Si tratta, a mio avviso, di spaghetti thriller, di thriller all’italiana dove non c’è Clint Eastwood che spara ai cow boys, bensì ci sono «corvi [che] gracchiano nelle portaerei» «mentre Silicio e Litio cacciano bisonti ad Altamira», Composizione hard kitchen di Francesco Paolo Intini

foto Maschere teatrali greche antiche

Francesco Paolo Intini

L’INVERNO È UN AFFARE TRA SUPERPOTENZE DI SURGELATI

Quest’inverno ha buste pronte a rompersi.
Ci vorrebbe una penna ispirata dall’inchiostro-dice
E non corvi che gracchiano nelle portaerei.

Solo il metapoema resiste ai colpi dei pipistrelli
E nel contesto il lettore parla giapponese a Roma
un miracolo insomma al servizio di barre.

Gaza è un metodo per rimettere in moto le mani
Ci saltano sopra le scimmie di Achille
E i barattoli prendono parte al gioco.

In maggioranza si sta comodi e il vuoto è migliore
se una superpotenza aspira ad accartocciarli.

Piccoli Che avanzano nei supermercati
Yogurt in mezzo a foreste di fragole
e spigole agli ordini del Pentagono.

Un po’ di plastica eccede sempre le maschere d’oro
e sugo viene fuori dalle vene dei surgelati.

Gli scaffali inseguono mammut in vaste Siberie
e le diottrie insegnano cecità a cavallo.

La domanda d’entropia s’è fatta grandiosa
Ma si limita a recitare versi alle tombe
Mentre Silicio e Litio cacciano bisonti ad Altamira.

(14 gennaio 2023)

Penso di aver trovato finalmente la formula critica per questo formidabile “pezzo” kitchen di Francesco Paolo Intini. Si tratta, a mio avviso, di spaghetti thriller, di thriller all’italiana dove non c’è Clint Eastwood che spara ai cow boys, bensì ci sono «corvi [che] gracchiano nelle portaerei» «mentre Silicio e Litio cacciano bisonti ad Altamira», nonché «scaffali [che] inseguono mammut in vaste Siberie», «Gaza [che] vengono accartocciate dalle superpotenze» etc. etc., si tratta di una nuovissima versione del pastiche post-novecentesco ma, all’italiana. Uno spettacolo hard con tanto di Mastroianni in “8 e mezzo”, Lino Banfi nella veste del commissario Lo Gatto e Moana Pozzi nelle funzioni di signorina maschera munita di torcia elettrica, il tutto condito in salsa kitchen e pomodori pelati Cirio. Pastiche o pseudo-pastiche rovesciato e cannibalizzato dall’intervento dell’entropia post-ideologica che investe il sistema Italia quale legge regolatrice del cosmo, pseudo pastiche mineralizzato con acqua minerale purissima, levissima, altissima all’anidride carbonica con sketch dell’ex calciatore Alex Del Piero, l’uccellino kitsch e il sorriso da dentifricio Durbans, con nel finale, per chi vuol esser lieto, un bicchierino di Cynar contro il logorio della vita moderna, con l’attore Ernesto Calindri che ne deglutisce un sorso seduto al tavolino di un bar in mezzo al traffico di via Bellerio a Milàn dove campeggia la targa della sede della Lega lombarda. Così «le diottrie insegnano cecità a cavallo», etc. etc.

(Giorgio Linguaglossa)

Francesco Paolo Intini (1954) vive a Bari. Coltiva sin da giovane l’interesse per la letteratura accanto alla sua attività scientifica di ricerca e di docenza universitaria nelle discipline chimiche. Negli anni recenti molte sue poesie sono apparse in rete su siti del settore con pseudonimi o con nome proprio in piccole sillogi quali ad esempio Inediti (Words Social Forum, 2016) e Natomale (LetteralmenteBook, 2017). Ha pubblicato due monografie su Silvia Plath (Sylvia e le Api. Words Social Forum 2016 e “Sylvia. Quei giorni di febbraio 1963. Piccolo viaggio nelle sue ultime dieci poesie”. Calliope free forum zone 2016) – ed una analisi testuale di “Storia di un impiegato” di Fabrizio De Andrè (Words Social Forum, 2017). Nel 2020 esce per Progetto Cultura Faust chiama Mefistofele per una metastasi. Una raccolta dei suoi scritti:  NATOMALEDUE” è in preparazione. È uno degli autori presenti nelle Antologie Poetry kitchen 2022, Poetry kitchen 2023, e nella Agenda 2023 Poesie kitchen edite e inedite e nel volume saggistico di Giorgio Linguaglossa, L’Elefante sta bene in salotto, Ed. Progetto Cultura, Roma, 2022.

