
[Karel Taige] le Disfanie hanno creato uno spazio propizio: uno spazio, cioè, dove le categorie di sacro/profano… mescolano…
La lettura di Disfanie di Steven Grieco-Rathgeb ha avuto in me l’effetto di chiarire un fatto centrale, su cui la «nuova ontologia estetica» da tempo si interroga, e in cui – a volte – si dibatte caparbiamente cercando l’approdo di partenza, l’attacco. Perché si dice, sappiamo da dove veniamo, non sappiamo dove andiamo: ma alle volte è l’apparire del presente-futuro che c’illumina la strada alle spalle.
Ciò che mi si è chiarito, riguarda il che cosa si intendesse per poesia ancorata nel Novecento, cosa la rendesse tale – nonostante i tentativi di spiegazione. Capivo, ma non comprendevo. La testa argomentava, la pancia non assimilava. Cosa rende una poetica foriera di venti nuovi?
Lì dove il pensiero mal digerito s’inceppava, le Disfanie hanno creato uno spazio propizio: uno spazio, cioè, dove le categorie di sacro/profano (nell’approfondimento del regista Mani Kaul, di cui s’è già più volte parlato sull’Ombra delle Parole) mescolavano le rispettive acque dolci e salate.
Ma cosa dunque è successo?

pseudo Haiku di Lucio Mayoor Tosi
Nel post successivo a quello in cui presentavo le Disfanie, si antologizzavano alcune poesie di Guido Galdini. Ho scritto, in un commento a Galdini, quanto segue:
“Galdini non scrive poesia al presente, ma per parlare del presente. Dunque d’un millimetro soltanto, si lascia scappare l’attimo. E quell’attimo, scivolato nel “è stato”, si declina in morale, suo malgrado.
Due esempi:
sfida la figlia che sta sbocciando:
più attillati i calzoni, più spietate le ciglia,
più indiscreta l’abbronzatura del volto
ma lo sguardo si approssima troppo in fretta,
malgrado l’indulgenza dei cosmetici,
a una foglia che novembre ha deciso
di non dare il permesso agli altri mesi di cogliere.
*
hanno trovato il cane che si era perso
nella campagna dalle parti del cimitero,
lo tengono legato
a un guinzaglio di corde di tapparella;
ora aspettano l’arrivo del padrone,
e intanto provano a farselo un po’ amico
è soltanto da azioni come questa,
contate a minuzie, a miriadi, a infinità,
che alla fine di tutte le rincorse
forse anche il mondo potrà essere salvato.
In entrambi i componimenti, la chiusa cerca una via di fuga nel senso ultimo, nel riappropriarsi dell’eterno fuggente. Questo chiudere il discorso che sbocciava, ripiega di quel tanto che basta le poesie perché il lettore senta che qualcosa gli è stato tolto: e dunque la possibile astrazione nella descrizione del reale, diviene narrazione e la tensione cade”.
Cosa può oggi dire il poeta, senza che il presente vissuto divenga immancabilmente presente narrato?
Non gli resta che l’ “indicenza”, non può che lasciare alla parola l’auto-disvelamento. Altrimenti avremo la morale. Altrimenti saremo scivolati nell’attimo passato, non saremo più a dire l’accadere, ma lo staremo descrivendo.
La poesia che oggi non si ponesse questo problema – se dovessimo fare un paragone con le arti figurative – ci apparirebbe come un dipinto impigliato nella tela.
Il verso avrà dunque tolto la parola al poeta.
Non si tratta perciò di svelare alcun mistero, ma di lasciarlo emergere: soffermarsi nel ventre polifonico della realtà, e ascoltare.
La poesia deve poter raggiungere, attraverso le tempeste dei rapporti umani, delle profonde disarmonie, il nucleo luminoso della parola: attraverso la confusa sovrabbondanza delle parole raggiungerne il nucleo, il seme luminoso. Cantare il silenzio dentro la parola, che significa illuminarla.
In questo il poeta impara che originale è chi affronta il percorso verso il nuovo come nostos, ritorno ab origine (per dirla in forma d’ossimoro): ove la parola nuda si riempie del presente perché il poeta non cerca di piegarla, ma le permette di risuonare.
Non è forse sempre stato così, per ogni tempo? Cosa ci fa dire a distanza di secoli che i versi di Saffo
“il prato delle cavalle
è in germoglio di fiori primaverili,
dolce soffia la brezza…”
ἐν δέ λείμων ἰππὀβοτος τέθαλε
ἠρίνοισιν ἂνθεσιν, αἰ δ’ἂηται
μέλλιχα πνέοισιν
sono ancorati ad un eterno presente, se non quel permettere alla parola di “essere nel suo tempo”?
Ho scritto nell’introduzione alle Disfanie:
“Nei testi che qui seguono, non dobbiamo rincorrere nulla. Quanto deve essere, si mostrerà, mansuetamente, come un dono.
Il prefisso dis- (qui usato nel titolo che accomuna gli scritti, Disfanie) conferisce immediatamente alla parola la collocazione opposta: epifanie. E mentre l’epifania manifesta sulla superficie del foglio un’immagine da noi riconoscibile del mondo, proiettandola fuori in un attimo, la disfania si colloca nell’intervallo tra due manifestazioni epifaniche: facendoci intravedere, del mondo come lo conosciamo (come crediamo di conoscerlo) l’aspetto caotico ed essenziale, mai disgiunto e mai veramente opposto. Ecco perché in disfania leggiamo allo specchio epifania, ed ecco perché come Narciso vedremo la nostra immagine riflessa e deflessa, e sentiremo il bisogno di fonderci in essa.
Dal fondo, sull’acqua mobile, si vanno formando contorni conoscibili: poi una brezza, una foglia caduta da chissà dove movimenta la pellicola-superficie, l’immagine si spezza, sembra persa per sempre. È il momento della disfania, prima che l’immagine si ricomponga. Lì la realtà si è completata, ha fatto un giro intorno al proprio asse”.
Cosa è successo alla realtà
Quando il Novecento ha rotto con il secolo precedente, inaugurando la poetica del frammento, l’uomo si è trovato dinnanzi una realtà mutata. Facciamo conto che il reale sia un foglio bianco. Ma questo foglio è piegato, come si usa fare con gli origami, così che alcune porzioni siano celate, inaccessibili apparentemente, e l’uomo si trovi a camminare inconsapevole solo su una porzione di questo foglio, come sopra un ventaglio chiuso. Gli artisti, agli inizi del secolo scorso, hanno iniziato a percepire delle fessure; camminando, inciampavano. Hanno detto che la realtà era frammentaria, e l’hanno riportato nei loro scritti, sulle loro tele, nelle loro composizioni.
Giovanni Boine, senza aver mai dato un titolo omogeneo alla sua opera (fu l’amico Mario Novaro a raccoglierne il materiale, conferendogli il titolo di Frantumi) cerca di rappresentare questa frammentarietà anche nella forma grafica, oltre che nei temi:
“1) Talvolta quando al tramonto passeggio stanco pel Corso (ch’è vuoto), uno che incontro dice, forte, il mio nome e fa: “buona sera!”.
Allora d’un tratto, lì sul Corso ch’è vuoto, m’imbatto stupito alle cose d’ieri e sono pur io una cosa col nome.
2) Quando ti stringo la mano e tu ripigli sicuro il discorso di ieri, non so qual riverbero giallo di ambigua impostura colori di dentro l’atto di me che t’ascolto. Fingo d’essere con te e non ho cuore a dirti d’un tratto: “Non so chi tu sia!”. Amico, in verità, non so chi tu sia.
E come tu vuoi ch’io rinsaldi l’oggi all’ieri labbra d’abisso, ferita divaricata all’infinito?”
Etc. etc…
*
Sacrosanto sentire, sacrosanto e angoscioso sentire. Perché il mistero della realtà certa, divenuta lacerto, apre ferite. Si vuol capire, e la fede diviene “il doloroso ceppo della fede”, che non spiega, non spiana i frammenti su cui l’uomo scopre un bel dì di procedere (verso dove?).
Oggi l’artista ha intravisto che le stesse fessure d’inciampo erano in realtà fenditure, e che in queste viveva la realtà stessa, e probabilmente la stessa realtà – celata ma non invisibile.
Scrive D. H. Lawrence, nella sua poesia “Snake” (Serpente) del 1923:
(…)
E non appena ficcò la testa dentro quel buco orrendo,
e non appena si distese piano, serpeggiando il proprio dorso, ed entrò più in fondo,
una specie di terrore, una sorta di protesta contro il suo ritrarsi nell’orrendo buco,
il dirigersi apposta nell’oscurità, e trascinarsi piano,
mi sopraffece ora che mi girava le spalle.
Mi guardai intorno, deposi la brocca,
presi un sasso pesante
e la gettai nella vasca con uno schianto.
Non lo prese credo.
Ma improvvisamente quella parte di lui rimasta indietro si scosse con indecorosa foga.
Si contorse come un fulmine, e si perse
dentro il buco nero, nella fenditura slabbrata del muro,
dove, nell’acceso mezzodì, stetti come affascinato.
(…)
[trad. C. Catapano]
L’autore qui usa il termine “fissure”, fessura – crepa: che mi permetto di tradurre con “fenditura”, perché a mio avviso ci troviamo di fronte ad un primo esempio di poesia in cui si allude all’indicenza del mistero come oggi lo percepiamo. La fenditura oscura contenente lo stesso reale. E il poeta è il suo testimone.
Scrive Pavel Florenskij nel saggio sull’icona Le porte regali:
“Ma il suo tempo (quello del sogno, n.d.a), cioè il suo carattere fondamentale, procede capovolto rispetto a quello che costituisce il mondo visibile.”
Non due tempi, non due mondi: un tempo-contemporaneo e capovolto, esistente contemporaneo all’altro.
Certo qui Florenskji ci parla del sogno, ma quanto ci accingiamo a raccogliere nella sfera del reale, poeticamente, è intrinsecamente la stessa cosa, spogliata di simboli.
