
Il risultato è una confezione poetica esplosiva, derisoria, caustica dove Talia fa poesia sulla poesia e iperpoesia, poesia sui singoli personaggi della galleria letteraria, confondendo gli stili e plaudendo alla «Musa last minute», poesia «low cost»
Giuseppe Talìa (pseudonimo di Giuseppe Panetta) nasce in Calabria, a Ferruzzano (RC), nel 1964. Vive a Firenze e lavora come Tutor supervisore di tirocinio all’Università di Firenze, Dipartimento di Scienze dell’Educazione Primaria. Pubblica le raccolte di poesie, Le Vocali Vissute, Ibiskos Editrice, Empoli, 1999; Thalìa, Lepisma, Roma, 2008; Salumida, Paideia, Firenze, 2010. Presente in diverse antologie e riviste letterarie tra le quali si ricordano, I sentieri del Tempo Ostinato (Dieci poeti italiani in Polonia), Ed. Lepisma, Roma, 2011; Come è Finita la guerra di Troia non ricordo, Edizioni Progetto Cultura, 2016. nel 2017 pubblica la silloge Thalìa edizione bilingue, per Xenos Books – Chelsea Editions Collaboration, California, U.S.A., traduzioni di Nehemiah H. Brown, nel 2018 pubblica La Musa Last Minute con Progetto Cultura di Roma. Ha pubblicato, inoltre, due libri sulla formazione del personale scolastico, L’integrazione e la Valorizzazione delle Differenze, marzo 2011, curatela; AA. VV. Progettazione di Unità di Competenza per il Curricolo Verticale: esperienze di autoformazione in rete, Edizioni La Medicea, Firenze 2013
Prefazione di Giorgio Linguaglossa
Negli anni Settanta Robert Escarpit scriveva che «la tipografia ha fatto della scrittura un mezzo di comunicazione di massa». Ecco, giunti nel 2017, oggi lo sviluppo dei social media e di internet credo abbia accentuato questo aspetto, diciamo, comunitario, nel senso che la letteratura è ciò che transita attraverso la rete, la rete fabbrica la letteratura nel senso che è ad un tempo il medium e l’editore di riferimento di un testo; oserei dire che un enunciato è tale solo se transita nel web. Oggi non c’è più alcun bisogno di alcun legame extratestuale tra il lettore e l’autore, entrambi sono opzioni del web, entrambi sono terminali di una comunicazione segnica, informazionale o letteraria quale che sia. Nelle nuove condizioni del web il rapporto tra autore e lettore diventa più che mai una lotta di segni, di significanti, «ma una lotta ha senso soltanto se viene condotta tra avversari che hanno una certa consapevolezza l’uno dell’altro», scrive sempre Escarpit, il quale prosegue: «è necessario almeno che tale consapevolezza ci sia nel momento della produzione del testo».1 Ecco, proprio questo è il punto: una scrittura poetica come questa di Giuseppe Talia nasce senza che vi sia alcuna relazione reciproca tra l’autore e il lettore, è il web che determina il comune terreno di scontro e/o incontro, è il web che decide il medium, è il web che decide il messaggio. Leggendo queste strofe ironiche, istrioniche e ilari di Giuseppe Talia possiamo comprendere in che misura il supporto e la destinazione del web abbiano avuto un ruolo nel determinare la scrittura di questi pensieri aforistici, innanzitutto perché gli interlocutori ai quali viene appiccicata e dedicata ogni singola poesia, sono quei medesimi interlocutori che transitano, in maniera diretta o indiretta, tra le pagine della rivista telematica lombradelleparole.wordpress.com dalle quali l’autore Giuseppe Talia ha tratto gli spunti e le occasioni scrittorie. Poesie che uniscono un fare sarcastico e un andamento ironico-scettico, un passo canzonatorio e tonalità derisorie, un mix lungimirante e desiderante di stilemi disparatissimi, del piano basso del linguaggio parlato e dei piani alti delle circonlocuzioni forbite ed euforbiche. Il risultato è una confezione poetica esplosiva, derisoria, caustica dove Talia fa poesia sulla poesia e iperpoesia, poesia sui singoli personaggi della galleria letteraria, confondendo gli stili e plaudendo alla «Musa last minute», poesia «low cost», derisoria, dicevamo, che rovescia, parodisticamente, la montaliana poesia d’occasione e la poesia progetto dello sperimentalismo, la poesia minimal e quella massimalista, quella personalistica e quella privatistica, tutti conglomerati ed emulsionati degli odierni simulacri letterari.
Epperò, bisogna anche dire della sapienza con cui Talia sa entrare nelle maglie della poesia di ogni singolo autore, cogliendone le ubbìe e le mitopoiesi con grande sagacia ermeneutica e caustica ironia. Talia coglie un tratto essenziale del post-contemporaneo: che ormai viviamo in mezzo ad un guado permanente, che siamo lontanissimi da ogni approdo ed egualmente lontani dalla riva di partenza, una situazione esistenziale permanentemente instabile, un quadro psicologico «debole». Ecco, siamo arrivati alla parola chiave che mondi ci può aprire sulla nostra contemporaneità; quella «debolezza» della nostra condizione ontologica sulla quale Talia erige la «debolezza» della sua poesia ontologicamente destrutturata. È questo il suo punto di forza, aver saputo capovolgere la condizione ontologica di «debolezza» in una nuova condizione di «forza», l’aver capovolta la «clessidra dell’esistenza che si capovolge sempre di nuovo», come scriveva Nietzsche centocinquanta anni or sono.
