Questo duetto ci parla di qualche cosa che è il nulla, che è una gran cosa, e il miglior modo per dire qualcosa intorno ad esso è perorare una ermeneutica del nulla di che. Nel nulla si aprono gli spazi e gli abissi del niente, Tre componimenti di Giorgio Linguaglossa e Francesco Paolo Intini, “La notte è la tomba di dio” e “Rilevo da una stazione in orbita attorno a Urano”, La curiosity per l’abisso, gli abissi, il senso di panico, l’attrazione quasi erotica per la vertigine fine a se stessa etc. Tutto questo è ilinx

Gif Bergman Persona

gif, da un fotogramma di un film di Bergman

Giorgio Linguaglossa

La notte è la tomba di dio

“La notte è la tomba di dio e il giorno la cicatrice del dolore”.
V’erano scritte queste parole in alto, sopra la prima porta a destra.
Una voce risuonò nell’androne:
“Benvenuto nella galleria del dolore!”
Fu così che mi decisi. Ed entrai.

Un gendarme apre quella porta.
Ci sono tre vascelli con le vele spiegate
che un vento fuori cornice gonfia tumultuosamente.
Ma restano immobili.
Anche il mare crestato è immobile.
Ogni dettaglio è nitido e percettibile
come seppellito nell’ambra da un milione di anni-millimetri.

Un altro gendarme apre la seconda porta a destra.
C’è una colluttazione di ombre che entrano dentro altre ombre e ne escono.
Lottano furiosamente.

“Farsesca costipazione di ombre”, penso con tristezza.
Attraverso come a nuoto la stanza.
Apro una finestra.

C’è una statua bianca nella piazza deserta
portici risucchiati dal vuoto
pontili su un mare di basalto
città di cristallo.

A tentoni nel buio apro un’altra finestra.

C’è una torre in un cortile deserto.
Puoi udire il tonfo di una farfalla che cade dall’alto.
Il lucore fosforescente di una luna gialla posata sulla toga di un imperatore triste.

Apro una terza finestra.
C’è un calendario dal quale cadono i fogli, un orologio, una lapide sulla quale v’è inciso il mio nome e cognome e la mia data di nascita
Una scrittura annerita che gratto con l’unghia.
“Benvenuto nella cicatrice chiamata Terra”, c’è scritto.

L’angelo della nebbia piange in un angolo in ginocchio.
La notte profuma di tomba.
Anche la rugiada profuma di tomba.
La cicatrice chiamata Terra è un immenso campo santo di lapidi.

(2013-2018)

Francesco Paolo Intini

Caro Germanico

Rilevo da una stazione in orbita attorno a Urano questa tua.

Non so in quale epoca sia stata scritta né quando sia giunta o chi l’abbia fatta recapitare ma i ragazzi che imparano l’alfabeto galattico già mentre succhiano il buon latte metallico ci avevano ricamato sopra alcuni graffiti del tutto immotivati e persino derisori.

Innanzitutto com’è facile intuire, per loro che non hanno mai vissuto un’alba, né assaggiato l’odore della terra fresca di rugiada non sanno la differenza tra giorno e notte.

Quel tuo titolo dunque è già senza significato.

È evidente infatti che qui Dio non è mai morto e vive invece ed è potente assai e tra Lui e il pilota dell’universo non c’è alcuna differenza.

Quale tomba infatti si può immaginare dietro al bagliore di una supernova che quando viene sorpresa in una zona remota, tutti si festeggia, per il carico di elementi fraterni che presto o tardi arriveranno come dono del suo ventre fertile?

Quali lapidi possono segnare il limite della luce che corre dentro al nulla?

Ma tu dici che queste parole erano scritte in alto sopra la prima porta a destra a indicare la via del dolore.

Nemmeno questo e quello che segue è tanto chiaro.
Da lungo tempo è scomparso dal linguaggio. Chip e meccanismi difettosi non creano alcun tipo di sofferenza poichè tutti sono facilmente e felicemente sostituibili.

Difficile far capire a un popolo di ragazzi virtuosi, felici e quasi immortali che malattie, discordie e guerre dilaniavano i loro ascendenti terrestri.

È bastato trovare l’equazione virtuosa per mettere tutti d’accordo e liberarsi di soldati e gendarmi e malfattori.

Il dettaglio dei tre velieri sospesi in un mare crestato di ambra però ha un certo valore e rende bene la fatica dei Colombo e umani nella lotta contro l’ignoto.

In quel vento spira la stesso soffio che permette di guardarci e sorridere e cooperare anche attorno al pianeta che rotola tra gli altri.

Un punto a tuo favore che ho dovuto far capire ai giovanotti con la matita virtuale all’orecchio, pronti a far di conto anche sulle galassie più estreme ma non a capire che c’è stata una storia prima di raggiungere l’equilibrio definitivo.

Cosa ne venga fuori da questa, è un retaggio dei mie cento e oltre che mi pare giusto criticare per le finestre che si aprono su tre mondi siderei, vicini al freddo estremo del silenzio.

È l’olfatto di un cane da tartufi che guida il mio istinto.
Di cosa si tratti, non so di preciso ma nella nebbia del bianco e nero mi pare di scorgere quella torre e quella statua bianca disputare se il calendario su cui è appuntato il tuo nome effettivamente sia un segnatempo.

Quale, se anche della storia vediamo le vestigia in ambra, sostituita da semplici segmenti?

Sulle stazioni orbitanti c’è chiara consapevolezza che gli elementi siano tutti uguali e dunque non si debba parlare di una molecola particolare come della più eccelsa e unica nel suo genere per aver dato origine alla vita.

Ci sono infatti metalli che fanno altrettanto, senza generare istinti sanguinari, privi completamente di idee di potenza e sentimenti ma obbedienti solamente alle leggi della cooperazione universale.

La cicatrice che tu scorgi, anch’io la vedo e ammiro lo splendore del riflesso prima di metterci piede, ma in essa pullula l’irrisolto, il mistero che condusse la molecola dell’uomo e delle forme simili alla disfatta finale e in modi indegni della più semplice operazione matematica.

I ragazzi ne cercano pazientemente la causa, rovistano tra le sue rovine e gli altri elementi che si sono infiltrati dentro o che il sesto elemento ha voluto con sé per le sue architravi fatiscenti.

Oh si grandi opere ha prodotto e noi stessi che ne siamo gli ultimi assemblaggi, sebbene in mille modi abbiamo accettato modifiche, potemmo ammirare l’immensa versatilità nel compiersi delle arti e dell’ industria, la bellezza e il trionfo sull’ignoranza e la superstizione.

Ciò non toglie che tanta sua aggressività nei confronti dei fratelli, unita alla volontà di assoggettarne le virtù si sia trasmessa alla sua opera umana e infine risolta in una rivolta di Catilina contro la Repubblica di Roma col risultato che tu mi racconti:

La cicatrice chiamata Terra è un immenso campo santo di lapidi e l’angelo della nebbia non può che piangerci sopra, impotente ancora una volta a farla brillare tra le altre stelle.

tuo affezionato

(Gneo Gaius Fabius)

Strilli Linguaglossa sulla NOE

Giorgio Linguaglossa

caro Gneo Gaius Fabius,

morti Edipo e Minosse ha avuto inizio la storia
Violato il Labirinto da un furfante alla ricerca di ori e argenteria da rivendere sul pianeta Terra, ormai non ha più senso alcuno ciarlare di un Catilina o di un Putoler
La guerra di Troia è finita, chi ha vinto non lo ricordo
Tiresia, un rivenditore di stracci, me lo aveva predetto.
Io gli avevo riso in faccia.
Vedi tu quanta arroganza hanno i giovani!
Ho cambiato alloggio, adesso vivo sull’esopianeta FA823WX
È bel tempo, i giorni di luce durano tutto l’anno, su questo pianeta si trova il miglior ristorante in orbita attorno alla stella gemella del nostro sole, Nemesis, che compie il giro della nostra stella ogni 35 milioni di anni. Ti accludo gli orari di apertura:

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Club sandwich: Pizza – Italiana – Napoletana – Per vegetariani – Opzioni senza glutine – Opzioni vegane – Bar – Pub – Per vegetariani – Opzioni senza glutine – Opzioni vegane – Panini – Insalate

Che buon pro ti faccia.

Dimenticavo, adesso parlo un linguaggio preformattato e crittografato, l’algospeak, per ottenere un calcio dominante bisogna non avere paura del pallone, l’ha detto Thiago Motta l’allenatore del Bologna, cosi aggiro la censura e l’opacita, lo shadowban degli algoritmi

(Germanico)

Questo duetto ci parla di qualche cosa che è il nulla, che è una gran cosa e il miglior modo per dire qualcosa di inessenziale intorno ad esso è perorare una ermeneutica del nulla di che. Nel nulla si aprono gli spazi e gli abissi del niente. In queste poesie di Linguaglossa e di Intini mi sembra che gli spazi grandeggino e i tempi rumoreggino alquanto, penso che la categoria principale sia l’ilinx . Che cos’è l’ilinx?, l’ilinx è la vertigine, lo smarrimento che si prova dinanzi a profondità abissali. La vertigine intesa come la sensazione di ebbrezza, di alienazione, quasi di stordimento che si prova quando siamo soggetti a forze sulle quali non abbiamo controllo. Per fare un esempio, la ricerca del panico nelle montagne russe o il volo sul deltaplano, in genere in tutti gli sport estremi. Non possiamo certamente paragonare il poker a un volo con il parapendio, ma sicuramente di situazioni adrenaliniche ce ne sono molte! Pensate a quel signore che camminava su una corda tesa fra due grattacieli a Manhattan, alla gioia dell’autoscontro o la boxes intesa come abbattimento dell’avversario o il poker. In questi componimenti (non-più-poesie) sembra proprio che la posta in gioco sia lo sbalordimento, la curiosity per l’abisso, gli abissi, il senso di panico, l’attrazione quasi erotica per la vertigine fine a se stessa etc. Tutto questo è ilinx.

(Marie Laure Colasson)

Francesco Paolo Intini (1954) vive a Bari. Coltiva sin da giovane l’interesse per la letteratura accanto alla sua attività scientifica di ricerca e di docenza universitaria nelle discipline chimiche. Negli anni recenti molte sue poesie sono apparse in rete su siti del settore con pseudonimi o con nome proprio in piccole sillogi quali ad esempio Inediti (Words Social Forum, 2016) e Natomale (LetteralmenteBook, 2017). Ha pubblicato due monografie su Silvia Plath (Sylvia e le Api. Words Social Forum 2016 e “Sylvia. Quei giorni di febbraio 1963. Piccolo viaggio nelle sue ultime dieci poesie”. Calliope free forum zone 2016) – ed una analisi testuale di “Storia di un impiegato” di Fabrizio De Andrè (Words Social Forum, 2017). Nel 2020 esce per Progetto Cultura Faust chiama Mefistofele per una metastasi. Una raccolta dei suoi scritti:  NATOMALEDUE” è in preparazione. È uno degli autori presenti nelle Antologie Poetry kitchen 2022, Poetry kitchen 2023, e nella Agenda 2023 Poesie kitchen edite e inedite e nel volume saggistico di Giorgio Linguaglossa, L’Elefante sta bene in salotto, Ed. Progetto Cultura, Roma, 2022.

