Poesie kitchen di Nunzia Binetti: “Il La è Bemolle. Così si presentò l’avatar. Pensai a un intralcio, a una devianza di percorso/ La musica si interruppe, l’avatar assunse un tono perentorio,/ sfilò per tutto il corridoio…” – e Giorgio Linguaglossa: “Il mago Woland si stava lavando i denti con il dentifricio Pepsodent plus anti placca quando accadde un fatto bizzarro: la confezione di borotalco posta sul mobiletto del bagno cadde sul pavimento a piastrelle senza essere stata determinata da alcun evento preliminare


La macchia gialla su verde, 20x20, acrilico 2023

(Marie Laure Colasson, macchia gialla acrilico, 25×25, 2023)

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Poesia di Giorgio Linguaglossa

Il mago Woland si stava lavando i denti con il dentifricio Pepsodent plus anti placca quando accadde un fatto bizzarro: la confezione di borotalco posta sul mobiletto del bagno cadde sul pavimento a piastrelle senza essere stata determinata da alcun evento preliminare.

Il Grande Collisore di Adroni ha prodotto un Megapositrone che interagisce con i nostri pensieri cinquecentomila anni luce prima di essere stati pensati.

Navighiamo all’interno del metabolismo di un ologramma che ha previsto la nostra esistenza.

Il fisico teorico Juan Maldacena ha dimostrato anni fa che l’ipotesi olografica reggeva per un tipo di spazio teoretico chiamato spazio anti de Sitter. A differenza dello spazio del nostro universo, che su scala cosmica è relativamente piatto, lo spazio anti de Sitter ha una curvatura interna che ricorda una sella.

Gli spazi anti-De-Sitter, che sono molto lontani dalla nostra esperienza, sono a curvatura negativa, il che significa, per esempio, che un oggetto che si muove in linea retta finisce per ritornare al punto di partenza.

È come se il nostro mondo tridimensionale + il tempo fosse all’interno di quattro specchi che riflettono il tutto.

Con il gigantesco puntatore laser Holometer puoi bucare l’universo e sbucare nell’universo negativo mentre ti stai grattando il naso.

Il reale emette un rumore. Ed esso è la prova della sua esistenza.

Per la legge dei quanti di Planck, più piccoli di un fotone alcuni trilioni di trilioni di volte, quel rumore è equivalente al reale, ovvero, è il reale. 1 : p : forma a doppia goccia (simile al simbolo di infinito) • 2 : d : forma a quattro lobi (simile a due simboli di infinito sovrapposti) . 3 : f : forma a otto lobi.

Sovrapponendo un infinito sull’altro non abbiamo due infiniti ma sempre un solo infinito, asserì il mago Woland, che così chiuse la questione.

Esattamente come avviene nella nuova concezione dell’ontologia estetica dove dieci o centomila infiniti sovrapposti danno luogo ad un solo infinito.

Commento

Come avviene per il battito delle ali di una farfalla che determina un uragano a centinaia di migliaia di chilometri o di anni luce di distanza, nella composizione di Giorgio Linguaglossa l’abbrivio del Tutto è dato da un evento minimissimo (o minimassimo): «la confezione di borotalco posta sul mobiletto del bagno cadde sul pavimento a piastrelle senza essere stata determinata da alcun evento preliminare».

La composizione è scritta con il linguaggio tipico delle riviste scientifiche, la poesia ha fatto a meno di tutto l’armamentario retorico di una tradizione millenaria, adesso la poesia è diventata prosa scientifica (o finta prosa scientifica, il che fa lo stesso), né più né meno, è diventata la dimostrazione di un teorema. Ma quello in esame è un teorema davvero bizzarro che contempla un «Grande Collisore di Adroni» che «ha prodotto un Megapositrone che interagisce con i nostri pensieri cinquecentomila anni luce prima di essere stati pensati».

La conseguenza logica che ne deriva è in realtà un salto logico di inaudita fantasy: «Navighiamo all’interno del metabolismo di un ologramma che ha previsto la nostra esistenza.»

Vero o non vero, verificabile o falsificabile non ha importanza, il teorema si presenta ricco di spunti interessantissimi, esso ci dice che la nostra esistenza può verificarsi soltanto in quanto essa è stata prevista «cinquecentomila anni luce prima di essere stati pensati». Una ipotesi strabiliante, chi può metterla in dubbio? Chi la può verificare tramite esperimento? – Tutta la composizione, mescidando ipotesi scientifiche ardite e fake news, intende dimostrare qualcosa che non possiamo dimostrare mediante la semplice consecutio logica degli argomenti scientifici, ragion per cui l’autore è costretto a far ricorso alla immaginazione, alla fantasy per poter raggiungere una Evidenza.