Nel 1999 Talia pubblica con Ibiskos Le Vocali Vissute, un libro di svolta che segna la presa d’atto della crisi della forma-poesia, lo scoppio e la polverizzazione delle «vocali». Scrive in proposito l’autore: «Un pomeriggio del 1992 ho acceso una miccia ed ho fatto esplodere il Logos nelle Vocali Vissute. Non so quanto quel gesto iniziale fosse consapevole. Come un bambino che sfrega lo zolfanello sulla superficie ruvida per accendere un petardo, così, quel pomeriggio in Calabria, io capii, o forse solo percepii, che le strade erano due: l’epigono, «la morta gente, o epigoni, fra noi… (Carducci), oppure il sommovimento dell’Io, la ribellione.
La creta della poesia era nel bivio, bisognava solo plasmarla, darle forma. Gli ingredienti c’erano tutti, letture, studio, poeti conosciuti, allora altisonanti pubblicati dallo Specchio, circoli letterari viziosi e viziati, premi letterari con tasse di lettura (allora come ora), antologie sciatte e furbe. C’erano tutti gli ingredienti, bisognava solo shakerarli e versare nelle coppe un nuovo cocktail, «Se giro e mi rigiro/mimando le correnti /Se mi rannicchio a nuvola/ o mi distendo carico di pioggia».
La deflagrazione delle «vocali vissute» porta con sé la necessità di trovare una nuova forma della poesia. Talia impiegherà più di tre lustri per giungere a questa sistemazione della sua forma poesia, un equilibrio «imperfetto» che consentirà all’autore di conservare quanto della tradizione era conservabile in frigo e quanto invece doveva essere tradito e collocato in un nuovo universo stilistico e simbolico. L’incontro con la teorizzazione e la pratica della «nuova ontologia estetica» praticata dalla redazione de L’Ombra delle Parole, è stato risolutivo, è stato un incontro fruttuoso.
Particolarità di questi «medaglioni» è che la forma-poesia ha raggiunto una sua stabilità nella instabilità generale, ormai la deflagrazione delle «vocali vissute» è stata digerita, siamo entrati nella stabilizzazione della instabilità permanente; occorreva prendere atto della necessità di trovare un punto di equilibrio, e Talia l’ha trovato nella forma tellurizzata di queste sestine improprie.
1 Robert Escarpit L’écrit et la communication, Presse Universitaires de France, 1973 trad. it. Scrittura e comunicazione, Garzanti, 1976 p. 61
Retro di copertina della edizione americana di Thalia:
Ha scritto Giuseppe Talia: «un pomeriggio del 1992 ho acceso una miccia ed ho fatto esplodere il Logos nelle Vocali Vissute»; e le vocali sono esplose in una congestione di significanti e di significati disconnessi. Le parole sconnesse sono andate alla ricerca di un nuovo luogo da abitare, di una nuova patria delle parole. Una «nuova poesia» richiede sempre una nuova metafisica, una nuova patria delle parole nella quale le parole possano albergare. E questo cos’è se non pensare nei termini di una nuova metafisica? Se non pensare nei termini di una «nuova ontologia estetica»?
Una volta preso atto di ciò, un poeta non può che dimorare presso la nuova «patria» delle sue parole. È quello che ha fatto Talia in quest’opera, ha disegnato la cornice della sua nuova patria linguistica.
Appunto dell’autore
L’alterazione paradossale che sottolinea la realtà attraverso la simulazione, l’interrogazione, per mezzo di un procedimento speculativo nei sistemi estetici, come quello di K.W. Solger, viene solitamente considerata costitutiva dell’arte. L’antifrasi e l’eufemismo significano ribaltare, per sopravvivenza fisica e mentale, l’ironia in autoironia, distaccarsi dall’estetismo per una dimensione più etica. Ecco, questo è uno dei tanti profili che mi rappresentano.
Ma qual è stata la molla di questi frizzanti schizzi a Voi dedicati, care amiche e amici dell’Ombra delle Parole? Un cadeaux, una semplice come complessa traslitterazione di fatti analitici, psicoanalitici, qualche volta una semplice foto o l’impressione di un verso letto e che è rimasto nel substrato inconscio della comunità poetante di cui mi sento parte.
E come un artigiano che si rispetti ho dispiegato gli arnesi giusti su un piano geometrico adeguato e tessuto l’ordito: per ognuno di Voi, amiche e amici, sei versi, forme chiuse e forme variabili, citazioni, carattere, un qualche segno indelebile impresso nell’anima, una tradizione e un simbolo cosmologico abbinato che penso vi rappresenti nell’almagesto dell’unicità.