*
Giorgio Linguaglossa ha scritto nel 2016 dei versi, che hanno per la prima volta in modo inequivocabile in Italia forato il velo di separazione tra spazio sacro e profano della poesia. Hanno cioè mostrato che non c’è più fuori e dentro, e che il poeta deve prendersi il carico di ridare alla parola la sua sonorità espressiva reale (e non sopra o sotto il reale), disorientata da decenni di avanguardie, post avanguardie, retro avanguardie:
“…
Evgenja Arbugaeva. La sua casa in Siberia.
La porta dell’izbaè aperta sulla neve.
La Torre costruita con i prosperi e l’orologio da tasca.
Traffic of Sakurabana.
Steven Grieco-Rathgeb è là.”
Cosa succede qui? Il poeta non parla degli amici, non li cita dentro i suoi versi, ma permette che essi si trovino dentro i versi. Non parla di loro, ma li lascia invece emergere. Io ad esempio ricordavo che la poesia parlasse di fiori di ciliegio trascinati dal vento, sulla strada: rileggendola capisco che quel dato era reale, esistente nella fenditura tra “Traffic of Sakurabana” e “Steven Grieco è là”.
Va sottolineato che questo processo non solo non è semplice da realizzare, ma che “va fatto accadere”, perché significa ascoltare il reale, farlo emergere, togliersi dalla soglia per permettere alla poesia di entrare nel reale – e al reale di entrare nella poesia.
I poeti della NOE (con questa espressione, lo ribadiamo, non riconosciamo poeti affiliati al rito iniziatico di una ontologia estetica, ma tutti i poeti ricercatori della nuova realtà poetica in cui ci troviamo a scrivere) hanno colto e sviluppato negli anni le loro peculiari modalità di ricerca.
Nella poesia del 2004, “All’usignolo”, Steven Grieco-Rathgeb scrive (originale in inglese, trad. C. Catapano):
Nessuno di te meglio canta
il canto inoriginato
– no laringe, gola, lingua –
è un incendio
propagandosi!
e per quanto desiderata la sua scintilla
è una scintilla appena,
insidia alla desolazione
che quieta
il tumulto delle voci
il calpestio di onirici passi
così che nella notte
attonito
viene
questo suono illuminato
a dire infine
il suo, il nostro andare
sempre radioso, sempre in crescendo
sempre dimorante nel non-suono
natante percosso in disormeggio,
indifferente nella deriva oscura
per noi soltanto
*
E ancora nella poesia Quando il treno rallenta a Settebagni
“…
quaggiù, in quest’ombra lumen
un oleandro fiorito da sempre
ed intensamente il mio volto cieco
mi sembra rotto, selvaggiamente isolato,
ma è solo il suo porsi fiorito da sempre,
solo il suo porsi, adesso, in piena
assorta fioritura, espressione
del profondissimo buco del mondo
da cui a nuoto risalgono l’acqua buia
meravigliosamente limpida
nostre parole sussurrate
da labbra come
esseri viventi…”
Anche qui, come nell’esempio della poesia di Linguaglossa, avvertiamo che qualcosa è successo alla realtà della poesia, che veniamo spinti continuamente indietro mentre cerchiamo di proseguire la lettura; siamo costretti a continui ritorni, e ciò che vorremmo ci arrivasse diretto, dobbiamo ad ogni verso riconquistarlo.
Questo spezzare il verso, che non è più frammento, permette di penetrare nelle fenditure, permette all’indicenza di emergere all’interno della parola. Non il senso del reale, ma il reale stesso si affaccerà, lì dove il poeta ha lasciato un varco.
Scrive la poetessa greca Ioulita Iliopoulou [da To spìti, La casa ypsilon-biblìa, 2012, trad. C. Catapano]:
Nelle poesie della Iliopoulou l’oggetto poetico diviene soggetto, e la narrazione è solo apparente.
Vibrano le parole, permettendo al reale di accadere nello spazio già sacro, oggi aperto, divaricato presente. Il verso non-verso allude alla prosa, senza agguantarla, volutamente. Ci informa che oggi poesia è risveglio della parola che avanza in forme che non si possono identificare con la prosa poetica. Anche Katarina Frostenson, all’estremo opposto d’Europa, respira la stessa aria rarefatta.
*
OSCURITA’. Una bianca montagnuccia sgualcita, sottile come carta di riso. La vita di ognuno. Soffia il vento e si solleva piano, superficie, superficie… Fino a che si modellano un triangolo, un rombo, un rettangolo. La casa. Tre mura e al centro il burattinaio – tu? – quasi privo d’espressione, sopra uno sgabellino basso. Accanto a lui penzolano stringhe marroni. Le lega attorno alle gambe, ben bilanciato, solleva davanti a sé la bambola, se stesso. Lei sorridente, in abito da cerimonia inizia il rituale. Disegna piano piano cerchi con le mani, avanzando pesta i piedi. Raggiunge una piccola pentola di rame, afferra una minuscola tazza di porcellana e la riempie di tè bollente. Poi, seguendo un ritmo sordo, lo offre. A chi? Di sorpresa s’accendono le luci. Resta vuota la scena. Gli spettatori s’alzano nell’imbarazzo e iniziano ad andarsene. In fondo al corridoio, poco prima dell’uscita, chino suoni con uno strumento a tre corde il ritmo di prima. Mi guardi. Per la prima volta. Qualcuno batte dal piano superiore, quasi piantassero chiodi. Mi desto. Per il molto caldo, l’aria lacrima.
ABBASSANO LE PALPEBRE – persiane sottili in fioca luce – e si addormentano le case. Una fila che si tinge di profondo blu e silenziosa piano scivola, sempre più profondamente nel ricordo. Attendi. Vecchi battenti li percuoteva il vento, ora riposano sopra un tavolino d’antiquario, accanto a una piccola cassapanca in legno e in mezzo a due lampade spente. Polvere, polvere dappertutto e pezzi di ricambio. Si monta pezzo pezzo, robusta, la vita. Lenti, cavalletti, uno sgabelluccio con le rotelle – che girano ancora -, una porta, che però non chiude nulla, con dipinti due uccelli, valige, una cappelliera… Lacci di cuoio, fogli scritti, color marrone, francobolli. Attendi… E poi come un cane scegli il tuo guinzaglio e ti allontani. Nomade e senzatetto di un’altra notte.
LETTO con volta stellata, matrimoniale, che significa: realmente casa. Distendi le coperte bacio. Un’incertezza musicale che sempre le mani lasciano sulla pelle perché la si cancelli; pochissime vene azzurre portando l’acqua della luna. Bevi. Io dissetata.
LE STRADE S’INCONTRANO, diresti, inaspettatamente, in un giardino piccino. Punto di fuga, i cui petali hanno aperto una melodia. E arrivano. Farfalle effimere – case dei forestieri che ho amato profondamente. In qualunque luogo. E io unicamente so come tornare assieme a te nella notte. Salgo la scala, cerco il numero. La porta s’apre, le basta il tuo nome chiave. Le poltrone, il letto, le finestre – con sempre un po’ di mare in fondo -, sussurri, e in mezzo quanto di più ardito mai inventarono gli uomini innocenti, il bacio. Tuo. Una sottile catena d’oro la banda che passa, e la “Bella Venecia” amaranto e solitaria, ad ascoltare. Soffi il vento a forma di cuore e lo assicuri vicino al soffitto, con un nastro sottile. All’alba chiudi a chiave la porta. Piano si spostano le strade e il giardino azzurro entra nel vaso. Poi, a casa suona sempre il telefono. – Dalla “Bella Venecia”, dice una voce di donna, avete scordato un palloncino nella vostra stanza. – A sì, rispondo timidamente, apra per favore la finestra e lo lasci andare…
CASA DI QUANTE STELLE la notte? Con una zattera inchiodata all’albero del cortile per i tuoi viaggi. Correnti blu intenso dei cieli con l’ostinato tik-tak invisibile, eccetto il tempo da computare: errori errori errori. Parole con spirito aspro e perispomene, dove ancora ingannasti te stesso. Con veste straniera abiterai per finta i tuoi sogni veri. Poi cadrai sulle ginocchia, bambino di otto anni in una scuola inabitabile. Tutti intorno strepitano. Due ragazzini si fronteggiano. Uno grida: “Maestra, maestra, corre sangue, sangue le dico!” Lei indifferente continua a correggere con inchiostro rosso: ἒροτας con ω. Ancora una smentita! Da scrivere cento volte, sigla e chiude il quaderno. Fine della ricreazione. La zattera continua a farti viaggiare. In questa ω.
CASA SOTTERRANEA che odora di terra. Una vecchia sola al suo interno, sistema bicchieri con un liquore al caffè e altri vuoti, sopra il tavolo. Poi, molto tardi travasa il liquido da bicchiere a bicchiere, due, tre, quattro, cento volte. La fermentazione del tempo richiede pazienza, parla da sola, come l’uva. Poi siede stanca a bere la bevanda che ha preparato. Fuori per strada pedoni procedono in fretta. Solo un poco si vedono le loro scarpe dalla finestra. Dove nessuno si gira a guardare. Peccato, non sono venuti i bambini, pensa. La raggiunge il sonno sulla sedia. Anche stasera. Come sempre.
PAESAGGIO? Non orizzonte, cielo o terra. Solo un azzurro vento serrato. Due volti vicinissimi e dopo il contatto dolce delle labbra. Il bacio, antichissimo, continui a vivere più nuovo. Dove nessuno poté mai descriverne l’estensione. La casa di questo amore. Nostro.

pseudo Haiku di Lucio Mayoor Tosi
In un mio recente lavoro inedito, La stanza del Poeta, tento di movimentare la superficie poetica, creando rallentamenti e accelerazioni, così che la parola liberi la realtà, facendola succedere
Nella stanza del Poeta
I
Qualcosa si muove
non il mattino
dentro la luce
Qualcosa
di più ripido
dentro il senso della luce
si muove come un gatto nella penombra
e dispiega ali enormi.
