Marie Laure Colasson, La Macchia, 50×50 cm acrilico, 2020
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La macchia è la «materia-immagine» della disintegrazione, l’idea della de-figurazione stessa del soggetto e dell’oggetto nel testo, tanto che a realizzare opere di de-figurazione attraverso una lingua-corpo è stato anche il già Antonin Artaud, in testi e disegni dove la de-figurazione non è una banale lacerazione sanguinante né un puro e semplice annientamento della figura. Al contrario, essa è la forza di destabilizzazione che intacca la figura, la forza che mette la figura in movimento e le imprime una rotazione vertiginosa, un ilinx, che è la risposta alla percezione che vede germinare sciami di corpuscoli e striature laddove dovrebbe esistere un solo volto, una sola riconoscibile figura. Ci sono in atto delle forze, invisibili alla percezione quotidiana, che minano alle fondamenta la figuralità della immagine e la distorcono in macchia abnorme. Si tratta delle forze storiche della de-figurazione che agiscono nel profondo dell’inconscio del capitalismo cognitivo e dell’inconscio di ogni individuo, esse sono in azione da un bel pezzo, sono le forze della de-valorizzazione e della de-figurazione.
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[Marie Laure Colasson, La macchia, Struttura dissipativa, acrilico, 50×50, 2020]
Sostiene Lacan che nel campo scopico lo sguardo è all’esterno, io sono guardato, cioè sono quadro, il soggetto non coincide più come voleva Cartesio, con il punto geometrale a partire da cui si prende la prospettiva sulle cose, ma vive l’esperienza spaesante di essere in qualche modo oggettivato da uno sguardo altro, ridotto ad oggetto che “fa macchia” nel quadro: siamo presi dentro il quadro, e la vanitas, che credevamo riguardasse solo ciò che è rappresentato nel quadro, si rivela invece essere già da sempre anche la nostra, “che ci ri-guarda proprio dal punto impossibile, il fuori quadro nel quadro, che è lo sguardo come oggetto a”
Giorgio Linguaglossa
Il soggetto postedipico è diventato un soggetto serendipico
Chiunque legga una poesia kitchen si accorge che qualcosa come una violenta mega esplosione è avvenuta all’interno del linguaggio, uno shock di inaudite dimensioni, un trauma gigantesco: Il Collasso dell’ordine simbolico ha trascinato con sé il Collasso dell’ordine del significante. Il che implica che quel soggetto (scabroso) che era il punto principiale e terminale della catena significante, ha fatto fiasco, e con esso fiasco è andato al macero quella antica metafisica che era, tutto sommato, rassicurante, ospitale, che va da Giovanni Pascoli di Miricae (1891) a Franco Fortini di Composita solvantur (1994). L’io del romanzo e del poetico si è trovato, si è scoperto essere nient’altro che un involucro vuoto che attende dei riempitivi per apparire significante di nuovo.
La NOe e la poetry kitchen nascono quando si inizia a distinguere chiaramente questo gigantesco iceberg che sbarra la navigazione ad ogni tipo di enunciato dotato di senso. A quel punto è andato al macero anche la catena del significante e la serie sintagmatica dei significanti che costituiscono gli enunciati dotati di senso e di significato. Con la guerra di aggressione all’Ucraina ciò appare ovvio: quel linguaggio infarcito di ideologemi e di falsa coscienza, non si può più adottare.
Il soggetto postedipico è diventato un soggetto serendipico. Il Nome-del-Padre è diventato il Nome-di-Nessuno.
Francesco Paolo Intini
Che dire?