Questo gioco semi-serio, in cui si possono rilevare tracce di Palazzeschi, Stecher, Szymborska come di altri, l’ho iniziato con l’intento di omaggiare i Poeti costituenti del momento, Alfredo de Palchi (Giove), Antonio Sagredo (Marte), Giorgio Linguaglossa (Urano), Salvatore Martino (Saturno), per continuare con gli amici con cui tengo una corrispondenza, Ubaldo de Robertis, e con le Poete e Poeti che stimo, Anna Ventura (nodo ascendente), Annamaria De Pietro, Antonella Zagaroli, Letizia Leone, Sabino Caronia, Giuseppina Di Leo, Donatella Costantina Giancaspero (nodo discendente), anche se non sempre i miei commenti a riguardo, lasciati sul blog dell’Ombra delle Parole, sono stati gratificanti: ubi maior minor cessat.
Sono tante costellazioni più una, misteriosa, che in ogni gioco che si rispetti tocca al partecipante indovinare a chi è dedicata e perché. Con i miei migliori Auguri per un poetico e sempre più comunitario 2017. Evviva (è viva) la Poesia.
(Giuseppe Talìa)
INDICE
Alfredo de Palchi 15
Milo De Angelis 16
Patrizia Cavalli 17
Valerio Magrelli 18
Patrizia Valduga 19
Maurizio Cucchi 20
Nanni Balestrini 21
Franco Buffoni 22
Guido Oldani 23
Gian Mario Villalta 24
Roberto Bertoldo 25
Luigi Manzi 26
Mario M. Gabriele 27
Giuseppe Conte 28
Salvatore Martino 29
antonio Sagredo 30
Giorgio Linguaglossa 31
Tomas Tranströmer 32
Kjell Espmark 33
alberto Pellegatta 34
Steven Griego-Rathgeb 35
Silvana Baroni 36
Gino Scartaghiande 37
Donatella Bisutti 38
Claudio Damiani 39
Mario Lunetta 40
Luigi Fontanella 41
Erri De Luca 42
Carla Saracino 43
Giuseppina Amodei 44
Gabriele Pepe 45
Gëzim Hajdari 46
Sabino Caronia 47
Giorgia Stecher 48
Anna Ventura 49
Gabriele Fratini 50
Gino Rago 51
Lucio Mayoor Tosi 52
Guglielmo aprile 53
Renato Minore 54
Claudio Borghi 55
Tommaso Di Dio 56
Antonella Zagaroli 57
Annamaria De Pietro 58
Giuseppina Di Leo 59
Letizia Leone 60
Ubaldo De robertis 61
Costantina Giancaspero 62
Franco Marcoaldi 63
Alfredo Rienzi 64
Francesca Dono 65
Adam Vaccaro 66
Autoepigramma 67
Germanico 68
Paolo Ruffilli 69
Nacht und Nebel 70

Questo gioco semi-serio, in cui si possono rilevare tracce di Palazzeschi, Giorgia Stecher, Wislawa Szymborska come di altri,
A Alfredo de Palchi
Cielo d’agosto e Zefiro che lucida l’occhio concavo
Lo sputo delle stelle per un’ora d’aria nel periplo della pena
Le unghie spezzate nel quadrilatero dell’Ades*
Tra sessioni scorpioni e paradigmi la gatta Gigì incatena
Una Storia più grande degli anni e della stessa presenza
Che pone l’Essere nella forma di una galassia antenna
*Adige, e non solo
☽
A Steven Grieco-Rathgeb
Vorrei tanto essere un mistico. E ci ho provato.
Sono stato in India. Ho tentato di controllare
La pressione e il battito del cuore. Il cuore,
il cuore mi tradisce sempre. Da bollywood, inorridito
scappai in Rajasthan, lungo la valle dei fiumi,
per finire in una perla come un cuore che tradisce.
☊
A Anna Ventura
Nella costellazione di Eridano vi è una corposa nebulosa
La testa di una Strega ascendente nella selva circumpolare
E allatta Coefore massicce con l’alamaro quando uno zio
Coniglio (sorta di ricordo fotoevaporante o stella brillante)
Con Torquemada Tauri icastico e mostrino lavora di fino
E al je m’en moque dell’aguzzino oppone un tu quoque (?)