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Marie Laure Colasson nasce a Parigi nel 1955 e vive a Roma. Pittrice, ha esposto in molte gallerie italiane e francesi, sue opere si trovano nei musei di Giappone, Parigi e Argentina, insegna danza classica e pratica la coreografia di spettacoli di danza contemporanea. Nel 2022 per Progetto Cultura di Roma esce la sua prima raccolta poetica in edizione bilingue, Les choses de la vie. È uno degli autori presenti nella Antologie Poetry kitchen 2022 e Poetry kitchen 2023, nonché nella  Agenda 2023 Poesie kitchen edite e inedite (2022) e nel volume di contemporaneistica e ermeneutica di Giorgio Linguaglossa, L’Elefante sta bene in salotto, Ed. Progetto Cultura, Roma, 2022.

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Giorgio Linguaglossa è nato nel 1949 e vive e Roma. Per la poesia esordisce nel 1992 con Uccelli (Scettro del Re, Roma), nel 2000 pubblica Paradiso (Libreria Croce, Roma). Nel 1993 fonda il quadrimestrale di letteratura “Poiesis” che dal 1997 dirigerà fino al 2006. Nel 1995 firma, insieme a Giuseppe Pedota, Maria Rosaria Madonna e Giorgia Stecher il «Manifesto della Nuova Poesia Metafisica», pubblicato sul n. 7 di “Poiesis”. È del 2002 Appunti Critici – La poesia italiana del tardo Novecento tra conformismi e nuove proposte (Libreria Croce, Roma). Nel 2005 pubblica il romanzo breve Ventiquattro tamponamenti prima di andare in ufficio. Nel 2006 pubblica la raccolta di poesia La Belligeranza del Tramonto (LietoColle). Per la saggistica nel 2007 pubblica Il minimalismo, ovvero il tentato omicidio della poesia in «Atti del Convegno: “È morto il Novecento? Rileggiamo un secolo”», Passigli. Nel 2010 escono La Nuova Poesia Modernista Italiana (1980–2010) EdiLet, Roma, e il romanzo Ponzio Pilato, Mimesis, Milano. Nel 2011, per le edizioni EdiLet pubblica il saggio Dalla lirica al discorso poetico. Storia della Poesia italiana 1945 – 2010. Nel 2013 escono il libro di poesia Blumenbilder (natura morta con fiori), Passigli, Firenze, e il saggio critico Dopo il Novecento. Monitoraggio della poesia italiana contemporanea (2000–2013), Società Editrice Fiorentina, Firenze. Nel 2015 escono La filosofia del tè (Istruzioni sull’uso dell’autenticità) Ensemble, Roma, e una antologia della propria poesia bilingue italia-no/inglese Three Stills in the Frame. Selected poems (1986-2014) con Chelsea Editions, New York. Nel 2016 pubblica il romanzo 248 giorni con Achille e la Tartaruga. Nel 2017 escono la monografia critica su Alfredo de Palchi, La poesia di Alfredo de Palchi (Progetto Cultura, Roma), nel 2018 il saggio Critica della ragione sufficiente e la silloge di poesia Il tedio di Dio, con Progetto Cultura di Roma.  Ha curato l’antologia bilingue, ital/inglese How The Trojan War Ended I Don’t Remember, Chelsea Editions, New York, 2019. Nel 2002 esce  l’antologia Poetry kitchen che comprende sedici poeti contemporanei e il saggio L’elefante sta bene in salotto (la Catastrofe, l’Angoscia, la Guerra, il Fantasma, il kitsch, il Covid, la Moda, la Poetry kitchen). È il curatore delle Antologie Poetry kitchen 2022 e Poetry kitchen 2023 nonché dei volumi Agenda 2023 Poesie kitchen edite e inedite (2022), del saggio L’Elefante sta bene in salotto, Progetto Cultura, Roma, 2022. Nel 2014 ha fondato e dirige tuttora la rivista on line lombradelleparole.wordpress.com  con la quale insieme ad altri poeti, prosegue la ricerca di una «nuova ontologia estetica»: dalla ontologia negativa di Heidegger alla ontologia meta stabile dove viene esplorato un nuovo paradigma per una poiesis che pensi una poesia delle società signorili di massa, e che prenda atto della implosione dell’io e delle sue pertinenze retoriche. La poetry kitchen, poesia buffet o kitsch poetry perseguita dalla rivista rappresenta l’esito letterario del Collasso del Simbolico, di uno sconvolgimento totale della «forma-poesia» che abbiamo conosciuto nel novecento, con essa non si vuole esperire alcuna metafisica né alcun condominio personale delle parole, concetti ormai defenestrati dal capitalismo cognitivo di oggi.

50 commenti

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50 risposte a “Questo duetto ci parla di qualche cosa che è il nulla, che è una gran cosa, e il miglior modo per dire qualcosa intorno ad esso è perorare una ermeneutica del nulla di che. Nel nulla si aprono gli spazi e gli abissi del niente, Tre componimenti di Giorgio Linguaglossa e Francesco Paolo Intini, “La notte è la tomba di dio” e “Rilevo da una stazione in orbita attorno a Urano”, La curiosity per l’abisso, gli abissi, il senso di panico, l’attrazione quasi erotica per la vertigine fine a se stessa etc. Tutto questo è ilinx

  1. Retro di cover L’elefante sta bene in salotto Progetto Cultura, Roma pp. 250, Euro 14, 2022

    L’Elefante sta bene in salotto. Intanto, con la sua proboscide fracassa il vasellame, le suppellettili e tutti i ninnoli; ci dice che siamo già oltre i confini del Moderno, che siamo in pieno Dopo il Moderno, nell’epoca del modernariato e del vintage come repertorio permanente di stili defunti che possono essere ripescati riciclati e disusati; ci dice che non c’è alcun elefante, che tutto è a posto, che i nostri dubbi sono in realtà miraggi, prodotto di scetticismo e di cinismo, che abitiamo il migliore dei mondi possibili e ci invita a costruire con uno stile patico le nostre abitazioni di cartapesta ed i lungometraggi con i quali allietiamo le nostre solitudini sociali. Il Signor Capitale ci ammannisce la sordità e la cecità ad obsolescenza programmata, ci dice che l’ultroneo va bene per situazioni ultronee e va bannato, che il reale è razionale e che non esiste nulla di meglio della condizione in cui ci troviamo. Nella realtà viviamo come se fossimo a bordo di un sommergibile: amiamo e odiamo senza le isoglosse del desiderio e della passione, preda di invidie distopiche; in realtà siamo tutti diventati apatici e atopici. La poesia kitchen è un «luogo di enunciazione», un «campo linguistico» al di qua del soggetto dell’enunciazione, un «campo costellato di proprietà, di possibilità». Qualsiasi «real object» può essere «ready made» e può diventare arte. Ciò che Lyotard chiamava il «sublime tecnologico» potremmo tradurlo, con il nostro linguaggio, come poiesis kitchen. La fine della metafisica ci pone davanti a un nuovo orizzonte nel quale viene a cadere il confine che per duemilacinquecento anni ha costruito la poiesis sulla nozione aristotelica di mimesis. La poetry kitchen adotta il linguaggio desublimato del mondo della tecnica. Ciò che Lyotard chiamava il «sublime tecnologico» potremmo tradurlo, con il nostro linguaggio, come poiesis kitchen, dove l’ultroneo distopico entra a far parte del testo. Il soggetto si scopre subordinato alle leggi del linguaggio: mentre egli parla, il linguaggio non sa che direzione potrà prendere la mia/tua/sua/nostra/vostra/loro parola. La parola va sempre in una direzione che il codice del linguaggio non può prevedere. E così la forma-poesia diventa un campo attraversato da linee di forza divergenti, contraddittorie. Il Covid19 e la guerra in Ucraina hanno reso evidente che non soltanto il soggetto è diventato «scabroso» per via delle sue illusioni videologiche, ma anche che il mondo si è rivelato per quello che è: «scabroso», «osceno», «inabitabile», «vergognoso».

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    • Vincenzo Petronelli

      Caro Giorgio,
      aggiungerei che non solo l’elefante sta bene in salotto, ma a che ben vedere sembra anche totalmente a suo agio, dopo essere riuscito a liberarsi di tutti quegli orpelli che lo infastidivano rispetto alla sua libertà di movimento.

      Trovo che l’elefante sia una tua creazione straordinaria, una figura chiave nella nostra concezione di repulisti dal ciarpame che affligge la poesia ormai da diversi decenni (una poesia artisticamente mediocre per la sua incapacità di attendere al ruolo mimetico, proprio poiché a sua volta rattrappita nell’incapacità di liberarsi degli orpelli che troppo a lungo hanno costituito motivo di status per diversi mestieranti della poesia); una livella in grado di far piazza pulita su tutte le definizioni e le disquisizioni da salotto su cosa debba intendersi per poesia, ridicolmente inconcludenti perché tutte in realtà viziate dalla mancanza di visione prospettica sul ruolo della poesia stessa.

      Se vogliamo, la reciprocità che emerge fra i due piani (l’opacità della cultura sociale e quella della cultura poetica prevalenti) è anche un’osservazione interessante dal punto di vista antropologico, perché è il risultato della stessa apatia, che diventa quindi a sua volta una chiave di lettura antropologica della stato del nostro universo culturale, ma è altresì la denuncia della disattendimento del ruolo che dovrebbe essere proprio della poesia e dell’arte, di depurazione dalle storture dei modelli dominanti, da sempre politicamente pilotati.

      Il progetto Noe e la Poetry kitchen si contrappongono a questo stato di cose con l’incisività di un bulino contro le impurità, la stagnazione, le aporie, degli attuali modelli poetici, restituendo alla poesia una costruzione ontologica in grado di consentirle di rischiarare la complessità della contemporaneità, contro qualsiasi tentazione di semplificazione dei costrutti (grande cancrena diffusa dai populismi politici oggi imperanti), grande illusione che consente di concedere patenti poetiche con la stessa facilità di distribuzione a pioggia di pensioni di invalidità di democristiana memoria (ed oggi ancora diffuse), operazione riassunta efficacemente dall’insediamento dell’elefante in salotto.

      Peraltro, il tuo elefante Giorgio, mi risulta simpatico anche perché non fa sconti a nessuno; dai dibattiti che emergono ormai quotidianamente dai sommergibili stanziati tra gli abissi dei fondali poetici, pare che in realtà siano in tanti ad arrogarsi il titolo di giustizieri e censori della poesia da “etichetta”, ma non basta blaterarlo: bisogna coltivare e proporre dei modelli davvero rivitalizzanti, innovativi e non ne vedo altri in giro oltre la Poetry kitchen.

      Per riuscire realmente a scardinare dalla poesia e dall’arte i residui tossici accumulatisi nel tempo, c’è bisogno di individuare quella dimensione altra (quella del sottoscala in cui si accatastano le testimonianze dimenticate – quindi autentiche, non manipolate del passato – o quella dei pianeti disseminati in altre galassie spazio-temporali dei nostri avatar) per comprendere a fondo la connessione cosmica fra gli elementi e poterli decifrare poeticamente ed artisticamente e la Poetry kitchen in ciò è maestra indiscussa.

      Ne approfitto per porgere nuovamente a tutti voi, cari amici i miei più sinceri auguri per un buon inizio di nuovo anno: un nuovo anno che sarà senz’altro ancora foriero di grandi soddisfazioni per la Poetry kitchen e per tutti noi.

