41 risposte a “‘Ieri sono passato per il salotto del mio barbiere’, missiva di Gneo Gaius Fabius a Germanico, il quale risponde: ‘Il Signor K. ha preso le sembianze del critico Giorgio Linguaglossa’. Dialogo distopico e ucronico tra due avatar, Il poeta post-metafisico deve scrivere per l’uomo post-metafisico

  1. Caro Tallia,

    che cos’è un dispositivo poietico?

    Un dispositivo poietico è una costellazione di categorie retoriche ed ermeneutiche in atto in un testo.

    La poesia di oggi, dopo la fine del post-moderno, non può non recepire la riterritorializzazione del trash e del kitsch, non può non prendere atto della spazzatura… non può non de-territorializzare, de-costruire, de-rottamare il già rottamato, il già costruito, il già territorializato, la spazzatura della cultura oggi diventata cultura del trash e del pacchiano.

    Il genere lirico, il gusto euforbito ed eufonico è diventato trash e kitsch, pacchianeria dello spirito, furfanteria di manigoldi…
    La poesia consapevole di oggi non può non riterritorializzare frammenti, tracce, orme, lessemi, impulsi, abreazioni, rammemorazioni, idiosincrasie, tic, vissuti, dimenticanze, obblivioni.

    E allora, quel che occorre fare è attaccare post-it e segnalibri, segnali semaforici e somatizzazioni, pixel, trash, pseudo trash, codicilli, barbiturici, generi fritti e rifritti… ingollare il pesce mal fritto col suffritto questo spetta alla poiesis di oggi; è compito della poiesis di oggi reimpiegare l’usufritto e il mal fritto senza più voler sondare chissà quali profondità metafisiche e anagogiche; in fin dei conti, tutte le tecnicalità sono parenti strette della Tecnica con la maiuscola che afferisce al Signor Capitale e ai suoi epifenomeni: gli esseri umani, noi, gli acquirenti consumatori di merci e di aquiloni in quanto epifenomeni del Signor Capitale.

    Il Signor Capitale pensa, sa, vede e provvede ma l’arte consapevole, se ne è consapevole, dismette gli abiti di scena, adotta la strategia del camaleonte, si mitridatizza, si cavallerizza, si mimetizza e si monetizza tra gli oggetti, chiede di essere un oggetto più oggetto di altri oggetti, predilige la cosità, la falsificabilità, la permutabilità degli oggetti da usare e gettare via (vuolsi così colà come si puote), vuole essere un oggetto meno oggetto di altri, vuole essere un conglomerato di orme, di tracce, di scritture erase, di oggetti scomparsi, luminescenze, rifrazioni di oggetti sprofondati in chissà quale superficie…

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  2. Caro Germanico

    Come sai adesso sono qui e non me ne andrò finchè l’ultima squadra di operai non avrà portato a termine il lavoro sui rami di fico.

    Si tratta ancora di gemme ma presto metteranno fuori i muscoli e, spero, nemmeno un obice tra i semi.
    Chissà poi chi ha messo tutta questa artiglieria nella testa dei fioroni.

    C’è che le tribù di pappagalli sono in allerta e già molti rovi sono stati divelti per costruire trincee con la conseguenza che non avremo more per una o più generazioni.

    Possiamo chiamare tutto questo un girare del vuoto intorno al nulla o viceversa?

    La storia iniziò con alberelli di polistirolo da piantare ai confini del sistema solare. Molti anni fa questi esperimenti vennero condotti per valutare l’assenza di un senso sulle molecole di stirene.

    Si sosteneva che sarebbero diventate pane e nutrito gli eserciti di scheletri che si ammassavano ai confini con la fascia di Van Allen. Eravamo solo agli inizi del todesfuge, ma ora suona violini tra i rami di pesco.

    Perché darli in pasto al dimenticatoio se questo ha solo mura per governare? Stragi, guerre insurrezioni, invasioni rimediavano all’assenza di rime baciate e valzer nei parlamenti.

    I poeti si diedero un gran da fare in retroguardia. Secoli di esperienze con dolori da reumatismo articolare non facevano mancare placebi nelle infermerie.

    Ma piovvero palle da tennis che inondarono il resto del sistema solare.

    Capisci bene che in un campo del genere non si può giocare a golf, nemmeno se sei Giove in persona e dunque puoi far sparire il tutto rimandando la questione al niente di partenza.
    Anche a costo di lasciare gli Dei scontenti e con le merendine di nutella nel panierino.
    Ma poi con chi prendersela?
    Con se stesso per aver voluto una partita tra scapoli e ammogliati scommettendo sui fullereni?

    Bah! Questi dei che non hanno a che fare con il globo terracqueo!

    Alluminio, moplen e animali in via di estinzione si organizzavano intanto per costruire Mc Donald ai confini degli imperi.

    Sembrò chiaro che un ramo di lattina avrebbe afferrato la luna anche se a molti pareva logico il contrario. Ma sai, queste sono solo sovrapposizioni di gatti e dio solo sa come afferrarli per i baffi.

    A chi il pianeta rosso? Forse che Linguaglossa una volta scacciato via di casa il signor K e ripreso la sua attività di critico lo saprà?

    Ha fatto storia una betoniera che s’è portato via Mercurio e pretende anche Venere per piantare insalate di Radio e venderle nell’iperuranio sotto casa.

    Le idee non sono più radioattive da un pezzo e si fanno guerra l’un l’altra per un pacchetto di chewing gum.

    Alcuni commilitoni hanno avuto l’idea di un commercio di cartine al tornasole con quel pianeta piuttosto che accettare lo status di occupabile ma ci deve essere un figlio di Spartacus nelle fabbriche di acido solforico, che indica chiaro agli atomi di zolfo come in certi affari l’unico colore sia il rosso pompeiano.

    Che anidridi, ossidi e sali abbiano la stessa libertà dai bisogni primari, allora!
    Su questa strada non c’è fico d’india che basti per appendere un uomo.

    E dunque caro amico ci vediamo sulla via Appia per le ultime spine da togliersi dalle spalle.

    Il poeta Sagredo saprà trovare la parola giusta per quanto riguarda il ritorno alle questioni vitali di cui si è discusso tra un caffè e un giro intorno al buco nero della Via Lattea.

    MA INTANTO CHE DALLE FESSURE SBUCANO BLATTE E TOPI NERI
    CHISSÀ IN QUALE VERSO STRINGERE IL CACCIAVITE PER TAPPARLO!

    Cardialissimi

    G. G. Fabius

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    • caro Gneo Gaius Fabius,

      ieri ho incontrato quel marcantonio di Sibilia che mi ha detto:
      «caro mio, io sto con il Capitano Ultimo e con Totò Cuffàro, quello che trangugia e divora un cavallo fritto con tutte le ossa e si mette in tasca trilioni di euro per uno spillo di ago

      Adesso fa il portafaccia, da lugubre faccendiere è diventato un imprenditore finanziario più pericoloso di un termitaio e di un vespaio, lo vedo caracollare al Circo Massimo con le bighe dorate della sua ciurma di agenti di borsa in groppa ai cavalli del caravanserraglio

      Guida la rivolta del Sud contro il Nord e la rivolta del Nord contro il Sud, il pederasta non si fa mancare niente, parla ai megafoni e ai telefoni, utilizza tutte le trombe dell’esercito, ma intanto dalle fessure delle fogne SPQR sbucano frotte di topi neri e di blatte…

      Quando lo incontro, circondato dai suoi pretoriani nel peristilio delle Terme di Caracalla, grido «Ave Marcantonio!» e sputazzo di nascosto per terra ché, se se ne accorgesse la mia testa rotolerebbe sulla rena del circo

      Alcuni commilitoni hanno bevuto ambrosia e sono diventati froci, altri hanno mangiato cacca e sono diventati degli escrementi femminei. Questi sono i metodi del pederasta.
      L’economia gira così. Al mercato di Traiano vendono escrementi ed orina per soprammercato, e lui ci guadagna di sopra

      Quando spunta il salamone del Campidoglio si fa festa, tutti i plebei a berciare il potente di turno, ahimè si inneggia a quel buffone da avanspettacolo che è diventato primo faccendiere del console

      Se osi sparlare del pederasta, se ti va bene finisci in Sicilia, nelle miniere di zolfo, se ti va male, la tua testa se ne va a zonzo per il tempio di Vesta

      Ahinoi, che dire?, adesso la plebea della garbatella ha preso il sopravvento, fischia e garrisce come un pesce in padella, dichiara che chi salta fuori posto dovrà vedersela con il prefetto del Pretorio, tal Piantedosi… capisci come siamo messi?