♆
A Antonio Sagredo
Bayer ti diede il nome o forse solo il suo cognome
Figlio di una costellazione inconsueta come
La Nave di Argo nel coelum dei frangiflutti
Con una Nereide dissipata in un soprannome
Spoliazione della Colchide e dei suoi frutti
Smembrata senza rotta e con i remi asciutti
☿
A Letizia Leone
Summa creata e sola virtute della cometa nera
Tra un debole Cancro e una vasta Venere eclittica
Chi dona speranza dona vita alle stelle bambine
Della costellazione madre di tutte le galassie
Con poche mandorle per confetti d’un matrimonio
Nei primordi mai consumati del Tutto in un granello
♆
A Giorgio Linguaglossa
I frantumi dei giganti gassosi del Tempo e del Padre
Bande magnetiche di stelline soffiate dalle Parche
Graie con stami fusi e cesoie gli ombelichi mortali
Corpi minori negli editoriali di una qualche cometa
E rari ammassi di luce nelle effemeridi siderali
I transaturniani evoluti imprevedibili e rivoluzionari
☍
A Antonella Zagaroli
Fortilfragile volpina nell’eterno presente sei Cassiopea
Della via Lattea e Anfitrite ti tagliò i lunghi capelli biondi
Da allora come ora riesci dal tempo e ti ritrovi Gilania
Una Venere minima a cui il dono del silenzio è condanna
O forse manna di Psiche il respiro che serra a ventaglio
L’Abito immaginario per il corpo nudo pieno d’anima
♆
A Gëzim Hajdari
Rerum novarum oppure rerum causas? Chi di domanda ferisce
Di domanda perisce sanciva Hoxha e il canto del gallo nell’esilio
Dell’alba, nel ritmo circadiano come un muratore le stigmate di calce
Il Kanun della coscienza universale, gli infiniti esseri e gli illimitati èpos
In un delta profanato dalla storia e riparato in una preghiera laica
Di un contadino che ara stornelli “e il tutto spia dai rami irti del moro”.*
*Giovanni Pascoli-Arano
♇
A Salvatore Martino
Nella tua prigione, o stella blu, i bracci delle galassie
Trovano ammassi aperti di giganti nel disco galattico
D’una vita dedicata alla gravitazione di pregiate malvasie
Da cinquant’anni e oltre l’almagesto nell’atto catartico
Dal locus amoenus del Capricorno a est del Sagittario
Tu, cancellazione, sfera ideale, nutri il marmo erbario
☍
A Annamaria De Pietro
Con te non è certo facile solleticare il carapace
Si dice rimario abbecedario binario come glossario
Certo Annamaria di miracoli ne fai stella arancione Tauro
o Aries che infila le perline e di parole ne fa Pietra
Conservazione tālis-qualis dell’ordine del multiverso
Una cera persa nello stampino del creato creatore
♇
A Ubaldo De Robertis
Chi pensa sia semplice tracciare il moto delle Pleiadi
Non sa che ammassi di leggende l’astro occulta
Nella crepa segaligna della parti d’un discorso
Poetico l’anfora sussulta nelle spore gravitazionali
Delle Naiadi con le geramiadi e lo spartito sferico
Del re minore incompiuto o del minotauro che ausculta
☽
A Giuseppina Di Leo
Quanta bellezza e quanta gioventù lontano nel sole
Una stella ancora nell’infanzia prima del monossido
Quando solo ghiaccio e rocce e una firma spettroscopica
Segnavano il passaggio d’una cometa dialogante a più voci
Una lunga notte la più lunga che si ricordi in un inedito
Una parola impronunciata rimbalzata sul muro invisibile
☽
A Sabino Caronia
Tolomeo s’era perso nell’Acquario tra stelle variabili
Ad eclissi controllata quando Copernico scoperchiava
Sfere omocentriche nell’accelerazione degli specchi di Borges
E l’amore che ne veniva sopperiva lo Stato gassoso dei Blazar
Nei minuscoli idilli di astroparticelle delle galassie ospitanti
Con l’apparenza del Zommo Pontescife pe’ castiga’ li bbuggiaroni
☋
A Donatella Costantina Giancaspero
Da un presagio d’ali la casa di latte nella costellazione familiare
Di Stern stempera la tempera verbale esigua del Circinus
Nella periferia dell’universo con Iperoni e Neutrini a far
Piastrelle per il selciato domestico del sole pomeridiano
A Torre Spaccata nell’atonale pungiglione di luce
Con la Lira e il contrappasso per una musica di carta e di cielo
♆
Patrizia Cavalli
È un teatro aperto la precessione della luce della stella faro.
La magnitudine apparente, testa di serpente e calamaro
Non salva il mondo dal compost della stella tripla Ethical
Treatment, a caccia con i cani di Orione di Sadalsuud-Sadalmelik
Nel cerchio massimo dell’equatore e del suo punto spettrale
Con lo scafandro da palombaro e una compagna in orbita bisessuale.
☍
Valerio Magrelli
Da bambino erano un codicino di nature e venature
I Dockers Kahaki Pants salenti e discendenti la grande
Échelle disgrafica e dislessica o più semplicemente
Manomessa dalla stella binaria dei pioli del carcerato
Che batte il Lexicon della rotativa sorgiva tatuata
Nella carne condominiale del codice fiscale come dell’ISBN.
♆
A ?
Lingua di lotta e lingua di luna la luna
Che non parla che non possiede che l’umano
Occhio il sovrumano splendore d’albume
Battente con un cuore di colibrì e chicchirichì
Mite chiarore aneliti brevi falce calante
Sterili economie allunate di messi mancanti
♆
Patrizia Valduga
Un requiem per una subrette
Un soundtrack di paillette
Una Gilda de’ poeti O Mame
Una sessa strafatta pour femme
Mia Sirventes o mia Servente(s)
Solo per me le tue tette.
☊
Maurizio Cucchi
Argo Panoptes è il disperso degli anni luce
Alla ricerca del vello d’oro, con una barchetta di carta
Immersa nel gradiente salino di Malaspina
Ossessionato dal sosia more uxorio
Come dell’antinfiammatorio da topografia
Del tramonto dell’Idra e dell’antitossina.
