet o kitsch poetry perseguita dalla rivista rappresenta l’esito di uno sconvolgimento totale della «forma-poesia» che abbiamo conosciuto nel novecento, con essa non si vuole esperire alcuna metafisica né alcun condominio personale delle parole, concetti ormai defenestrati dal capitalismo cognitivo.