E l’Evidenza è che «Il reale emette un rumore. Ed esso è la prova della sua esistenza.» Detto così, ci troviamo dinanzi alla inversione dell’onere della prova: è il «rumore» che decide della esistenza o no del nostro «reale», quindi anche di noi stessi che siamo dentro il «reale». Di qui la ulteriore asserzione paradossale: «Navighiamo all’interno del metabolismo di un ologramma che ha previsto la nostra esistenza.». Così, di paradosso in paradosso, da iperbole a iperbole la composizione rivela la propria architettura probabilistica e fantasmatica. Il «reale» non è altro che un prodotto fantastico-fantasmatico e noi stessi forse siamo dei fantasmi che abitano un universo fantasmato. E la riprova di ciò è l’asserzione che segue: «Con il gigantesco puntatore laser Holometer puoi bucare l’universo e sbucare nell’universo negativo mentre ti stai grattando il naso». Ergo, è una asserzione ben verificabile e infatti verificata dalla scienza di oggi, ma il risultato è strabiliante e fantasmatico, prodotto di una iperbole di una immaginazione s-regolata.

Il kitchen altro non è che una modalità di intendere l’impiego del linguaggio. In questa composizione la capacità fantasmatico-simbolica dei ragionamenti posti in essere produce un «reale» probabilistico e fantasmatico che potrebbe accadere o che potrebbe essere accaduto, o che magari sta accadendo mentre prendiamo il caffè, chissà. È che viviamo in un universo bizzarro che si produce in esibizioni bizzarre e inverosimili.
E tutto questo è kitchen, puramente kitchen.
Anche il finale messo in bocca al mago Woland è qualcosa per cui le nostre cognizioni matematiche e scientifiche non possono soccorrerci:

«Sovrapponendo un infinito sull’altro non abbiamo due infiniti ma sempre un solo infinito, asserì il mago Woland, che così chiuse la questione.»

La deduzione di Linguaglossa è esemplare perché serissima e derisoria insieme:

«Esattamente come avviene nella nuova concezione dell’ontologia estetica dove dieci o centomila infiniti sovrapposti danno luogo ad un solo infinito.»

E tutto questo è kitchen, puramente kitchen.

(Marie Laure Colasson)

La macchia rossa acrilico 20x20, 2023

Marie Laure Colasson, macchia rossa, acrilico, 25×25, 2023

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Una poesia di Nunzia Binetti

«Il La è Bemolle». Così si presentò l’avatar.
Pensai a un intralcio, a una devianza di percorso

La musica si interruppe, l’avatar assunse tono perentorio,
sfilò per tutto il corridoio…

«Errore, delitto preterintenzionale !» replicai.
«No. Il croco, il tuorlo, ci mostrano il giallo che è il retro dell’identità», rispose.

Lady Tristezza emerse da un mare di suoni,
sirena per finta. Frammenti di sughero poi vennero a galla.

Commento

Quello che nella poesia della tradizione è il momento epifanico, ovvero, una istantanea reazione emotiva, nella nuova fenomenologia del poetico, ovvero, nella poetry kitchen, diventa uno spazio linguistico abitato da linguaggi significanti estranei e conflittuali. La parola è oggi diventata incomunicazionale. L’avvento della linguisticità delle emittenti mediatiche ha mutato radicalmente l’ontologia poetica; oggi a ragione si può parlare di una ontologia linguistica della caducità metastabile, i linguaggi sono diventati instabili e meta stabili; il momento kitchen, come si vede bene nella poesia di Nunzia Binetti, è il discorso dell’Estraneo o, come recita l’autrice, di «Avatar» che parlano ciascuno un proprio idioletto, un linguaggio privatistico e non-comunicazionale. Sono gli Avatar che prendono possesso del discorso poetico. L’io ne resta diviso, scisso, dis-locato: «Così si presentò l’avatar./ Pensai a un intralcio, a una devianza di percorso»; personaggi sconosciuti prendono la parola, discutono, discettano tra di loro e con il lettore; all’improvviso, veniamo deiettati in un’altra dimensione («La musica si interruppe»), e l’Avatar prende posizione, prende la parola. Ecco il momento diegetico-mimetico: «l’avatar assunse un tono perentorio,/ sfilò per tutto il corridoio…»; il momento mimetico parla mediante un io lateralizzato, de-funzionalizzato: («Errore, delitto preterintenzionale!»); interviene un Avatar femminile che pronuncia parole «fuori senso»: «No. Il croco, il tuorlo, ci mostrano il giallo che è il retro dell’identità». Subito dopo si cambia fotogramma: interviene un terzo personaggio: «Lady Tristezza emerse da un mare di suoni,/ sirena per finta. Frammenti di sughero poi vennero a galla». Lady Tristezza è un terzo personaggio-Avatar che parla o forse è ancora il precedente Avatar che prende la parola?. Il testo non lo dice, rimane nel dubbio, un alone di incertezza si estende a tutta la composizione: la poesia è o non è?, è un reale o è un irreale? E il lettore non può fare a meno di chiedersi: siamo ancora nel campo del reale o ci troviamo in un’altra dimensione?.
Nunzia Binetti sa che non ha senso parlare di «reale», e la soggettività non è mai «autentica», è sempre impura, contaminata, fin dall’inizio impregnata di impersonale, perché solo la lingua pubblica (cioè di nessuno, arbitraria e pre-soggettiva), le offre i dispositivi grammaticali per formare l’“io”. Lacan ha scritto: «Lalangue sert à de toutes autres choses qu’à la communication». In conformità a questa impostazione, il pre-individuale precede la soggettività, ergo la lingua del pre-individuale e del trans-individuale è più vera di quella della soggettività, ecco la ragione della modalità kitchen: posizionarsi e direzionarsi verso il pre-individuale e il trans-individuale del linguaggio poetico è la via prescelta dalla poesia della nuova fenomenologia del linguaggio poetico.