♆
Nanni Balestrini
Sei pronto? Che faccio, scatto? Ecco, sì, scatto!
Ma no, ti sei mosso! Ma che fai, ti muovi come le masse?
Allora, dai, scatto. Fermo. Le Capital qui FIAT la guerre!
Forza, che ti pixello, ti taggo, ti bloggo, ti ritocco.
O nanni, e stattene un po’ fermo! Ora ti blocco!
Click. Ce l’ho fatta! Te la dedico: “Alla neoavanguardia
permanente”.
☿
Franco Buffoni
Che nome di casata la Musa edulcorata
Che spaccia i lacerti al mercato degli Eoni
Ai giurati crapuloni che filmano gli snuff movie
Con il giro vita pettorina di Narciso e Boccadoro,
Carta straccia igienica tedesca interstellare
Di nuovissima e caldissima carne da abusare.
♆
Gian Mario Villalta
Una certa Musa non dovrebbe calzare stivali da mattatoio
Non dovrebbe nemmeno pensare ai pubblici dialettali
Al Maternato che con un minimo sindacale scalza i rivali
Gli squali mortali, illegali, con occhiali eccezionali
Bufale aziendali e pettorali soprannaturali, havel havalim,
Una certa Musa direbbe: vieni, ti insegno a scrivere mentre muoio!
☌
Roberto Bertoldo
Hebenon o non Hebenon è forse il tuo tema natale
Ma semper fidelis all’anarchia logica della mente
Tra costellazioni bioetiche fenomenognomiche alla Bernstein
Con un che di fisionomico come di ergonomico o di titanico
Magari di nullismo leptosomico e sempiterno del Mythos
del Logos postcontemporaneo dell’umana (in)coscienza.
Ringrazio Talia per avermi posta nella deliziosa selva dei suoi versetti satanici ,dove mi trovo in compagnia buona o meno buona, ma sempre “compagnia” è. Grazie per aver visitato la paffuta galassia del mio immaginario, per aver individuato il coniglio da cui non mi separo mai.
Ricevo e copio il commento di Laura Canciani:
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/03/22/giuseppe-talia-poesie-da-la-musa-last-minute-progetto-cultura-2017-sestine-per-alfredo-de-palchi-giove-antonio-sagredo-marte-giorgio-linguaglossa-urano-salvatore-martino/comment-page-1/#comment-32920
La verità è diventata precaria, è stata messa in liquidazione, insieme alla bigiotteria e ai mobili vintage. Le 59 sestine irriverenti di Giuseppe Talia ai poeti contemporanei. La poesia si precarizza, adotta gli stracci e i residui, i modi inurbani e sornioni… Un libro che sa di serena disperazione… tipico di un’epoca che non chiede nulla alla poesia
Caro Germanico, da sotto il pitofsoro,
con la lanugine ascolto i sermoni.
Una nuova barbarie s’incammina.
Il rumore dei passi e lo stomaco vuoto.
I borborigmi non chiedono nulla, pongono domande.
Ogni tempo esprime un suo gusto estetico. Ogni tempo dovrebbe avere una sua poesia. Qui, nel caso delle sestine di Giuseppe Talìa, sommandole il poeta esprime in toto la sua Weltanshauung, come il pittore di Jorge L. Borges che, disegnando – prima di morire – fiumi e mari, praterie, strade, monti e porti, alla fine si accorse di avere disegnato il suo viso…
E poi qui Talìa dimostra di possedere piena consapevolezza dei mezzi espressivi che impiega, accanto a una non comune ricchezza lessicale, un efficace senso del ritmo e altro e altro ancora…
Gino Rago
Caro Gino,
siamo sibariti, noi che ci bagniamo nelle acqua del Crati. Io per la verità nasco nel profondo Jonio e la mia X è rotolata in controtendenza fino a Firenze, ma da quelle acque con il lievito della Cumana, forse ho sfornato qualche buon PANE.
Grazie.
ma che bella compagnia!!I Ti ringrazio Giuseppe per avermi pensata. Rinnovo i miei complimenti espressi via mail. Un carissimo saluto a tutti.
Cara Francesca, la sestina che ti ho dedicato è tosta, divertente e pertinente.
Con-divido questa poesia di Adeodato Piazza Nicolai dalla mia e-mail
MILIARDI DI MILIARDI¹ºººº
“un miliardesimo di miliardesimo della grandezza di un atomo
è già luce-vita nello sperma siderale […]”
Gino Rago
e gli altri miliardi di miliardi¹ºººº d’anni-luce
protozoici dispersi nei mondi assiderati
o frammenti di sarcofaghi vaganti nel
puro sottozero? Se tutto è relativo quale è
la direzione, situazione: un’illusione cari
amici nichilisti. Nascosto nella ruota nuotai
il vecchio palombaro anche senza perizoma
nelle zone sconosciute da tutti e da nessuno.
[…]
Insieme a zio Nettuno e nonna Gea vai
e torni senza pena, senza vita, senza sorte.
Forse morto mai sepolto girovaghi nel nulla
senza pianta senza fiore ma non piangi il tuo
dolore nella
sorte senza odore né sapore né valore:
ogni parto sembra pianto come prima del vangelo.