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  2. Qualche giorno fa il Bologna ha sconfitto la Roma di Mourino per 2 a 0, scavalcando la Roma al 4″ posto in classifica. Quel Bologna [ allenato da Thiago Motta anni 41 che da calciatore veniva definito «lento», adesso sul campo la sua squadra vola.
    Il motto di Thiago Pinto «Per ottenere un calcio dominante bisogna non avere paura del pallone».
    Che io varierei cosi «Per ottenere una poesia eccellente non bisogna avere paura della poesia»

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  3. antonio sagredo

    Caro Giorgio,
    come Tu sai e mi conosci, paura della Poesia non ho mai avuta.
    Anzi, nel mio caso è tutto il contrario. Più volte Ti ho confessato che tante volte ho mandato al diavolo la Poesia perché già cominciava a disturbarmi, dicendoLe di andarsi a trovare poeti molto più giovani di me, ma ahimé non ne ha trovati! E più volte mi è toccato di ricominciare a comporre e talvolta con risultati “eccellenti” hanno riferito anche alcuni del mestiere.
    Ma che la Poesia mi abbia disturbato di per se è un fatto antico, fin dalla prima giovinezza e in qualche modo ho dovuto, per così dire, arrendermi a Lei, a tarda età, quando di solitoun poeta si è finito, ha finito ecc. di comporre. .. insomma basta così, grazie.

    a. s.

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  4. caro Sagredo,

    Lucio Tosi mi scrive di una idea una collana di libri: “rosso fucsia, collana di critica kitchen, 30 pagine, formato tascabile, carta riciclatissima da allegare ai libri (libretti) di poesia. Ovviamente il critico parlerà di tutt’altro, quel che gli aggrada. Va da sé che se li pubblichi assieme, una ragione ci deve pur essere”.

    Idea eccellente. Di tanto in tanto, mi perdonerete se farò della critica kitchen. Così, mi è venuto in mente questo testo. Prova di irrealismo psicotico. Il volto scabroso della Cosa è quello dell’impermeabile.

    Critica kitchen.

    Per il lettore smarrito

    Più che di poesie, trattasi di due pantografi e di due pantografie del vuoto a perdere. Naturalmente l’ermeneutica è pura, anzi, purissima, e nera come liquirizia o come carbon cock e buona come un uovo alla coque.
    Il lettore legga bene se prima non abbia assunto del clopidogrel o dei sulfamidici.
    Prima di prendere il Fripass non vada nel Donbass. Là ci piovono missili e droni e aviogetti.
    Come va la bilirubinemia?
    La prostatite?
    Colon alterato?
    Possibili effetti indesiderati?
    Nulla quaestio.
    Evitare Frigoriferi Indesit.
    Ciclostilate il cilostazolo.
    Se avvertite una o più ulcere attive allo stomaco, siete in buona salute.
    Il carcinoma cresce là dove l’erba è buona. Il leone non mangia l’erba.
    Conservi questo foglietto. Non lo perda! Potrebbe aver bisogno di leggerlo di nuovo. Se incontrate il Signor Renzi, cambiate strada. Se la strada è a senso unico, siete nei guai.
    Se nutre il lettore qualsiasi dubbio sulla autenticità di questa, si rivolga al Signor Linguaglossa che lo metterà sulla buona strada.
    Altrimenti, se è allergico al cilostazolo, c’è sempre il Signor Francesco Paolo Intini.
    Se è a mal partito, si rivolga al medico.
    Rileggere i testi dopo 50 anni dalla loro stesura.
    Se avverte qualche affetto indesiderato, si rivolga al farmacista.
    Se avverte uno stato di belligeranza rivolgersi al fascista.
    Se sta bene prenda una tazza di tè.

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    • Ma noi non vogliamo perdere il critico Linguaglossa, hai scritto centinaia di pagine che sono lampi, enigmi, e possono benissimo vivere da sole. Se lo meritano, perché disperderle in voluminosi carteggi?

      Tre “didascalie” per opere da immaginare al museo:

      Eros e Mantegna.

      Superfici. Lago di Costanza.

      In sella!

      LMT

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    • vincenzo petronelli

      Buonasera amici,

      ed ancora buon anno a tutti!
      L’idea di una collana di critica kitchen è eccellente come strumento di ulteriore affermazione della nostra visione ontologica della poesia e della nostra weltanschauung, perché direi che per coerenza, alla poesia kitchen non possa che corrispondere una critica kitchen: anzi, ritengo che sia fondamentale procedere anche ad una “kitchenizzazione” della critica e che sia giunto il momento di elaborare un ulteriore sviluppo della poetica kitchen in questa direzione.

      Certo, poi la posologia indicata nel bugiardino redatto da Giorgio, è un ottimo antidoto contro ogni possibile rischio collaterale nei confronti del lettore.

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  5. ORDINA UN VOCABOLARIO A DOMICILIO OPPURE UN VIOLINO AL RAGNO

    Il calore entra nelle gallerie, schierando eserciti di bolle.
    Cerca le parole armate da deportare nei campi di concentramento.

    Buttarle fuori dal panettone e ridurle a pelle ossa o fucilarle seduta stante, è il compito scritto dal Fürer in persona.

    Un tizio in alta uniforme con gli occhi di fuoco scova le parole una ad una.
    Guerra, Fascismo e Dittatura sono cognomi impronunciabili, pena la morte.

    E mentre il dolce cresce, candito dopo candito l’occupazione diventa più feroce.

    Poco importa se il gusto si fa gruviera e il burro attacca l’ intelligenza.
    In solfatara si insegue zucchero filato.
    Voragini di profumo sfiorano la rovina ma sono vie di sfogo verso il centro della terra.

    E allora:

    Do la parola a un ragno e lui mi sviolina la canzone di Marinella.
    Ma come? Anche voi nella vostra ombra la portereste su una stella?

    Risponde mio cugino De Andrade esperto di cannoni:
    Tu caro Potere dove sei stato tutto questo tempo?

    E il Michè caramella, affogato in panna:
    – Su in alto tra le braccia di Marì impiccato al karaoke.

    Suvvia che linguaggio è questo?
    Sovvertire il sovvertito anche se quella notte voi c’eravate.

    Ah scovare gli alternativi alle terme di Caracalla seduti sulle tazze di camomilla, impegnati in discussioni sulla vita extraterrestre!

    A noi però, piace ricordarlo ancora quando lascia la bottiglia di orzata
    mentre la scimmia del quarto Reich si compiace del suo culo.

    un caro saluto
    F

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    • vincenzo petronelli

      Carissimo Franco,
      ancora una volta hai colpito nel segno. La tua scrittura come sempre, rivela dei lampi sfolgoranti di rara capacità compendiante di filosofia kitchen: passaggi quali, “Cerca le parole armate da deportare nei campi di concentramento” o “E mentre il dolce cresce, candito dopo candito l’occupazione diventa più feroce” sono come cannonate alla cosmologia semantica della poesia trita e ritrita dominante.

      La seconda parte poi, con questo compostaggio di De Andreiana memoria è straordinaria ed anzi ti contatterò in privato per un’iniziativa su De Andrè che realizzerò prossimamente a Varese, perché potrebbe essere un ottimo strumento di collegamento per la diffusione della poetica kitchen.

      Un caro saluto.

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  6. caro Gneo Gaius Fabius,

    lo stabilimento di Portogruaro ha messo a punto una tecnologia per il benessere dei peti con riduzione dell’impatto ambientale della CO2
    Xtandi non è indicato per le donne
    «Il pantografo non è indicato per le macchine da cucire», disse Napoleone prima della battaglia di Jena
    La Luftwaffe è venuta a buoni propositi dopo aver fatto la pipì
    Deglutire le compresse intere con acqua
    Le compresse sono sempre rivestite da film
    Non manipolate le compresse prima della deglutizione
    Se ha un episodio convulsivo si rivolga al mago Woland
    «Oggi è Natale», disse Cesare alle sue legioni prima di attraversare il Rubicone
    E dagli col fascista!
    È esilarante ciò che è esiziale
    Questo medicinale è stato prescritto soltanto per lei
    Se manifesta un qualsiasi effetto indesiderato, si rivolga al Signor Linguaglossa
    Il terzo Reich si congratula con il quarto Reich
    In fin dei conti, ci sono sempre le stelle sopra di me e la legge morale dentro di me
    «Chi non è con me, peste lo colga!», esclamò l’imperatore Caligola prima di fare ingresso alle terme di Caracalla
    La poesia elegiaca ha perduto l’apostrofo
    Il Segretario di Stato Henry Kissinger è stato sostituito con un bonobo
    che si è affrettato a sostituire il Congresso di Vienna con il Congresso di Versailles
    Non sparate corbellerie se siete in stato di gravidanza o in allattamento
    Elettrifichiamo la felicità mediante l’agopuntura
    E chi vuol esser lieto, lo sia
    Così, avvenne che dopo aver cannoneggiato il Donbass tornai a riveder le stelle

    (Germanico)

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  7. antonio sagredo

    sonetto per Alex trovato per caso su un foglietto nel giorno del suo compleanno – la data non era scritta, ma presumo entro la prima decade di questo secolo

    ——————————————————————–
    Alessandro andava a cavallo,
    col piede sinistro batteva lo sperone
    e cantava col ritmo del gallo,
    ma attento se dal viso cadeva il cerone.

    Attraversava lesto il sentiero
    perché voleva sfuggire ad ogni sparo,
    si sentiva un cavaliere fiero,
    ma non vedeva l’ora di trovare un riparo.

    Cadeva la pioggia e non aveva una voce
    cercava fra i sassi una rosa senza una spina,
    per cantare si turava il grosso naso.

    Si riparò sotto un albero di noce
    cercava nel bosco una ninfa di nome Gina
    che indossava una gonna e un gilè di raso.

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  8. Scrive Corrado Bagnoli in anteprima al saggio collettivo “Il posto dello sguardo”, puntoacapo, 2023: Contributi di Sebastiano Aglieco, Antonio Alleva, Corrado Bagnoli, Luigi Cannillo, Alessandro Carrera, Mauro Ferrari, Francesco Macciò, Massimiliano Magnano, Piero Marelli, Elisabetta Motta, Riccardo Olivieri, Alessandro Pertosa, Fabio Pusterla, Emanuele Spano :

    “Dimmi che poesia si scrive e ti dirò in quale mondo vivi. Ho tradotto qualche volta così ai miei alunni ciò che dice Czeslaw Milosz in una sua lezione universitaria tenuta ad Harvard nell’anno accademico 1981/82:
    «Lo stato della poesia in una determinata epoca può dunque testimoniare il dinamismo o il prosciugamento delle sorgenti vitali di una civiltà».
    La poesia costituisce per il poeta polacco una finestra privilegiata per comprendere il mondo che ci circonda. In che rapporto dovrebbero stare la poesia e il mondo? E in che rapporto stanno oggi? Per Emily Dickinson il compito del poeta è quello di «accendere una lampada e sparire»”

    Il punto è sempre quello: Quale poesia? Io penso che il compito della poesia sia sì di accendere un riflettore sulla realtà ma non certo quello di «sparire» (come detto dalla Dickinson), anzi, di restare fermo al suo posto e non rinunciare mai ad impiegare bene il riflettore. La Dickinson ha vissuto in un mondo che iniziava la sua lunga rincorsa al moderno, noi oggi siamo al termine di quella gittata, o meglio, siamo alll’inizio dell’ipermoderno ibrido e a una nuova fase della rivoluzione umana: la AI. Dinanzi a questa rivoluzione che si compie sotto i nostri occhi, quale forma-poesia?, quale lessico?, quale sintassi?, quale ordo?…

    Quanto al sonetto di Antonio Sagredo, penso che aver deterritorializzato il sonetto sia un ottimo segnale. Il compito attuale è: riterritorializzare i linguaggi della tradizione.