La stanza sente solo il respiro del Poeta.
Un io, nudo
davanti la finestra socchiusa
la neve
nel muoversi di qualcosa
di silenziosa eloquenza
tra le case e le strade edificate in 22 metri quadri
Quel che si muove
si muove
senza cura per me
la sigaretta
il caffè sul tavolino,
ma del silenzio filtrato dalla coscienza
poco prima, dopo il rianimo.
La mano ferma sulle lenzuola.
Sono spariti tutti i fogli
con le parole
come da un cespuglio
librarsi
di centinaia d’insetti,
Così qualcosa
si è mosso
e si muove
tra me e il Poeta
prima di me prima del Poeta,
Un dialogo
di voci silenziose, muoversi fuori dai fogli
che non esistono più.
E la mano ferma, le lenzuola.
*
Tutto ciò è parte di un sentire, lo Zeitgeist, che aleggia e violenta gli animi, cerca varchi-poeti, cerca presenza, martiri-artisti che nominino perché ciò che esiste, sia, ancora. Senza simboli, senza deviazioni, senza morali (che valgono per il tempo di un tempo solo).
Katarina Frostenson (1953) ne La fonte del suono riesce magistralmente a far scaturire il reale presente, attraverso un continuo tirare il lettore come al morso, lo fa tornare e tornare ma sempre spostandolo, così che lui sia costretto a restare, non possa fuggire dall’attimo
[La fonte del suono, Crocetti, 2011, trad. Enrico Tiozzo]
A
(Artemide avvista Atteone)
Lo vidi, mentre era sul punto di vedermi
nella superficie dell’acqua, la fonte –
: E se lui l’aveva vista, l’aveva fatto: se lui la vide senza
che lei vedesse Che lui la vide che stava là nella fonte, nuda –
la schiena, il bordo della spalla, la faretra bianca Se lui la vide
voltarsi come per un suono ed esporsi pura, farsi del tutto
visibile Celarsi poi, con solo il bianco ovale in alto
sopra gli altri Ma veduta Lo sguardo che si allargava,
il brivido sulla faretra
Lo vidi quando mi vide adesso vedo
Comincia in alto, come uno spruzzo, una macchia bruna: la
ruga, la pezzatura bianca Galleggia verso un campo,
campo oltre la visuale Orecchio teso
– Tutto il suo bruno, il suo bruno invisibile adesso Non il
petto, il garrese, le spalle, gli zoccoli, le unghie Luogo
più in alto-disteso … fuori
(suono dalla bocca)
*
Donatella Costantina Giancaspero crea una rete invisibile, in cui il reale si mostra passato-presente-futuro, contemporaneamente. Aleggia vibrando nelle intercapedini tra parola e parola, permette il varco. E mentre il lettore segue il senso, i versi lo riconducono all’in-detto, al celato vivente dentro la parola:
È domani
Eppure è già domani
a quest’ora fonda
della notte,
quando nei condomini
i muri, che separano vita
da vita, hanno spessori
di silenzio
e dalle strade il buio
rimanda rare sirene,
eco sorda di macchine.
S’impiombano attoniti,
nel vuoto, i binari
della metro di superficie.
È domani,
e non vale la veglia
ostinata, non servono
i rituali del fare
a prolungare l’oggi.
Questo domani,
questo tempo muto, scattato
da una combinazione di lancette,
cielo acerbo, sospeso
sulla zona franca
del sonno, dove, ignoti,
già tanti destini si compiono,
questo è l’oggi.
Tra poco, la notte sbiadirà
in un brusìo di appannati risvegli
e frulli, alle finestre, cinguettii,
di luce in luce più canori,
fino al sole pieno,
puntato sulla città.
E sarà azzurro,
azzurro estremo,
impietoso, nel suo occhio
fermo, astratto dagli occhi,
dissuasi, volti altrove;
perché altrove li volge
questo Tempo acuminato:
dov’è vita ferita che dispera
la vita, nei quotidiani martìri,
nelle morti suicide per dignità
negata, nelle stragi,
ai tribolati confini,
dove affonda il cuore
e la notte
di un altro domani.
*

negli spazi tra gli uomini e le cose, lascia emergere da lì il mondo, come relazione disunente, disfanica anch’essa [Chiara Catapano]
Lucio Mayoor Tosi, l’ho già scritto in diverse occasioni, racconta ciò che avviene negli spazi umani, negli spazi tra gli uomini e le cose, lascia emergere da lì il mondo, come relazione disunente, disfanica anch’essa, se vogliamo usare questo nuovo, felicissimo conio. Apre il racconto che si fa da sé, mentre l’io sparisce, trasferito dal salto di elettroni, propagato, raccolto dal reale che non è più un fuori, un “altro da sé”.
Lucio Mayoor Tosi
Tra di noi
Nessuno ci aveva avvertito, nessuno sapeva. Fu in prossimità della Luna Che cominciammo a dire parole senza senso, per Di Più cantando. Tutta colpa della gravità musicale Che Ronza Attorno al pianeta serra.
Stai sorridendo. Chi, io? Sì tu. Già, sorrido.
C’è qualcosa di Pericoloso su questo pianeta. Non Sarà stupefacente?
Com’eravamo ingenui!
L’infinito volo della farfalla Sfuma Nel tinello di una casa condominiale, e dentro l’acciaieria il bianco della sposa; la guancia di tuo figlio mentre solo scrivi e ti accarezzi la fronte infinita sponda, luce del mattino e richiamo delle cose come onde, come Tra le onde il pudore del mare.
Nasco e muoio Tra il collo e le scarpe. Il collo per i colpi ricevuti, le scarpe Perché Già lo so Che saran di me l’ultima parte che se ne andrà. Qui la morte abbonda, non è Una rarità. La vita è breve e il tempo oscilla, d’un tratto son cinque anni, poi Cinquanta.
Affonda Nel lavoro lo sterco della povertà. Perdona se l’epoca è questa ma son centinaia d’anni Che aspettavo. Non si muore in eterno.
Come bolle d’aria nel vento, come sguardo senz’occhi, Nella matematica pura e l’economia del dare.
E tu che Camminando danzi? Io no. Tu, sì. E’ il Corpo: come mi sta? Come ti senti?
Mi tremano le gambe, tremo all’idea, tremo alla voce. Scrivere è come non voler Parlare, come Quando mi venivi in mente.
(Candia Lomellina, gennaio 2015)
Ecco un altro diversissimo modo di procedere nel comune cammino della nuova ontologia estetica. Prendiamo ad esempio questa poesia che un istante fa Gino Rago mi ha inviato alla mia email. Si tratta di un suo personalissimo modo di fare «nuova poesia ontologica», prende in prestito da Ewa Lipska quelle sue lettere (poesie) del libro Cara Signora Schubert (2015) ed intavola un triplice dialogo con Ewa Lipska e con il sottoscritto; ne deriva una spaesante disfania, una dicotomia, una aporia, una labirintite, un mix di frasari e anti frasari, di domande e di risposte… Incredibile, la «nuova poesia» nasce in diretta, direttamente nelle colonne della rivista, una poesia colloquio, che pensa, che pone domande, che tenta delle risposte, che interloquisce, che cerca interlocutori. Questa è per me la poesia del nostro tempo…
Gino Rago
Penultima Lettera da Varsavia
Il Destino [Alla maniera della NOE]
“Cara Signora Schubert,
(p.c. Caro Signor Giorgio Linguaglossa)
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/03/24/chiara-catapano-dalla-disfania-allindicenza-della-parola-poetica-loriginalita-come-nostos-ritorno-allorigine-con-poesie-di-d-h-lawrence-giorgio-linguaglossa-steven-gr/comment-page-1/#comment-33024
Lei pensa al destino e si chiede:
«Perché soltanto adesso e non prima?
Perché proprio dopo la svolta a destra
e non dopo la svolta a sinistra?
Perché deve o perché non deve?»
[…]
Cara Signora Schubert,
(p.c. Caro Signor Giorgio Linguaglossa)
non incalzi il destino,
non lo inciti , non lo alletti, non lo invogli.
«Perché ?», Lei mi chiede, «Mi dica perché…».
«Perché il destino è un proprietario terriero.
Accumula beni e amore, fuoco e morti senza distinzione,
e non conti sul fatto che prima o poi il destino
andrà fuori corso, il destino è un cambiavalute,
in un modo o nell’altro, si accomoderà al nuovo corso.
[…]
Cara Signora Schubert,
(p.c. Caro Signor Giorgio Linguaglossa)
anche Antipatro di Sidone disse:
«Il destino non diventerà mai moneta inutile,
non perderà mai, vincerà ogni sconfitta».
«Perché? Mi dica perché…»
[Lei giustamente insiste]
«Perché,
[ed è così per Lei, per me, per Giorgio Linguaglossa]
il destino accosta sempre all’orecchio le domande per il futuro».
[…]
Cara Signora Schubert,
(p.c. Caro Signor Giorgio Linguaglossa)
La nostra comune amica di Vienna mi parla spesso di Lei.
Mi dice che Lei, Signora Schubert, non sta affatto bene.
Mi perdoni se La affatico ma ho bisogno di scriverLe
[come pochi conosce il fluire del tempo che distrugge
i moti dell’animo umano].
Con Lei potrei parlare delle ostilità dell’esistenza,
degli enigmi della vita, dei suoi labirinti
[per esempio, alla fiera degli stracci un rabbino parla di Lilith.
E tanti intorno fanno finta di credergli.
Una suora più in là vende calendari di frate Indovino].
[…]
Cara Signora Schubert
(p.c. Caro Signor Giorgio Linguaglossa)
Ieri ho fermato quell’uomo che mi tormenta. Passa da qui ogni mercoledì
[mi fissa negli occhi e prosegue]:«Chi sei? Cosa porti nella borsa?»