[…]
Ancora Galileo rinnega paracleti, agnizioni
centrismi sublunari. Non c’è più l’Inquisizione,
solo vuoti familiari a Nostrodamus e qualche mago
che divorano pastrani al posto di salami. Il cosmo
va a puttane, lucciole sfiancate, senza soldi
senza cuore. Un bengodi nel parco dei balocchi farà
finta di volere perfezione, picchierà Pinocchio,
i finocchi, i vari senzatetto che dormono nel letto
sotto la stazione. Il futuro cancella qualsiasi
ragione, qualsiasi nozione del domani che sparisce.
[…]
Da John evangelista pioverà l’apocalisse mentre Ulisse
scappa spesso da Penelope, arruola argonauti per
la prossima avventura aldilà di Polifemo, dei gabbiani
pacifisti. Vede falchi dappertutto, perfino dentro il vuoto.
[…]
La prossima lettura dell’Omero sarà fatta in Vaticano
senza papa e cardinali, impegnati a ripassare l’antico
testamento, dispensare sacramenti che nessuno digerisce.
San Pietro, disossato, non vedrà mai più la cruna nella luna …
© 2018 Adeodato Piazza Nicolai,
Ringrazio l’amico poeta Giuseppe Talia per i suoi “versetti satanici” e gli rinnovo la mia sincera e profonda stima con l’augurio di un prossimo incontro
Sabino Caronia
Caro Sabino, sincera e profonda stima che ricambio.
Esercizi (tra il serio e il faceto) di fisiognomica poetica, queste ilari e luminose sestine di Giuseppe Talia che ho avuto modo in passato di approfondire nella lettura. Il nostro poeta si avventura per sentieri poco praticati oggi nella poesia: quelli dell’aforisma, della satira, dell’ironia, dell’invettiva…ma qui frantumati e rimescolati in una cifra assolutamente originale. I miei migliori auguri per questa nuova pubblicazione che arricchisce il catalogo della collana “Il dado e la clessidra” curata da Giorgio Linguaglossa dove si va concretizzando la testimonianza testuale della ricerca (work in progress) della NOE.
Con grande stima per Letizia che ho incontrato a Roma in due occasioni e che, sento, mi piacerebbe rincontrare ancora e ancora e ancora. Anche fuori da eventi culturali, perché avverto in lei, oltre alla grande cultura e sensibilità, una vicinanza d’intenti.
Antonio Di Carlo 23 marzo 2018
Talvolta può capitare di incontrare persone, mai viste prima, ma che al primo contatto ti sembra di conoscere da sempre.
A chi conosce AntonellaZagaroli è questa la suggestione il dubbio che viene a leggere questo “dono” la sestina a lei dedicata.
Infatti chi la conosce di persona non può non essere colpito da “Fortilfragile volpina”, al di là della citazione, questa espressione descrive con precisione un aspetto della persona che con determinazione ha affrontata e affronta le difficoltà che la vita le ha proposto; l’impegno che mette nel suo impegno nel sociale a cui allude Gilania; il suo sguardo attento quando osserva e si guarda intorno oppure quando si parla con lei.
Ma l’immagine che più colpisce è quell’anima che riempie il corpo nudo coperto da un abito immaginario.
Gentile Di Carlo,
quando ho iniziato a scrivere le sestine del libro conoscevo di persona solo Linguaglossa per averlo incontrato a Firenze nel lontano 2007. Mi parve un rivoluzionario.
Non conosco Antonella Zagaroli di persona, ma solo attraverso quel che ho letto. Felice di aver tracciato un identikit poetico, che come lei rileva ricco di suggestioni. Spero, in futuro, di incontrare Antonella.
Talìa è per me uno scrittore da “punta di pennino”, più che un narratore di grandi vedute. Non è un limite, è una caratteristica. Ne diede prova già ne “Le vocali vissute”.
Con Talìa s’impone la micro-lettura. Lettura da orologiai. Così facendo si possono scoprire delle chicche, come ad esempio il verso:
“Carta straccia igienica tedesca / interstellare”
Questi sono per me aggettivi di nuova ontologia estetica; nel senso che non sono florilegi ma dicono, meglio, e solo quando serve. Infatti non si ripete, non ne fa maniera. E’ in versi come questo, dove non perde slancio, che Talìa a me sembra davvero poeta bravo e convincente. Perché altrimenti potrebbe sembrare virtuosismo. Già mi sembra bizzarra e anacronistica l’idea di fare ritratti; e come mai solo ritratti di poeti in vita? Mi sono dato queste risposte: per leggere da poeta l’operato di altri poeti, per misurarsi nella contemporaneità, in ultimo per fare regali a vivi e posteri.
Regalo gradito.
Caro Lucio, io credo che oltre al “pennino” io abbia, in passato, tentato di fare narrazioni di più grandi vedute, vedi, per esempio Thalia, recentemente tradotta in America da Xenos Books – Chelsea Edition, grazie ad Alfredo de Palchi.
Però tu hai perfettamente ragione, io riesco meglio nel micro più che nel macro. Ma il micro è l’esatto corrispettivo del macro, come ben tu sai.