19 commenti

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19 risposte a “Si tratta, a mio avviso, di spaghetti thriller, di thriller all’italiana dove non c’è Clint Eastwood che spara ai cow boys, bensì ci sono «corvi [che] gracchiano nelle portaerei» «mentre Silicio e Litio cacciano bisonti ad Altamira», Composizione hard kitchen di Francesco Paolo Intini

  1. Carissimo Giorgio,
    innanzitutto, come stai?

    Poi: sei sicuro che si tratti di “spaghetti thriller”? Non vorrei instillarti angosciosi dubbi ma… se si trattasse invece di “lasagna teaser”? Certo, sempre nell’ambito kitchen restiamo, ma più grondande di umori e più evidente la sospensione del non si sa come va a finire.
    Ovviamente resta sempre aperta la porta a una visione neogaddiana: shocking eggs!

    Fai tu, che sei scopritore ed esploratore della nuova frontiera poetica! Io posso solo scrivere, appassionatamente, le cazzate dei neofiti che della “cucina” colgono solo gli umori più superficiali. Peggio di noi incostanti annusatori del vento che cambia, ci sono solo i dannati, a loro insaputa, di masterchef.

    Sperando di rivederti/vi presto dentro o fuori i luoghi di Edith e basta.
    Un abbraccio!

    PS Com’è pensoso il poeta: “avrò spento il forno? Non è che mi si brucia il carme?!”

    Marco Stancati
    Comunicatore d’impresa, Docente Sapienza di Roma, Curatore d’eventi marco.stancati@gmail.com
    via Nomentana 761, 00137 Roma

    Risposta

    Ahahahah, mi hai fatto ridere di gusto, ma sì, ogni definizione è la benvenuta, come sai, al piccolo orto dei poeti laureati e/o diplomati gli si arriccia il naso, poveretti, legati come sono al cromosoma del loro ombelico.
    A riverderti presto
    Un abbraccio, giorgio

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    • PS Com’è pensoso il poeta: “avrò spento il forno? Non è che mi si brucia il carme?!”

      Aahh! in foto non c’è la parte più interessante. Il carme di solito approfitta delle buone giornate per andarsene in giro a raccontare che la poesia è una ricetta contro la cucina tradizionale. E in effetti questi spaghetti sono grovigli di polvere da sparo e piombo che si possono gustare in questo remoto villaggio del web. Ogni strofa è un boccone da buttare giù senza pensarci troppo. L’autore garantisce l’ insopportabilità per lo stomaco ma anche un autentico spettacolo “gratis et amore dei” offerto al fegato e all’intestino del lettore. Si parte sempre da qui per salire sul Monte Bianco. Sempre che sia predisposto alla buona abitudine di voler digerire che poi è la stessa cosa che scalare. Felicissimo di conoscerti, un caro saluto e grazie.
      Franco

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  2. Tiziana Antonilli

    Le poesie kitchen di Francesco Paolo Intini sono sempre strepitose.

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  3. milaure colasson

    caro Giorgio,

    per contraddirti penso che con questi versastri, sì, ha ragione Tiziana, “strepitosi”, Intini ha portato ad un salto ulteriore il pasticcio-kitchen, non si tratta di spaghetti-kitchen ma di pantofole al rosmarino gettate nella vasca da bagno dell’imperatore Caracalla. Ogni volta che leggo questi pezzi non mi posso impedire di ridere di pancia e, strano effetto, mi viene subito l’appetito, talché vado in cucina, apro il frigo e mi metto a mangiare come nel film “La grande abbuffata”. Quindi, prego Francesco di non scrivere troppo spesso di questi pezzi altrimenti finirò per diventare obesa.