(Giorgio Linguaglossa)

Nunzia Binetti è nata a Barletta in Puglia, dopo il Liceo classico e studi in medicina ha intrapreso quelli di Lettere moderne e Beni Culturali laureandosi presso l’Università degli studi di Foggia con una tesi sulla Poesia contemporanea femminile in Puglia. È impegnata nel sociale e in particolare nella promozione delle donne nelle Arti e Affari (già presidente della Fidapa BPW. sezione di Barletta e già membro della task force twinning BPW International).  Cofondatrice del “Comitato della Dante Alighieri Barletta” è anche membro del Consiglio Direttivo. Ha recensito e prefato raccolte poetiche di autori  e pubblicato articoli letterari su “Vivicentro Notizie Rassegna Stampa” e su “Versante Ripido”, in web. Sue poesie sono presenti in molte antologie poetiche (Campanotto Editore), (ED.Giulio  Perrone –Roma), ( LietoColle) e nelle antologie: Fil Rouge (CFR editore) e Il ricatto del Pane (CFR Edizioni ). Nel 2010 ha esordito con la Silloge In Ampia Solitudine (CFR – Editore) e nel 2014 ha dato alle stampe la raccolta Di Rovescio (CFR .Editore), tradotta anche in francese nel 2017 da Roberto Cucinato, pubblicata in Francia e depositata presso la Biblioteca Nazionale di Parigi.  La rivista serba “Bibliozona” (della Biblioteca Nazionale di Nis) ha pubblicato una sua poesia in lingua serba. È stata recensita nelle Riviste letterarie: Capoverso (Ed. Orizzonti Meridionali), I fiori del male (Ibiskos Ed.), dal quotidiano “La Gazzetta del Mezzogiorno”, dalla Gazzetta di Verona” e, in web, nella rivista on line lombradelleparole.wordpress.com. Nel gennaio 2019 ha pubblicato la raccolta poetica Il Tempo del Male (Terra d’ulivi edizioni).

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Giorgio Linguaglossa è nato nel 1949 e vive e Roma. Per la poesia esordisce nel 1992 con Uccelli (Scettro del Re, Roma), nel 2000 pubblica Paradiso (Libreria Croce, Roma). Nel 1993 fonda il quadrimestrale di letteratura “Poiesis” che dal 1997 dirigerà fino al 2006. Nel 1995 firma, insieme a Giuseppe Pedota, Maria Rosaria Madonna e Giorgia Stecher il «Manifesto della Nuova Poesia Metafisica», pubblicato sul n. 7 di “Poiesis”. È del 2002 Appunti Critici – La poesia italiana del tardo Novecento tra conformismi e nuove proposte (Libreria Croce, Roma). Nel 2005 pubblica il romanzo breve Ventiquattro tamponamenti prima di andare in ufficio. Nel 2006 pubblica la raccolta di poesia La Belligeranza del Tramonto (LietoColle). Per la saggistica nel 2007 pubblica Il minimalismo, ovvero il tentato omicidio della poesia in «Atti del Convegno: “È morto il Novecento? Rileggiamo un secolo”», Passigli. Nel 2010 escono La Nuova Poesia Modernista Italiana (1980–2010) EdiLet, Roma, e il romanzo Ponzio Pilato, Mimesis, Milano. Nel 2011, per le edizioni EdiLet pubblica il saggio Dalla lirica al discorso poetico. Storia della Poesia italiana 1945 – 2010. Nel 2013 escono il libro di poesia Blumenbilder (natura morta con fiori), Passigli, Firenze, e il saggio critico Dopo il Novecento. Monitoraggio della poesia italiana contemporanea (2000–2013), Società Editrice Fiorentina, Firenze. Nel 2015 escono La filosofia del tè (Istruzioni sull’uso dell’autenticità) Ensemble, Roma, e una antologia della propria poesia bilingue italia-no/inglese Three Stills in the Frame. Selected poems (1986-2014) con Chelsea Editions, New York. Nel 2016 pubblica il romanzo 248 giorni con Achille e la Tartaruga. Nel 2017 escono la monografia critica su Alfredo de Palchi, La poesia di Alfredo de Palchi (Progetto Cultura, Roma), nel 2018 il saggio Critica della ragione sufficiente e la silloge di poesia Il tedio di Dio, con Progetto Cultura di Roma.  Ha curato l’antologia bilingue, ital/inglese How The Trojan War Ended I Don’t Remember, Chelsea Editions, New York, 2019. Nel 2002 esce  l’antologia Poetry kitchen che comprende sedici poeti contemporanei e il saggio L’elefante sta bene in salotto (la Catastrofe, l’Angoscia, la Guerra, il Fantasma, il kitsch, il Covid, la Moda, la Poetry kitchen). È il curatore delle Antologie Poetry kitchen 2022 e Poetry kitchen 2023 nonché dei volumi Agenda 2023 Poesie kitchen edite e inedite (2022), del saggio L’Elefante sta bene in salotto, Progetto Cultura, Roma, 2022. Nel 2014 ha fondato e dirige tuttora la rivista on line lombradelleparole.wordpress.com  con la quale insieme ad altri poeti, prosegue la ricerca di una «nuova ontologia estetica»: dalla ontologia negativa di Heidegger alla ontologia meta stabile dove viene esplorato un nuovo paradigma per una poiesis che pensi una poesia delle società signorili di massa, e che prenda atto della implosione dell’io e delle sue pertinenze retoriche. La poetry kitchen, poesia buffet o kitsch poetry perseguita dalla rivista rappresenta l’esito letterario del Collasso del Simbolico, di uno sconvolgimento totale della «forma-poesia» che abbiamo conosciuto nel novecento, con essa non si vuole esperire alcuna metafisica né alcun condominio personale delle parole, concetti ormai defenestrati dal capitalismo cognitivo di oggi.
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Marie Laure Colasson nasce a Parigi nel 1955 e vive a Roma. Pittrice, ha esposto in molte gallerie italiane e francesi, sue opere si trovano nei musei di Giappone, Parigi e Argentina, insegna danza classica e pratica la coreografia di spettacoli di danza contemporanea. Nel 2022 per Progetto Cultura di Roma esce la sua prima raccolta poetica in edizione bilingue, Les choses de la vie. È uno degli autori presenti nelle Antologie Poetry kitchen 2022,  Poetry kitchen 2023, nella Agenda 2023 Poesie kitchen edite e inedite (2023) e nel volume di contemporaneistica e ermeneutica di Giorgio Linguaglossa, L’Elefante sta bene in salotto, Ed. Progetto Cultura, Roma, 2022.