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  3. 14 giugno 2019 alle 11:13

    Ricevo da Giuseppe Talia e pubblico questa poesia:

    Caro Germanico,

    Ho ritrovato una traccia che credevo perduta nella prosodia.
    Una traccia audio di sovrapposizioni e interruzioni dialogiche.

    Una speculazione arbitraria. Una disfluenza. Una violazione.
    Qualcosa o qualcuno si è introdotto. Ho chiamato il 118.

    Gli esiti contradditori e la loro durata temporale preoccupano.
    Non sto bene. Non sta bene. Non si sta bene. La violazione

    Degli spazi interlocutori, anomalie tecniche, interruzioni,
    Rare presenze regolamentari, conversazioni polifunzionali.

    Pre-occupano le hit estive problematiche/non problematiche
    Tra intoppi e perturbazioni, lapsus linguae e calami stratiformi.

    Una meteora pre-termine. Audioregistrazioni sub-corpus.
    La pragmatica descrittiva di Geoffrey Leech che attribuisce enunciati.

    Le parole sono polisemiche. Le espressioni allocutive. “Ci sei?”
    Il parlante Zimmermann si sovrappone con violenza intenzionale.

    Durata breve e violenta: i muscoli involontari, all’unisono,
    Supportano il parlare corrente e le variazioni di tono e di volume.

    Ascoltate (mi)

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  4. antonio sagredo

    MITOLOGIA GRECO-LATINA (ROMANA) DELLA POESIA KITCHEN.

    COSA DIREBBE MARZIALE?

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  5. L’enigma del gatto di Schrödinger

    In Europa e in Italia la parola «guerra» non viene maneggiata con la dovuta attenzione dalla stragrande maggioranza della classe politica perché non ha la minima idea di che cosa Essa sia, tranne quei pochissimi giornalisti che hanno studiato e visto da vicino la guerra di Ucraina aspettando il fischio dei missili che ti scivolavano sopra la testa. Chissà com’è il sapore dei droni. Chissà com’è il colore dei missili. E quello delle granate? Sarebbe bello sapere se questa guerra in Europa ci sarà o no (in realtà già c’è ma preferiamo mettere la polvere sotto il tappeto e la testa sotto la sabbia), nel mentre ci abbandoniamo all’esercizio di una surreale feticistica prova di infingardo realismo politico.

    Prendiamo ad esempio l’enigma del gatto di Schrödinger. Si acciuffa il gatto del Signor Schrödinger e lo si mette in una scatola dove c’è un meccanismo del tutto gratuito che potrebbe o no far morire il gatto. Chi sta fuori non ha la più pallida idea se la innocente bestiolina sia morta o viva. Il fatto è che in assenza di notizie quel gatto è allo stesso tempo sia morto che vivo. Noi in Europa viviamo tutti in questa zona di indifferenza e di compromissione, di falsa coscienza di chi sa e finge di non sapere mentre nel frattempo c’è una buona probabilità che la Guerra Grande prima o poi ci sarà e ci coinvolgerà.

    È una sensazione sgradevole e gradevole insieme, non occorre scomodare il Signor Lacan e il Signor Freud per capire questo meccanismo psichico. Abbiamo goduto per 70 anni di una lunga pace, la più lunga pace della storia d’Europa (aprite un libro di storia e consultatelo per favore), ed ora ci troviamo davanti qualcosa di incomprensibile che si avvicina, e scegliamo di far finta che non c’è nessun Godot in giro, non c’è nessun Gengis Khan alle porte della nostra città…

    Ma è difficile capire che è in questo contesto che nasce e si sviluppa la poesia kitchen?, è davvero così difficile?

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    • SAREBBE BELLO sapere se questa guerra in Europa ci sarà o no

      nel mentre ci abbandoniamo all’esercizio di una surreale feticistica prova di INFINGARDO realismo politico.

      nel frattempo c’è una buona probabilità che la Guerra Grande prima o poi ci sarà e ci coinvolgerà.

      È una sensazione sgradevole e GRADEVOLE insieme

      Abbiamo goduto per 70 anni di una lunga pace, la più lunga pace della storia d’Europa (aprite un libro di storia e consultatelo per favore), ed ora ci troviamo davanti qualcosa di incomprensibile che si avvicina, e scegliamo di far finta che non c’è nessun Godot in giro

      Ma è difficile capire che è in questo contesto che nasce e si sviluppa la poesia kitchen?, è davvero così difficile?

      GL

      Non è difficile, basta volere la guerra ad ogni costo.

      Nemmeno i fascisti si esprimono in questo modo.

      Dice bene Antonio Sagredo:

      MITOLOGIA GRECO-LATINA (ROMANA9 DELLA POESIA KITCHEN.

      COSA DIREBBE MARZIALE?

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  6. Riflettendo su queste ultime composizioni kitchen in formato dialogo mi sono accorto che quello che noi stiamo facendo è semplicemente un ampliamento del campo extrasemantico della semantica o, per dirla con altre parole, di andare con le parole oltre di esse usando i significati per creare una realtà che va oltre i significati. Semplice, no?.

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  7. Il poeta metafisico preferisce mantenersi a distanza dalle cose terrene; perlomeno a distanza di sicurezza, perché il pensiero è compreso nell’unità e l’unità è l’essere indifferente che alcuni chiamavano Dio e invece, grazie a Heidegger (il mio Bartezzaghi preferito) è un concetto filosofico. Il poeta post- metafisico non rinuncia a questa distanza, perché definendosi “post” ne riconosce la validità concettuale; quindi tenderà a pontificare dall’alto di una posizione incorrotta.
    La poesia kitchen introduce l’ironia quale valore distintivo; ma non sarebbe di per sé una novità, ché già il Palazzeschi e i futuristi ne praticavano. Cambia il linguaggio ma la novità è semantica, non riguarda quindi strettamente il linguaggio. Dal che possiamo anche mantenerci su modalità consolidate del discorso, e ondeggiare qui e là. Per altro senza esporci, dire negando, scrivere cancellando, farsi avanti arretrando… purché non si rinunci al giudizio, appunto, al pontificare tipico dei metafisici. Il poeta post metafisico non esiste.

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  8. Alfonso Cataldi

    La ballata di Maria Sanders, di Bertold Brecht

    A Norimberga si puniscono le donne
    che vanno a letto con un uomo
    che non sia di razza ariana.
    La fame cresce, i tamburi
    rullano più forte che mai.
    Oh mio Dio, hanno già deciso
    e verranno qua.
    Maria Sanders lascia perdere il tuo uomo
    che ha i capelli troppo neri
    ed un naso che non va.
    La fame cresce, i tamburi
    rullano più forte che mai.
    Oh mio Dio, hanno già deciso
    e verranno qua.
    Mamma dammi la chiave, non c’è niente di grave
    e la luna splende in cielo come sempre,
    come sempre.
    La fame cresce, i tamburi
    rullano più forte che mai.
    Oh mio Dio, hanno già deciso
    e verranno qua.
    Un bel giorno le han tagliato i capelli
    e le han messo
    un cartello al collo ed una camicia.
    Rise la gente.
    E lei: niente.
    La carne rincara nei sobborghi
    e l’Imbianchino sta là.
    Dio del cielo, chi ha occhi per vedere
    ha già capito che cosa accadrà.
    (traduzione G. Strehler)

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  9. francescodegirolamo

    Frage im Briefmarkenpapier

    Frage im Briefmarkenpapier
    für ein glückliches Leben:
    An welche zuständige Stelle soll ich es schicken?

    Fundsachen, Sonderlizenzen,
    Tax zum Thema Erbe, kommunale Enteignungen?
    Lage der irdischen Paradiese?