«Sono un poeta. Nella borsa porto il mio destino
per indirizzi ignoti, letti d’alberghi, strade spaventate.
Anch’io avevo un nome ma non lo ricordo più,
il destino ha lasciato quel nome sull’acqua del fiume.
Nei caffè di Varsava ora tutti mi chiamano
“il-poeta-santo-bevitore”.
È questo nome ora è il mio destino».
[…]
Caro Signor Giorgio Linguaglossa, Cara Signora Schubert,
se non a Voi due a chi potrei dire
che le città che lasciammo ci inseguono?
Appunti critici apparsi sulla Rivista L’Ombra delle parole sulla poesia di Mario M. Gabriele
*
1) La musa degli stracci. Poesie di Gino Rago, Commenti e poesie di Pier Aldo Rovatti ecc. del 15. 2.18. (Con un ampio resoconto critico di Giorgio Linguaglossa sulla poesia di Mario M. Gabriele).
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/02/15/la-musa-degli-stracci-poesia-di-gino-rago-commenti-e-poesie-di-pier-aldo-rovatti-andrea-emo-donatella-costantina-giancaspero-mauro-pierno-iuri-lombardi-anna-ventura-giorgio-linguaglossa-wil/
2) L’aporia del presente nella poesia di Mauro Pierno e di Donatella Costantina Giancaspero. Riflessioni sulla nuova poesia di Gino Rago, Lucio Mayor Tosi, Mario M. Gabriele, Giorgio Linguaglossa, Salvatore Martino.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/12/23/laporia-del-presente-nella-poesia-di-mauro-pierno-e-di-donatella-costantina-giancaspero-lingresso-del-fattore-t-nella-poesia-della-nuova-ontologia-estetica-il-tempo-viene-messo-in-sc/
3) L’estraneazione è la categoria base della nuova poesia. Poesie di Donatella Costantina Giancaspero, Mario M. Gabriele, Carlo Livia, Giorgio Linguaglossa.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/02/21/lestraneazione-e-la-categoria-base-della-nuova-poesia-pensieri-e-poesie-di-donatella-costantina-giancaspero-mario-m-gabriele-carlo-livia-gino-rago-giorgio-linguaglossa-salvatore-marti/
4) Steven Grieco Rathgeb. Disfanie. Poesie e Prose. Il concetto di esperienza nelle disfanie. (ultimo commento di Giorgio Linguaglossa) 11.3.18.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/03/11/steven-grieco-rathgeb-disfanie-poesie-e-prose-selezione-e-introduzione-di-chiara-catapano-un-nuovo-modo-di-intendere-lagire-poetico/
5) Gino Rago e Mario M. Gabriele sull’Antologia di poesia dell’Epoca della Stagnazione Spirituale.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2016/10/17/gino-rago-e-mario-m-gabriele-sullantologia-di-poesia-dellepoca-della-stagnazione-spirituale-come-e-finita-la-guerra-di-troia-non-ricordo-roma-progetto-cultura-2016-pp-352-e-18-a-cura-di-gior/
6) La Nuova Ontologia Estetica. Contro le accuse di redigere manifesti, organizzare Gruppi, movimenti, tesi. 14 2 18
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/02/11/la-nuova-ontologia-estetica-contro-le-accuse-di-redigere-manifesti-organizzare-gruppi-movimenti-tesi-decaloghi-avanguardie-retroguardie-etc-noi-diciamo-semplicemente-che-vogliamo-rimettere-in/comment-page-
7) Una favola di Mariella Colonna. Poesie di Mario M. Gabriele da In viaggio con Godot. 15 marzo 2018.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/03/15/una-favola-di-mariella-colonna-poesie-di-mario-m-gabriele-da-in-viaggio-con-godot-2017-di-yang-lian-e-di-silvana-palazzo-da-la-mia-faccia-senza-trucco-2018-scarti-stracci-e-citazioni-a-cura-d/
8) Sulla differenza tra oggetti e cose del 6 marzo 2018. (poesia Il decalogo con traduzione in inglese di Adeodato) Gli oggetti le cose e le parole. Poesia di Mario M. Gabriele.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/03/06/sulla-differenza-tra-oggetti-e-cose-poesie-e-commenti-di-osip-mandelstam-eugenio-montale-adam-zagajewki-gino-rago-carlo-livia-guglielmo-peralta-luigina-bigon-rossana-levati-giuseppe/
9))Poesie di Paolo Valesio, Daniela Marcheschi, Giorgio Linguaglossa del 3.3.2018.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/03/03/poesie-di-paolo-valesio-daniela-marcheschi-giorgio-linguaglossa-letizia-leone-mariella-colonna-mario-m-gabriele-lucio-mayoor-tosi-lindebolimento-delle-parole-il-frammento-e-la-dimora-dell/
10))L’estraneazione è la categoria base della nuova poesia. Pensieri e poesie di Donatella Giancaspero. 21.2.18.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/02/21/lestraneazione-e-la-categoria-base-della-nuova-poesia-pensieri-e-poesie-di-donatella-costantina-giancaspero-mario-m-gabriele-carlo-livia-gino-rago-giorgio-linguaglossa-salvatore-marti/
11))Critica della ragione sufficiente-verso una nuova ontologia estetica.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/02/19/critica-della-ragione-sufficiente-verso-una-nuova-ontologia-estetica-roma-progetto-cultura-2018-pp-512-e-21-lettura-critica-di-mario-gabriele-oltre-il-limite-elegiaco-e-alcyonesco-della-poes/
Con una nota critica di Mario M. Gabriele. 19.2.18.
4)La Musa degli stracci. Poesia di Gino Rago….. 15.2.18.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/02/15/la-musa-degli-stracci-poesia-di-gino-rago-commenti-e-poesie-di-pier-aldo-rovatti-andrea-emo-donatella-costantina-giancaspero-mauro-pierno-iuri-lombardi-anna-ventura-giorgio-linguaglossa-wil/
12)) Salvatore Martino. Sintesi critica su Salvatore Martino. Presentazione di Mario M. Gabriele.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/02/02/salvatore-martino-poesie-sintesi-critica-su-autoantologia-cinquantanni-di-poesia-progetto-cultura-2014-pp-1000-e-25-presentazione-critica-di-mario-m-gabriele/
13) La nuova poesia di Mario M. Gabriele.Poesie inedite di Mario M. Gabriele, Adeodato Piazza Nicolai 25.8.2017.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/08/25/la-nuova-poesia-poesie-inedite-di-mario-gabriele-mariella-colonna-adeodato-piazza-nicolai-giorgio-linguaglossa-con-dialoghi-e-commenti-tra-lucio-mayoor-tosi-donatella-costantina-giancaspero-mari/
14)Questionario a cura di Giancarlo Stoccoro.Otto domande da poeti e prosatori alla corte dell’ES. 22.11.2017.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/11/21/questionario-a-cura-di-giancarlo-stoccoro-otto-domande-da-poeti-e-prosatori-alla-corte-delles-animamundi-edizioni-2017-pp-320-e-18-con-una-risposta-alle-domande-di-giorgio-linguaglossa-con-due/
15) Mario M. Gabriele In viaggio con Godot, 17 e 21 Novembre 2017.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/11/17/mario-gabriele-poesie-scelte-da-in-viaggio-con-godot-progetto-cultura-2017-con-un-commento-impolitico-di-giorgio-linguaglossa/
16) La poesia ologrammatica di Mario M. Gabriele, Un orizzonte posizionale di lettura del mondo degli eventi.
https://lombradelleparole.wordpress.com/tag/orizzonte-posizionale/
17) Il declassamento ontologico del Soggetto parlante.
https://lombradelleparole.wordpress.com/tag/soggetto-parlante/
18) Il treno del tempo.”successione”, salto in avanti, salto indietro, cambiamento, continuità, discontinuità, interruzione, ripresa, reversibilità, irreversibilità.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/12/23/laporia-del-presente-nella-poesia-di-mauro-pierno-e-di-donatella-costantina-giancaspero-lingresso-del-fattore-t-nella-poesia-della-nuova-ontologia-estetica-il-tempo-viene-messo-in-sc/
19) Una riflessione sulle immagini nella poesia di Mario M. Gabriele.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/02/23/la-nuova-ontologia-estetica-mario-m-gabriele-una-poesia-testamentum-inedito-le-parole-con-le-quali-e-scritto-questo-rogito-testamentario-sono-fantasmi-linguistici-rottami-spezzoni-frammenti-che/
(Gli interventi sono apparsi su L’Ombra nei mesi di dicembre 2016 e febbraio 2017)
20) Una ermeneutica psicologica. L’azione letale del significante con l’analista.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/09/29/una-ermeneutica-psicologica-lazione-letale-del-significante-nel-linguaggio-poetico-di-sessioni-con-lanalista-1964-1966-opera-edita-nel-1967-di-alfredo-de-palchi/
21) Franco Fortini. Poesie da l’Ospite ingrato del 18.12.2017.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/12/18/franco-fortini-1917-1994-poesie-da-lospite-ingrato-1986-e-una-poesia-da-composita-solvantur-1994-dallimpegno-alla-fine-della-poesia-impegnata-dagli-anni-sessanta-agli-ottanta-commento-di/
22) L’aporia del presente nella poesia di Mauro Pierno del 23 12 2017 (Colonna).