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  4. Il tentativo di interpretazione non filosofica ma creativa, o fantasiosa, se da un lato espone Giorgio a un evidente soggettivismo, dall’altro può affrancare l’interpretazione da procedure ritenute inadatte a testi come questo di Intini, e di altri poeti kitchen, interamente costruiti sull’imprevedibilità dei significanti. A me fa pensare al poeta Bertoldo quando, in altro modo e con altre finalità di ricerca, sceglie di scrivere solo con metafore. Il fatto che le poesie di Intini si presentino sostanzialmente invariate dimostra che il dispositivo adottato è giunto a maturazione.

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  5. “Interrogai bacilli e virus ma nessuno alzava la mano
    quanto il vibrione del colera “

    AI VIBRIONI CHE SALUTANO IL CAPITANO DI VENTURA

    Alcuni vogliono che l’alba fiorisca sul piazzale
    E che abbia la puntualità di pulzella.

    Se il piatto è interessato alla salute delle vongole
    Il giudizio è netto:
    la rugiada copra le malefatte del granchio blu
    e al netto del teschio sia abolito il rigor mortis.

    Segui la cronaca nel becco di un corvo: il gorgheggio si fa carne
    ma il salto è simultaneo alla stasi dell’ immaginario.

    Mentre l’erba si affaccia sulle torrette dei carrarmati
    c’è la possibilità che Custer si mostri gentile.

    Volevamo festeggiare il ritorno dei colpi dai tipì
    ma vengono a dire che lo spettacolo è rimandato.

    Un giglio si fa garante dei proiettili in corpo.

    La donna cannone vestita di giallo dà una chance al tramonto
    vuole evitare che le stelle viaggino al buio.
    Ci sono rapaci, Apaches e malfattori che attentano il caos.

    Non importa che il molare azzanni la lingua
    verrà la carie a mettere ordine nel trigemino in tilt.

    Se non ha potuto predisporre una buona protuberanza
    l’ira del canino si rifletta sul Sole.

    L’uomo voto ha i riflessi appannati dalla noia:
    c’è un buco discreto nel fianco destro e dal fegato sgorga acqua regia.

    Un missile ordina cappuccio e brioche.
    La dentiera mastica ad angolo retto sulla mascella.

    Il postmoderno silenzia i colpi del kalashnikov.

    F.P. Intini

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  6. Noterella sulla poetry kitchen, sul «fuori significato» e il «fuori senso»