    “Entschuldigung Entschuldigung Entschuldigung,
    Die Termine sind abgelaufen,
    Sehr geehrter Herr Homo Sapiens,
    vor einer halben Million Jahren.”

    Francesco De Girolamo

    (“Piccolo libro da guanciale” – Dalia, 1990)

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    • francescodegirolamo

      (Leider lange vor dem Aufkommen von E-Mails und der Digitalisierung von Papierdokumenten geschrieben.)by

      Traduzione

      (Scritta molto prima, ahimè, dell’avvento della posta elettronica e della digitalizzazione dei documenti cartacei.)

      Domanda in carta da bollo

      Domanda in carta da bollo
      per una vita felice:
      a quale ufficio competente spedirla?

      Oggetti smarriti, licenze speciali,
      tasse sul patrimonio, espropri comunali?
      Locazioni Paradisi Terrestri?

      “Spiacenti, spiacenti, spiacenti,
      il termine è scaduto,
      egregio signor Homo Sapiens,
      mezzo milione di anni fa.”

      Francesco De Girolamo

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  10. rita casale

    ZERO

    Ho capito.  se Lo zero è in se massima estrema prudenza, visione

    primordiale, gesto arcaico dell’occhio totale, assenza o inizio

    dei conteggi ….  non sa le radici da cui nasce e sostenuto, non sa

    la propria fine  e il principio, e non è il Nulla o il Tutto.

    Una tabula rasa da cui mirare il nemico ovunque tu sia

    e ovunque lui sia. Visibilità assoluta e totale, circolo

    che ha nell’occhio il proprio centro unico… pagina  bianca,

    nessun segno, assenza di direzioni, specchio che non riflette.

    Roma, 13 marzo 2024

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  11. gino rago

    Dal progetto antologico di Poesia, europea e occidentale, “altra” che sto curando:

    “Esperienze di poesia e voci poetiche del dopo il modernismo per un Novecento poetico europeo, e occidentale, “altro”

    (Pavel Řezníček , Tadeusz Różewicz, Lars Gustafsson, Charles Simic, Mark Strand, Zbigniev Herbert, Tomas Tranströmer, Eeva-Lisa Manner, Ewa Lipska, Anne Sexton, Margaret Atwood)”

    propongo due poesie di Anne Sexton

    a cura di Gino Rago

    Anne Harvey Sexton (1928-1974) è stata una tra le più note poetesse e performer statunitensi del secondo Novecento. Cresciuta in una famiglia borghese e in perenne contrasto con i genitori, Sexton da giovane si è dimostrata poco incline allo studio. Nel 1947 si è sposata appena ventenne con Alfred Muller Sexton, dal quale ha avuto due figlie. Si è avvicinata alla poesia nel 1957 frequentando il “Boston Center for Adult Education”, ma decisivo è stato l’incontro con Maxine Kumin, Sylvia Plath e Robert Lowell, con cui ha condiviso l’esperienza della Confessional Poetry. Tra gli altri, ha pubblicato i libri To Bedlam and Part Way Back (1960), Live or Die (1966, con cui ha vinto il Premio Pulitzer), Love Poems (1969), The Book of Folly e Transformations (1972). Ricchissima e al culmine del successo, Sexton – già afflitta da disturbi depressivi e più volte aspirante suicida – si separa dal marito, entrando in una profonda crisi aggravata dall’abuso di alcol e psicofarmaci. Si toglie la vita nel garage della sua casa di Boston, intossicandosi col monossido di carbonio. 45 Mercy Street (1976) e Words for Dr. Y: Uncollected Poems with Three Stories (1978) sono volumi di poesia pubblicati postumi dalla figlia Linda Gray Sexton.

    Anne Sexton (1928 – 1974)

    Madre e figlia

    Linda, stai lasciando

    il tuo vecchio corpo ora.

    Piatto, vecchia farfalla essiccata,

    tutto braccia gambe ali,

    si slarga come un vestito vecchio.

    Allungo le mani ma

    le mie dita diventano cancro.

    Finito il calduccio di mamma.

    Finita la tua infanzia.

    Chiedo ragguagli e tu

    esibisci perle.

    Chiedo ragguagli e tu

    passi in rassegna eserciti.

    Chiedo ragguagli

    – le lancette del tuo grande orologio

    avanzano più sparpagliate di bastoncini da shanghai –

    a te, che stai per ricucire un continente.

    Ora che hai diciotto anni

    ti passo il bottino, le mie spoglie di guerra,

    il mio Madre e Associati e i miei disturbi.

    Chiedo ragguagli e tu

    tu non mi sai rispondere –

    la museruola alla bocca,

    la speranzosa tenda a ossigeno,

    i tubi, i percorsi,

    la guerra e il vomito di guerra.

    Continua, continua, continua

    a portare regaletti ai ragazzi,

    a portare polveri ai ragazzi,

    a portare sangue, mia Linda,

    a chi versa il sangue.

    Linda, stai lasciando

    il tuo vecchio corpo ora.

    Mi hai svuotato il portafogli,

    hai rastrellato tutte le mie fiches

    da poker, mi hai ripulita,

    e mentre il fiume fra di noi

    si restringe tu fai ginnastica ritmica,

    tutta gambe trasmetti segnali donneschi.

    Ti chiedo ragguagli e tu

    tu stai per cucirmi un sudario,

    brandisci il pollo arrosto del lunedì

    e lo sbudelli col pollice.

    Ti chiedo ragguagli e tu

    stai per vedere la mia morte

    sbavare da queste labbra grigie

    mentre tu, mia ladra, mangi

    frutta e ammazzi il tempo.

    La primavera fu sepolta da una ruspa

    When the cold rains kept on and killed the

    spring, it was as though a young person had

    died for no reason.

    (E. Hemingway, A Moveable Feast)

    Quando le piogge fredde insistenti ammazzarono

     la primavera, fu come se una persona giovane fosse

     morta senza alcun motivo.

    (E. Hemingway, Festa mobile)

    Lei non voleva, non voleva, non voleva.

    Tardo aprile, tardo maggio

    e le piogge metalliche insistevano.

    Dalla finestra grigio pistola guardavo

    i tulipani atterriti sgangherare

    abbattuti come piccioni.

    Allora ignorai la primavera.

    Mi misi i paraocchi e cavalcai un ciuco

    in cerchio, un tiepido cerchio.

    Ho cercato di cavalcare in eterno

    ma sono ritornata.

    Ho ingoiato la mia carne acerba

    ma è ritornata.

    Ho messo una croce sopra alla memoria

    ma è ritornata.

    Ho messo il tempo alla catena

    ma è ritornato.

    Allora ho infilato la testa in una ciotola di morte

    e gli occhi si sono chiusi come vongole.

    Non sono ritornati.

    Fui dichiarata legalmente cieca

    dai miei libri, dalle carte.

    I miei occhi celestiali

    non sono voluti ritornare.

    I miei occhi, quelle due zoccole troie,

    non volevano più giocare.

    Allora mi sono inchiodata le mani

    su una scatola di legno di pino.

    Ho seguito le vene blu

    come una carta stradale al neon.

    Le mani, un paio di orsi, le due toccatrici,

    non si dilungavano più a parlare.

    Non tentavano più di mettersi in gioco.

    Trafitte all’oblio,

    non sono ritornate.

    Dismesse le loro abominevoli abitudini,

    si allenavano alla crocifissione.

    Non potevano rispondere.

    Allora ho preso le mie orecchie,

    un paio di lune fredde,

    e le ho fatte annegare nell’Atlantico.

    Non portavano maschere.

    Non si facevano ingannare dalle risate.

    Non erano luminose come l’orologio.

    Affogarono come uccelli ricoperti di petrolio.

    Non sono ritornate.

    Con le mie ossa addosso sulla scogliera

    le ho aspettate, se gallassero a macchia d’olio.

    Ma non sono ritornate.

    Non ho potuto vedere la primavera.

    Ascoltare la primavera.

    Toccare la primavera.

    C’era una volta una persona giovane

    che morì senza alcun motivo.

    Come me.