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/12/23/laporia-del-presente-nella-poesia-di-mauro-pierno-e-di-donatella-costantina-giancaspero-lingresso-del-fattore-t-nella-poesia-della-nuova-ontologia-estetica-il-tempo-viene-messo-in-sc/
23) La precarietà del Moderno. L’oblio della memoria e il Grande Progetto.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/04/17/la-precarieta-del-moderno-la-perdita-della-memoria-e-il-grande-progetto-per-la-poesia-italiana-dibattito-a-piu-voci-intorno-alla-nuova-ontologia-estetica-mariella-colonna-giorgio-linguaglossa-gi/
24) Il sasso nello stagno di An.gre. Mario M. Gabriele L’Erba di Stonehenge.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/01/16/angela-greco-fuori-le-mura-poesie-inedite-con-una-nota-critica-di-mario-m-gabriele-un-appunto-di-giorgio-linguaglossa-sulla-rappresentazione-e-una-riflessione-dellautrice/
25) Intervista senza domande a Mario M. Gabriele a cura di Flavio Almerighi.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2016/09/30/intervista-senza-domande-mario-m-gabriele-lerba-di-stonehenge-roma-progetto-cultura-2016-a-cura-di-flavio-almerighi/
26) Implantologia lessicale su Francesca Dono 14 poesie inedite
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/01/14/francesca-dono-quattordici-poesie-inedite-la-carta-da-parati-con-un-commento-impolitico-di-giorgio-linguaglossa-la-poesia-dopo-la-fine-della-modernita-la-nuova-poesia-ontologica/
27) 69 risposte a Steven Grieco. Appunti per un frammento.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2016/12/03/steven-grieco-rathgeb-appunti-per-una-difesa-del-frammento-il-frammento-in-una-poesia-di-steven-grieco-rathgeb-da-entro-in-una-perla-mimesis-hebenon-2016-commento/
28) Scomposizione e ricomposizione del frammento (Nonna Eliodora)
https://lombradelleparole.wordpress.com/2016/04/18/scomposizione-e-ricomposizione-dei-frammenti-di-due-poesie-di-steven-grieco-rathgeb-e-mario-m-gabriele-ad-opera-di-ubaldo-de-robertis-e-giorgio-linguaglossa-con-un-commento-di-questulti/
29) Letizia Leone. La Nuova Ontologia Estetica. 2 poesie di Mario M. Gabriele e Giorgio Linguaglossa.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/04/15/letizia-leone-la-nuova-ontologia-estetica-due-poesie-di-mario-gabriele-e-giorgio-linguaglossa-con-un-commento-aggiunto-di-giorgio-linguaglossa/
30) Pensiero di Mario M. Gabriele sul frammento Poesie di Mario M. Gabriele
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/04/22/mario-m-gabriele-a-proposito-del-frammento-esemplificazione-e-racconto-della-propria-poesia-dal-punto-di-vista-del-frammento-con-poesie-da-in-viaggio-con-godot/
31) Intervista di Mario M. Gabriele. Dialogo tra M.M.G. e Giorgio Linguaglossa.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2016/04/05/intervista-a-mario-gabriele-dialogo-tra-mario-gabriele-e-giorgio-linguaglossa-su-alcune-questioni-aperte-la-caduta-delle-grandi-narrazioni-discorso-sulla-dissoluzione-dellorigine-del-fond/
32) Giorgio Linguaglossa 2 poesie il rinnovamento. Commento di M.M.G.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2015/09/19/due-poesie-di-giorgio-linguaglossa-il-rinnovamento-poetico-con-un-commento-di-mario-m-gabriele-a-proposito-della-rifondazione-della-forma-poesia/
33) La nuova Ontologia Estetica Mario M. Gabriele.Una poesia Testamentum.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/02/23/la-nuova-ontologia-estetica-mario-m-gabriele-una-poesia-testamentum-inedito-le-parole-con-le-quali-e-scritto-questo-rogito-testamentario-sono-fantasmi-linguistici-rottami-spezzoni-frammenti-che/
34)Dialogo tra Steven Grieco e Giorgio Linguaglossa sullo statuto del frammento.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2016/04/10/dialogo-tra-steven-grieco-rathgeb-e-giorgio-linguaglossa-sullo-statuto-del-frammento-in-poesia-con-una-composizione-esemplificativa-di-steven-grieco-e-mario-m-gabriele-la-realta-frammentata-il/
35)Sei poesie di Mario M. Gabriele da Ritratto di Signora. Citazione di Ubaldo De Robertis.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2015/09/03/sei-poesie-di-mario-gabriele-da-ritratto-di-signora-2014-e-un-burberry-azzurro-2008-con-un-commento-di-giorgio-linguaglossa/
36)30 risposte a Franco Fortini da L’ospire ingrato 1986. Del 18 12 2017.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/12/18/franco-fortini-1917-1994-poesie-da-lospite-ingrato-1986-e-una-poesia-da-composita-solvantur-1994-dallimpegno-alla-fine-della-poesia-impegnata-dagli-anni-sessanta-agli-ottanta-commento-di/
37) Mario M. Gabriele da Ritratto di Signora. Cara Juliet. Glossario terapeutico con un commento di Giorgio Linguaglossa.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2015/12/06/mario-m-gabriele-sette-poesie-da-ritratto-di-signora-2014-cara-juliet-piombo-fuso-glossario-terapeutico-con-un-commento-di-giorgio-linguaglossa-la-poetica-del-vuoto-del-dopo-il/
38) La nuova ontologia estetica. Poesie di Tomas Transtomer. Ewa Lipska.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/02/09/la-nuova-ontologia-estetica-poesie-di-tomas-transtromer-ewa-lipska-mario-m-gabriele-francesca-dono-fritz-hertz-donatella-costantina-giancaspero-giorgio-linguaglossa-commenti-di-gino-rago-g/
39) 20 Risposte a Donatella Giancaspero su la Nuova Ontologia Estetica. 7 gennaio 2017 (intervento di Giorgio Linguaglossa)
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/01/07/donatella-costantina-giancaspero-la-nuova-ontologia-estetica-due-poesie-con-una-riflessione-di-gianfranco-bertagni-per-unetica-del-pudore/
40) Collage di commenti del 13 febbraio 2018.Giorgio Linguaglossa. A proposito della poesia di Lucio Tosi.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/02/13/
41) La nuova ontologia estetica contro le accuse di redigere manifesti, organizzare gruppi.Tiziana Antonilli.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/02/11/la-nuova-ontologia-estetica-contro-le-accuse-di-redigere-manifesti-organizzare-gruppi-movimenti-tesi-decaloghi-avanguardie-retroguardie-etc-noi-diciamo-semplicemente-che-vogliamo-rimettere-in/comment-page-
42) La musa degli stracci.Poesie di Gino Rago. Critica della ragione sufficiente. Lettura critica di Mario M. Gabriele.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/02/15/la-musa-degli-stracci-poesia-di-gino-rago-commenti-e-poesie-di-pier-aldo-rovatti-andrea-emo-donatella-costantina-giancaspero-mauro-pierno-iuri-lombardi-anna-ventura-giorgio-linguaglossa-wil/
43) Crisi della poesia italiana post -montaliana.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2016/09/01/crisi-della-poesia-italiana-post-montaliana-il-grande-progetto-crisi-dello-sperimentalismo-crisi-dei-linguaggi-poetici-tardo-novecenteschi-rainer-maria-rilke-poeta-dellinvisib/
44) Sei poesie di Mario M. Gabriele da Ritratto di Signora con un commento di Giorgio Linguaglossa.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2015/09/03/sei-poesie-di-mario-gabriele-da-ritratto-di-signora-2014-e-un-burberry-azzurro-2008-con-un-commento-di-giorgio-linguaglossa/
45) L’estraneazione è la categoria base della nuova poesia. Pensieri e poesie di Donatella Giancaspero.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/02/21/lestraneazione-e-la-categoria-base-della-nuova-poesia-pensieri-e-poesie-di-donatella-costantina-giancaspero-mario-m-gabriele-carlo-livia-gino-rago-giorgio-linguaglossa-salvatore-marti/
46) Mario M. Gabriele a proposito del frammento. Esemplificazione con intervento di Alessandra Alfieri.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/04/22/mario-m-gabriele-a-proposito-del-frammento-esemplificazione-e-racconto-della-propria-poesia-dal-punto-di-vista-del-frammento-con-poesie-da-in-viaggio-con-godot/
47) Poesie di Donatella Giancaspero, Gino Rago, Letizia Leone, Mario M. Gabriele 12 06 2017.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/06/16/poesie-di-donatella-costantina-giancaspero-gino-rago-edith-dzieduszycka-letizia-leone-lucio-mayoor-tosi-mario-m-gabriele-anna-ventura-vari-stili-varie-scritture-poetiche-della-nuova-ontologi/
48) Laboratorio pubblico. Commenti e poesie. Ewa Lipska.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/09/23/laboratorio-pubblico-di-poesia-commenti-e-poesie-al-seguito-di-ewa-lipska-tra-mario-gabriele-giorgio-linguaglossa-donatella-costantina-giancaspero-carlo-livia-daniela-crasnaru-francesca-dono-fr/
49) Due poesie di Mario M. Gabriele da L’erba di Stonehenge con commento di Giorgio Linguaglossa.4 maggio2016.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2016/05/04/due-poesie-di-mario-m-gabriele-da-lerba-di-stonehenge-progetto-cultura-2016-con-un-commento-giorgio-linguaglossa-ho-un-libro-sotto-mano-di-salman-rushdie-imaginary-homeland/
50) La Nuova Poesia. Poesie inedite di Mario M. Gabriele, Mariella Colonna, Adeodato. 25 8 2017
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/08/25/la-nuova-poesia-poesie-inedite-di-mario-gabriele-mariella-colonna-adeodato-piazza-nicolai-giorgio-linguaglossa-con-dialoghi-e-commenti-tra-lucio-mayoor-tosi-donatella-costantina-giancaspero-mari/
51) A proposito della poesia erotica. Il senso abita il linguaggio.5.8.17
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/08/03/a-proposito-della-poesia-erotica-il-senso-abita-il-linguaggio-la-pulsione-sta-fuori-del-linguaggio-considerazioni-sulla-nuova-ontologia-estetica-poesie-di-margaret-atwood-francesca-dono-mario/
52) Per una ontologia relazionale. Poesie di Mario M.Gabriele 5 8 17.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/08/05/per-una-ontologia-relazionale-poesie-di-mario-gabriele-lucio-mayoor-tosi-mariella-colonna-dialogo-tra-franco-campegiani-e-giorgio-linguaglossa-la-verita-ha-valore-posizionale-il-nichilismo-e/
53) Mario M. Gabriele poesie sul tema della autenticità. In viaggio con Godot.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2016/12/30/mario-m-gabriele-poesie-sul-tema-dellautenticita-in-viaggio-con-godot-due-poesie-da-la-porte-etroite-2016-e-due-poesie-inedite-la-poesia-ologrammatica-di-mario-m-gabriele-com/
54) Franco Cordelli. A proposito della antologia del 1975 a cura di Alfonso Berardinelli.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/06/29/franco-cordelli-a-proposito-della-antologia-il-pubblico-della-poesia-del-1975-a-cura-di-alfonso-berardinelli-e-franco-cordelli-poesie-di-mario-m-gabriele-da-astuccio-da-cherubino-1978/
55) Scomposizione e ricomposizione del frammento di due poesie di Steven Grieco e Mario M. Gabriele.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2016/04/18/scomposizione-e-ricomposizione-dei-frammenti-di-due-poesie-di-steven-grieco-rathgeb-e-mario-m-gabriele-ad-opera-di-ubaldo-de-robertis-e-giorgio-linguaglossa-con-un-commento-di-questulti/
56) Analisi dei primi 4 versi di una poesia di Mario M.Gabriele
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/12/21/analisi-dei-primi-quattro-versi-di-una-poesia-di-mario-gabriele-quesito-di-donatella-costantina-giancaspero-qual-e-a-vostro-avviso-il-lato-debole-della-rivista-lombra-d/
57) 44 risposte.Intervista a Massimo Dona.