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15 risposte a “Poesie kitchen di Nunzia Binetti: “Il La è Bemolle. Così si presentò l’avatar. Pensai a un intralcio, a una devianza di percorso/ La musica si interruppe, l’avatar assunse un tono perentorio,/ sfilò per tutto il corridoio…” – e Giorgio Linguaglossa: “Il mago Woland si stava lavando i denti con il dentifricio Pepsodent plus anti placca quando accadde un fatto bizzarro: la confezione di borotalco posta sul mobiletto del bagno cadde sul pavimento a piastrelle senza essere stata determinata da alcun evento preliminare

  1. «La narrativa italiana oggi è omologata. La qualità della scrittura non interessa più a nessuno» (Ernesto Ferrero)

    intervista di Chiara Valerio a Ernesto Ferrero del 17 ottobre 2022 da L’Espresso di oggi:

    L’esergo che ha scelto è una domanda di Claudio Magris che le giro subito. «Perché è più difficile narrare l’amicizia che l’amore».
    «L’amore è ossessivo e possessivo, l’amicizia oblativa. Difficile fare racconto con il bene. Tutto sommato l’amicizia è più complessa, più matura. Sull’amore si basa l’80 per cento della letteratura. Mi piacerebbe leggere un bel saggio sulle amicizie letterarie».
    Questo libro è una ricognizione di amicizie letterarie.

    «Ho potuto raccontarle perché mi sono sempre trovato benissimo nella parte del testimone secondario. È un po’ l’attitudine di Calvino che, come il Barone, appollaiato su un ramo, si era scelto un posto sopraelevato e lievemente appartato per vedere meglio, per essere distaccato e insieme partecipe del proprio tempo. Ho sempre saputo benissimo quali erano i miei mezzi e i miei limiti. Non ho mai avuto inclinazioni napoleoniche».

    Però gli ha dedicato tre libri, a partire da “N.”, Premio Strega 2000.

    «Sono affascinato da quello che è lontanissimo da me. Mi sono occupato di personaggi estremi, Napoleone, Salgari, San Francesco, cercando di capire come funzionavano. Tutti a loro modo dei folli, degli invasati, dei personaggi eccessivi, ma è proprio nell’eccesso che si può sondare il mistero dell’uomo».

    Anche le persone che ha ritratto.

    «Ho avuto l’enorme fortuna di frequentare alcuni dei grandi protagonisti del Novecento. Da Einaudi a Calasso, da Calvino e Primo Levi a Eco, Pasolini, Natalia Ginzburg e la Morante erano anche dei personaggi romanzeschi già bell’e pronti. Intriganti, fascinosi quanto più erano originali, imprevedibili, magari sconcertanti».

    Come Livio Garzanti?

    «Era tormentato da un’infelicità cosmica, un filosofo che, costretto a fare l’editore per dovere famigliare, come editore si è rivelato geniale. Nell’anno e mezzo che ho lavorato per lui, mi raccontava spesso lo stesso sogno: l’incendio della casa editrice. Se trovo qualcuno che gli dà fuoco, diceva, gli do dieci milioni. Strano modo di motivare i collaboratori, e sì che ne ha avuti di bravissimi».

    Nel ritratto di Carlo Fruttero lei cita una pagina delle sue memorie in cui al Premio Formenton si ritrova davanti la migliore intellettualità europea, un po’ ingessata nelle istituzioni, fasciata dall’ideale doppiopetto degli uomini di potere, e decide che quello non sarebbe stato il suo destino. Lei come si è trovato con “l’autorevole doppiopetto”? Penso all’Einaudi o al Salone del Libro di Torino.