    Trad. Rosaria Lo Russo

    Da ll libro della follia a cura di Rosaria Lo Russo, La nave di Teseo, 2021, 18 euro, 224 pagine

    Commento

    Il libro della follia è la prima traduzione integrale in italiano di The Book of Folly, che Anne Sexton diede alle stampe nel 1972. Lo stile confessionale che aveva reso celebre l’autrice, fruttandole nel 1967 il premio Pulitzer, giunge qui alla piena maturità trasformandosi nell’allegoria di un Gran Teatro psichedelico. La Signora Benestante che scrive occasionalmente versi rispettando le forme metriche lascia il posto, definitivamente e consapevolmente, al personaggio della Poetessa Martire della società benpensante e all’aspirante suicida, in un rovesciamento parodico dei valori patriarcali, accostando l’alto senso del tragico all’ironia e alla caricatura, la metafora lirica al sarcasmo più blasfemo. Nell’unico libro in cui Anne Sexton, diversamente femminista e profeta di tempi peggiori, sperimenta con la prosa, inscenando in tre “storie” l’anoressia, il femminicidio e il suicidio-della-poetessa, assistiamo al crollo delle fondamenta dei luoghi comuni e dei riti borghesi e religiosi del puritanesimo statunitense. Con una scrittura più vicina a quella delle canzoni rock che alla poesia sua contemporanea, la lingua inconfondibile della Follia di Anne Sexton ha influenzato, per stile e tematiche, non solo la poesia successiva americana e poi internazionale, ma anche la scrittura di divi del pop rock come Peter Gabriel e Kate Bush.

    Gino Rago

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  12. Il ministro Piantedosi intende istituire una Commissione d’inchiesta sulle infiltrazioni di analgesici nella testa dei cittadini di Bari, perché lì si trovano dei virus che vanno isolati, dei germi che vanno immunosoppressi. «I germi dell’infelicità devono essere sciolti nell’acido cloridrico», grida il ministro.

    Viva la società analgesica!

    Viva la società anedonica!

    Viva i “lubrificanti” analgesici e anedonici!

    Viva il lubrificante interiore che ci libera dal dolore e dal riso!

    Viva l’anestesia!

    Purtroppo, il rapporto con la realtà è costoso, dobbiamo pagare un prezzo molto alto per rimettere in discussione le nostre ovvietà.

    La realtà è una materia spigolosa, la relazione con essa è fatta perlo più di ematomi e di ferite. Fare esperienza del mondo, non è mai un venire mollemente instradati dall’infanzia all’età adulta lungo un tracciato comodo e lineare: la strada è dissestata, ci sono inciampi, ostacoli, avversità.

    «La vita non è come attraversare un campo», ha scritto» Pasternak in una sua poesia.

    Sarebbe bello togliere di mezzo del tutto gli ostacoli, i vicoli ciechi e i burroni con un mero atto della mente, con una bacchetta magica.

    Il mondo non è fatto a misura di noi stessi, non è modellato in base ai nostri desideri e alle nostre aspettative. Anzi, il mondo è proprio ciò che, contraddicendoci sempre, ci impone una costante revisione del modo in cui mettiamo un piede davanti all’altro, una parola dopo l’altra. Fallimenti, cadute, ferite, errori, rischi… è attraverso questo campo minato che dobbiamo passare per arrivare alla radura dove potremo finalmente riposare prima di riprendere il viaggio.

    Le poesie sopra postate mie e di Francesco Paolo Intini e di Francesco De Girolamo vogliono suscitare uno zampillio di risate beneauguranti, vogliono liberarci dalla tristizia, che c’è un quantum di dolore ineliminabile, e che volerlo eliminare ci porta dritti alla civiltà dell’analgesico e dell’anedonismo. Tutto ciò è di una ilarità irresistibile. Questa è anche la funzione della poesia del poeta post-metafisico che si libera così dalla tristizia della vecchia metafisica legata al dolore e alle sue ideologie. Dobbiamo mettere una X agli inneggiamenti al poeta triste e solitario che si rifugia nel suicidio (fisico e intellettuale) per dimostrare la propria diversità. Dobbiamo e possiamo accettare il rischio della felicità e del dolore.

    Domanda in carta da bollo
    per una vita felice:
    a quale ufficio competente spedirla?

    (Francesco De Girolamo)

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  13. francescodegirolamo

    PASSAGGIO SEGRETO

    La solitudine è il paradiso.
    Nessuno che ti dica:
    “Apri la finestra!”
    quando tu la vuoi chiusa.

    Nessuno da tradire, nessuno
    che ti soffi le sue
    suadenti menzogne all’orecchio;
    nessuno che ti accusi di non essere
    ciò che tu non vuoi essere.

    Nessuno da accarezzare
    quando non ne hai alcuna voglia,
    se non la tua gatta assonnata,
    distesa sul tuo guanciale.

    Un buon libro in piena notte,
    a luce accesa, quando ti pare,
    quattro ricordi da salvare;
    ed una musica a tutto volume
    per non sentire il rumore
    del mondo fuori.

    Francesco De Girolamo
    (Da “Bambocciate” – Edizioni del Leone, 1995)

    Passage secret

    La solitude est le paradis.
    Personne pour te dire:
    “Ouvrez la fenêtre!”
    quand vous voulez qu’il soit fermé.
    Personne à trahir, personne
    que tu souffles
    persuasif mensonges dans l’oreille;
    personne qui t’accuse de ne pas être
    ce que tu ne veux pas être.
    Personne à caresser
    quand tu n’en as pas envie,
    sinon ton chat endormi,
    allongé sur votre oreiller.
    Un bon livre au milieu de la nuit,
    avec la lumière allumée, quand vous le souhaitez,
    quatre mémoires à sauvegarder ;
    et de la musique tonitruante
    pour ne pas entendre le bruit
    du monde extérieur.

    Francesco De Girolamo
    (Traduzione in francese di Gilda Massari)

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  14. L’annaffiatoio è una bella scoperta perché permette che la corrispondenza tra parole e oggetti si risolva in sorriso. Roba da sartoria di classe, insomma.

    Ecco, inizierei da qui e continuerei nel fucsia del ciclamino che non riesce a pronunciare per intero.

    È così per ogni parola nuova che entra nel suo vocabolario.

    Il sorriso che segue è per il risvolto bagnato che commenta con un “asciugherà” in cui si sente il rimbombo di un super Io in formazione ma anche la nascita del Tempo e delle altre categorie.

    Il linguaggio dunque!

    Un nuovo linguaggio mette  allegria perchè è fatto di tentativi, parole storpiate, imitazioni che, guardate  da lontano, danno l’idea dello sforzo compiuto da ognuno per adeguarsi alla realtà che lo circonda e in qualche modo diventarne protagonista.

    Quanto assomigli tutto questo al lavoro che stiamo conducendo in ambito Kitchen e quanto sia invece lontano dalle posizioni metafisiche risulta del tutto evidente.

    Il problema è che non c’è nessuno in grado di insegnarcelo e dunque dobbiamo procedere a tentativi, magari parlando a gesti, immagini, geroglifici, deformazioni, caricature e fingendoci avatar coinvolti in storie senza senso e magari scoprire che persino le piante hanno un linguaggio.

    Si tratta in ogni caso di una ricerca volta a un nuovo linguaggio, avendo a che fare con uno inadeguato agli eventi perché a noi sconosciuti.

    Un esempio: che nome dare al massacro di popoli che ci viene proposto giornalmente?

    Io dico Pfui!  

     E voi?

    LA SFIGA DI AMARE INGRID E MORIRE PER UNA MINA

    Ulivi con i capelli di Pol Pot
    rami che producono salnitro per il master chef

    -Qui tutto bene!

    Se nelle vene scorrono linfe bollenti
    La chirurgia assicura bisturi allo stafilococco

    Le gemme imparano a dire verde dalla shigella
    Ma i pollini invocano i droni di tornare sotto il tetto

    E che sapore ha il miele di Giovanna D’arco!
    Giovanna con la spada di fuoco si muove sull’alveare
    Come un elicottero dal parrucchiere.

    -Qui tutto bene!

    Ah! la libellula sul nocciolo fuso:
    Cosa avrà il poeta di guerra?