    Nonostante il luogo comune ripetuto da tantissimi che vuole che la poesia kitchen riduca tutto al linguaggio, al gioco linguistico, in realtà senza alcuna novità rispetto alle avanguardie storiche del novecento quali il surrealismo francese e lo sperimentalismo italiano, la costante preoccupazione della modalità kitchen, sin dagli inizi del suo predecessore, la pratica della NOe (nuova ontologia estetica), è stata immaginare una via d’uscita dal linguaggio pre-confezionato di accademia: arrivare al reale, appunto, al «fuori significato» e al «fuori senso», d’un balzo, mediante un triplice salto mortale con avvitamento all’indietro. È così che abbiamo immaginato il tentativo di scendere dal «treno del significante» mentre il treno è in corsa, per via del fatto che non c’è nulla di più problematico che immaginare un «altro» reale. Visto dall’interno del «treno del significante», uscire fuori da esso sembra non solo difficile, ma impossibile senza romperci una gamba, e così ricadiamo sempre in qualcosa che è segno e semiosi. Quello che la pratica kitchen fa è una teoria e una pratica della sorpresa, dell’incontro con l’inaspettato, con l’Estraneo, con qualcosa che ostacola a farsi ridurre a segno, a semantema, per produrre qualcosa che non è più segno: ed ecco che si fa strada una teoria e una pratica della resistenza al segno e alla semantica.
    L’ipotesi della pratica kitchen è provare ad immaginarlo questo reale così elusivo (senza cadere nella «imbecillità realista», parola di Lacan).
    Nella poesia kitchen la filiera del significante viene continuamente s-postata e lateralizzata in modo da sfuggire a qualsiasi rappresentazione realistica.
    Nel Seminario XX Lacan afferma: «è così che il soggetto si trova ad essere, e soltanto per l’essere parlante, un essente il cui essere è sempre altrove […]. Il soggetto è sempre puntiforme ed evanescente, poiché è soggetto solo mediante un significante e per un altro significante».1 Il segno nella pratica kitchen è soltanto un segno che ha cessato di presentarsi come un segno; come dire, è un segno che ha dismesso di essere semiosi. Il segno diventa così dal lato del linguaggio un elemento che fa un buco nel reale, che lo mostra nel suo aspetto orrifico e derisorio come un inaspettato, come un indistruttibile che sta al di là del linguaggio. Il soggetto ne è spaventato e fa un passo indietro. Soltanto così la catena semiosica si interrompe ed appare uno squarcio. È il reale che appare attraverso quello squarcio nel suo aspetto terrifico e incomprensibile. Il segno nella collisione con un altro segno che lo ostacola nella strada del senso e del significato dà luogo ad un viluppo che resiste. Alla fine della semiosi c’è il linguaggio non più agitato dalla semiosi, che non riesce più a passare attraverso della semiosi alla continua ricerca di altri segni; e qui lampeggia la definizione lacaniana del soggetto che è nient’altro che un «significante [che] rappresenta un soggetto per un altro significante». L’arresto, seppur temporaneo e limitato all’atto della lettura, è un contro movimento, un linguaggio-viluppo, un nodo del linguaggio, il prodotto di una compressione del linguaggio al limite delle sue possibilità espressive, un arresto del linguaggio in uno stato in luogo, mera linguisticità.
    Lacan definisce questo linguaggio che viene prima del linguaggio «lalangue» (lalingua), proprio per sottolineare che si tratta di una linguisticità non (ancora) articolata, come quella delle lingue: «lalingua serve a tutt’altra cosache alla comunicazione. Ce l’ha mostrato l’esperienza dell’inconscio, in quanto esso è fatto di lalingua».2 Ciò è senz’altro vero per quanto riguarda la pratica kitchen la quale ordina il suo linguaggio in uno stato tendenziale che si situa in un momento precedente a quello della lingua.

    1 J. Lacan, Il Seminario. Libro XX. Ancora. 1972-1973, Einaudi, Torino, 2011 p. 136.
    2 Ibidem p. 137.

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  7. Tiziana Antonilli

    Le riflessioni di Giorgio Linguaglossa sono di importanza fondamentale : la poesia kitchen è solo un gioco linguistico, un’innovazione del linguaggio o è anche una diversa visione del reale? Penso con forza che la poesia kitchen sia una visione eterodossa del reale espressa con un linguaggio di rottura. Non si tratta solo di un reale non edulcorato, ma di uno sguardo de- strutturato che si apre fresco sul mondo, ne parla e ne scrive , è uno sguardo ” bambino ” e proprio per questo mai stagnante. E nel guardare il reale non ha padroni. Nel Reale della poesia kitchen il Re è sempre nudo.

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  8. cara Tiziana,

    accade che durante il flusso della filiera del simbolico o della catena del significante venga introdotto un dispositivo che ostacola quel flusso. La Sorpresa per l’Estraneo appare quando la semiosi, per un momento, ha una battuta di arresto. Solo per un istante, perché subito dopo riparte, con una abduzione, che è l’organizzazione del linguaggio che tende inconsciamente ad assorbire (a comprendere) qualsiasi deviazione del senso e del significato che possa condurre fuori del linguaggio, fuori della semiosi. Resta il fatto indubitabile però che c’è un momento in cui il dispositivo semiosico si inceppa: e qui si ha il blocco del lettore di un testo kitchen causato dall’incontro con Qualcosa o con un Qualcuno che non si lascia immediatamente inserire in una catena di altri segni preesistenti, fatto ostativo che produce un «dubbio», un «rigetto», uno «smarrimento» e, infine, uno «scollamento» circa la bontà della fiducia del soggetto nella sua visione del mondo e nella comprensibilità degli accadimenti fornitagli dal linguaggio. Accade che il dispositivo semiosico da cui siamo inconsciamente trascinati, funziona a «patto» di non arrestarsi mai. Il reale, invece, è proprio ciò che si mette di traverso alla catena semiosica. Il reale si manifesta quando non capiamo più ciò che accade, quando c’è un blocco della significazione. L’ingresso dell’Estraneo nella poesia kitchen è talmente evidente ed estesa che la sua funzione assume una importanza capitale, quanto più Estranei intervengono in un testo tanto più la sua capibilità da parte del lettore viene compromessa. L’ingresso dell’Estraneo può essere un correlativo oggettivo che dice altro per altro, una modalità che il linguaggio ha da sempre nel proprio DNA e che ha a che fare con la capacità del linguaggio di esternalizzare il soggetto al fine di costruire paradossi e iperboli, metafore e meta-concetti.