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    • caro Corrado Bagnoli,

      Pasolini una volta disse che dalla lettura di una poesia lui ne traeva informazioni attendibili sul reddito di chi l’aveva scritta, sulla sua posizione salariale.
      La dichiarazione di Pasolini è molto acuta, che io completerei così: che dalla lettura di una “poesia” (vocabolo da mettere agli arresti domiciliari), di solito ne deduco notizie sulla posizione psicologica e il profilo intellettuale di chi l’ha scritta, la sua appartenenza al ceto medio mediatico e il suo quoziente di conformismo ideologico e intellettuale.
      Il vero problema è che la scuola italiana è stata disegnata dal fascista Giovanni Gentile e legiferata dal regime fascista, è davvero singolare che in settanta anni di democrazia parlamentare non si sia riusciti a legiferare su un diverso modello si scuola pubblica e di istruzione.

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    • vincenzo petronelli

      Caro Giorgio,

      indubbiamente la riflessione di Milosz ripresa da Bagnoli è tuttora un punto centrale ed anzi assume un’importanza particolarmente accentuata, di fronte alla liquidazione della società della modernità o comunque del modello di società maturato in questi ultimi settant’anni.
      La poesia che si scrive oggi può senz’altro dire molto sullo stato della nostra società odierna: sul suo materialismo parossistico, sul suo individualismo patetico da fine impero, sulla bramosia per l’accumulazione di status, privilegi e cianfrusaglie non solo dannosi, ma addirittura incomprensibili e ridicoli di fronte all’orizzonte della tragedia ormai già in corso, ma impercettibile ad un branco ormai lobotomizzato dalla logica del consumo, rispetto al quale è assoggettato completamente, come strumento per la sua perpetuazione.
      Ci parla delle derive politiche, sociali e culturali di questo tempo sbandato in cui buona parte dei detentori di tale ordine, ma anche buona parte della stessa classe media, beneficiaria della “grande ubriacatura” cui sono riconducibili i sintomi descritti sopra, ma ormai a sua volta esclusa dalla festa, cerca di imporre una soluzione rispetto alla percezione della crisi (che nel caso dei primi, rischia di mettere in crisi il loro primato e che per la seconda rischia di segnare il naufragio) attraverso le armi politiche – buone per ogni epoca storica – del populismo e del rispolvero dei fascismi, con i loro immancabili corredi iconografici.
      Attraverso quale lessico la poesia odierna si fa veicolo d’espressione di questo stato di cose? Attraverso il lessico del linguaggio domestico che riflette il proprio piccolo ambito di vita quotidiano: Il lessico delle piccole memorie consolatrici personali, il lessico delle soddisfazioni del proprio patrimonio domestico, di casa e famiglia che – parafrasando De Andrè, nel giorno del venticinquennale della sua scomparsa – “danno rendite sicure”.
      Sono totalmente d’accordo con te sul fatto che il poeta in grado di illuminare la profondità di pensiero e di coscienza non debba limitarsi ad accendere la lampadina e sparire, ma penso che debba costituire una sorta di presidio costantemente attivo, nei confronti di questa panorama culturale e sociale in disfacimento.

      Buona serata a tutti.

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  9. Ora possiamo scegliere in quale posto depositare le parole, il loro sogno va cercato. “Il posto dello sguardo” rientra nella tecnicalità del dispositivo. La rappresentazione involontaria non appartiene al mondo delle idee, ma ne viene assorbita.
    Accade che anche “la memoria” è rientrata nel dominio del cosciente; ma va appuntata, la memoria dell’incosciente non vale nulla, o vale per la sociologia. E accade anche che si è fatta luce su molti meccanismi dell’inconscio… e via, anche l’inconscio, gioie e dolori, diventa una risorsa per scrivere. Possiamo scegliere, se essere foglioline al vento, o partecipi coscienti della meraviglia che si compie. I poeti non sono ingenui rappresentanti dell’umanità.

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  10. antonio sagredo

    fuori post
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    PRAGA.

    il fattaccio è avvenuto proprio al 4° piano della Facolta di lettere e filosofia dell’Università Carolina dove per tantissimi mesi ho studiato filologia… è stato scioccante per me, perché da vari video che mi sono giunti ho rivisto i corridoi e il piano e le aule che ero abituato a frequentare. Non sarebbe accaduto mai durante il comunismo perché era pieno di studentyi-spie che controllavano tutti e ogni cosa. Ma fatti come questo successero in altre città e cittadine (in altre situazioni e con meno morti avvennero), ma erano magnificamente coperti da omertà statale.
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    Vedere quelle scene a pochissime ore, quando ancora i media praghesi non davano notizie è stato devastante perché ho ricordato i tempi universitari: ora Praga non sarà più sicura ne di giorno e ne di notte. Le mafie ci sono state sempre – anche prima – e agiscono circoscritte, precise: è nell’intresse di tutte loro che per agire indisturbate devono essere discretissime.
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    La nostra presidente – sicurissima di se ?! – ha definito questo : un atto terrorista. Ma il terrorismo in questo caso non c’entra una mazza!

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  11. Ieri i 5 Stelle hanno votato contro la ratifica del MES, insieme a Fratelli d’Italia e Lega. Il populismo e l’antieuropeismo in Italia si è ricomposto ed è rappresentato da Conte, Salvini e Meloni. Nel voto si sono spaccate tanto la maggioranza quanto l’opposizione, il campo largo non c’è più. Il trasformismo nella storia d’Italia è sempre andato a braccetto con il populismo. Forza Italia si è astenuta visto che avrebbe voluto rinviare ancora il voto a gennaio, prendere tempo e aspettare Godot.
    72 i voti a favore della ratifica, quelli del Pd, Italia viva, Azione e parte del Misto; 184 quelli contrari, Fratelli d’Italia, Lega e 5 Stelle, 44 gli astenuti (Forza Italia e Sinistra).
    I populisti hanno per anni dichiarato che nel MES c’è l’isotopo del plutonio, non potevano dire il contrario ieri. Hanno gridato “al lupo, al lupo!” quando tutti i Paesi della UE hanno votato a favore e solo l’Italia ha votato contro. Sembra una barzelletta, ma è proprio così. I populisti di casa nostra continuano a demonizzare il MES, dichiarando che c’è il diavolo nel MES. Quando invece è uno strumento che serve in caso di gravissima liquidità in cui uno degli Stati della UE si può trovare? Difficile dire questa semplice realtà agli italiani? Sì, difficile.

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    • Che il MES, prestito agevolato e conveniente, fosse una cosa semplice da capire lo diceva anche Mentana, al tempo in cui si discuteva del PNRRR; e aggiungeva, Mentana, che avventurarsi in quella impresa senza speranza era da ingenui populisti. Invece i 5stelle ce la fecero. Ma dove va posta la massima attenzione, secondo me, è sull’unità della UE che ancora si basa su principi economici prima che politici. L’UE vuole garantirsi un paracadute in caso le aspettative del PNRRR venissero disattese. L’unità economica si basa sulla costrizione, i paesi indebitati non avranno scelta. Ecco perché dico che non si tratta di unione politica ma di dipendenza economica, da aggiungere al PNRR. Per il PD (partito che molto si spese per l’unità europea) si tratta invece di dimostrare fedeltà assoluta alle richieste della comunità europea.
      Durante il governo giallo verde, il M5s dovette accettare, nel programma di governo, che si iniziasse a discutere della flat tax (aliquota unica, proposta dalla Lega) ma prese tempo, tant’è che Salvini iniziò a lamentarsi dei continui “NO” e dei rinvii, al punto che fece cadere il governo (al Papete…).
      Si fece il governo giallo-rosso, M5s con PD. Le posizioni riguardo al MES restarono invariate, ma il PD fece del MES una propria bandiera, sicuri che in Europa avrebbero capito che il PD è il massimo partito europeista… Invece la destra vinse le elezioni. Per forza, penso io, l’Europa ci chiede di diminuire il debito pubblico e siamo in guerra, serviva un governo forte, capace di imporre sacrifici. E siamo ai giorni nostri. Bene ha fatto il M5s a non cedere nel ricatto economico, è nella sua visione politica l’avere idee e fiducia nelle capacità di ripresa. Peccato che il governo Meloni sia peggio di quanto avrebbe fatto il PD. Lacrime e sangue.

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    • apro parentesi.
      quando m’imbatto in divagazioni extra-letterarie dei Poeti, ne traggo involontariamente notizie sulla posizione psicologica e sul profilo intellettuale di chi le ha scritte, sulla sua appartenenza al ceto medio mediatico e sul suo quoziente di conformismo ideologico e sociale. è evidente che nel MES non c’è l’isotopo del plutonio (o il diavolo), bensì il gurzo. te lo potrebbero spiegare un PhD in Law&Economics, insieme a un PO di diritto costituzionale nell’Università Cattolica di Milano e a un giuslavorista laureato alla Bocconi. ma quando sei convinto di sapere di economia e finanza tanto quanto ne sai di Poesia, non c’è speranza (ergo superflua l’aggiunta d’un link). emblematica comunque la miMESis fantastica del MES evocata dai mass media nelle menti delle genti che, fuorviate da inganni prospettici e da sofismi di MEStiere econo/mistico, arrivano a bersi l’assurdità che sia “uno strumento che serve in caso di gravissima liquidità in cui uno degli Stati della UE si può trovare”.
      scusa la franchezza, ma mi sembri assai MESmerizzato dal linguaggio allo stato neutro o allo statu nascendi del mediatico.
      : )))
      chiusa parentesi e torno ad immergermi nella kerMESse campata per letteraria
      : )

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      • cara mannaja,

        visto la tua preparazione economica di laureato alla Bocconi in economics, prova a spiegare tu le ragioni per le quali l’Italia, l’unico paese tra i 27 membri, abbia delle buone ragioni per non ratificare il trattato internazionale. Sempre che tu non sia mesmerizzato alle ragioni della meloni poverina che la laurea in economics l’ha presa alla Garbatella, che è qui vicino a dove abito.


        La Repubblica del Rinvio.
        Secondo Rinvio della conferenza stampa della premier Meloni
        .
        Una nota dell’Ordine dei giornalisti e dell’Associazione Stampa Parlamentare, organizzatori dell’evento, comunica che la conferenza stampa di fine anno, con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, prevista per oggi, giovedì 28, alle ore 11, non avrà luogo “per il persistere della indisposizione della Presidente”. L’Ordine dei giornalisti e l’Associazione Stampa Parlamentare, “restano in attesa di indicazioni da parte della Presidenza del Consiglio per la nuova data”, si legge. Una nuova data dunque ancora non è stata stabilita.
        Dopo il primo rinvio rispetto alla data originaria del 21 dicembre, la conferenza stampa di fine anno slitta di nuovo. A quanto si apprende, la premier non si è ancora ristabilita e sarebbe alle prese con il persistere di un’influenza.
        La Meloni si è presa una pausa in questi giorni, cancellando i suoi impegni, proprio a causa di uno stato influenzale che l’ha colpita prima di Natale. Cmq ha effettuato un tampone Covid, d è risultata negativa al test. Per via del malessere ha dovuto rinunciare agli auguri al Quirinale con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e alla tradizionale conferenza stampa di fine anno in programma il 21 dicembre. Ha però assistito alla recita scolastica della figlia Ginevra, il 20 dicembre, dove si era recato anche l’ex compagno Andrea Giambruno. Il primo appuntamento istituzionale dopo Natale e Santo Stefano sarebbe stato proprio la conferenza stampa di oggi, seguita dal Consiglio dei ministri (previsto alle 15,30), che all’ordine del giorno dovrebbe avere anche il decreto milleproroghe e la riforma dell’Irpef.