https://lombradelleparole.wordpress.com/tag/intervista-a-massimo-dona/
58) Carlo Livia.Sognare Dio con poesie…..
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/01/20/carlo-livia-sognare-dio-con-poesie-di-emily-dickinson-paul-celan-rafael-alberti-andre-breton-federico-garcia-lorca-amelia-rosselli/
59) 53 Risposte a poesie di Costantina Giancaspero.
https://lombradelleparole.wordpress.com/tag/poesia-di-donatella-costantina-giancaspero/
60) La precarietà del moderno. L’oblio della memoria e il Grande Progetto della poesia.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/04/17/la-precarieta-del-moderno-la-perdita-della-memoria-e-il-grande-progetto-per-la-poesia-italiana-dibattito-a-piu-voci-intorno-alla-nuova-ontologia-estetica-mariella-colonna-giorgio-linguaglossa-gi/
61) Una ermeneutica psicologica. L’azione letale del significante nel linguaggio èpetico. Sessione con l’analista.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/09/29/una-ermeneutica-psicologica-lazione-letale-del-significante-nel-linguaggio-poetico-di-sessioni-con-lanalista-1964-1966-opera-edita-nel-1967-di-alfredo-de-palchi/
62) Questionario a cura di Gioancarlo Stoccoro con 2 poesie di Mario M. Gabriele.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/11/21/questionario-a-cura-di-giancarlo-stoccoro-otto-domande-da-poeti-e-prosatori-alla-corte-delles-animamundi-edizioni-2017-pp-320-e-18-con-una-risposta-alle-domande-di-giorgio-linguaglossa-con-due/comment-page
63) Carlo Livia. L’amore ai tempi del mistero.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/11/26/carlo-livia-lamore-ai-tempi-del-mistero-breve-excursus-sulla-poesia-europea-del-surrealismo-testi-di-gerardo-diego-paul-celan-federico-garcia-lorcavitezval-nezval/
64) Mario M. Gabriele. Poesie scelte in viaggio con Godot.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/11/17/mario-gabriele-poesie-scelte-da-in-viaggio-con-godot-progetto-cultura-2017-con-un-commento-impolitico-di-giorgio-linguaglossa/
65) Un confronto tra lo spazio espressivo integrale di Sandro Penna.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/11/15/un-confronto-tra-lo-spazio-espressivo-integrale-di-sandro-penna-tipico-del-realismo-lirico-novecentesco-e-una-strofa-di-tomas-transtromer-del-1954-poesie-di-alfonso-cataldi-antonio-sagredo-giorgio/
66) 39 risposte a Kikuo Takano.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/11/30/kikuo-takano-1927-2006-poesie-da-il-senso-del-cielo-passigli-2017-tradotte-da-yasuko-matsumoto-e-renato-minore-commento-impolitico-di-giorgio-linguaglossa-il-giappone-degenerato-in-pic/
67) Paolo Valesio La poesia ateologica.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/12/04/paolo-valesio-la-poesia-ateologica-di-emilio-villa/
68) Mario M.Gabriele.Poesie scelte da L’Erba di Stonehenge con un commento di Letizia Leone. 10 giougno 2016.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2016/06/10/mario-m-gabriele-poesie-scelte-da-lerba-di-stonehenge-progetto-cultura-2016-pp-90-e-10-con-un-commento-di-letizia-leone-questi-suoi-versi-a-dir-poco-stranianti-e-sovversivi-tesi/
69) Due poesie di Mario M Gabriele da L’erba di Stonehenge con un commento di Giorgio Linguaglossa. 4.5.2016.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2016/05/04/due-poesie-di-mario-m-gabriele-da-lerba-di-stonehenge-progetto-cultura-2016-con-un-commento-giorgio-linguaglossa-ho-un-libro-sotto-mano-di-salman-rushdie-imaginary-homeland/
70) Scomposizione e ricomposizione di due poesie di Steven Grieco Ratgheb e Mario M. Gabriele 18.4.2016.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2016/04/18/scomposizione-e-ricomposizione-dei-frammenti-di-due-poesie-di-steven-grieco-rathgeb-e-mario-m-gabriele-ad-opera-di-ubaldo-de-robertis-e-giorgio-linguaglossa-con-un-commento-di-questulti/
71) Sette poesie da Ritratto di Signora, Cara Juliet, Piombo fuso, Glossario terapeutico – 6 12 2015.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2015/12/06/mario-m-gabriele-sette-poesie-da-ritratto-di-signora-2014-cara-juliet-piombo-fuso-glossario-terapeutico-con-un-commento-di-giorgio-linguaglossa-la-poetica-del-vuoto-del-dopo-il/
72) La nuova ontologia estetica. La nuova poesia. Dialogo tra Giorgio Linguaglossa e Mario M. Gabriele.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/01/05/la-nuova-ontologia-estetica-la-nuova-poesia-dialogo-tra-giorgio-linguaglossa-e-mario-m-gabriele-una-poesia-inedita-di-giorgio-linguaglossa-il-quadridimensionalismo-il-senso-maurizio-ferrar/
73) La nuova poesia. La nuova ontologia estetica. Poesie e commento di Giorgio Linguaglossa.
https://lombradelleparole.wordpress.com/2017/11/12/la-nuova-poesia-la-nuova-ontologia-estetica-poesie-e-commenti-di-giorgio-linguaglossa-mariella-colonna-edith-dzieduszycka-lucio-mayoor-tosi-gino-rago-donatella-costantina-giancaspero-antonio-s/
https://criticaimpura.wordpress.com/2016/01/01/gravi-di-percezione-polittico-inedito-di-mauro-pierno-con-unimmagine-di-sonia-caporossi/amp/?__twitter_impression=true
Le correggo un po’ e poi le pubblico?
Grazie, grande OMBRA!
Secondo la mia umile opinione non c’è nulla da correggere
Grazie, per la lettura!
Ho immediatamente amato, fin dal primo incontro, dal primo contatto, dalle prime letture, il “metodo poetico” [qualche critico attento lo accosta anche al “metodo” poetico della Szymborska] di Ewa Lipska.
Ne ho amato l’immaginazione, la disinvoltura con cui paragona, ad esempio, la folla a una clinica, una classe scolastica alla storia dell’umanità, il traffico delle strade ai moti della mente, uno stato di malattia a un avvenimento pubblico, ecc. in maniera tale che per Ewa Lipska [come un pò è successo per la Szymborska e succede anche per certi lavori poetici di Edith de Hody Dzieduszycka] non c’è in buona sostanza niente di intimo che non sia, come ha detto un critico polacco sulla sua poesia, “al tempo stesso quotidiano e formulabile sociologicamente. Si avrebbe voglia di dire che la Lipska è un poeta sociale…”
E poi verso dopo verso mi abituava a ciò che gli altri chiamavano vita perché, per dirla con Ewa Lipska, “La sottrazione/ già apparteneva ai morti”.
E si poneva finalmente le domande fondamentali della vita con leggerezza fulminante,senza mai pretendere di conoscerne le risposte…
Quella della Lipska è la voce più alta della poesia contemporanea occidentale, per me.
E Giorgio Linguaglossa ha saputo individuare il linguaggio critico giusto per scorticare e aprire i versi della mia “Penultima Lettera da Varsavia” a lui indirizzata, quale co-destinatario con la Signora Scubert,
entrando così efficacemente nel mio scritto che alla prossima Lettera da Varsavia scriverò:
“Cara Signora Schubert,
(p.c. Caro Signor Giorgio Linguaglossa),
A chi confidare se non a Voi due
che la flanella dell’infanzia era morbida
perché il Tempo assoluto di Newton non ci disturbava…”
Gino Rago
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/03/24/chiara-catapano-dalla-disfania-allindicenza-della-parola-poetica-loriginalita-come-nostos-ritorno-allorigine-con-poesie-di-d-h-lawrence-giorgio-linguaglossa-steven-gr/comment-page-1/#comment-33038
Leggendo la poesia di Lucio Mayoor Tosi, ma anche quella di Chiara Catapano, mi sono reso conto di una cosa: che lì non c’è alcunché di improvvisato (come ad una prima lettura potrebbe sembrare) perché è l’accadimento stesso delle parole ad essere improvviso; quindi la sua improvvisorietà è la improvvisazione che catatterizza tutte le cose, la provvisorietà dell’improvvisazione con cui si danno gli accadimenti, che è quanto dire la nullificazione della nullità. Di fatto, qui non c’è nulla di improvvisato proprio in quanto tutto è frutto di improvvisazione. E allora tanto vale gettare alle ortiche e alle erbacce la «tecnica», la techné, quelle regole della manipolazione che vorrebbero imprigionare la scrittura poetica in una cornice di regole e di convenzioni. Liberarci dalla tecnica è liberarci dalle convenzioni della soggettività, liberandoci dalla tecnica diventiamo, paradossalmente, più liberi.