Ad ogni modo hai colto nel segno, misurarmi nella contemporaneità come anche fare regali, senza, peraltro, aspettarsi di riceverne in cambio.
Caro Lucio, delle tue risposte ai versetti di Talia,condivido pienamente questa.”per misurarsi nella contemporaneità”, E ,aggiungerei , una contemporaneità con nomi e cognomi,con vero sprezzo del pericolo, giacchè i poeti facilmente prendono cappelo, Io, invece,
sono lusingatissima da un’intuizione molto intelligente, quella di avere visto il coniglio invisibile che da sempre mi accompagna: nella mia timidezza endemica e in certi improvvisi slanci di audacia.
La prima volta che lessi alcune tue poesie, qui sull’ombra, cara Anna, rimasi colpito, profondamente. Torquemada e la vergine di Norimberga. Da quel dì ti pensai, fino ad immaginare le streghe (forse io stesso un po’ stregone?) e quel coniglio di terracotta che ho pensato tu portassi con te ovunque tu andassi.
Dentro inquadrature che appaiono ferme, solennemente rettangolari, l’antifrasi si capovolge nella sua speculare antitesi, antifrasi dell’antifrasi, che è un altro modo di nominare la clessidra; ombra e luce si cedono educatamente il posto, come dire pregi e difetti, il mondo gira il suo zodiaco, sicuro gira, itinerario e biglietto non ha.
Divertente, acuto, cultivé, gradevolmente antiquato. Fatto molto bene, e questo è quello che conta.
Grazie. Annamaria
Da Lei, gentile Annamaria, non mi aspettavo altro che poesia.
Apprezzo e stimo grandemente la sua perfezione sintatico-strutturale.
Io che ho sempre pensato a una forma, ma che nello stesso tempo
ho cercato di fuoriuscirne a suon di martello, di apribottiglie, o semplicemente di linguetta da sollevare.
grazie Ombra!
Gentile Pierno,
ritengo che La Musa Last Minute sia un libro punk, irriverente, per cui brutta, sporca e cattiva che sia la Musa apprezzo la citazione.
Il mondo non è più lo stesso dopo che una buona poesia gli si è aggiunta, scriveva Dylan Thomas. In questo caso, Talia spoglia il re: la poesia non salva il mondo come voleva Patrizia Cavalli, però, queste sestine colte e irriverenti, mettono in evidenza il decadimento ultimo del mondo letterario; è come se dicessero nel gioco a nascondino “tana per tutti”.
Gentile Matteini,
Anna Ventura in un suo commento ha messo in evidenza che con vero sprezzo del pericolo io abbia dedicato una sestina con nome e cognome a parecchi poeti contemporanei viventi. Se non avessi fatto questa semplice operazione di trasparenza i miei testi non esisterebbero. Forse è vero, ho spogliato qualche re e qualche regina. Io non ho nulla da temere, sono nudo.
Grazie per quel “tana per tutti.”
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/03/22/giuseppe-talia-poesie-da-la-musa-last-minute-progetto-cultura-2017-sestine-per-alfredo-de-palchi-giove-antonio-sagredo-marte-giorgio-linguaglossa-urano-salvatore-martino/comment-page-1/#comment-33023
Dopo il post dedicato alla poesia di Mario Benedetti ho inserito questo post dedicato al nuovo libro di Giuseppe Talia; non l’ho fatto a caso, c’è una idea, quella di accostare scritture poetiche totalmente differenti, ma qui la differenza è diventata una differance, c’è qualcosa che va al di là della differenza, questa ricerca della «cosa» misteriosa che è la nuova ontologia estetica si rivela essere un labirinto con tantissime porte e finestre che aggettano su tantissime altre porte e finestre. Giuseppe Talia procede nella sua ricerca, lui che proviene dalla «esplosione delle vocali» accadutagli tra le mani nel 1999 (come lui stesso ci dice) tenendo conto delle nuove acquisizioni della nuova piattaforma di poetica e portandole più in avanti. È proprio questo lo spirito della ricerca che stiamo facendo, che ciascuno di noi porti avanti il proprio discorso alla luce delle ricerche degli altri poeti in un continuo cambio e ricambio di orizzonti. Quello che ne deriva è un arricchimento reciproco e un salto di qualità della propria scrittura poetica (lasciatemelo dire), là dove la poesia italiana, intendo qui la migliore, quella che passa per la «migliore», sembra essersi arenata.
Dice bene Annamaria De Pietro:
« Dentro inquadrature che appaiono ferme, solennemente rettangolari, l’antifrasi si capovolge nella sua speculare antitesi, antifrasi dell’antifrasi, che è un altro modo di nominare la clessidra; ombra e luce si cedono educatamente il posto, come dire pregi e difetti, il mondo gira il suo zodiaco, sicuro gira, itinerario e biglietto non ha. »
Giuseppe Talia impiega la procedura antifrastica bene descritta dalla De Pietro ma lo fa alla luce delle cose che abbiamo scritto nella rivista in questi ultimi due anni di lavoro, tant’è vero che le sestine dedicate ai poeti contemporanei sono state scritte in diretta, direttamente sul blog, dalla scrittura alla lettura e dalla lettura alla scrittura…
Ringrazio Giuseppe Talia per avermi donato, nella sestina a me dedicata, un poco del suo pregevole e originalissimo talento nel disegnare alcuni tratti della mia fisionomia poetica. Ne deriva un quadretto di piccolo formato, che, sullo sfondo di tenui costellazioni, assembla frammenti di vita e di parole: le parole delle mie prime poesie pubblicate qui sulla Rivista, che ripercorrevano, fra sterrati polverosi, asfalti, piastrelle e intonaci freschi, le strade e gli interni di una lontana periferia romana.