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  12. caro Lucio,

    non discuto la tua ricostruzione storica, che è un atto di fede, resta il fatto oggettivo che i 5Stelle hanno votato insieme alla destra estrema: Lega e Fd’I. e, con il suo voto, ha tenuto a galla il governo che altrimenti sarebbe andato sotto e si sarebbe dovuto dimettere.
    https://video.repubblica.it/dossier/tv/maurizio-molinari-con-il-no-al-mes-meloni-sfida-la-ue-e-fa-lo-sgambetto-a-mattarella/459564/460529

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  13. Le modalità dell’essere parlanti

    La bellezza per Lacan coincide con l’attraversamento del Fantasma.
    Si tratta di due attraversamenti, di due stili totalmente differenti quelli di Francesco Paolo Intini e mio. Accomunati dal fatto di essere due modalità dell’essere parlanti, dove lo stile è il linguaggio e il linguaggio è lo stile. Per dirlo con Lacan, se non esiste Altro dell’Altro, niente e nessuno ci darà mai la garanzia che la catena significante possa cessare una volta per tutte la sua deriva verso infiniti rimandi, infiniti approdi felici, non c’è né mai si darà un approdo felice, un senso decisivo; l’unica cosa che resta al soggetto per farsene una ragione di questo «parassita di parole», è un saperci fare con il linguaggio, un saper lasciare andare il linguaggio dove esso vuole, mettere in moto un «trova-parole» sapendo che non c’è un approdo felice o infelice, che l’approdo è lo stare in viaggio nel linguaggio consapevoli della ineliminabilità della pulsione di morte (Todestrieb) che innesca i rimandi del linguaggio e la sua destinazione nella de-sublimazione. Ma anche così non c’è nessuna via garantita che possa evitare il Todestrieb, la pulsione di morte.

    La tentazione della vertigine è un inabissamento nel regno dell’inorganico allo stato grezzo; il pericolo è una sospensione dello slancio vitale per usura, come quando un elastico è stato tirato in eccesso e se si molla perde la sua capacità di tornare allo stato di partenza. Lo scopo del testo è quello di mostrare se l’essenza dell’esperienza poetica corrisponda a questo stato di arresto, torpore, inerzia dallo slancio vitale del significante impazzito, ma è il linguaggio allo stato neutro o allo statu nascendi del mediatico quello che spinge gli autori kitchen alle loro retorizzazioni, questo è il vero incantesimo: si tratta di una scrittura (struttura) palesemente seduttiva che, come le voci delle sirene, è attraverso quello sprofondamento che si può sprigionare l’esperienza del poetico.

    Il ruolo della seduzione riveste una importanza determinante in questo tipo di esperienza del poetico: un mare brulicante di atti singolari che non sono il mero divenire ma il regno del virtuale dell’inconscio iconoclasta da cui si dischiude una creatività altrettanto impura; uno sfondo fatto di materie prime in eccesso, in uscita dal cerchio magico della produzione e del consumo, reperti inassimilabili, di fossili, di ricetti materici, orme di una vita bloccata nella fissità di una traccia, di un’impronta. Non solo il significato/senso delle parole, ma sono lo stile, i vocaboli usati, la sovrabbondanza di essi, la loro ridondanza che seducono, si tratta di seduzione dei significanti iconoclasti come iconoclasta è la zona neutra del linguaggio da cui le parole scaturiscono. L’ilinx e l’azione mitridatizzante dei significanti in libera uscita sono ciò che garantisce l’accesso alla modalità kitchen, ciò che riunisce in sé il kitsch e il pop, la libertà dalla normatività, da ogni norma, da ogni retorizzazione dei linguaggi della tradizione.

    Non c’è nessuna istruzione per l’uso, nessuna seduzione del lettore, il testo si presenta come un assieme di pezzi staccati; i lemmi infatti procedono in parallelo, o in diagonale, per incroci, per frangimenti, ognuno per la propria strada, qualcuno con andamento più lento, altri velocissimi, senza però concedersi alcuna meta salutifera, dove la meta è lo scopo del gioco, così come non si dà alcuna tesi da condividere o contestare. Si entra in ogni sequenza-lemma come in una cattedrale di gomma, si cerca di forzare i confini il più distante possibile: dal linguaggio-elastico si arriva alla lalangue, dal desiderio all’oggetto a, dalla coazione a ripetere alla contro-effettuazione della ripetizione, dalla voce al grido, dallo sguardo all’o-sceno all’osceno dello sguardo.

    Non avendo in mente alcuna meta, il testo non procede verso traiettorie lineari, bensì verso una griglia a zig zag e si capovolge su se stesso; avverte il testo l’esigenza forse di procedere in avanti e forse nemmeno quella, ma di sprofondare, di sguazzare sulle increspature della superficie. Il testo diventa così superficiario, testo-baule, testo referendario che sembra spingere entropicamente verso una deriva che vorrebbe ricalcare la deriva della lalangue; con l’avvertenza che se ci si lascia irretire da esso, ecco che appare una co-struttura dove collocare i lemmi sparsi e divisi e divisivi.
    Introdurre lemmi dunque come mine vaganti nel discorso nel tentativo di perforare il mare dei significanti perché forse solo con nuove parole il «parassita delle parole» può essere messo, temporaneamente, in scacco. Perché se non ci si vuole giustificare in un legittimo silenzio, occorre saper superficializzare il linguaggio nella ubiquità di un testo superficiario.

    Che cos’è un fantasma? È un evento, un gesto che accade, un assemblaggio di cose, di parole, di circostanze che assumono una consistenza aleatoria: come l’oggetto luminoso alla cui ricerca va l’Alice di LewisCarroll; il Mana del pensiero magico di Marcel Mauss; l’Odradek di Kafka o le scatole di oggetti di Joseph Cornell.
    Cornell ha iniziato la sua ricerca incontrando gli oggetti rifiuto della civiltà del consumo. La mattina di buon’ora usciva di casa e, girando per la città, raccoglieva gli scarti: bottigliette, piume, pezzetti di stoffa, bicchieri, vecchie fotografie abbandonate, perline, conchiglie, occhiali, rottami di ogni tipo, cose cadute fuori dal circolo del consumo, residui abbandonati, resti di lavori e di progetti altrui. Cornell trasforma il seminterrato della sua abitazione in un grande deposito di scarti. Di lì emergono nuove inusitate combinazioni. Ecco che le cose morte riprendono vita in assemblaggi inusitati, con accostamenti spesso sorprendenti, incorniciati dentro scatole di legno con un’anta in vetro. A mezzo secolo dalla loro creazione, le sue «scatole d’ombra» non finiscono di suscitare meraviglia: come suggerisce il loro nome, Cornell ha catturato e messo sotto teca delle ombre, malinconiche reliquie del passato, ma anche sguardi sull’infinita possibilità di ricombinazioni possibili. Cose deiettate dal consumo diventate segni del rifiuto che, sotto le mani sapienti dell’artista, si consolidano in nuove inusitate realtà.

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    • Dopo qualche lamentazione filosofica, ecco a mio avviso la parte edificante che mi trova pienamente d’accordo:
      “è il linguaggio allo stato neutro o allo statu nascendi del mediatico quello che spinge gli autori kitchen alle loro retorizzazioni, questo è il vero incantesimo.”
      Da qui in poi è per me tutto condivisibile. Non solo, ho anche cercato di capire quale potrebbe essere “la zona neutra del linguaggio”, e a me sembra di averla trovata in wikipedia, il modo cortese, sintetico con cui vengono veicolate le informazioni.
      E rendere questa “scrittura (struttura) palesemente seduttiva”.

      “Il pericolo è una sospensione dello slancio vitale per usura.” Vero, e lo sto sperimentando, ma l’usura è data dalla gabbia in cui si trovano rinchiusi tutti i facili collegamenti che l’inconscio ci suggerisce. Trantrömer, che era psicanalista, aveva grande dimestichezza con questi meccanismi, per questo riuscì ad evadere dalla scrittura ad effetto dei surrealisti. Piegò il linguaggio in modo da favorire l’ingresso di parole altre. Non a caso è per i poeti kitchen un poeta di riferimento.

      Col tempo e la pratica mi sono accorto di tornare sempre allo stesso luogo, come se le parole abitassero in un dato recinto. L’inconscio che ci parla nei sogni non dipende dalla nostra volontà, sembra provenire dalla voce di altri, tant’è che a volte cerchiamo di interpretarne il messaggio. Ma quando scriviamo, nella zona che pensiamo appartenga all’inconscio, ecco che troviamo parole già pronte all’uso. Bizzarre, ma sedute…
      Mentre sappiamo che quelle valide, da considerare, sono quelle che ci sorprendono, che sorprendono chi le sta scrivendo; inconsce, proprio perché estranee all’azione di nostra volontà.
      Io per questo aspetto, non scrivo di seguito, abbandono coscientemente pensieri e, nelle parole, i facili rimandi, le associazioni di qualsiasi genere, i luccichii delle sonorità… troppo immediati, troppo vicini, che sono del recinto.
      Inoltre penso che non abbiamo possesso del linguaggio (mediatico o no) ma solo dobbiamo guardarci dall’abilità con cui facciamo il nostro esercizio di scrittura. Anche in merito alla “seduzione”. La quale, sono d’accordo, è presentissima nella poesia kitchen. Anche se raggiungere un buon grado di empatia, questo a me basterebbe.

      Concludo con questo stralcio, provocatorio, dal libro “Deus Irae” di Philip K. Dick:
      «Gli uomini – le persone come te – hanno i cani delle praterie nel sangue; sono morbosamente curiosi. Sentite uno strano rumore e saltate immediatamente fuori dalle vostre tane per vedere che cosa succede. Non si sa mai.» Rifletté. «Una meraviglia. Ecco quello che desideri. E che desiderava il primo uomo nel Giardino. Ciò che prima della guerra veniva definito ‘spettacolare’. È la sindrome da circo.» Sorrise. «E ti dirò di più. Lo sai perché vuoi un posto in prima fila? Per poter essere uno di loro.» «Loro chi?» «Quelli famosi.»

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    • Vincenzo Petronelli

      Caro Giorgio,

      continuo ad inoltrarmi negli interventi su quest’articolo, per quanto di tre settimane fa, perché indiscutibilmente ci trovo degli spunti non solo estremamente interessanti, ma come spesso accade con le tue riflessioni, anche dei passaggi fondamentali per la nostra ricerca poetica.
      Indubbiamente la “neutralizzazione del linguaggio” è l’obiettivo supremo cui il poeta kitchen deve tendere: è un percorso arduo (e me ne accorgo io stesso, perché alcuni costrutti tradizionali inevitabilmente continuano qua e là a far capolino nella mia costruzione poetica) ma è fondamentale per rompere le barriere dell’ordine costituito del linguaggio.
      D’altra parte è proprio questa la grande ed affascinante sfida che ci si pone davanti perché ci spalanca delle possibilità enormi ed infinite di ri-creazione e ri-formulazione del linguaggio poetico e della sua capacità mimetica, come testimonia anche la varietà di soluzioni che i nostri autori propongono; dal linguaggio che definirei “scultoreo” (perché alla stregua del lavoro dello scultore è basato sulla sottrazione di materiale) certosino di Lucio, alla straordinario equilibrio poetico-scientifico, ma non privo di emotività (che anzi mi sembra si sia accresciuta negli ultimi tempi) di Franco, alla visionarietà incendiaria di Mimmo, alla tua metafisica che nella tua laicità, rivela decisamente un’impronta trascendente.
      Per quanto mi riguarda, cerco di sobbalzare in continuazione tra immagini di epoche e latitudini diverse e suggestioni antropologiche ora terrene, ora profonde (dove fondo i miei studi antropologici – ed in particolare di storia delle religioni – storici) dove però forse affiorano ancora troppo in modo esplicito (quindi se vogliamo, tradizionale) i ricordi del vissuto personale.
      Probabilmente, modello equilibrato da questo punto di vista, può essere suggerito proprio dal metodo degli archeologi o da quello para-archeologico che tu citi di Cornell, che ci permette di far rivivere il passato anche personale, ma nel contesto di un ordine trasfigurato: personalmente è un’idea che trovo attraente ed un procedimento entusiasmante che oltretutto consente di fare del vissuto e della storia tout-court, un tramite per una visione escatologica della storia umana, restituendo un valore importante alla ricerca poetica, oggi troppo spesso appiattita nella filo delle emozioni personali.