Forse proprio l’adozione della missiva quale genere della «nuova poesia», come sembra suggerirci Gino Rago nelle poesie di quest’ultimo ciclo che chiamerei “Lettere a Ewa Lipska”, dicevo, proprio l’adozione della missiva come «forma» del linguaggio poetico, si rivela rivoluzionaria perché consente di liberarci di tutte le incrostazioni della tradizione letteraria. Un gesto rivoluzionario, dunque. Rivoluzionario in quanto drastico, privo di mediazioni. Tuttavia, proprio quella techné che avevamo fatto sortire dalla porta d’ingresso, paradossalmente, ritorna dalla finestra a nostra insaputa e alle nostre spalle; in verità, quella tecnica non può essere annullata con un atto decretorio o con un moto della volontà, e allora dobbiamo accostumarci a questo nostro indebolimento, questo «indebolimento della soggettività»1] e accettare, vigilando, il ritorno di quella techné di cui credevamo esserci liberati.
È questa la problematica che albeggia nella «nuova poesia».
Scrive Pier Aldo Rovatti:
«Se ci disponiamo in questa prospettiva [n.d.r. dell’apprentissage contro tutte le difese dell’io], scopriamo molti modi di pensare, e anche saperi, che ci invitano a esitare alle soglie di un medesimo luogo, e ci propongono, perché quel luogo cominci a parlarci, di prendere sul serio l’esitazione: che non sarà né una semplice incertezza, né un nudo abbandono, ma l’esercizio di un distanziamento. Non è forse questo il segreto? Dove non è importante che cosa abbiamo da nascondere o ci impediamo di osservare, ma il modo del guardare, la possibilità di distoglierci da un occhio in più e di troppo
[…]
Il segreto coincide… con il saper esitare. Per esempio, ma è l’essenziale della proposta, l’esitare a chiudere in un concetto, in una definizione, in una formula discorsiva, la scoperta di una verità, il che cos’è della mente: il riuscire a chiudersi rispetto a questa chiusura così “naturale”, preferendo un gioco di storie a incastro, quasi varianti secolarizzate di un mito antico, ma “secolarizzate” poiché ogni storia è un indebolimento del discorso e il “rigore” di un simile ragionare sta precisamente nell’abbassamento che si riesce ogni volta ad ottenere: un abbassamento della guardia, se vogliamo dire così».2]
1] Pier Aldo Rovatti Abitare la distanza, Raffaello Cortina, Milano, 2007 p. 129
2] Ivi p. 15
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/03/24/chiara-catapano-dalla-disfania-allindicenza-della-parola-poetica-loriginalita-come-nostos-ritorno-allorigine-con-poesie-di-d-h-lawrence-giorgio-linguaglossa-steven-gr/comment-page-1/#comment-33039
Poesia di Tadeusz Rozewicz (1921-2014). da lombradelleparole.wordpress.com
«Elpenore come hai raggiunto questa buia riva?
Sei venuto a piedi? Precedendo i Naviganti?
Ed egli in risposta: La triste sorte e molto vino. Dormivo nel focolare di Circe…
Uomo senza fortuna e senza nome».*
*Tadeusz Różewicz – da qualcuno definito “specchio e sismografo della realtà contemporanea” – è senza dubbio il più illustre scrittore polacco della generazione cui la guerra tolse la prima giovinezza. E’ nato il 9 ottobre 1921 a Radomsko. Durante il periodo dell’occupazione si mantenne dando lezioni private e lavorando saltuariamente come operaio e corriere. Nel 1942 terminò la scuola clandestina per sottufficiali. Negli anni 1943-44 combatté nei reparti partigiani dell’Armata Nazionale.
Il primo volume di poesie, uscito nel 1947, è intitolato non a caso Niepokój (Inquietudine, 1947). E’ l’inquietudine dell’uomo scampato allo sterminio, che lotta affinché le atroci esperienze che ha vissuto non si ripetano più. Ancora più incisive, da questo punto di vista, sono le due successive raccolte Czerwona rękawiczka (Il guanto rosso, 1948) e Pięć poematów (Cinque poemi, 1950). Il poeta penetra sempre più profondamente nelle questioni che lo travagliano, e sempre più faticosamente cerca la salvezza nell’osservazione dei mutamenti che avvengono nel suo paese. L’inquietudine morale continuerà a tormentare il poeta anche nei poemi Równina (La pianura, 1954) e Srebrny kłos (La spiga d’argento, 1955), nonché nel successivo volume Rozmowa z księciem (Colloquio con il principe, 1960). Il moralista non può permettere alla sua coscienza di quietarsi davanti a un mite quadretto della natura o in un pacifico idillio. Różewicz risveglia incessantemente le coscienze, perché la coscienza inquieta determina la ricerca della verità, e la ricerca della verità porta alla ricerca del bello. Różewicz è concreto e misurato. Cerca di cogliere l’essenza di un fatto, di un fenomeno, mette a fuoco ciò che vede e ne evidenzia gli elementi essenziali.
Negli anni ’50 lo scrittore, pur continuando ad esprimersi nella poesia, iniziò la sua attività di novelliere e di drammaturgo. Sono apparse così le sue raccolte di racconti Opadły liście z drzew (Sono cadute le foglie dagli alberi, 1955), Przerwany egzamin (L’esame interrotto, 1960), Wycieczka do muzeum (Gita al museo, 1966) e Śmierć w starych dekoracjach (Morte tra le vecchie scene, 1970). Caratteristica specifica delle novelle di Różewicz è l’ostinata ricerca dell’umanità in ogni frammento di vita. E’ una prosa incredibilmente condensata, dai molti sottotesti, che scava il realismo dalle vicissitudini umane. Lo scrittore diventa maestro di una nuova prosa, che si può definire realismo poetico. Spesso intreccia elementi occasionali, brandelli di conversazione, il balbettìo di un ubriaco, annunci, frammenti di trasmissioni radiofoniche e televisive, di giornali e di libri. Tutto gli serve come materiale da costruzione, tutto si amalgama nel crogiolo della sua arte.
polonia fucilazioneAltrettanto inquietante e originale come la poesia e la prosa, è la drammaturgia di Różewicz. Lo scrittore, giustamente definito un classico vivente, è sempre fedele a se stesso, alla sua visione del mondo, alle sue ossessioni e alla sua poetica. “Kartoteka” (Cartoteca, 1960), è il dramma di tanti uomini vissuti nel mondo della seconda metà del XX secolo, un mondo in cui lo scrittore scorge molti sintomi di caos e di crisi dei valori tradizionali.
L’ha ribloggato su RIDONDANZEe ha commentato:
Poesia in corso…
Vinto il premio ed. 18 “La gorgone d’oro” (2 premio sez B x libro edito IL TUTTO O IL NULLA di Antonella Montalbano (Sciacca), organizzato dal Centro di Cultura e spiritualità S. Zuppardo. Premiazione nel mese fi giugno 2018. Posso inviare il volume in formato pdf per una recensione ? Antonella Montalbano (Sciacca)… Auguri pasquali
Ewa Lipska
Lo specchio
Cara signora Schubert, mi capita di vedere
nello specchio Greta Garbo. È sempre più simile
a Socrate. Forse la causa è una cicatrice sul vetro.
L’occhio incrinato del tempo. O forse è solo una stella
che sbraita nel vaudeville locale.
Lettera da Vienna a Ewa Lipska
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/03/24/chiara-catapano-dalla-disfania-allindicenza-della-parola-poetica-loriginalita-come-nostos-ritorno-allorigine-con-poesie-di-d-h-lawrence-giorgio-linguaglossa-steven-gr/comment-page-1/#comment-33056
‘Cara Signora Ewa Lipska,
(p.c. Caro Signor Giorgio Linguaglossa),
A chi confidare se non a Lei
che la flanella dell’infanzia era morbida
perché il Tempo assoluto di Newton non ci disturbava?
[…]
In sogno Lei mi ha detto:
«La Poesia è l’’eco che si ascolta quando la vita è muta».
[…]
Cara Signora Ewa Lipska,
(p.c. Caro Signor Giorgio Linguaglossa)
Da quel Suo sibilo caduto nel mio dormiveglia
è Lei per me ogni notte quell’eco.
[…]
Il mio amico-poeta di Roma in un verso ha scritto:
«La notte è la tomba di Dio e il giorno la cicatrice del dolore»
Cara Signora Ewa Lipska,
(p.c. Caro Signor Giorgio Linguaglossa)
La cicatrice del dolore nel verso del mio amico
è la stessa di quella che Lei vede nel Suo specchio?
«Quale specchio?» [ Lei giustamente chiede]
«Lo specchio dove il tempo di Newton s’incrina
e su cui Greta Garbo assomiglia a Socrate…»
[…]
GR
Leggendo questo post di Chiara Catapano, ricordo di aver lasciato, giorni fa, commenti a due precedenti post sull’Ombra – il primo, “Guido Galdini, Poesie scelte” https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/03/13/guido-galdini-poesie-scelte-da-gli-altri-lietocolle-2017-con-un-ermeneutica-di-giorgio-linguaglossa-e-finito-un-concetto-di-reale-inizia-un-nuovo-realismo-ce-anche/
Il secondo, “Mario Benedetti, Poesie” https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/03/20/mario-benedettipoesie-da-tutte-le-poesie-a-cura-di-stefano-dal-bianco-antonio-riccardi-gian-mario-villalta-garzanti-2017-pp-327-e-16-con-un-commento-critico-di-giorgio-linguaglossa/
In questi commenti, ho provato in parte a chiarire la questione di come una poesia scritta oggi risulti “novecentesca” proprio per il suo essere fatalmente incatramata dalla propria sintassi. La sintassi è una spia fra le migliori per capire dove davvero si situa il pensiero del poeta.