    Ecco un mio modo di utilizzare questa procedura, propriamente il correlativo oggettivo in salsa kitchen

    Il mago Woland sta passeggiando sulla Prospettiva Nevskij*

    Il mago Woland sta passeggiando sulla Prospettiva Nevskij, incespica su una mattonella sconnessa del marciapiede, sbatte la testa sul selciato e sogna e nel sogno scorge in un angolo Anna Karenina che si incontra furtivamente con il giovanissimo poeta Vasilij Filippov che la notte precedente ha sognato di volare a bordo di una nuvola. Si scambiano dei baci furtivi, poi Anna affibbia un sonoro ceffone sulla guancia di Vasilij dicendogli che è un rubacuori da strapazzo
    In quel mentre, il nano Fasullo esce da una poesia della Achmatova, si reca agli stagni Patriarsci, al famoso chiosco, dove trangugia in fretta una limonata con una fettina di sapone in compagnia del critico Linguaglossa il quale è in bagno, si sta tagliando le unghie dei piedi tutto soddisfatto e commenta:
    «Opt-out»

    Alle otto precise del mattino prende la parola il Tirannosauro T-Rex mentre un tombarolo cade nella bocca di un pesce gatto.
    Proprio a quell’ora un treno direttissimo attraversa la stanza della abitazione del critico Linguaglossa mandando all’aria tutte le suppellettili compreso il giaciglio dal quale il noto critico si era appena alzato e adesso, per sua fortuna, si trovava in bagno a farsi la barba, il critico ebbe appena il tempo di mormorare «Ohibò», ma il quadro tornò nella norma non appena il treno uscì imboccando a tutta velocità la finestra della camera da letto che era rimasta incautamente aperta.
    Subito dopo il critico Linguaglossa si accomoda in poltrona, apre il giornale “Pravda”, legge l’articolo di prima pagina, trasalisce, c’è scritto che il mago Woland ha abolito con decreto il risultato della moltiplicazione di 3×3=9.
    L’articolo di spalla rivelava anche che presso il termopolio di Pompei la poetessa francese Marie Laure Colasson si era incontrata in gran segreto con il poeta elegiaco Mimnermo, gli aveva dato un bacio sulla guancia e aveva commentato:

    «Chiedere ad un poeta elegiaco di capire una poesia kitchen, è come chiedere a un homo erectus che cosa ne pensa della cultura e della storia dei sapiens o come chiedere ad una lucertola di comprendere la malinconia degli scimpanzé»

    * da All’epoca il corvo giocava a scacchi con le bretelle del mago Woland (inedito)

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  9. No, no, non c’è Clint Eastwood che spara ai cow boys bensì ci sono dei corvi che gracchiano, gracchiano…
    Ci sono orecchini che sbadigliano
    Ludidascarpe ingaggiati a tempo determinato, ma no, qui si tratta di una nuovissima versione del pastiche novecentesco ma sì, all’italiana, però.

    Uno struzzo di qua, un armadillo di là, un Belfagor nel set di uno spettacolo hard con tanto di Mastroianni in “8 e mezzo”, Lino Banfi nella veste del commissario Lo Gatto e Moana Pozzi nelle funzioni di signorina-mascherina munita di torcia elettrica anni sessanta, divisa attillata, il tutto condito in salsa kitchen e pomodori pelati Cirio.