    «Non credo di avere mai indossato il doppiopetto. Alla Einaudi eravamo tutti dei monaci trappisti che esibivano con orgoglio il loro saio. Credo di aver funzionato meglio nelle situazioni difficili, nelle emergenze, in contesti da guerriglia in montagna».

    Guerriglia in montagna?

    «Mi riferisco al periodo del commissariamento Einaudi, negli anni Ottanta. Salvare la casa editrice è stata veramente dura. Bisognava tenere gli autori, i cui diritti erano stati bloccati per legge e tendevano ad andarsene. Con Agnese Incisa abbiamo inventato un escamotage per reintegrarli nei loro crediti. Dieci anni dopo altre grandi difficoltà con il Salone del libro, che sembrava praticamente estinto. È stato un altro salvataggio miracoloso, condotto con Rolando Picchioni. Si vede che il clima da catastrofe imminente mi carica a palla».

    Perché ha scritto che la valutazione dei manoscritti è una pratica oncologica?

    «Il dover pronunciare diagnosi infauste è penoso, ogni volta. È terribile perché tutti siamo passati nella speranza, nella paura, nell’attesa del giudizio. È logorante. Leggere manoscritti è un lavoro usurante, dovrebbe essere riconosciuto come tale».

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  2. Alfonso Cataldi

    Cara Tizyfardwell,

    le dicerie sul piano di evasione dal pianeta Terra sono fuori controllo.

    Le conseguenze visibili a occhio nudo.
    Gli umani hanno sviluppato un cratere in più per affrontare lunghi viaggi.

    Sabato viene a trovarmi un’amica sulla galassia NGC 185
    «a metà strada, se tiene l’eruzione», ma non vuole fare la turista.

    Qui non ci sono ristoranti come li immagina lei
    dove posso portarla? Hai qualche idea?

    Mi ha chiesto se ricordo il Chiostro del Bramante con il bar caffetteria
    e le opere contemporanee appese alle pareti. In decomposizione.

    Tizyfardwell, cos’è contemporaneo? Ricordo in tanti perpetrare i vagheggiamenti senza patria.

    Barbero il giorno che ammonì gli astanti a una conferenza stampa
    «State attenti a non sviare i pronipoti con i fumi dell’illusione temporale»

    09/09/2023

    (Alf. Galacticus)

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  3. Nunzia Binetti

    È strano come questa mattina, appena sveglia, mi abbia attraversato un pensiero: la vita, il reale, sono tali perchè emettono un rumore. Dico che ciò è strano dal momento che non avevo ancora letto le riflessioni ,qui pubblicate, da Giorgio Linguaglossa. Questa misteriosa coincidenza mi ha oltremodo stupita e impressionata. Mi piace aggiungere che se il reale emette un rumore é anche vero che ammette un errore. Ed ecco che esso scivola ,facilmente, nel campo delle infinite probabilità, come afferma bene, Giorgio Linguaglossa .Se penso al risveglio di questa mattina , oserei aggiungere come sia altrettanto vero che la stessa realtà slitta agevolmente nel fantasmatico. Mi fermo qui e con un saluto a tutti voi dell’Ombra ed in particolare a Giorgio Linguaglossa e a al caro amico Franco Intini. Grazie.

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    • Un caro saluto anche a te Nunzia. Ciao

      …….
      Caro Germanico,

      finalmente sono a casa.
      Peccato però che l’albero della Libertà sia stato divelto dalle truppe sanfediste. Ora è accartocciato su sé stesso come il gigante alle porte di New York alla fine del Pianeta delle scimmie mentre il Re Cerbero caccia tranquillo tra le sue forche e le sue mannaie.

      E dunque temo proprio di trovarmi nella pellicola di quel film. Per giunta qualcuno ha provato a vestirlo da sanculotto ma ahimè un tagliaerba gli ha moncato le gambe prima che potesse sedersi da qualche parte e mostrare il pendolo dei fatti che ora vanno avanti e poco dopo ritornano indietro.

      Che vita mi aspetta? Dipende da questo cielo che si scioglie riempiendo di fanghiglia putrida e radioattiva ogni istante che intenda battere la sua ora.

      Pur tuttavia scenderò da cavallo e fonderò una colonia. I miei figli costruiranno alberi di celluloide, respireranno acetone e si batteranno per ogni millimetro di colonna sonora.

      I terrestri sanno queste cose. Sono salvi dal disastro per l’illusione di poter sopravvivere in sotterranei degni di topi campagnoli. Mi chiedo altresì come sia potuto accadere che dei corpi si siano svestiti di carne e ossa e abbiano rimediato le parole di un regista o peggio, quelle di un poeta per poter esistere.

      I fatti dunque hanno la stessa natura del sonoro e puzzano dello stesso urlo in cui si risolve la pellicola.

      Eserciti di emoticon armati fino ai denti scorrazzano nel deserto di piante e animali.
      Mastini della realtà, tutti uguali, liberi finalmente di abbaiare e mordere questo o quell’antilope e sbranarla fino all’ultimo villo.