A te, caro Giuseppe, e a tutti i lettori della nostra Rivista, una scena dal capolavoro cinematografico di Pier Paolo Pasolini, “Mamma Roma” (1962), con Anna Magnani, Franco Citti, Ettore Garofalo.
La colonna sonora della scena è costituita dal Secondo movimento del Concerto in Re minore RV 481 di Antonio Vivaldi.
Buona visione!
E per chi volesse ascoltare la versione completa del citato Concerto di Vivaldi, in Re minore RV 481, eccolo qui. A tutti…
Buon ascolto!
Cosa era l’oboe arreso
un controfagotto di luce sedotta. Di noi
questi resti scarni di parole più dette,
nel sacco di Roma, Oh Rovina,
una messe!
Tu
non serbavi rancore
alle pallide rive che il seme abbandona.
Grazie, Ombra.
Caro Talia,
grazie per la tua dedica inaspettata.
Le tue parole rivelano un’attenzione non solo alla parola poetica ma al poeta che si cela dietro di lei.
Non ti conosco personalmente, non abbiamo mai avuto modo, ma credo che tu “oggi”mi abbia insegnato a ricominciare a dare un po’ di fiducia al mondo che ruota intorno alla poesia.
Anche se con ritardo ti ringrazio per il bozzetto alla mia parte più intima, la poesia.
Antonella
Non sottovalutiamo questi versi di Giuseppe Talia dedicati ad ogni autore. Dietro c’è una grande attitudine a disvelare, carattere,e personalità di ogni poeta, con una professionalità da psicoterapeuta.
Cara Antonella, è un mondaccio e saperci stare comporta un atto d’amore, per la parola. Il resto conta meno. Se posso permettermi, dai fiducia a te stessa.
Grazie Mario, grazie davvero.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/03/22/giuseppe-talia-poesie-da-la-musa-last-minute-progetto-cultura-2017-sestine-per-alfredo-de-palchi-giove-antonio-sagredo-marte-giorgio-linguaglossa-urano-salvatore-martino/comment-page-1/#comment-33243
Tutti questi personaggi (che sono i poeti di oggi) richiedono una teatralizzazione del discorso, e questa è la condizione di esistenza di questo tipo di poesia: il «gioco» che elide se stesso, il gioco per il gioco con la consapevolezza della illusorietà di esso gioco, non più di sillabe e di fonemi, di assonanze e di consonanze, ma disarmonico, frizionale, finzionale, del nulla con il nulla dove il gioco si riassorbe in se stesso e diventa paradosso in un triplice senso: paradosso perché ci sono i poeti ma la poesia sembra estinta; paradosso perché ruota attorno a quella cosa inesistente che è la poesia; e paradosso perché il regista è egli stesso poeta e sta contemporaneamente «dentro» e «fuori» la scena dove si svolgono le recite, le recite che vorrebbero rappresentare il «vuoto» di cui ogni singolo personaggio è portatore: un «vuoto» con una targhetta di ottone sulla quale v’è inciso il nome ed il cognome del poeta. QuestO di Talia è un «gioco» che abita il «nulla» e lo mostra con quel pizzico di esibizione che è richiesta dalla recita stessa. Un gioco serissimo.
«Egregi Signori, qui si recita a soggetto», sembra dire Giuseppe Talia. E il sipario si apre.
così ho ubbidito
al silenzio
Alla ruvida brina
Agli indizi del tempo mai misurabili
in nessuna scorta di terra
Gelida solitudine
Per te un check-point
allestito nel brodo farinoso
dell’anima e del desiderio
Attorno ai muri
Fuori dal getto
di qualsiasi cadenza estiva
Dietro richiesta di Francesca Dono ho provveduto a cancellare l’ultimo verso che suonava così:
L’immagine può contenere: cielo
A me sembra invece che possa essere il giusto titolo di questa composizione, casuale come tutta la composizione, del resto… Francesca Dono ha il «dono» di scrivere certe cose come se fossero davvero accadute a caso… bisogna fare vuoto dentro se stessi e lasciare cadere le cose nel vuoto, e infine prendere il registratore della scrittura e vedere quello che è uscito fuori…
caro Giorgio, l’avevo scritta ieri sera mentre rileggendo copiavo su word. Il verso è venuto all’improvviso così come l’immagine e quindi scritto. Comunque in attesa di verificare al momento opportuno. Sui social l’ho pubblicato senza . Qui, in questa pagina ,è rimasto nel doppio clic del mouse. Grata per il tuo suggerimento. Adesso , dopo la tua lettura, ne sono addiritura felice. Grazie mille.