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  14. antonio sagredo

    Addio a Praga

    Non è più saturnino l’oro dei sobborghi,
    ma trambusto e noia piombano il nero fiume.
    Squame di suoni, balbettio di cristalli,
    danze e canti sotto i fangosi ponti.

    Sono spuntate le spade dei ricordi e degli odori:
    io non sono più Io in questa città
    struccata, non ho da spartire la sua sconfitta
    e la sua artefatta maschera – di un’anima… inanimata!

    antonio sagredo

    Praga, 11 agosto 2010

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  15. Per vie parallele alla kitchen:

    Sera.
    Pesci. Corallo.

    Foglie d’erba.
    Tonino Delli Colli.

    Stivali e clacson.
    Bouquet.

    LMT

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  16. L’Abito linguistico come manufatto topologico

    La ipotesi di Freud secondo il quale il mondo psichico ha uno spazio esteso è stata ripresa e rinnovata da Lacan secondo cui la spazialità del mondo psichico deve essere intesa non solo nelle tre dimensioni ma come un qualcosa che si estende in un mondo n-dimensionale, in quello che in topologia si intende come iperspazi, spazi che non possono essere compresi secondo la geometria euclidea e la fisica di Newton. Se la coscienza secondo la geometria di Cartesio è situata in un punto, da Freud e Lacan noi apprendiamo l’esistenza di iperspazi costituiti da un inconscio esteso, o più inconsci (o luoghi dell’inconscio), luogo (luoghi) per eccellenza in cui si decidono le rappresentazioni sensibili e simboliche, luoghi che abitano un iperspazio. Gli iperspazi sono luoghi immaginari abitati dagli impulsi del desiderio. Senza l’Immaginario non sarebbe possibile considerare il Reale. È il desiderio che amplia o restringe lo spazio tra il soggetto del desiderio e l’oggetto del desiderio; è falsa la credenza in uno spazio neutro e asettico che ospita il gioco del soggetto e dell’oggetto, è il desiderio che può ampliare lo spazio o restringerlo. Senza l’Immaginario il Reale non sarebbe abitabile, è questa riflessione di Lacan che mette a soqquadro la posizione cartesiana di un soggetto logico geometrale che opera in uno spazio neutro. Il Reale per poter funzionare come oggetto del godimento e della rappresentazione deve essere supportato dall’Immaginario, il Reale quindi va vestito, imbellettato, appunto, immaginato. Abitare il Reale implica la possibilità di abitare il Tempo e ampliare lo Spazio. Assegnare allo Spazio proprietà propulsive implica poter riconoscere i bordi, le sfrangiature, le scuciture, le cuciture, i confini, le cicatrici dello Spazio, e sarà su questo Spazio che il linguaggio può operare delle piegature, delle curvature, delle sovrapposizioni, delle stirature, dei tagli, delle foderature, dei nodi. Il periscopio della nostra attenzione perciò virerà dalla vita intima a quella estima. L’intimità del soggetto non è altro che una esteriorità rovesciata su se stessa. Il linguaggio poetico dovrà appuntare la sua attenzione non solo sulla presunta vita intima ma anche e soprattutto sugli abiti, sulle maschere, sui soprabiti, sui cappelli ornamentali e passare dalla vita presuntuosamente intima del soggetto a quella dell’extimità del soggetto stesso, di ciò che sta al di fuori del soggetto, in lontananze che per la geometria cartesiana sarebbero abissali ma che per la geometria degli spazi topologici invece sono vicinissime. Abito linguistico come manufatto topologico implica prendere cognizione che esso è fatto di proiezioni dell’Immaginario, con conseguenti attese, rimozioni, ribaltamenti, deviazioni del desiderio; abito inteso come costumi, linguaggi, esoscheletro. In una parola: abito come creazione da parte di una sartoria teatrale, allestimento linguistico.

    Ed è quello che fa la poesia di Francesco Paolo Intini:

    Poco importa se il gusto si fa gruviera e il burro attacca l’ intelligenza.
    In solfatara si insegue zucchero filato.
    Voragini di profumo sfiorano la rovina ma sono vie di sfogo verso il centro della terra.

    che innesca possibilità espressive che, per la logica della geometria cartesiana sarebbero lontanissime e improbabili, ma che invece nella logica degli spazi topologici diventano vicinissime e compatibili. Ergo, nulla quaestio che secondo questi spazi «il gusto si fa gruviera» e «il burro attacca l’intelligenza», perché il compossibile prende il posto del possibile, lo soppianta e lo capovolge, e quindi diventa perfettamente logico nella nuova logica degli spazi topologici argomentare che:

    In solfatara si insegue zucchero filato.

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  17. milaure colasson

    L’immaginario costituisce un Labirinto dove ciascun poeta maturo (kitchen) deve costruirsi il proprio Immaginario. Quello che voglio dire è che non si può fare poiesis senza un proprio armamentario di figuralità, di immagini, di avatar e di voci che parlano, camminano, fanno e disfanno. L’Immaginario di un verso di Intini lo riconosci subito dall’odore che emana, e anche un verso di Ciccarone lo riconosci subito, e anche uno di Mimmo Pugliese, etc. quello che distingue la poesia kitchen dalla poesia avanguardistica del novecento è l’affollamento dell’Immaginario, l’affollamento dei luoghi e l’ingresso degli Estranei nel Labirinto. In realtà, ogni Labirinto ci è Estraneo. In realtà, questo parlare tra di noi è un «gioco» nel senso più alto della parola, un venir fuori di ciò che altrimenti non sarebbe venuto fuori, è un modo per circoscrivere l’eloquio monologante della poesia della tradizione, infatti il modus è una topologia. Voglio dire che si tratta di un nuovissimo espediente retorico per dire altre cose da quelle che avrebbe detto l’eloquio monologante della tradizione e dell’antitradizione del novecento, non si tratta semplicemente di rispondere-a ma di interloquire con una pluralità. Qui vorrei mettere l’accento con Fredric Jameson «sull’esperienza post-moderna della forma con ciò che sembrerà, spero, uno slogan paradossale: con l’affermazione, cioè, che la “differenza mette in relazione. La nostra critica recente… si è preoccupata di sottolineare l’eterogeneità e le profonde discontinuità dell’opera d’arte, non più unitaria o organica, ma potenziale bazar o rispostiglio di sottosistemi disarticolati, disparati materiali grezzi e impulsi di ogni genere. Le opere d’arte di una volta, in altre parole, ora risultano essere testi, la cui lettura procede più per differenziazione che per unificazione. Le teorie della differenza hanno però cercato di sottolineare la disarticolazione a tal punto, che i materiali del testo, incluse le parole e le frasi, tendono ad essere estromessi come elementi di passività inerti e casuali, separati gli uni dagli altri in modo puramente esterno».1

    1 Fredric Jameson, Il Post-moderno, o la logica culturale del tardo capitalismo, Garzanti (titolo originale, Postmodernism, or The Cultural Logic of Late Capitalism, prima edizione 1989), trad. it. 1984, p. 61.

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  18. Buon Natale agli amici, compagni di viaggio in questa avventura. Buon Natale a Giorgio, perché ci prova sempre; a Intini, che si sta riavvicinando al “discorso” senza perdere di vista Tranströmer (le sue parole in fuga); alla leggerezza di Marie Laure, al pop di Giuseppe Gallo e all’iper-pop Alfonso Cataldi; alle sequenze di monostici di Mimmo Pugliese, il senza discorso, e a Raffaele Ciccarone, purissimo kitchen. E al nostro vate, Antonio Sagredo, poeta dal tono elevato (il suo “ilinx”, che potrebbe anche esagerare…). Letizia Leone, suoi l’orrore e il sangue, e Marina Petrillo per quel modo suo… E ai vecchi compagni di strada ai quali comunque dobbiamo molto. Ma qui ci vorrebbe Talia, maestro di sentenze;) E auguri a me, che da giovane scrivevo da un altro pianeta, poi sono stato catapultato in un fosso asciutto, dove non c’è niente, neanche intorno. E si parte da zero, mannaggia! ma felice.

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  19. Ogni volta che si scrive una composizione (abbiamo barrato la parola poesia) si ricomincia da zero. Capisco la stanchezza di alcuni, è un viaggio defatigante, si resta privi di certezze, non ci sono corrimano.

    L’essere diventati umani ha a che fare con una sorta di auto addomesticamento, di auto selezione culturale? Anche fare poiesis è una sorta di auto addomesticamento, è utile alla specie, ma ciò non significa che la poiesis di per sé possa «cambiare il mondo», che è una banalità buona per i fusilli al sugo o da chat da bar. Fare poiesis è quella mano che un nostro antenato ha impresso sulle pareti di una grotta. Siamo ancora a quel punto, fare poiesis significa imprimere della scrittura su un monitor bianco o su un foglio bianco.

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  20. antonio sagredo

    Ringrazio, ma meglio ringraziamo Lucio Mayoor T. per i sauti ricevuti, come sempre graditi.
    —————————————————-
    Per Giorgio: di solito, nella corrispondenza elettronica privata uso il termine “composizione”, invece del termine “poesia”. Per me è un termine, il primo, più vicino al fare poesia, ed è di migliore coinvolgimento, dapprima con se stessso, poi con gli altri.
    Infatti tradurre una composizione (invece di -poesia-) mi mette più a mio agio col mio traduttore (in quesri giorni con la mia traduttrice dall’italiano alla lingua ceca) perchè dire composizione mi fa entrare nei misteri della parola tradotta, non sempre entrate felici e sodisfacenti. Questa traduzione inoltre è di natura simbiotica fra traduttrice e l’ìautore perché ambedue palpeggiano la parola, la masticano, la degustano… e quando si realizza un risultato finale e comune si compie un miracolo traduttivo.
    grazie e BUONE FESTIVITA’ a tutti.

    antonio sagredo

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    • Vincenzo Petronelli

      Carissimi amici,
      tornerò tra oggi e domani su quest’articolo che – come sempre nell’Ombra – tocca dei punti fondamentali del nostro percorso poetico, ormai affermatosi con una sua fisionomia precisa, ma sempre diversificata ed in continuo divenire, vero segreto della sua vitalità.
      Per adesso mi inserisco per formulare a tutti voi ed alle vostre famiglie i miei migliori auguri di buone feste, momento sempre di grande ristoro interiore e di ispirazione poetica ed intellettuale.
      Mi scuso per essere stato presente un po’ a fasi alterne durante l’anno, che si è rivelato tribolato per vari impegni lavorativi imprevisti, ma che si è concluso con una grande novità in questo senso, grazie ad un accordo raggiunto con dei colleghi che mi permetterà di avere più tempo disponibile ed avere più spazio per i miei interessi e progetti culturali, tra i quali il primato spetta senz’altro al mio impegno per la Poetry kitchen, fra composizione, Ombra e Mangiaparole.
      Un saluto particolare ed un augurio a Giorgio, senza la cui infaticabile opera, tutto ciò non sarebbe stato possibile.
      Spero che il prossimo anno ci consenta di recuperare al nostro progetto gli amici “smarritisi” lungo il percorso per vari motivi, ma che tutti hanno comunque contribuito a definire la nostra identità.