      Non pensare però che tutto finisca in questo modo. Nel nuovo mondo non finisce proprio nulla. Monconi di terre rare si uniscono a strofe per farne chip, cloro pianta coltelli verdi sulla città, lune di fosforo bianco accompagnano i bambini nel tornare a casa, persino tori incornano toreri in strofe dolenti, serpi e tecnezio bollente affollano Wall Street cercando carbonio per raffreddare il ventre.

      E’ nella natura della pellicola l’impossibilità di isolare una molecola di viver male.

      La materia prima non manca al coraggio e il capriolo che rifugge il caos lascia orme sulla calce viva.

      Al capitano di ventura non chiedere come snidi queste figure dai loro miseri nascondigli. Abbrutito dal compito non prova alcuna avversione contro la nausea.

      Ah il Walalla attende le faccine che condensano il piacere e il dispiacere, un rossore di mela da masticare nel giorno della certezza ma per il momento siamo tutti esposti a pioggia e sodio che hanno cessato di reagire concedendosi all’infangare.

      Fabius

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      • milaure colasson

        caro Fabius,

        finalmente anch’io sono a casa, mi sono fatta i bigodini, ho dismesso il rossetto e mi sono messa comoda sul divano, i fatti, caro Fabius, non so cosa siano, hanno la stessa natura del trauma e puzzano di aglio…
        Perché hai scritto che la valutazione dei manoscritti è una pratica oncologica?, io penso invece che sia una pratica da obitorio essendo la letteratura tutta una attività di natura medico legale.
        Lo so, il dover pronunciare diagnosi infauste è penoso, ogni volta. È terribile.
        Tutta la colpa è di Aristotele che nella “Poetica” ha istituito il (CEF) Controllo Elettronico della Felicità, da allora le cose sono andate di male in peggio.

        Lo sai?, i watussi che sono andati sulla spiaggia a fare il bagno con i nani hanno sviluppato una orticaria di origine radioattiva che porta in breve al decesso con pustole fritte e piattole arroganti.

        Se Sartre fosse vivo avrebbe oggetti degni di studio da par suo, però Picasso sa dove mettere i piedi, al limite, c’è una fessura nella tela della “Les Demoiselles d’Avignon”, lì ci starebbero bene, al caldo, negli stivali di feltro

        Chissà quanti I like e retwitter avrebbe il filosofo!
        Sai, sono indecisa se inviarti una faccina con gli occhiali o un’altra con la parrucca, nell’indecisione ti lascio perché devo fare la doccia…

        «La scelta se inviare una bomba al tecnezio, al boezio o al polibio sono argomenti da non sottovalutare affatto – ha dichiarato Xi -, un bombardamento del Donbass produrrebbe hightech, ciniglia e vapore acqueo…»
        La reazione del Cremlino non si è fatta attendere: il portavoce Dmitri Peskov con la camicia sbottonata si è presentato ai microfoni dicendo di preferire les gauloises imbottite di molibdeno ai ciclamini di campo…

        Con una musichetta in bemolle si è presentato l’Avatar del Linguaglossa presso l’abitazione della pittrice Marie Laure Colasson in Circonvallazione Clodia 21, il quale si è limitato a manifestare, con un lessico diplomatico, il proprio dissenso…

        (Scintilla)

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  4. antonio sagredo

    1° novembre 2023
    ——-

    «La narrativa italiana oggi è omologata. La qualità della scrittura non interessa più a nessuno» (Ernesto Ferrero)

    Questa qualità è sempre stata in cima e in fondo ai miei pensieri, ed è per questo motivo che scrissi il racconto picaresco l’ARRABBICO, da pochi mesi finalmente pubblicato con una copertina da me ideata e che mi dicono come minimo “straordinaria”…. poco fa mi ha telefonato il pittore Ennio Calabria
    proprio per questa copertina che ha definito “meravigliosa”.

    La qualità… il linguaggio scritto del-l’Arrabbico non è omologabile e non lo sarà mai! Esso ha avuto successo perché ha interessato soltanto l’autore che ne è il creatore. E perciò tutto il resto, cioè quello a cui non interessa la qualità è escluso per definizione, insomma il 99,99 per cento delle persone è esclusa dalla lettura e non perché non interessa la qualità della scrittura, ma perché la scrittura del-l’Arrabbico ha escluso questo 99,99 per cento.
    Il testo fu scritto dal 1977 al 1981 in modo non continuativo affatto. E l’autore si pose dapprima il quesito della qualità della scrittura che doveva essere non omologabile per definizione… e tale è stato!!!
    Questo testo contiene pagine di puro KITCHEN e lo affermo a posteriori; prima non sapevo che tali pagine sarebbero entrate a far parte del mondo kitchen a pieno diritto e titolo.

    Gregorio Samsa appena si svegliò una matttina ebbe ben altri pensieri

    L’arte pittorica della Colasson è colossale… giochetto di parole, ma che nasconde un po’ di verità.

    I versi del Linguaglossa hanno il sapore e l’odore della cucina KITCHEN, proprio come nella sua cucina dove più volte ho cenato e brindato con piacere etilico.