    Cerca romanticherie in un mattino
    Ma la pianta che spara il fucsia come Kim,
    dice d’essere un ciclamino.

    Chi è colto di sorpresa non ha più un Io
    Ma uno dei bacilli al tavolo dell’entropia

    -Qui tutto bene!

    Dentifricio pronto e la foresta di sfondo
    Luna che sogghigna sotto il baffone
    E camomilla con il ghigno d’Hitler

    F.P. Intini

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    • Un appunto sul kitchen

      Una poesia eccessiva, abnorme, ultronea che sconvolge  tutti i generi della forma-poesia che abbiamo conosciuto nel novecento. Una poesia che fa dell’eccesso la propria ragion d’essere. Una poesia pop corn o poetry kitchen. Si ha una moltiplicazione di scene e di flashback che l’autore kitchen lascia liberi di entrare e di uscire dalla pagina in modo ingovernabile, apparentemente sregolato. La scrittura stessa si rifrange in una moltitudine di giochi di specchi. Una dimensione psicotico-esistenziale si sovra-espone e si sotto-impone al resoconto di eventi cronachistici e immaginari che diventano l’occasione per una anamnesi del nostro modo-di-vita. In questa accezione, si tratta di una poesia civica e politica, ma di un mondo dove non c’è più politica. Degno di evidenza è che al disotto, come sostegno della narrazione psicologologica, la pagina guadagni un proprio campo di autonomia, come intrisa degli umori del corpo e degli stati soggettivi della mente che urgono. Allo scorrimento tipico del reportage è interposta la forma morfologica e dialogica a sua volta aperta all’innesto dell’eterogeneo e dell’Estraneo. Si ha una sorta di celebrazione dei flashback e degli stati emotivi, di fotogrammi della attualità politica, di reperti della dimensione fantasmatica, quasi che nelle nostre comunità le categorie del fantasmatico abbiano preso il posto e sostituito le categorie del politico e della cronaca, con il che il bizzarro e l’ultroneo diventano il normale modo di esistenza del kitchen. L’iperbole, fra i tratti più distinguibili della psicologologia kitchen, mette in risonanza una sismicità ultronea,  un meccanismo che si dirige verso il limite interno del testo (il testo non ha più alcun limite se non il proprio limite interno): la morte è l’interdetto, il tabù, il limite impossibile della forma-poesia che nella scrittura può in qualche modo inversamente sopravvivere nell’accezione derridiana della survie, della sopra-vivenza.

      L’atteggiamento verso la morte è sempre spurio, incardinato in una tonalità emotiva e speculativa alla quale fa da contraltare la tonalità esistenziale e stilistica della irrisione, della derisione e della auto derisione.

      L’aspirazione a estendere indefinitamente nello spazio e nel tempo i limiti del journal intime come journal extime, quasi per sovvertirne l’ordine e alterarlo in  journal extime, è un tentativo di avvicinamento fra vita psichica e scrittura che interpreta uno dei dettami della decostruzione e della de-territorializzazione, cioè la struttura del ritardo e del rinvio. La scrittura dell’opera totale come  protensione ad-altro-da-sé  che trascrive tutte le ritenzioni in quella protensione. Questa particolare protenzione tocca anche la forma intima della scrittura che vuole con tutte le sue forze ritardare il finale, così che la scrittura poetica si allestisce come un meccanismo di ritardamento costituzionale del finale.

      Ogni rapporto con la scrittura è un nascere dalla propria scrittura che è sempre ed anche un andare contro la propria scrittura, un nuotare controcorrente. La forma-poesia è un autoritrarsi, un luogo della contraddizione, prolungamento dell’idea ossimorica di una forma-poesia che abbia una identità priva di identità, poiché l’identità si definisce nel turbamento, nel disturbo, nell’ingresso dell’Estraneo, come voce dell’Avatar e dell’eterogeneo, e anche come disordine, perturbamento, relazione con i propri  phantasmata  che la fanno essere se stessa soltanto come inattuale e ailleurs, essendo il soggetto nientealtro e anche la controfigura di se stesso.

      Coloro che enunciano parole sono voci, flatus vocis. La voce, le voci enunciano. Questa voce, queste voci non sono né più né meno di un mero suono, ma non raggiungono ancora lo statuto di un significato, ondeggiano, oscillano tra il significato e il non significato per finire nel fuori-significato. L’intenzione di significare coincide con la pura indicazione che il linguaggio ha luogo, ha un luogo. Come tale, essa è ciò che deve essere tolto affinché il discorso significante abbia luogo, ed è quindi una dimensione negativa.

      Il kitchen accetta il principio secondo cui l’articolazione originaria del linguaggio, ciò che articola la voce umana in linguaggio è una mera negatività, il negativo.

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    • Sì, caro Francesco Paolo Intini,

      ieri il portaombrelli si è scontrato con il paraurti della mille e cento parchegiata sotto l’abitazione del critico Linguaglossa…

      Ne è nato un bisticcio a base di endecasillabi e rigatoni alla amatriciana

      Gli alligatori hanno preso il sopravvento sulla restante fauna del pianeta Terra, seguiti dai pappagalli del Madagascar

      Questi esserini hanno appreso l’inglese e adesso sparlano su tutto, mettono il becco ovunque, procurando grande confusione e alterchi

      Il poeta Montale, intervistato in proposito, ha così commentato: «Roba da sartoria teatrale»

      Marie Laure Colasson ha chiesto al su nominato: «Cosa intende per sartoria teatrale?»

      Riporto qui in adiecto la risposta di Nanni Balestrini:

      «Un luogo dove ci trovi di tutto: romanticherie e fisarmoniche, palette eoliche per bambini, palette segnaletiche e trenini giocattolo, il busto di Mussolini e la foto della ducetta in cornice, francobolli con il littorio e parvenu con maglioni a collo alto, fisime di poeti alto allocati e untori, mestatori e uniformi dell’hotel Excelsior e pinzillacchere…»

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  15. rita casale

    ma Anne Sexton tutto sommato è stata una poetessa modesta, ma per gli americani è un grande poetessa e perciò va bene soltanto per gli americani, e per qualche critico europeo che smania per l’America.

    Per un metro europeo non va bene: ha un posto medio, ed è già tanto!

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  16. da Il Signor K. ha preso le sembianze di Clint Eastwood

    Backstage della Stanza n. Zero

    «Il kitchen è una reciproca esclusione del significante e del significato, ovvero, una pallina che va di qua e di là»,
    replica il critico Linguaglossa da una boccata di fumo.
    «To pragma auto, la cosa stessa, non è la cosa, è questa stessa cosa metà viva e metà morta
    Negatività che non nega né afferma
    Alcunché».

    ➡Il professore Ramanarayan Krishnamurthy ha affermato
    di recente
    che la vita ha avuto origine durante
    la zuppa primordiale,
    circa 4 miliardi di anni or sono dal ciclo inverso dell’acido tricarbossilico r-TCA
    innescato da diverse specie di batteri
    i quali hanno la proprietà di metabolizzare l’anidride carbonica nell’acqua
    per formare nientemeno che il cianuro
    e chi per esso.
    «You can unsubscribe here!»
    ha interloquito infine il critico.

    ➡Come accade in certe interviste
    Lady Beyoncé è uscita dal televisore tutta nuda come mamma l’ha fatta
    e ha preso a litigare con la pornostar Amanda Fox
    e lo stallone Billy Box.
    Sissy Nyxi begins to prepare herself for her daddy
    ha afferrato
    il minivestito in latex dall’attaccapanni e ha preso a deambulare
    sugli altissimi trampoli davanti alla webcam…
    dicendo:
    «you won’t be able to resist these kitchen staples».

    «Tutto ciò, a conti fatti, non è della minima importanza
    non è nulla, anzi, meno di nulla
    in fin dei conti
    il pluriverso misura soltanto alcuni sestilioni di miliardi di anni luce
    ciononostante
    anch’esso è qualcosa di meno di nulla…»
    pronuncia il Mago Woland dall’accappatoio azzurro sulle sue spalle
    appena uscito dalla vasca idromassaggi

    «Quale poesia scrivere dopo la fine della metafisica?»,
    chiede la pornostar Amanda Starr allo stallone Billy Box prima che la starsex Sygulla le rubasse il partner
    «The secret of beauty in 30 days to burn fat!»
    le risponde il citofono della abitazione del noto critico Linguaglossa.