Da quando è iniziata questa guerra leggo quanto posso e ascolto i Tg, i talk show che si susseguono sulle reti, ascolto tutti e tutte. Ci sto mettendo passione per riuscire a capire cos’è che mi spaventa. Per qualche tempo ho pensato ai neutroni trattenuti nelle testate nucleari, costretti a stare buoni e non invadere nessun altro territorio. Devo confessare di aver persino sognato che facessero squadra e si mettessero in sciopero se qualcuno avesse pestato il tasto sbagliato. Ma i neutroni escono volentieri anche dalle mie fantasticherie. Devono berci sopra per non sentirsi schiavi di un impulso di morte. Piccoli kamikaze in picchiata libera sulle portaerei di grossa stazza. Botte a destra e a manca per ricavare una cattivissima reputazione. Che soddisfazione c’è a distruggere quello che capita?
Dopotutto sono solo fantasie mie che non stanno in cielo né in terra. Piuttosto penso a come un linguaggio combatta con un altro che vuol essere di segno opposto. A come l’uno sia incompatibile con l’altro ma provi comunque a vincere. Già, anche alcune parole sembrano votate all’auto distruzione. GUERRA, VINCERE, ARRENDERSI, COMPROMESSO, PACE, RESISTENZA, EROE etc appartengono a vocabolari ormai inservibili come i carri armati sulla via di Kiev. Dovremmo farne a meno o al massimo usarle per un selfie con la famiglia. Siamo in presenza di un tentata fissione della realtà in due parti. Dove l’una è Propaganda e l’altra è Verità. Non vale girare la testa di qua e di là sperando in questo o quello. La partita a ping pong si trasforma facilmente in una di calcio e quindi di rugby con molossi sulle curve, grandi come portaerei a suonarsele di buona ragione.
Non ce n’è nemmeno per gli arbitri. Spesso si finisce impiccati a una traversa solo per aver soffiato nel fischietto sbagliato con su scritto la parola “PACE” e chissà quando un santo verrà a mettere la buona parola.
Fino a quando insomma l’assurdo si travestirà di senso? Ogni guerra è assurda e meriterebbe una trattazione profonda delle ragioni che l’hanno scatenata. Occorrerebbe farne una dimostrazione matematica e insegnarla alla prima elementare con la pallottoliera del due più due. In una atmosfera surriscaldata dal lutto invece ogni frase è sospetta e deve fare un giro di scongiuri e rituali magici, pronunciare parole d’ordine per farsi aprire la porta dell’amico e farsi accettare senza che si sospetti di parteggiare per la parte sbagliata.
In tutto questo quale tipo di attacco può avere l’armata di parole di uno che starebbe solo nelle scarpe di Charlot e il suo grande dittatore?
E certo non è edificante vedere Arlecchino passare alle vie di fatto per convincere la platea che sta agendo e pensando seriamente. La risposta passa per il linguaggio tra panzer in fase di annichilimento reciproco ma anche per quello che c’è di tragico e marcio in un buffone disposto a uccidere migliaia di persone per dimostrare la sua versione di verità: DUE PI§ DUE FA CINQUE.
Nascono raggi gamma che accecano d’odio ma da cui, grazie a Dio, il linguaggio poetico prova a liberarsi con l’arma del ridicolo, dell’ironia, della caricatura e della strombazzatura. Credo che questo avvenga per vocazione allo smascheramento da parte del bambino che addita la nudità di re ed eroi di ogni genere. Un Omero piccolo piccolo che veste Achille con le armi di Fantozzi ed Ettore con quelle di Filini impegnati in una gita di fine agosto intorno a un trullo di Alberobello.
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«tutti gli spettri metafisici emergono dagli antagonismi della vita reale». (Slavoj Žižek) 1
(Giorgio Linguaglossa)
1 S. Žižek op. cit. p. 562
Giorgio Linguaglossa
Il misuratore delle ombre uscì dalla Cadillac nera
I
Il misuratore delle ombre uscì dalla Cadillac nera
parcheggiata sotto gli alberi
Il Mago Woland tirò fuori dal cilindro il Signor Putler in giacca e cravatta
il quale prese a tossire e a friggere
«È libera quella sedia?
Posso sedermi? È da tanto che sono in viaggio.