    Pastiche o pseudo-pastiche rovesciato e cannibalizzato dall’intervento dell’entropia quale legge regolatrice del cannibal-market, o markettificio, pseudo pastiche mineralizzato con acqua minerale purissima, levissima, altissima all’anidride carbonica con sketch dell’ex calciatore Alex Del Piero, l’uccellino kitsch e il sorriso da dentifricio Durbans, con, nel finale, per chi vuol esser lieto, un bicchierino di Cynar contro il logorio della vita moderna, con l’attore Ernesto Calindri che ne deglutisce un sorso seduto al tavolino di un bar in mezzo al traffico di via Bellerio n. 7 sede della Lega lumbàrd, l’orto del Mulino bianco con le pastorelle e gli asinelli che fanno muh, muh, muh…

    C’è chi prende una pausa caffè, un bonus vacanze, un bonus 110%, chi prende un bonus supermarket, chi prende bonus e basta, c’è chi ruba il mal tolto, chi prende una compressa di Maalox per il reflusso gastrico, chi opta per il piano Mattei, chi assume del Bentelan, chi prende un fazzoletto dal comodino…
    Così fan tutti, dicono.

    E chi vuol esser lieto, lo sia.

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  10. La poesia-prodotto è poesia senza narrazione, questo mi è chiaro. Ed è lì che vorrei arrivare.
    Il libro sembra avere tempi insondabili, perfino metafisici. E la vita è breve, anche quella dei poeti samurai.
    Il pensiero di questi giorni è volto al nichilismo distruttivo e al compimento della tragedia in atto. Mi sto leggendo Jünger in dialogo con Heidegger, penso alla poesia kitchen e valuto se vi siano tracce di nichilismo positivo.
    Mi sembra un’impresa disperante quella di tentare una poesia post bellica, ma già creare dei fermo immagine (frammenti) può servire a contrastare l’inconsapevole flusso degli eventi.
    In questo contesto il dentifricio Durbans e l’uccellino kitsch sembrano bandierine di pace.

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  11. milaure colasson

    caro Lucio,

    noi pensiamo sempre per fermo immagini, poi il cervello le unifica per convenzione sociale… a volte penso con nostalgia ai decenni passati quando in Europa grazie alla guerra fredda si stava in pace, ma la pace non è una entità ferma e stabile, di solito è uno stato transitorio, basta sfogliare un libro di storia… non è un caso che la poesia kitchen nasca in questa epoca di instabilità che prelude a delle guerre future… io queste poesie (narrative) di Giorgio e di Intini le vedo ben calibrate nel nostro tempo prosaico, fare versi con endecasillabi fioriti mi sembrerebbe una bestemmia nella nostra epoca, fare della poesia che parla dell’io mi sembrerebbe una bestemmia, ma tant’è, vedo in giro tanti autori che parlano delle malcedini e delle dulcedini dell’io e non mi so spiegare se sono dei piccoli mascalzoni o dei beati della storia, nel peggiore dei casi non sono imputabili, loro pensano alla Bellezza come quella che salverà il mondo… ma si può essere così sciocchi!? Nel frattempo, noto che la poesia kitchen di Giorgio di Intini diventa sempre più narrativa, più prosaica…

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    • Visioni troppo diverse, cara Milaure. Su tutto, ma che dovremmo pure ritenerci fortunati se siamo stati, e siamo, in guerra fredda, e magari ringraziare per questo sistema di vita per imbecilli, e magari parteggiare per uno o per l’altro, proprio non riesco ad accettarlo. Giorgio e Intini scrivano come gli pare, ci mancherebbe altro, forme di scrittura più severa aggiungerebbero inutili complicazioni. La forma è già di per sé «fonte del conferimento di senso» (dal libro di cui sopra).
      Mi faccio da parte, sono sicuro che poeti kitchen non mancheranno di offrire spunti di altro pensiero critico. E complimenti per il tuo italiano. Buona giornata.

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  12. caro Lucio,

    il tuo pensiero critico è sempre benvenuto, fa da supporto alle nostre riflessioni, occorre sempre dialettizzare le nostre riflessioni, non chiuderle, farsi da parte è una scelta autolesionistica. Sul raffreddamento della poesia kitchen penso non ci siano deubbi, la tua è una poesia super raffreddata, sembra appena uscita dal congelatore. E va bene così. La nostra poesia è raffreddata, appena uscita dal congelatore. Non potrebbe essere altrimenti. Ci troviamo in un mondo che coltiva l’indifferenza, lo scetticismo, il cinismo, ma la nostra poesia è ben lontana da queste assunzioni seminata lungo un continuo presente, la esibiamo con il pudore dell’essere così delle cose. E così riveliamo che il Re è nudo.