    Un pappagallo nuota tra i coleotteri in alta quota.
    Un ippogrifo sale a bordo dell’astronave Star Trek e intona «le fanfare d’oro della solarità»
    Montale ha un soprassalto
    E sovrascrive:
    «Le fanfare d’oro della solidarietà»

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  17. francescodegirolamo

    “[…] Nell’interrogare dell’intelletto, lo stupore iniziale si trasformerà in un domandare perenne: e questo domandare perenne, simile a quel che sopravvive ancora al di là dell’infanzia, come viveva nell’infanzia aggrappato alle sue emozioni, pensando naturalmente: pensando ‘poeticamente’.”
    Maria Zambrano, Filosofía y poesía, 1939 (Filosofia e poesia, trad. di Lucio Sessa, a cura di Pina De Luca, Pendragon, Bologna, I ed. 1998)

    I porcellini d’India raffreddati

    I Porcellini d’India raffreddati
    piangono sempre nei laboratori
    dopo che vanno via tutti i dottori
    per non farsi vedere spaventati.

    Ma creperanno poi senza clamori
    quando il diabete li avrà divorati,
    sorridendo dai musi scorticati
    come dei burattini ammaestrati,
    perché tu sappia che se poi non muori
    lo devi a loro che si son prestati.

    E stringeranno tra le tre zampine
    dei fiori strani: le penicilline.

    (Francesco De Girolamo, scritta a 9 anni)

    [Novus libellus de natura
    animalium]

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  18. rita casale

    P.e. se si volesse paragonare (comparare) la poesia di Annamaria De Pietro, di HelleBusacca, di M. Rosaria Madonna con quella della Anne Sexton ci troveremo davanti a un compito facilissimo da risolvere. L’americana si troverebbe all’ultimo gradino di una scala dove ai primi gradini ci sarebbero i versi delle prime tre poetesse su menzionate. NOn ci sarebbe storia!

    Eppure l’americana è arcinota, e quelle tre sconosciute del tutto in ambito europeo e mondiale. La critica dunque vale per gli idioti. Americane degne di nota ve ne sono e di gran valore a cominciare dalla Emily Dickinson e per finire con Silvia Plath, seguono altre di minore luminosità , ma le tre italiane sono in ottime posizioni e non sfigurano nemmeno di fronte alle poetesse russe Cvetaeva e Achmatova.

    ecc. ecc.

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  19. milaure colasson

    caro Gneo Gaius Fabius

    ieri sono passata per il salotto del mio parrucchiere

    tanto per prepararmi per il prossimo viaggio sul pianeta Mephisto, nella galassia Alpha Centauri, ma, una volta atterrata sul pianeta, mi sono accorta che avevo dimenticato il portable nella borsetta di coccodrillo

    Così, ho ordinato all’autista, il maggiordomo Camembert, di sterzare di sguincio e far ritorno sul pianeta Terra, astroporto di Ciampino, dove ho potuto rubare un eyeliner, alcune forbicine per le unghie e, mentre che c’ero, ho sottratto anche un échantillon di rossetti marca Diego Della Palma

    L’indugio è stato fruttifero perché mentre mi portavo verso l’astronave bus sono entrata nella boutique “Ferretti” e ho gridato “mani in alto se non volete viaggiare anzi tempo nell’altro mondo!, datemi tutti i soldi che avete nei portafogli!”

    Detto fatto, ho svuotato i portafogli delle loro banconote e ho restituito i secondi ai legittimi proprietari, così ho ripreso l’astronave per il pianeta Mephisto con la refurtiva nella borsetta.

    Dico solo che avevo bisogno di quegli euro perche qui su Mephisto il settore immobiliare è in crisi e il prezzo delle abitazioni ha raggiunto vertici incomprensibili

    Questo è quanto.

    (Scintilla)

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  20. milaure colasson

    Che rimanga fra di noi!

    (cara Rita Casale, sono irritata perché ti sei dimenticata di citarmi tra le poetesse italiane e francesi che stanno al di sopra della Anne Sexton)

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  21. rita casale

    “la prossima volta mi spargerò il capo con la cenere dei Morti”.

    ————————————————————–

    da un mio vecchio verso

    ——————————————————-

    ma dicevo soltanto tra italiane e americane,e poi russe

    certo che vi sono anche le francesi… dimmi qualche nome oltre il tuo.

    grazie

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  22. francescodegirolamo

    «[…] Questa capacità metamorfica è possibile grazie alla funzione oggettualizzante, tributaria di Eros, che permette di raggiungere il rango di oggetto pur quando l’oggetto non è chiamato direttamente in causa, bastando solo la presenza di uno dei suoi attributi.
    Tuttavia per l’Io sarà molto difficile fin dall’inizio della vita trovare l’oggetto esterno con la giusta fisionomia, e se pure lo trova, non sempre l’oggetto sarà disponibile. In qualsiasi caso come dice Green (1973), l’assenza dell’oggetto è inevitabile e l’affetto non è mai così intensamente e così penosamente sentito come quando l’oggetto manca. In conseguenza, liberarsi della arbitrarietà dell’oggetto è l’aspirazione dell’Io.
    Precocemente l’Io ha scoperto che per diventare oggetto non è necessario essere esterno all’apparato psichico, basta sostituirlo mediante l’identificazione. Questa operazione, sostenuta dalla funzione oggettualizzante, che come è stato detto precedentemente, non si limita solo all’attaccamento all’oggetto particolare ma anche a tutti i sostituti di esso.
    Di seguito l’Io avrà una doppia funzione, quella di essere oggetto dell’Es e, a partire di essa, quella di amministrare le nuove cariche pulsionali oggettuali che precedentemente effettuava l’Es in modo diretto.
    Tale amministrazione implica non solo investire l’oggetto ma anche disinvestirlo quando la gestione dei conflitti fra le istanze così lo richieda. Il disinvestimento dell’oggetto esterno è il risultato dell’intervento della funzione desoggettualizzante corrispondente al meccanismo slegante della pulsione di morte. Essa provoca un soddisfacimento negativo di natura narcisistica che è la matrice dell’Io Ideale:“…l’Io di piacere purificato…” [è] “…una organizzazione narcisistica, la quale nega la sua dipendenza dall’oggetto e può spingere questo diniego fino all’esistenza dell’oggetto stesso, in casi estremi” (Green,1973)»
    [“Nostalgia senza oggetto. Nostalgia come oggetto.” C. M. Álvarez]

    * * *

    Nostalgie für das Über-Ich

    Diese geheime Reue
    eingeschlossen in meiner Brust
    wie eine erbärmliche Verzauberung
    nicht mehr sein
    Beute deiner Hände,
    Dein auserwähltes Lamm
    in deinem geliebten Joch,
    der indiskrete Herzschlag
    eines verfluchten Herzens,
    brennt unbezwingbar im Inneren
    und wartet nackt auf ein Zeichen
    .

    Nostalgia del Super-io

    Questo rimorso segreto
    racchiuso nel mio petto
    come un incanto abietto
    di non essere più
    preda delle tue mani,
    il tuo agnello prescelto
    nel tuo giogo diletto,
    il palpito indiscreto
    di un cuore maledetto,
    brucia indomito dentro
    e attende, nudo, un segno.

    Francesco De Girolamo

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  23. Definiti anche “gettoni crittografici”, gli NFT sono dei sistemi che permettono di certificare la rarità digitale di un bene. Un’opera d’arte, un video, perfino un tweet. Il tutto basato appunto sulle blockchain, equivalente digitale di un registro delle transazioni, utilizzato per la generazione di criptovalute come i Bitcoin.