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  5. Tiziana Antonilli

    Caro Alf Galacticus ,

    in effetti sono in corso flussi migratori dalla Terra, fonti del black virgin web dicono anche verso la tua Galassia, ma molti di noi hanno sviluppato clorofilla per sopravvivere come vegetali.
    Per quanto riguarda la tua amica , ti suggerisco
    di portarla su una postazione abbastanza alta da poter contemplare la supernova di cui si parla tanto da noi, pare che le siano sfuggiti dei fuorionda, tutti qui ne sono innamorati e offrile cibo cosmico , ma mi raccomando, rispetta l’equilibrio lipidico, al ritorno potrebbero internarla per sovrappeso.
    Mi chiedi cosa voglia dire contemporaneo, per noi accade una volta al mese, io e i miei sodali, però , stiamo scavando una trincea per capire il perché.
    P.S. In pieno multitasking sto scrivendo la mia autodifesa, il total body checking sospetta che la desinenza del mio nome si riferisca a Orwell, devo convincerli che derivi da bene, tutto bene perché in realtà va tutto bene fino a quando sarà legale dipingerci il cervello di grigio.
    Tizyfardwell

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  6. milaure colasson

    caro Gaius Gallus,

    come intuisco, vivi nel nulla (anche tu) dove la materia è inerte,
    il mio spazio invece è ovunque, dunque, nulle part,

    In conseguenza, il conteggio dei morti abolisce totalmente la punteggiatura… le margherite, mi hanno detto, fioriscono solo al buio in Arabia Saudita e vanno a manifestare insieme alle stelle filanti.

    Ti dirò che sono sospesa tra il bianco e il nero su una altalena, come nel film “Lo sceicco bianco” di Fellini, con qualche pennellata di rosso paesaggistico multitasking.

    Certi capi di stato, mi hanno detto, si sono convertiti in droni per andare all’inferno, però l’inferno, mi hanno sempre detto, è qui sulla terra.

    Per fortuna né tu né io lo abitiamo.
    Nessuno è profeta nel proprio colore.

    (Scintilla)

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  7. Nella poesia kitchen vale il principio di Lacan:

    Io mi identifico nel linguaggio, ma solo perdendomici come un oggetto”.

    Occorre prendere in parola la massima di Lacan e applicarla a se stessi, gettarsi in un mare sconosciuto e nuotare in quel mare sconosciuto di parole incontrate per caso, impiegando anche i rifiuti gettati in quel mare come parole rifiutate e quindi utilissime allo scopo.
    Avere il coraggio di gettarsi da una altezza con un paracadute non sapendo se mai il paracadute si aprirà, passeggiare come fa l’equilibrista su una corda tesa sfidando la sorte ad ogni passo. Ecco perché è così difficile fare poesia kitchen (e capisco anche chi non se la sente di affrontare l’ignoto e abbandona l’impresa).
    Ad un certo punto, compare soltanto una «voce» di un «Avatar» che non è più il grido naturale dell’animale ferito e non è ancora discorso significante ma si presenta come una articolazione di quella facoltà di linguaggio che ad essa compete e che darà luogo alla «coscienza» quale suo esito finale; «coscienza» che approda al discorso significante per il tramite di una «voce» dunque che scompare. La «voce» che appena profferita è già dileguata, «traccia immediatamente dileguante» (Hegel), ovvero, ciò che è posto è già dileguato nel trapassato remoto. Al sorgere della coscienza la «voce» è già dileguata, non c’è più ma grazie a questo non esser più la «voce», che è dileguata, può dar luogo al linguaggio significante. Di qui il negativo da cui la «voce» che emerge come «traccia del dileguante».

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  8. antonio sagredo

    Prima dell’Avatar la Cucineria della poesia Kitchen:

    1° novembre 2023
    ——-

    «La narrativa italiana oggi è omologata. La qualità della scrittura non interessa più a nessuno» (Ernesto Ferrero)

    Questa qualità è sempre stata in cima e in fondo ai miei pensieri, ed è per questo motivo che scrissi il racconto picaresco l’ARRABBICO, da pochi mesi finalmente pubblicato con una copertina da me ideata e che mi dicono come minimo “straordinaria”…. poco fa mi ha telefonato il pittore Ennio Calabria
    proprio per questa copertina che ha definito “meravigliosa”.

    La qualità… il linguaggio scritto del-l’Arrabbico non è omologabile e non lo sarà mai! Esso ha avuto successo perché ha interessato soltanto l’autore che ne è il creatore. E perciò tutto il resto, cioè quello a cui non interessa la qualità è escluso per definizione, insomma il 99,99 per cento delle persone è esclusa dalla lettura e non perché non interessa la qualità della scrittura, ma perché la scrittura del-l’Arrabbico ha escluso questo 99,99 per cento.
    Il testo fu scritto dal 1977 al 1981 in modo non continuativo affatto. E l’autore si pose dapprima il quesito della qualità della scrittura che doveva essere non omologabile per definizione… e tale è stato!!!
    Questo testo contiene pagine di puro KITCHEN e lo affermo a posteriori; prima non sapevo che tali pagine sarebbero entrate a far parte del mondo kitchen a pieno diritto e titolo.

    L’arte pittorica della Colasson è colossale… giochetto di parole, ma che nasconde un po’ di verità.