      Un grande abbraccio a tutti voi e ci riaggiorniamo in questi giorni.

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  21. per il santo Natale

    Colonia penale IK-3 di Kharp “Polar Wolf”.
    Sezione a regime speciale. Zona permafrost.
    Stanza n. Zero

    .*

    K. invia il Signor F. sulla terra con una minuscola teca

    K. sfregò uno zolfanello sull’intonaco, accese il sigaro.
    Il suo occhio di vetro sembrava osservarmi.

    Appiccò il fuoco.
    Il bricco sul fornello iniziò a tossire.
    Sortì una figura di fumo che si contorceva verso l’alto.

    «Ecco, questo è quanto. Il Signor F. – disse K. – è una persona ragionevole, con lui si possono fare ottimi affari…
    Sa, è stato per tanto tempo nell’aldilà… adesso però è stato prosciolto dall’imputazione. E per questo riabilitato e restituito al pianeta Terra, tra gli umani».
    Fece una giravolta, uno sgambetto.
    «La convoco, Cogito, in quanto addetto alla manutenzione della macchina celibe dell’universo», disse K.
    Si infilò il monocolo sull’occhio di vetro.
    E attese.

    Mostrò una minuscola teca in cristallo con una cornice in oro bianco.
    «Ecco, questo è il vasetto di Pandora.
    Contiene il Covid19, un affaruccio con la corona lipidica che si scioglie, dicono, ad una temperatura di 57 gradi centigradi, mille volte più piccolo di un globulo rosso… un esserino mutante, e mutevole… e qui c’è Putoler, un esserino», disse F.
    Azazello fece uno sberleffo, una piroetta.
    «Per altre notizie iscrivetevi alla newsletter, qui»,
    pronunciò la mascherina.

    «L’ordinanza di proscioglimento è la prova dell’errore giudiziario»,
    aggiunse K. con sussiego, riprendendo il discorso interrotto.
    Il Signor F. prese a passeggiare in cerchio attorno al tavolo.
    «Ciascuno è intimamente innocente. E intimamente colpevole. Però, la confessione è il miglior argomento
    in pro del giudizio».
    «Lei, Cogito, in quanto addetto alla nettezza urbana dell’universo, è adibito allo spolverio delle macchine celibi, le cosiddette questioni estetiche, vero?», insinuò K.

    Una stanzetta con il pulsante rosso attiva una telecamera.
    La cabina è disponibile 24 ore al giorno.
    «È una gloryhole?, no, è l’interno di un cesso, caro Cogito, in diretta streaming…»
    «Non si è accesa la luce rossa. Ehi! – disse F. –
    Non vedo nessuna luce rossa, ho premuto ma non è venuto nessuno…
    Non è venuto nessuno!».

    «Solo dio può vedere due padelle nello stesso istante, ma Dio se c’è, non ci dice mica cosa vede», aggiunse K. dall’alto del suo soggolo.

    Nel frattempo, la ladyboy Frenzy Bell in calzamaglia a rete iniziò a litigare con Azazello.
    «Sei piccolo e brutto!, e stupido!, non sai neanche come si tratta una milady!,
    tornatene nel porcile, da dove sei venuto, scimunito!».

    Metropolitan Museum of Art di New York,
    Lady Gaga e Lady Beyoncé presero a sgambettare sul tapis roulant in monokini, con annessi un costumino body trasparente, zeppe in cristallo 22 cm. e perizoma, elementi che riscossero il gradimento del mago Woland
    e del Signor Azazello.

    «È estremamente riprovevole cincischiare con il Covid19, non crede?».
    K riprese il filo del discorso dove lo aveva lasciato il giorno prima.
    Lo lasciò cadere a filo a piombo.
    Si aggiustò la mascherina.

    «Ogni parola che abitiamo è la patria di un’altra parola dimenticata e/o rimossa. Così noi abitiamo sempre, inconsapevolmente, una dimenticanza, una rimozione, non crede mister Cogito?».

    I mocassini di vernice continuarono a brillare limpidamente.
    Il calamaio avvertì un leggero stupore.
    K. tirò fuori dal taschino del gilet un orologio da tasca d’oro.
    Lo consultò, fiutò della polverina bianca.

    Nel frattempo, la teiera si alzò dal tavolo
    e versò nella tazza di F. un tè bollente.
    Che il Signor Incognito bevve d’un sorso. Deglutì sonoramente.

    Il pomo d’avorio fece su e giù.

    (2019-2021)

    * Lager dove è rinchiuso l’oppositore politico russo Aleksej Navalny

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  22. giuseppe gallo

    Auguro a tutti gli amici di continuare a essere felici, tristi, cinici, scettici, pop, kitchen, super kitchen, iper-pop, critici, ipercritici, leggeri e pesanti, impegnati e nevrastenici, lunatici, astratti e concreti, materici e… esprimendo la vita.

    Giuseppe Gallo

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  23. antonio sagredo

    (E al nostro vate, Antonio Sagredo, poeta dal tono elevato (il suo “ilinx”, che potrebbe anche esagerare…). (Mayoor Tosi Lucio)

    il termine “vate” non mi dispiace, soltanto che rispetto al vate riconosciuto G. D’A. (non da tutti, è ovvio) sono un tipo sedentario, anche troppo. Al contrario i miei versi sono sempre in moto e mai si stancano da se stessi e mai stancano il lettore, ecc.
    Come costui ho rispetto massimo per la “parola” come del resto s’addice a un poeta, ho rispetto per i neologismi, anche se non molto azzeccati come p.e. “truffiere” colui che compie una truffa.

    bando alle chiacchiere, Vi invio l’ultima composizione del 2023, sperando che il 2024 mi sia propizio… quando compongo è come se avessi 20,30 anni il cerebro è fresco e raggiante, ancora! :

    a Riccardo Muti

    quattro lezioni in prova delle Nozze di Figaro

    Quando nelle prove senza il nero abito
    ma in camicia sgualcita,
    e le poltrone rosse sbiadite sono vuote,
    senza la bacchetta si muovono
    le mani che la guidano invisibile
    e danzano le dita e i capelli…

    e Tu sospeso hai infine il gesto ad ogni nota
    inimitabile
    e nel canto gli occhi
    nel disincanto inseguono
    soltanto gli applausi assenti…

    e avrai allora e adesso più di una mia attenzione
    sonora e muta
    dai violini agli strumenti in semicerchio

    e poi sospendi ancora e sempre più
    e ancora l’armonia prescritta di una trama musicale
    per una corretta critica,
    perché ogni tua parola più di un sottinteso accento
    e più del gesto l’ordine conduca al centro
    dell’orchestra tutte le distratte note
    per una prova che sia solo una lezione da ricordare.

    Campomarino di Maruggio, 3 novembre 2023
    (30 minuti a mezzanotte)

    Coincidenza: il 17 dicembre 2023 (data di compleanno di Alex)
    sotto vari oggetti, su un foglietto strappato da una agenda del 2011, questo… sonetto ?! :

    Alessandro andava a cavallo,
    col piede sinistro batteva lo sperone
    e cantava col ritmo del gallo,
    ma attento se dal viso cadeva il cerone.

    Attraversava lesto il sentiero
    perché voleva sfuggire ad ogni sparo,
    si sentiva un cavaliere fiero,
    ma non vedeva l’ora di trovare un risparo.

    Cadeva la pioggia e non aveva una voce
    cercava fra i sassi una rosa senza una spina,
    per cantare si turava il grosso naso.

    Si riparò sotto un albero di noce
    cercava nel bosco una ninfa di nome Gina
    che indossava una gonna e un gilè di raso.

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  24. Sul concetto di metaletterarietà e di autenticità della poesia kitchen

    Parlando con Marie Laure Colasson, lei mi diceva che l’aspetto saliente della poesia kitchen, a partire da questa mia del 2019, a suo parere è la metaletterarietà. Secondo la Colasson la modalità kitchen spinge all’estremo lo scenario della metaletterarietà (una modalità altamente artificiosa del manufatto testuale), fino al punto critico dietro al quale non si può più tornare indietro e davanti al quale c’è una fitta nebbia.
    Allora si pone il seguente interrogativo:

    Quanto è originale la metaletterarietà della modalità kitchen e dell’arte artificiale?

    In Cina una sentenza segna un cambio di passo: la proprietà intellettuale dipende dalla creatività, anche se esercitata attraverso una intelligenza artificiale

    Secondo l’avvocata Laura Turini (esperta di diritto di proprietà) «ll ruolo del modello di addestramento utilizzato dall’intelligenza artificiale è simile a quello che fanno gli esseri umani che hanno acquisito determinate capacità e abilità attraverso lo studio e l’apprendimento»

    È chiaro che a questo punto parlare di «autenticità» nel senso novecentesco non ha appunto alcun senso. Sorge la domanda: in che misura l’autore kitchen è «originale»?, ovvero, «autentico»?. Si può parlare di «autenticità» per un discorso kitchen come si poteva parlare, ad esempio di «autenticità» per la poesia di un Giovanni Giudici, di un Pasolini, del secondo Montale, di Bonnefoy e di René Char? – Il problema c’è, e va affrontato: si tratta di due «autenticità» diverse?, se sì, perché sono diverse, e in che misura sono diverse?

    Per tornare alla interpretazione che il diritto cinese riserva alla questione della autenticità, scrive Laura Turini:
    «Il 28 Novembre 2023, la Internet Court di Pechino ha stabilito che una fotografia, realizzata attraverso un sistema di intelligenza artificiale, è protetta dal diritto d’autore.
    La sentenza ha fatto il giro del mondo, anche perché si pone in contrasto con la giurisprudenza americana, ancorata saldamente a negare il copyright a questo tipo di opere, ritenendo sempre indispensabile l’intervento umano.
    Il caso proposto alla Corte riguardava una foto realizzata da un certo Mr. Li attraverso Stable Diffusion, un programma gratuito per la generazione di immagini a partire da istruzioni testuali, i famosi prompt.»
    *
    Certo, la pratica metaletteraria messa in atto nella modalità kitchen è davvero spinta agli estremi limiti se la paragoniamo alla pratica metaletteraria diel secondo Montale di Satura (1971), dove c’è l’io che esprime ironicamente e autoirinicamente la propria distanza dalla letteratura:

    I.

    L’angosciante questione
    se sia a freddo o a caldo l’ispirazione
    non appartiene alla scienza termica.
    Il raptus non produce, il vuoto non conduce,
    non c’è poesia al sorbetto o al girarrosto.
    Si tratterà piuttosto di parole
    molto importune
    che hanno fretta di uscire
    dal forno o dal surgelante.
    Il fatto non è importante. Appena fuori
    si guardano d’attorno e hanno l’aria di dirsi:
    che sto a farci?

    II.

    Con orrore
    la poesia rifiuta
    le glosse degli scoliasti.
    Ma non è certo che la troppo muta
    basti a se stessa
    o al trovarobe che in lei è inciampato
    senza sapere di esserne
    l’autore.