Ingehaltenheit in das Nicht»,
disse senza colpo ferire, aggiungendo la seguente postilla:
«Se in una poesia appare una bianca geisha,
non resta che contemplarla»
II
È arrivato finalmente il misuratore delle ombre
È entrato nella stanza con un metro pieghevole
Il letto era incassato nella parete
Ha preso le misure del letto, del lampadario, dei comodini, dell’appendiabiti
con le giacche del Signor Linguaglossa
Una torcia elettrica brillava nell’angolo dietro l’armadio
I bagagli erano tutti aperti, c’era della biancheria e delle scatole di medicinali
Il Signor K. si è accomodato sulla sedia dipinta in rosso
proprio di fronte al letto
«Una overdose di Remdesivir la si può prendere ad Abukir»
«Composizione per pantofole e violino»
«Infilare le pallottole nel pallottoliere»
«Spruzzare del borotalco»
«B. è un venditore di pentole, kitsch maleodorante disinfettato col deodorante»
«Sa, Linguaglossa, se in un romanzo compare una pistola, occorre che spari».
disse K.
« Sì, lo so, è incredibile: il Signor Putler e il Signor Salvini una volta erano dei bambini»,
replicai senza convinzione
III
Lafcadio, lo pseudo mulier, prese a tossire
si affacciò alla finestra
Mr. Humble si tolse gli occhiali di tartaruga mentre parlava fitto
Il bicchiere giallo era posato sul tavolo del tinello dipinto in verde
Il vento spazzava via i ricordi.
«È stato testato dal Signor Putler un budino all’isotopo di polonio in grado di abbattere in un sol colpo una intera brigata aviotrasportata della Nato»,
disse lo scrittore Gombrowicz che in quel momento aveva fatto ingresso dalla porta girevole nella hall dell’Hotel Excelsior di Budapest
Mauro Pierno Continua a leggere
…Un merlo canta al centro del silenzio
Un merlo canta falso nel silenzio accecante
(Marie Laure Colasson)
SFUMANDO ORIGANO ADATTARONO GLI ALLUCI A CELLULE PIRAMIDALI
Ci fu una sommossa al largo del pomodoro.
Uno di quei merli lasciò il brodo vegetale
E venne a dirci il lato oscuro dello Chef.
Noi credemmo fermamente di rivoltare l’asse della terra
ma non ci riuscì di girare quello da stiro
e i pantaloni se ne andarono sgualciti per le ciabatte.
Scomparve l’io come lo zar di Russia
Su lui scivolò il Logos e lo stagno germinò zanzare
Al Ragù il comando del microonde
e finalmente il sapore della storia servita al dente.
E’ così grasso il Donbass che si scioglie sotto i colpi del vapore.
A picconate credo, di sale e pepe.
Senza lo SPID l’alveare divenne inaccessibile.
La regina morì con un colpo di rivoltella
a cui preferì l’impiccagione sull’uscio di casa.
Tramortite dall’ aglio le principesse cedettero al pesto.
Bastò un pestello che l’universo girasse in un mortaio.
Non toccò le sacre vie dell’incenso
Ma segni inequivocabili di piacere.
Eugualemmecidue è scritto nei Mcdonald
Ma si sfuma a vodka e recidiva yersinia.
Uno scorrere di spaghetti nel Grand Canyon
Accompagnò lamenti di pizza al crematorio.
LITHIUM AND OTHER
Centodiciotto sono le rose e forse serviranno altre per gioire.
Crescono a misura del muro, non come il fico che fa figli in trincea
E non gl’importa di chi sta in fila al posto suo.
Ma la guerra è il più artificioso dei sonetti
Con a capo un endecasillabo che grida Augh!
Un raggio gamma dà il fischio d’inizio ed è strage alla curva Sud.
L’incidente si chiude con una nota di spesa per ogni grado sopra lo zero kelvin
Alle rovine del perché arriva la bolletta di pinoli e intestini secchi.
-Signore c’è da firmare una raccomandata!
Cento dei suoi figli sono stati macerati sputando 2022 denti.