    Argomenta il Censis nel suo Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2023: “Non più uno stile di vita all’insegna della corsa irrefrenabile verso maggiori consumi come sentiero prediletto per conquistarsi l’agiatezza, ma una più pacata ricerca nel quotidiano di piaceri consolatori per garantirsi uno specchio di benessere in un mondo ostile”.

    Desideri a bassa intensità, producono una poiesis a bassa intensità, che massimizza il risparmio, l’esiguo investimento libidico e intellettuale.

    La tecnologia ci ha tolto le emozioni: siamo nell’epoca della grande freddezza.

    Ha scritto Ivo Stefano Germano:

    «Del resto, agire e agitarsi per oltre la metà degli italiani, il 56,6 per cento, è del tutto inutile: convinti come sono che forze globali complottino per orientare le scelte politiche anche del nostro Paese. Non solo: se il benessere che conta è quello minuto, individuale, soggettivamente inteso, la comfort zone per ognuno è evitare scelte e gesti scomodi, che trascinino in un confronto impegnativo. E allora meglio delle opinioni argomentate l’afasia di un like o un giudizio definitivo, istintivo, sbrigativo, liquidatorio. Un asincrono vocale è preferibile a una imprevedibile chiamata telefonica. Meglio astenersi, anziché prendere posizione»

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  13. ha scritto Beppe Cottafavi su Domani del 25 gennaio 2024, una strategia editoriali dei libri da cui però sembrano assenti i libri di poesia:

    «c’è una prima buona notizia che proviene dal mondo dei libri. Il 2024 segna per gli Oscar Mondadori l’avvio di una importante attività di collaborazione con editori indipendenti sensibili alla qualità letteraria dei libri che pubblicano.

    Tutto è cominciato il 23 gennaio con l’opera di Jessica Bruder, titolo di successo edito nel 2020 dalla fiorentina Clichy, ora riproposto nella collana “Oscar Cult”. Gli Oscar Mondadori hanno stretto accordi con i marchi indipendenti per ripubblicare alcuni loro titoli in paperback, settore in cui è leader di mercato.

    Lo spiega Luigi Belmonte, direttore degli Oscar a cui afferiscono anche i preziosi Meridiani curati dallo scrittore Alessandro Piperno: «Un virtuoso modello di business che è abituale in paesi come la Francia, in base al quale – tramite accordi di sub-licenza – gli editori di novità sono diversi da quelli dei tascabili. Una modalità che consente a ciascuno di svolgere al meglio il proprio compito: ai primi di fare ricerca e innovazione; ai secondi di garantire lunga vita nel catalogo ad autori e a libri che hanno avuto riscontro di pubblico e critica».

    Insomma, lo scouting raffinato degli indipendenti valorizzato dalla corazzata degli Oscar. Un’ottima idea. Grazie all’accordo con NN Editore, ad aprile 2024 verranno pubblicati nella collana “Oscar Moderni”, il più ricco catalogo europeo di autori del Novecento, la “trilogia della pianura” di Kent Haruf, e, a seguire, in Oscar Cult, Le nostre anime di notte.

    Usciti tra 2015 e 2016, Canto della pianura, Crepuscolo e Benedizione hanno raccolto intorno alla sigla editoriale un pubblico affezionatissimo e fedele: «Holt è una città immaginaria», dichiara Eugenia Dubini di NN, «ma la comunità che la anima è unica e universale allo stesso tempo. La forza della Trilogia è proprio la capacità di coinvolgere tutti i lettori, toccando corde di umanità che ognuno di noi può ritrovare in sé stesso».

    Le storie di Holt continueranno ad affascinare negli Oscar Mondadori, nuovi e vecchi lettori. Accordi ulteriori, poi, sono stati stretti con Hope Edizioni, di cui gli Oscar hanno già pubblicato Come anima mai di Rossana Soldano e Rosso, bianco e sangue blu di Casey McQuiston.