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  25. antonio sagredo

    la poesia kitchen puo’ diventare poesia lirica?
    o epica?
    o ecc.

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  26. Per me si tratta di fare inchiostri: scrittura gestuale, non calligrafica (di sola intenzione) ma con parole. Non è tipico della poesia kitchen. Ma ci sono altri aspetti di questa ricerca che mi coinvolgono: uno, il fatto che ogni verso sia concepito per essere idea; due, l’importanza che viene data alla interruzione del discorso, o agli intervalli, che nella poesia kitchen sono intenzionali, drastici e di unica misura.

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    • Le antiche divinità si dissolsero nel mondo
      che avevano creato. Giove tornò ad essere un pianeta.
      Ci siamo addormentati. Prima faceva freddo.

      Giocoliere. Acrobata. Se ti manca il respiro,
      se piangi se ridi. Dove non c’è vento. Ciclamini.
      Albini. Inchiostrini. Serravalle.

      Zen d’avanguardia. Piloti senza cervello.
      Black & Decker. Non fare tardi. Ci siamo sempre
      amati. Con la A. Di stabile. Che invecchia.

      LMT

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  27. Ermeneutica di una scrittura patafritta, o usufritta.

    È profondamente errato asserire come fa Montale nella poesia sopra postata che «il vuoto non conduce». Invece il «vuoto» produce e conduce e, addirittura, può distruggere ciò che produce. Quello che Montale non riusciva a vedere, lo possiamo vedere noi oggi nitidamente. Esaminiamo i versi interrupti di Lucio Tosi:

    Titoli di versi di un autore del recente passato (Le antiche divinità); titoli di canzoni di successo anni sessanta (se piangi se ridi); astruserie (Giove tornò ad essere un pianeta); controindicazioni (Zen d’avanguardia), pubblicità (Black & Decker); terminali si frasi (Che invecchia); Parole da canzonetta (Ci siamo sempre amati); rime prive si senso (Ciclamini. Albini); esortazioni del quotidiano (Non fare tardi); parole cadute dal cervello (Giocoliere. Acrobata)… il tutto frullato e messo nel congelatore. E poi tirato fuori con una spruzzata di Rum.
    Un ermeneuta non ha niente da dire in proposito. E questo è propriamente il vuoto. Vuoto sottosopra. O soprasotto. Non rimane nulla di questa scrittura. È appunto questa l’intenzione dell’autore, penso. Ma l’intenzione viene falsificata. Punto.

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  28. In questa non rimane nulla delle vecchie scritture. A me ricorda l’esplosione di Zabriskie Point; non tutta, si potrebbe continuare… Sono forse gli oggetti a falsificare l’intenzione? Oppure, al contrario, sono gli aggetti a sostenerla? E la terzina, utile per restare in carreggiata, andrebbe poi abbandonata? in effetti, nel testo, manca qualsiasi continuità logica, e non si può parlare di versificazione.
    Io per questo dicevo che sono “inchiostri”, qui in versione informale.

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    • Ora che ci penso, dopo la prima terzina che fa da preambolo, ho assecondato, riportandolo sorgivamente, il dialogo tra una figura adulta e un bambino. Sono versi amorevoli, nati come per gioco. Questa era l’intenzione che ha guidato la seconda e terza strofa.

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  29. Trascrivo in modo, diciamo, più comprensibile – pur sapendo di mancare al tema dell’autenticità, o della regola identitaria che si sta cercando. Nel merito ho ancora le idee confuse.

    «Le antiche divinità si dissolsero nel mondo
    che avevano creato. Giove tornò ad essere un pianeta».

    (pausa, passa del tempo)

    «Ci siamo addormentati».
    «Prima faceva freddo».

    (passa altro tempo)

    «Giocoliere. Acrobata». «Se ti manca il respiro,
    se piangi se ridi».

    (altro tempo)

    «Dove non c’è vento». «Ciclamini».
    «Albini. Inchiostrini».

    «Serravalle».

    “Zen d’avanguardia. Piloti senza cervello.
    Black & Decker”. «Non fare tardi».

    «Ci siamo sempre amati».
    «Con la A».
    «Di stabile».
    «Che invecchia».

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  30. antonio sagredo

    LA POESIA DISTRUGGERA’ L’AI

    A.S.

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  31. caro Lucio,

    allora dovresti correggere la composizione. Dovresti inserire un DOPPIO spazio bianco per sottintendere che «passa del tempo».

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  32. antonio sagredo

    caro Lucio, Giorgio ha ragione, è una sorta di spazio “estetico” che richiede i suoi tempi “vivi”!

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  33. Tiziana Antonilli

    Caro Giorgio,
    dici che in settanta anni di democrazia parlamentare non si è riusciti a legiferare su un diverso modello di scuola pubblica, il problema è opposto : si è legiferato troppo. La scuola è sempre stata terra di conquista di consenso, ogni governo ha voluto lasciare una propria impronta senza curarsi se fosse o meno compatibile con l’impronta precedente. Grossi guai li ha creati, mi dispiace dirlo, la sinistra che in nome di un malinteso succeso formativo ha progressivamente abbassato l’asticella rendendo la scuola pubblica sempre più classista. Questo è oggi la scuola, un carrozzone dominato da idee spacciate per progressiste, in realtà conservatrici , un monumento all’ipocrisia che finisce con il fare gli interessi di tutti, tranne
    che di chi ci lavora e ci studia.

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  34. antonio sagredo

    CHI ODIA LA POESIA KITCHEN ?

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  35. caro Antonio Sagredo,

    mi chiedo, ti chiedo, cos’è questo parlare continuo e indifferente alle eccezioni e alle interruzioni dell’interlocutore della poesia di Francesco Intini e anche tua e di quella di altri autori kitchen?, che cos’è questo inseguire qualcosa che sfugge in continuazione?, che cos’è?

    cito in proposito Felice Cimatti da https://www.academia.edu/33192641/Verso_il_reale_Lacan_e_Baudrillard

    ««Das Ding si trova altrove»37.

    Quale sia questo altrove non si può dire, per definizione, perché tanto possiamo parlare della Sache in quanto di das Ding non sappiamo nulla; il punto è che la cosa è perduta38 proprio perché ne parliamo, cioè perché l’abbiamo trasformata in oggetto. Per questa ragione «in Das Ding sta il vero segreto»39. Un segreto prodotto dal fatto stesso di nominare qualcosa, cioè di pensare e nominare il mondo: «qui abbiamo […] la nozione di una profonda soggettivazione del mondo esterno – qualcosa smista, setaccia, per cui la realtà viene colta dall’uomo […] soltanto in una forma profondamente selezionata. L’ uomo ha a che fare con delle parti scelte di realtà»40. La realtà non è così setacciata, per dir così, quella al di qua di questa operazione di «soggettivazione», e che proprio per questa ragione nessun umano ha mai conosciuto (perchél’animale umano è questa stessa soggettivazione) è quello che Lacan chiama il«reale». Ancora una volta è da ribadire che il «reale» può esistere solo per un vivente umano, perché per un gatto, ad esempio, non si pone nessun problema di realtà: il gatto è il reale, ed è reale proprio perché non sa nulla di realtà e conoscenza. In effetti il ​​reale, Das Ding, esiste solo perché ne parliamo. In questo senso nel nostro stesso parlare è implicito un movimento oltre sé stesso, perché è subito evidente che la cosa nominata non è la cosa in sé stessa. È solo l’animale umano, allora, che può porsi il problema della cosa, del reale della cosa, del reale del ‘proprio’ stesso corpo. Anche se il corpo sarà davvero un corpo, un corpo soltanto corporeo, quando smetterà di essere il corpo di qualcuno, per essere appunto semplicemente un corpo.

    Quindi da un lato «il Ding è l’elemento che originariamente il soggetto isola […] come per sua natura estraneo, Fremde»41, dall’altro, però, «è attorno al Ding Venire Fremde […] che si orienta tutto il percorso del soggetto»42. In altri termini, fin dall’inizio l’umano è tagliato fuori dal contatto con la pienezza del reale, ma allo stesso tempo questa stessa separazione originaria non farà che spingerlo verso quello stesso reale da sempre perduto, ed particolare verso il reale del ‘proprio ‘ corpo.
    Das Ding è estranea, a partire dal corpo, perché è evidente che possiede una vitalità’ propria ‘, che non si lascia ricondurre alla volontà del soggetto.
    […]
    Ladifferenza fra Sache e Ding installa allora nell’animale che parla una tensione,una direzione di movimento: la cosa è «per sua natura perduta»45, ma proprioper questa ragione innesca la ricerca di questo qualcosa peraltro introvabile.In effetti l’umano è umano proprio perché gli è preclusa la possibilità di averecontatto con la cosa: «Das Ding è originariamente ciò che chiameremo il fuori significato»46. Se l’umano è linguaggio, allora per definizione non potrà avere nulla a che fare con ciò che radicalmente non è senso, cioè non è linguaggio: «è proprio in quanto passiamo al discorso che Das Ding, la Cosa, si risolve in una serie di effetti – anche nel senso in cui si può dire mia Sache. Sono le mie cianfrusaglie, e tutt’altro da das Ding, la Cosa a cui dobbiamo ora tornare»47.

    La cosa è originariamente perduta, perché essere l’animale che parla significa essere quel vivente che ha contatto soltanto con la realtà e non con ilreale del corpo, il reale della cosa. L’umano è questa radicale mancanza (non è che manchi di qualcosa, è mancanza). Proprio perché è questa «apertura bella» si pone il problema di come trasformare questa mancanza – che rappresenta il motore del desiderio – in qualcosa di pieno. Si tratta di scartare subito la risposta di chi pensa che esista un oggetto del desiderio, che possa turare quel buco senza fondo che è l’umano. Se l’umano è mancanza, nessun oggetto potrà mai riempirlo. Per uscire da questa impasse Lacan immagina la condizione di quell’umano che si mette nella condizione della cosa. Più in particolare, si offre allo sguardo della cosa. È un passo vertiginoso del Seminario XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi:

    Questa storia è vera. […] Un giorno ero su una barchetta, con persone di unafamiglia di pescatori in un porticciolo. […] Un giorno, dunque, che aspettavamo il momento di tirar su le reti, un tal Giovannino, così lo chiameremo […] mi fa vedere qualcosa di galleggiante sulla superficie delle onde. Era una scatoletta, per essere più precisi una scatola di sardine. Galleggiava lì nel sole […]. Luccicava al sole. E Giovannino mi disse – La vedi, quella scatola? La vedi? Bene, lei non ti vede! 48

    36 J. Lacan, Il Seminario. VII. L’etica della psicoanalisi. 1959-1960
    [1986], Torino 2008, pag. 53.
    37 Ivi, pag. 54.
    38 J. Lacan, Il Seminario. II. Larelazione oggettuale. 1956-1957
    [1994], Torino 2007, pag. 9.
    39 Lacan, L’etica, cit., pag. 54.
    40 Ivi, pag. 55.
    41 Ivi, pag. 61.
    42 Ibid
    43 Cfr. Cimatti, Filosofia dell’animalità, cit.
    44 Cfr. L.Althusser, Sul materialismo aleatorio
    [1982], Milano 2000, pag. 90.
    45 J. Lacan, L’etica, cit., pag. 62.
    46 Ivi, pag. 64.
    47 Ivi, pag. 74.
    48 J.Lacan, Seminario XI. I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi. 1964 [1973], Torino1979, pag. 97

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