    Fin qui la definizione. Più facile comprendere di cosa parliamo con degli esempi concreti. I “gettoni” hanno la caratteristica peculiare di essere unici. E possono certificare un qualsiasi “oggetto”, fisico o virtuale che esso sia. Così, chi compra un NFT che corrisponde ad un’opera artistica digitale, possiede – in realtà – soltanto il certificato. Un documento emesso dal creatore dell’opera, sul quale c’è “scritto” che essa è stata ceduta. Ciò non significa che l’opera in questione diventi privata. Al contrario, può tranquillamente restare on line, accessibile a tutti. Può valere per un video registrato su YouTube o per una qualsiasi immagine in formato jpeg.
    Si vendono: il primo tweet, un collage, l’articolo del New York Times
    Così gli NFT si prestano per la vendita di una composizione artistica o di un brano musicale. La “notizia” sta nelle cifre stratosferiche alle quali sono stati venduti alcuni di tali certificati. Jack Dorsey, patron di Twitter, ha ceduto ad esempio il suo primo tweet, risalente al 2006. L’asta per il relativo NFT ha fatto salire il prezzo a 2,9 milioni di dollari.

    Un’opera di Banksy è stata invece data alle fiamme proprio per agganciarci un NFT.

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  24. Tiziana Antonilli

    Cari G. G. Fabius, Germanico e Scintilla,

    i vostri resoconti sono inquietanti, hanno molto in comune con quello che accade sul pianeta che mi vede migrante di seconda generazione. Eppure anni luce ci dividono. Devo pensare che se il tempo esiste è un’option fornita da un Piano di Stabilità e Coesione che oscilla da destra a sinistra?
    Anche qui, per esempio, soffriamo per la frattura metafisica, ma neanche tanto visto che i portaborse esistono ancora e si accoppiano con faccendieri, locali ed extragalattici.
    Da Mephisto sono arrivati osservatori per vigilare sulle operazioni in borsa che pare siano contaminate. Ci sono sempre astronavi-autobus in rampa di lancio, quando ci toccherà la presidenza del G123 andremo via in massa e venderemo i cubi nei quali viviamo agli agenti immobiliari meno accreditati dai patrioti.

    (Tizyfardwell)

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  25. francescodegirolamo

    “Quando, il 4 ottobre, 1974, Anne Sexton si spogliò, indossò solo una pelliccia della madre, si versò l’ultimo bicchiere di vodka e poi si chiuse nel garage per suicidarsi con il monossido di carbonio, non si lasciava dietro nessuna autobiografia. Il suo tormento e i segreti della sua anima li aveva affidati alle poesie per cui aveva ottenuto nel 1967 il Pulitzer, alle lettere spedite ad alcuni amici, soprattutto al maestro riconosciuto W. D. Snodgrass, alle registrazioni che il suo psicoanalista usava e che, con scelta discutibile, mise poi a disposizione di Diane Middlebrook per la sua biografia della poeta.
    Quando si uccise, come aveva provato già a fare alcune volte e progettato infinite altre, Anne Sexton aveva 46 anni. Era bellissima e pazza, era promiscua e disperata, entrava e usciva dalle cliniche psichiatriche, si imbottiva di pillole di ogni tipo, forse era stata molestata dal padre e la figlia la accusò di aggressione sessuale. Come l’amica Sylvia Plath, che si era tolta la vita undici anni prima, l’ombra della morte, la tentazione del suicidio e una metodica autodistruzione erano state sue compagne di ogni giorno e tuttavia, a modo suo, Anne Sexton amava la vita.
    Era una donna in frantumi che riusciva a riannodare il filo della sua esistenza spezzata solo scrivendo. Nelle sue poesie c’era di tutto, anche quello di fronte a cui la poesia dell’epoca inorridiva: le mestruazioni e la ricerca di dio, la masturbazione e l’onnipresenza della morte, il dolore di una figlia maltrattata e quello di una madre incapace di assolvere al proprio ruolo. Non era così che si faceva poesia negli Usa degli anni ’60. Anne siglò una rivoluzione. Fu una delle voci più eminenti e tormentate di quel decennio che capovolgeva il senso comune e le regole come calzini vecchi.”
    (Andrea Colombo – “Il Manifesto”, 6 febbraio 2019)

    “Metti l’orecchio vicino alla tua anima e ascolta attentamente.”
    (Anna Sexton)

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  26. rita casale

    questo verso della Sexton citato dal De Girolamo non è un ran che.

    Pensate se la Sexton si fosse trovata al posto della Cvetaeva (che si ucise impiccandosi per motivi seri , a parte il fatto che era perseguita dal KGB fin da ragazzina) cosa varebbe fatto la Sexton?

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    • francescodegirolamo

      Questa domanda non mi sembra che abbia molto senso. Cosa vuol dire suicidarsi per motivi seri? Ognuno ha i suoi, e se si arriva a togliersi la vita ci sono sempre dei motivi seri, che nessuno può giudicare superficialmente dall’esterno, credo. La citazione di Anne Sexton non è un verso, ma una semplice frase, estrapolata da una lettera. Ecco cosa pensava un altro (grande?) poeta americano riguardo all’impossibilità di convivere con questa realtà orribile per chi è particolarmente fragile (e BELLO). Ma forse era anche lui uno stupido?

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  27. antonio sagredo

    I versi di

    “Deserto d’acqua
    (dall’Ilva alle Murge, via Taranto e Salento)”

    del De Girolamo che sono da approvare totalmente poi che conosco le atmosfere in essi narrate e scritte con dovizia ritmica mi hanno fatto ricordare – fatte le debite differenze – alcuni miei antichi versi, da cui oggi sono davvero distantisimo.

    Io vado a Otranto

    accigliato come un ossesso

    danzando con ninnoli e santini.

    Sono giunto

    alla stazione equatoriale

    a sghignazzare coi saracini e i martiri.

    In questo mare crespato

    ossa rossicce

    fondano una cattedrale,

    il mosaico infernale spruzza alchimie orientali.

    Sono corroso,

    scateno vessilli di occhi da 500 anni!

    La salita di Minerva mi sgrana!

    Mi sanguinano le bende,

    come un pagano esperimento!

    Idolatria delle fedi!

    Mare d’ossidiana!

    Fallimenti… senza fanfare!

    1971

    La città

    Verde nella parola e nell’inganno!

    Terra del Salento,

    squarciata da un freddo cerchio di ciclista!

    Moresco,

    notturno barocco di Chopin!

    Io t’ascolto e t’amo, io,

    esiziale uomo del seicento.

    Hai le acque chiuse, Madre!

    Nostra Signora dei Lamenti,

    per finzione!

    Questa terra: rogo di papaveri

    è un ricordo di Vanini!

    Brillano le giravolte di  astri-giullari!

    Torta barocca con pizzi e merletti!

    Dolce

    come un bacio di una frusciante cameriera!

    I nostri corpi estivi,

    come i raggi assillanti di Ravel!

    Sempre con dolcezza odio la città.

    Farò un giro, una passeggiata di tenerezza per i campi,

    ricorderò la pietra rosa che m’incantava,

    l’odore degli angeli di cartapesta,

    dirò una messa al mio Dio: io stesso stravolto dai misteri!

    Io

    portatore di reliquie!

    Lecce, hai le movenze di una verde puttana!

    I chiostri annusano  la testa mozzata di un Oronzo!

    a.s.

    aprile/agosto 1976

    ——————————

    Ma riprendere ora è un sano discorso,

    la sera messapica già sussurra epitaffi

    – la mia terra, il Salento, è già calce di sangue! –

    Poeta, bevi il vino onnisciente, Evestrum

    è il suo nome… ignoto ed oscuro il suo canto!

    Uscimmo e danzeremo nel cortile arrossato,

    e sottovoce parliamo dei labirinti del cuore.

    Crudelia era una triste baccante:

    guardava con occhio di mago e suo

    desiderio era il delirio e l’oblio, un festino

    la giullare illusione, ramarro il suo amante.

    Invano danzeremo nel cortile arrossato,

    parleremo sottovoce tra fiocchi di neve

    uva epica un antico poeta cantò –

    udrai cristalli franare per il peso dei  sogni:

    perle… pietre e ancora pietre… perle!

     ma è lieve

                      lieve…

    febbraio 1977

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    • francescodegirolamo

      Maestro Antonio Sagredo, il suo apprezzamento mi onora davvero enormemente. Grandiosi i suoi versi salentini, come tutte le sue opere poetiche che ho potuto finora conoscere.