    IL POLO ORIZZONTALE

    L’altra buona notizia riguarda un’alleanza orizzontale, questa volta tra due ottimi editori indipendenti. E in questo caso tra pari. Le case editrici nottetempo (nata 22 anni fa) e 66thand2nd (che a sua volta ha alle spalle 15 anni di storia) uniscono le forze e danno vita a quello che, in una nota, viene definito «un nuovo polo editoriale».

    Nottetempo e 66thand2nd promuovono dunque «un’alleanza orizzontale, piuttosto che verticale, preferendo l’integrazione tra le diverse professionalità, secondo un principio di conservazione e di maggiore efficienza».

    Insieme, i due marchi portano sul mercato oltre cento titoli l’anno, che includono narrativa e saggistica, nazionale e internazionale, secondo linee editoriali che si completano. L’obiettivo dichiarato è di «mettere in campo un modello di business editoriale nuovo, basato su una crescita organica e sostenibile».

    Nel frattempo il mondo dei libri si riunisce il 26 gennaio nel conclave veneziano della giornata conclusiva del 41esimo Seminario della Scuola per librai Umberto e Elisabetta Mauri alla Fondazione Cini. Giornata opportunamente dedicata a “Le nuove sfide” con l’analisi degli “Scenari economici di mercato”.

    Angelo Tantazzi di Prometeia farà le sue proiezioni per il 2024 chiedendosi dove va la spesa delle famiglie italiane, e Ricardo Franco Levi della Federation of European Publishers darà i dati più aggiornati su “Il mercato del libro italiano e europeo”. Chiude il grande scrittore spagnolo Javier Cercas sui malintesi della modernità, la scrittura e la lettura.»

    © Riproduzione riservata

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  14. Alfonso Cataldi

    Un giorno dice

    Quanto orgoglio ad ovest delle 09.30!
    Il metronotte. Inspira ed espira nel tragitto verso casa.

    La serratura è manomessa.
    Ai polsi la corda si sfilaccia.

    Les orchidées sonnent le rassemblement sur la place.

    Lo strappo ¬¦()¦¬ Un giorno dice «MA-mmma!»
    il giorno dopo mette il gel sul ciuffo rosso.

    Venerdì festivo. Anomalie giallo fluo sul comodino.
    Scalare la torre di SBabele e toccare le insignificanze.

    Da InfoJob: le aziende cercano lanciatori di sottolineature «da lassù»
    “Un lavoro liberatorio e stra-pagato”

    La metro C è fuori servizio, i tornelli sempre aperti a borgata Finocchio.

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  15. Nelle poesie più recenti di Alfonso Cataldi, e in questa in evidenza, si nota un aumento dei tratti soprasegmentali, che da un punto di vista espressivo introducono una componente compromissoria (sia all’atto della lettura che all’atto della scrittura). Scrivere: «Lo strappo ¬¦()¦¬» ci pone davanti un bel problema: introduce uno iatus tra la lingua scritta e la voce che legge quel sintagma alfabetico o alfanumerico; non solo, ma introduce anche del «rumore» nel testo scritto, cioè qualcosa che non si risolve interamente nella significazione, che si comporta come un disturbo, un sotto (o un sopra) linguaggio, ovvero, un tratto sopra segmentale che non si integra (non può integrarsi) completamente nel linguaggio. In modo analogo, agiscono le deformazioni linguistiche del tipo «Ma-mma», introducono un comando per la voce nel senso di un innalzamento brusco del tono e un brusco abbassamento di esso prima del labiale «mm» di «mmma».
    Appare chiaro come l’ingresso di tratti sopra segmentali nel linguaggio poetico può essere una modalità del linguaggio kitchen, cioè una possibilità di impiego di essi.

    Scrive la Treccani su «soprasegmentale»:

    « Si dice di elemento linguistico che si ponga in rapporto con gli altri elementi della frase parlata non in modo lineare, cioè in successione temporale, come avviene per gli elementi segmentali, ma in simultaneità. Elementi s. sono, per es., la nasalità, la velarità, la sonorità ecc.; alcuni considerano tali l’accento (intensivo e musicale), l’intonazione, la durata, il ritmo ecc., che le nostre abitudini grafiche ci inducono a immaginare come ‘sovrapposti’ alla frase scritta.»

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