Lorca cedette i suoi elettroni al torero anarchico
Senza lasciare tracce del milione di donne grasse.
Un proiettile racconta i suoi segreti
come si allearono negli orbitali tori e crotali.
Peccato che la squadra dei protoni non si sia disunita.
In uno scatolo gli consegnammo pustole di vaiolo
Perché vedesse l’ultima volta la classe operaia
E noi a ridere di lui.
I neutroni ce la mettono tutta ma esce un creme caramel e un grattino omaggio
Ogni volta che si preme un pulsante per un seme di tritolo.
Nessuno sogna più di un neutrone.
Se diverrà anguilla si aprirà un varco nell’occidente e potremo festeggiare
sul pianeta Dio.
Sul Manifesto cresce erba cipollina della signora Jenni.
Soltanto un ponte aereo ci salverà dai versi baresi e una crema
Per le ragadi di Marx.
Chi tra voi ha un elettrone da prestarmi?
Gli dò in cambio un refrigerante di vetro per cuscino.
Montale non è qui. Perché bussi?
GAS GAS
Mentre il tempo gioca con l’immortalità
-Un suo difetto come il boro nel diamante azzurro-
Siamo qui ad osservare il giro del ventilatore
Torna tra noi dopo lunga assenza Ulisse e ciò che ha da dire
Lo dirà in conferenza stampa.
All’ingresso, sull’altare della rimembranza il Master Chef
Con firma dell’autore.
Compratelo prima che finisca la guerra di Troia.
Nel frattempo Nerone, re del riso patate e cozze,
è venuto a dirci:
Vendo epoche di focaccia barese appena sfornate
Crebbero intorno a nuclei di titanio
E la catena respiratoria ne fu orgogliosa,
come la Madre alla spesa di Einstein
E dunque erbe cipolline, mettetevi il baffetto bianco,
arruffate i capelli, sguainate la linguaccia all’ aglio.
La memoria è una piaga insopportabile
Si berrà anche questo bisque di cingoli chelati
Che altro farne di una parola usata?
Plof!
Scorre nelle vene dell’Occidente il cloroformio
Meglio il vino novello, ma tantè!
Faremo un cicchetto su in terrazza
Quasi un brindisi alla taglia quarantadue delle bare
Oppure a uno scarafaggio che batte il match point
Tra scopa e polvere di caffè.
Micidiale il suo Nadal in fronte al Sindaco.
VERSI ALLA COQUE CONTRO BILE SOLIDA NEL COLEDOCO
A frammenti disse, a sassate corresse e c’è una musica che invade.
Verbo pericoloso per il futuro delle tovaglie.
Dove il basilico si fa largo risponde l’aglio con minacce d’aborto.
Ci sono spie infiltrate nel tritolo e carbonati che precipitano a Milano.
Un modo forse per risciacquare senza lavatrice e cancellare Dicembre dal settentrione?
Niente enzimi nei fucili, niente spargimento di rosso sulle capricciose
solo lancette di gambero ai campanili.
Il messaggio giunse chiaro ma gli occhi si astennero dal guardare
Il contratto va rispettato fino in fondo.
-La penale ha orecchie dure!
Raglia forte il tradimento.
Come cavalcare un significato e farlo correre di schiena?
Si va avanti e i sogni emanano cloro. Per omnia saecula saeculorum
Perché protesta l’ossigeno tra i denti?
-D’ora in poi ci sarà fuoco nelle ossa. Non val la pena- disse-
si è troppo infetti per rischiare i polmoni di uno yankee.
I contratti cercano firme e soldati nei call center.
Crescono fichi d’india nei fili del discorso.
Galileo perse l’innocenza nel suo esperimento
Impotente a radere il Sole come l’ultimo dei Mohicani.
Il metodo resuscitò piuttosto calmo e luce che spalmava nel cervello
Poi, senza indugi si consegnò all’acido solforico
Più sicuro del sapone nei TFR.