    I versi del Linguaglossa hanno il sapore e l’odore della cucina KITCHEN, proprio come nella sua cucina dove più volte ho cenato e brindato con piacere etilico.
    ————————-
    La poesia KITCHEN non è nuova nel panorama letterario europeo; già la troviamo nella Russia di fine ‘700 col poeta russo Gavril R. Deržavin (1743- 1816). Di questa cucineria tutta la prosa e la poesia dell’800 russo ne è pregna; e gli ultimi suoi trionfi la troviamo in Majakovskij, Mandel’štam e B. Pasternak, e oltre questi fino a Evtušenko e quasi parallelamente ancora nel periodo “bronzeo” di cui il più famoso poeta è Josif Brodskij.

    (da nota 340 p. 169 – Corso monografico su B. Pasternak di A.M: Ripellino del 1972\73; a cura di Antonio Sagredo).

    Già con Deržavin si era iniziato, (quasi di certo il primo poeta russo ad elevare la cucineria a oggetto di poesia alta) questo gusto per le pietanze e le bevande: i colori, le forme dei cibi, gli odori e i sapori e i significati simbolici nascosti dietro ogni cibaria. Majakovskij, p.e., che dall’ode di Deržavin discende direttamente, ne cantò le lodi per la frutteria, specie, p.e., l’ananasso e la pernice assurgono in lui come simbolo di vita agiata, grassa, filistea e borghese. Ma sono tanti i poeti russi, dai simbolisti ai tardo futuristi, dell’inizio del secolo XX° ad attingere alla cucina; Igor Severjanìn , p.e., canta lo champagne in un giglio.

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  9. Il La bemolle abbassa di mezzo tono il linguaggio alto. Il problema è serio per chi avesse perso ogni contatto con la lingua materna. Il linguaggio corretto e perbene ha lungaggini, è puntiglioso e descrittivo. È linguaggio d’ordine, conservativo.
    Non resta altro da fare che perdere la ragione, aggirarla, mettersi alla prova. E buon divertimento.

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  10. Prima bozza di un romanzo kitchen (ho utilizzato alcune frasi di Lucio Tosi del commento precedente). Che ve ne pare?

    Era disteso su un morbido guanciale il Signor K.
    Ciancicava qualcosa come un chewing gum.

    “Il rumore della marmitta di un drone…”, pensò nel dormiveglia il protagonista del nostro romanzo.

    Era una mattina grigia quella in cui Gregorio Samsa, destandosi da sogni inquieti…
    Aperti gli occhi incontrò lo sguardo ansioso e riluttante del Signor K. che era appena entrato dalla finestra, con un balzo.

    «Non resta altro da fare che perdere la ragione, aggirarla, mettersi alla prova. E buon divertimento!», esclamò quest’ultimo come se nulla fosse.
    «Occorrerebbe sanificare questo loculo!», insinuò il figuro.

    «Il La bemolle abbassa di mezzo tono il linguaggio alto. Il problema è serio.
    Ha forse perso il contatto con la lingua materna?».

    Gregorio Samsa continuò a tacere. Proseguiva il filo dei suoi pensieri che dileguavano.

    «Il linguaggio corretto e perbene ha lungaggini, è puntiglioso e descrittivo. È linguaggio d’ordine, conservativo», insinuò il figuro ma parlava per sé.

    «È descrittivo. Invece a me piace il linguaggio da elettrocardiogramma», continuò il personaggio.

    Mi stropicciai gli occhi.
    Era proprio Lui, lì tra lo stipite della porta e il mobiletto dove tenevo i calzini e le camicie. Non avevo mai visto quel Figuro ma feci finta di averlo riconosciuto. Chiesi soltanto:

    «Prego?»

    «È che voi umani siete così prevedibili!
    «A pagina 64, 8° rigo, dal basso, correggere ‘io’ con ‘Io’. Prenda nota».

    Ero sconcertato e al tempo stesso mi sentivo sollevato ed eccitato. Finalmente avevo qualcuno con cui poter discorrere.

    «Non resta altro da fare che perdere la ragione, aggirarla, mettersi alla prova. E buon divertimento», disse l’ospite.

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  11. milaure colasson

    Il pezzo funziona sia come prosa che come linguaggio poetico. Ottimi gli inserti derubati a Lucio Tosi! È un esempio di come si possa fare narrazione kitchen appena con un filo di kitchen, muovendosi tra verosimiglianza e inverosimiglianza, tra narrazione e meta narrazione, dove il meta (cioè il fuori) riveste un ruolo centrale. L’io si pone nell’ambito del «meta», si è lateralizzato, ma subisce gli eventi, non li comprende, anche se cerca di comprenderli, e questo aumenta il senso di dis-orientamento che la narrazione incute nel lettore. Il lettore è così dis-orientato in quanto il narratum è in-orientato. C’è un doppio clinamen: quello dell’io che è stato depotenziato e dis-locato, e quello del lettore che a sua volta cerca l’orientamento, cioè la comprensione del testo.

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  12. Nella Introduzione a Il grado zero della scrittura Roland Barthes scrive: «Il grado zero della scrittura, se si potesse spogliare dei suoi difetti, è insomma una mitologia del linguaggio letterario»

    La domanda, inevitabilmente, anche riferita alla poetry kitchen, è questa: “E, in Italia, oggi?”

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