      Grazie infinite.

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  28. Marie Laure Colasson

    La serendipità del linguaggio corrisponde alla serendipità del funzionamento della nostra mente. La poetry kitchen non può fare a meno della prassi serendipica che conferisce una novità straordinaria e dà straordinarie libertà a questo genere di scrittura. Eccone un esempio.

    caro Germanico,

    Un berlingot* géant dit à la blanche geisha
    “Écoute cette mélopée guerrière écoute
    Tagada boum boum…”

    “Eh bien oui c’est crever le plein
    et le vider comme un cochon bio-orthogonal
    assis sur un fauteuil Louis Philippe”
    répond-elle allongée sur un tapis volant

    “Ou bien” ajoute Eredia
    “Un tuyau d’aspiration muni de 48 dents
    et 3 ventricules!”

    “Cela semble vraiment une source de nourriture
    pour un yaourt rempli de poils de pubis”
    tranche sévèrement Madame Green

    L’homme du vide muet

    *

    Un berlingot* gigante dice alla bianca geisha
    “Ascolta questa melopea guerriera ascolta
    Tagada bum bum”

    “E bene sì questo è scavare il pieno
    e svuotarlo come un maiale bio-ortogonale

    assiso su una poltrona Luigi Filippo!”
    risponde la bianca geisha allungata su un tappeto volante

    “Oppure” aggiunge Eredia
    “Un tubo d’aspirazione munito di 48 denti
    e 3 ventricoli!”

    “Questo sembra veramente una sorgente di nutrimento
    per uno yogurt colmo di peli di pube”
    trancia severamente Madame Green

    L’uomo del vuoto muto

    *caramella di Carpentras, città del sud della Francia

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  29. francescodegirolamo

    (L’io nel)

    LABIRINTO

    Che cosa ci rimane da aspettare?
    Un po’ d’aria la sera, la spiaggia la domenica.
    E questa noia che non è più dolce
    da dividere insieme, come era un tempo.
    Manca poco al momento di vederti
    e non avverto la minima impazienza
    dell’attimo in cui ti scorgerò spuntare
    dal muro bianco di ogni giorno.
    Scorrono i volti estranei della folla:
    tutti i ricordi che il tuo può evocare
    non valgono il mistero di uno solo di essi.
    In quelle voci sfuggenti che passano
    ascolto gli echi di una vita diversa,
    un’altra vita che non vivrò mai.
    Non approderò più a nient’altro
    che a questa soffocante, sterile quiete,
    che come una goccia ossessiva continua
    a cadere nel vuoto. E ti odio, quasi,
    dacché sei diventata un’abitudine;
    ma ho il rimorso di odiarti, perché sono io
    che mi ti sono cucita addosso,
    come un vestito troppo stretto,
    una seconda pelle. Ed ogni giorno prendo
    la mia dose di te; e ne ho la nausea,
    anche se ne ho bisogno, come un calmante
    dal sapore agrodolce, di cui non so fare a meno.
    Vorrei gridarti qualcosa che riuscisse a ferirti,
    delle ingiurie terribili, al tuo sopraggiungere,
    se ne avessi il coraggio; ma ti vedo sorridere
    come ogni giorno, così angelicamente ignara
    di questo sconfinato labirinto cha da te mi allontana;
    e con un nodo alla gola, sorridendo a mia volta,
    non riesco a dirti altro che: “Oh, finalmente, Amore!”

    Francesco De Girolamo – “Piccolo libro da guanciale” – (Dalia Edizioni, 1990)

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  30. Cara Tizyfardwell,

    fraudolentemente un team di scienziati della NASA è riuscito ad innescare un’esplosione nucleare di megagalattiche proporzioni all’interno del mio Mega-Computer

    Ha lanciato raggi X e raggi Gamma attraverso l’intero universo e oltre e ha ridotto in cenere alcuni sistemi solari della galassia di Orione a cinquecentomila anni luce dalla Via Lattea

    Puoi ben dire e almanaccare pensieri, ormai siamo assoluti dipendenti dei mitocondri di questi scienziati folli che, come il Minotauro della leggenda, reclamano sempre nuove vergini da adibire ai loro piaceri

    Ho assistito personalmente alla morte spettacolare di una stella supermassiccia che si è conclusa con la mega esplosione di una supernova. Ciò che è rimasto è una stellina di neutroni con un nucleo collassato largo appena venti metri con una massa milioni di volte di quella del nostro sole che gira attorno al proprio asse alla velocità di trentamila rotazioni al secondo

    Ho riferito tutto ciò a Marie Laure Colasson che nel frattempo si è trasferita sul pianeta Mephisto, dicendole del pericolo e di fuggire con la prima astronave a portata di mano prima che quegli scienziati folli risolvano in cenere il suo pianeta. Ma che vuoi, lei non ne vuole sapere di trasferire tutti i suoi quadri e l’atelier in un nuovo pianeta, ha detto che aveva da fare con il rossetto e il rimmel e non so che altro

    Chiama, ti prego, anche Gneo Gaius Fabius, Memmio, Alf. Galacticus e quanti altri puoi raggiungere del pericolo che incombe su di loro, io intanto vado a prendere la Colasson per i capelli e la trascinerò sulla prima astronave disponibile, che dio ce la mandi buona, il pericolo incombe!

    Se non dovessi più ricevere miei messaggi, ecco il mio nuovo nome di Avatar, Wallet-Glossa, e il mio numero di codice: 248@Giorni

    Amen

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  31. dimenticavo, il tutto è stato orchestrato da due scienziati orbaniani, Péter Magyar e Judit Varga, in realtà sono amanti e condividono il disegno di annichilire tutti i pianeti dove si trovano rifugiati politici della madre-Terra, sono dei terroristi pericolosissimi, ho avvertito la Cia e il Pentagono delle loro identità.

    A metà febbraio Magyar ha rinunciato a tutti i suoi incarichi e contestualmente ha lanciato un j’accuse contro la Unione Europea, in particolare sul «Richelieu di Orbán» – come lui lo chiama – ovvero Antal Rogán, potentissimo ministro che controlla anche i servizi segreti. Questo Magyar si è impadronito del Mega Computer e adesso può minacciare il sistema solare!

    Con un’intervista video di due ore che ha attratto milioni di visualizzazioni (un ungherese su quattro l’ha vista) la nuova “gola profonda” ha fatto «una radiografia pubblica del funzionamento del sistema orbaniano», come dice lo storico Stefan Zweig.

    La motivazione ufficiale fornita da Magyar? «Non voglio far parte di un sistema nel quale i veri capi si nascondono sotto le gonne delle donne»

    Si salvi chi può!

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  32. francescodegirolamo

    Quindi il progresso della scienza ha fallito?

    FUOCO E GELO

    “L’ovvio è difficile da provare. Molti
    preferiscono l’oscuro.

                            Charles Simic
    (da “La stanza bianca”)

    Vedere è l’arte silenziosa
    dello sguardo che la luce non cattura
    ma procede sulla strada scoscesa
    e ignota dei sensi alleati.
    Quante lune scorreranno prima che la mente
    abbia dominio sulle ombre?
    Prima che un chiarore prenda impulso dal sangue
    e il dito sfiori il tasto di uno schermo
    rivolto all’ultimo zenith, all’orizzonte
    estremo, al nord di tutti i nord?
    L’ago del chimico è già nella fiala,
    il fisico ha stilato il suo prospetto,
    la cavia tende il petto al sacrificio:
    s’avvicina il mattino in cui il custode
    di fuoco e gelo porrà la sua mano
    sul nostro capo smarrito nei cerchi
    inestricati di una storia sospesa.
    Noi, agnelli e demoni, balbetteremo pretesti?
    Ma gli occhi del volto più amato
    impressi al fondo dell’alveo sommerso
    della coscienza, ci condurranno lievi
    al ritorno nel non qui mai svelato.
    E finalmente avrà inizio l’inizio.

    Francesco De Girolamo (La radice e l’ala – Edizioni del Leone, 2000)

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