Su Galdini ho detto: più ci allontaniamo dal secolo passato, più lo stile poetico “novecentesco” deve di conseguenza farsi duro, preciso, perfetto, inflessibile, per rimanere a galla, per non perdere la bussola. E infatti, proprio in queste poesie di Galdini sentiamo l’ansia di raggiungere una meta, luogo soprattutto sintattico, come se fosse necessario soltanto confermare una certa bravura nello scrivere … E’ in fin dei conti questa una precisione di cui nessuno ha bisogno e che invece di convincere lascia un senso di fatica.
Su Benedetti: “In Benedetti, vediamo fortemente al lavoro la invincibile concatenazione sintattica e grammaticale di un certo modo di fare poesia. Quasi tutto è al suo consueto posto. Di conseguenza, pur ammettendo lo scarto surreale, questa poesia non ammette pienamente l’irruzione dell’aleatorio – cosa d’altronde molto difficile, ma forse una delle cifre di una possibile nuova poesia.
Osare, inoltre, contemplare la distruzione del proprio bellissimo lavoro; la rovina di ciò che si è fatto. E’ questo che ho sentito fare a un musicista Dhrupad a Delhi nel 2005. L’opera può rischiare di rimanere schiacciata dalla propria forza d’urto. Solo così, in certi casi, mostrerà la sua intrinseca bellezza formale.”
Ma anche qui dobbiamo fare attenzione a non cadere nei tranelli che ci pone il nostro stesso modo, ancora molto novecentesco, di intendere le cose.
“Essere nel XXI secolo” è una condizione reale, non immaginata. Non è un fiorellino da mettere nell’occhiello della giacca: è un modo di pensare, di vedere il mondo in cui ci troviamo: un mondo confuso, denso, contraddittorio, illogico. Cercare di dire questo mondo in poesia non può quindi non presupporre un ripensamento critico di tutti gli strumenti della tradizione poetica novecentesca. Uno di questi – ed è uno strumento principe – è la sintassi: che oggi è ancora pesantemente prosastica, discorsiva, troppo concatenata e sequenziale, quasi identica a quella che è prevalsa sempre di più fra i poeti verso la fine del secolo scorso, in particolare dopo l’ingloriosa fine degli ultimi sperimentalismi: finiti gli eccessi, la poesia doveva farsi dimessa, discreta, sottotono, diventare l’ancella della prosa.
Ma in poesia è proprio la sintassi che illumina certe differenze, rivela certi mutamenti – essendo la poesia già di per sé una vibrazione linguistica più intensa e concentrata rispetto alla prosa (e ad essa comunque anteriore). Ogni epoca ripropone questo più difficile di giochi: cambiare i propri strumenti espressivi per dire il mondo attuale: non un mondo passato, ma quello presente, quello davanti ai nostri occhi.
Molti poeti pensano che basti immettere “nuovi contenuti” in una forma già testata. Ma la poesia, per essere reale, deve necessariamente passare attraverso una trasformazione profonda, spesso radicale. Si va alla radice della lingua per trovare/ritrovare gli strumenti atti a dire la realtà di un mondo anch’esso profondamente mutato. E quindi non si tratta, secondo me, come ha detto Giorgio Linguaglossa qualche giorno fa in un suo commento, di “voltare strada”.
La poesia non è una strada, è invece un luogo, il locus, di un profondo mutamento espressivo, che avviene nei modi più impensati e inquantificabili. Dalla poesia questo vedere va poi a travasarsi nella prosa. Esiste un Protopoeta: non penso esista un Protoprosatore.
Nella scrittura, di tutte le parole e di tutte le teorie rimane solo il trasalimento: un dire, e non un altro, che ha fatto balenare il velocissimo specchio della realtà, ha mostrato una immagine del “vero”, spenta subito dopo.
Aprire la propria sensibilità poetico-critica a ciò che l’Oggi urla a squarciagola dalla cima di ogni grattacielo, sembrerebbe la cosa più difficile da farsi. E’ più facile per chi scrive rimanere nei consueti luoghi bloccati della propria retorica, dicendo, “chiudo gli occhi, e tu non ci sei più”.
Anche per un poeta così massicciamente “tradizionale” come Wordsworth, non esistevano strade, ma soltanto l’esigenza di cogliere la trasfigurazione dello stesso luogo in cui lui e noi, in quanto esseri umani, sempre ci troviamo. Operare senza preconcetti, senza appoggi a filosofie o sistemi di pensiero. Semplicemente lasciando campo aperto all’irruzione della realtà. E della irrealtà. (Perché “irrealtà” spesso significa soltanto ciò a cui non siamo ancora del tutto abituati.)
Questo era anche il senso del post di Chiara Catapano. Too bad no-one seemed to be on the uptake.
IMPUT
Sovviene nel presente
La Gaia spenta di upupa sovrana. Il canto mesto
che non è più lesto. Ma lento
il suo fluire, si addormenta.
Non è in strada o nelle periferie del mondo.
ne sotto i letti,
o in armadi sfitti,
ne nelle camere di alberghi
finti, ne nelle ante, delle serrature anomale.
Nei galeoni antichi
li sta il mistero…
Gli ammutinati ancora
non presero il largo.
A terra e senza ombra
negli scoppi di sole
miravano incredulii il confine infinito,
tutt’intorno la terra non aveva più mare…
Essere nel XXI secolo” è una condizione reale, non immaginata
Scrive Steven Grieco Rathgeb:
https://lombradelleparole.wordpress.com/2018/03/24/chiara-catapano-dalla-disfania-allindicenza-della-parola-poetica-loriginalita-come-nostos-ritorno-allorigine-con-poesie-di-d-h-lawrence-giorgio-linguaglossa-steven-gr/comment-page-1/#comment-33209
«“Essere nel XXI secolo” è una condizione reale, non immaginata. Non è un fiorellino da mettere nell’occhiello della giacca: è un modo di pensare, di vedere il mondo in cui ci troviamo: un mondo confuso, denso, contraddittorio, illogico. Cercare di dire questo mondo in poesia non può quindi non presupporre un ripensamento critico di tutti gli strumenti della tradizione poetica novecentesca. Uno di questi – ed è uno strumento principe – è la sintassi: che oggi è ancora pesantemente prosastica, discorsiva, troppo concatenata e sequenziale, quasi identica a quella che è prevalsa sempre di più fra i poeti verso la fine del secolo scorso, in particolare dopo l’ingloriosa fine degli ultimi sperimentalismi: finiti gli eccessi, la poesia doveva farsi dimessa, discreta, sottotono, diventare l’ancella della prosa.»
Rebus sic stantibus, dicevano i latini con meraviglioso spirito empirico. Che cosa vuol dire: «le cose come stanno»?, e poi: quali cose?, e ancora: dove, in quale luogo «stanno» le cose? – Ecco, non sappiamo nulla delle «cose» che ci stanno intorno, in quale luogo «stanno», andiamo a tentoni nel mondo delle «cose», e allora come possiamo dire intorno alle «cose» se non conosciamo che cosa esse siano.
«Essere nel XXI secolo è una condizione reale», scrive Steven, ma «condizione» qui significa stare con le cose, insieme alle cose… paradossalmente, noi non sappiamo nulla delle «cose», le diamo per scontate, esse ci sono perché sono sempre state lì, ci sono da sempre e sempre (un sempre umano) ci saranno. Noi diamo tutto per scontato, e invece per dipingere un quadro o scrivere una poesia non dobbiamo accettare nulla per scontato, e meno che mai la legge della sintassi, anch’essa fatta di leggi e regole che disciplinano le «cose» e le «parole» che altri ci ha propinato, ma che non vogliamo più riconoscere…
Carlo Michelstaedter (1887-1910) si chiede: «Quale è l’esperienza della realtà?». E cosi si risponde:
«S’io ho fame la realtà non mi è che un insieme di cose più o meno mangiabili, s’io ho sete, la realtà è più o meno liquida, è più o meno potabile, s’io ho sonno, è un grande giaciglio più o meno duro. Se non ho fame, se non ho sete, se non ho sonno, se non ho bisogno di alcun’altra cosa determinata, il mondo mi è un grande insieme di cose grigie ch’io non so cosa sono ma che certamente non sono fatte perch’io mi rallegri.
…”Ma noi non guardiamo le cose” con l’occhio della fame e della sete, noi le guardiamo oggettivamente (sic), protesterebbe uno scienziato.
Anche l'”oggettività” è una bella parola.
Veder le cose come stanno, non perché se ne abbia bisogno ma in sé: aver in un punto “il ghiaccio e la rosa, quasi in un punto il gran freddo e il gran caldo,” nella attualità della mia vita tutte le cose, l'”eternità resta raccolta e intera…
È questa l’oggettività?…».1]
Molto urgenti e centrate queste osservazioni del giovane filosofo goriziano che ci riportano alla nostra questione: Essere del XXI secolo, che significa osservare le »cose» con gli occhi del XXI secolo, che implica la dismissione del nostro precedente modo di guardare alle «cose» che avevamo nel XX secolo; sarebbe ora che cominciassimo questo esercizio mentale, in primo luogo non riconoscendo più le «cose» a cui ci eravamo abituati, (e che altri ci aveva propinato) semplicemente dismettendole, dando loro il benservito e iniziare un nuovo modo di guardare. La nuova scrittura nascerà, se nascerà, da un nuovo modo di guardare le «cose» e dal riconoscerle parte integrante di noi.
Se vogliamo scrivere «nuova poesia», dobbiamo alzarci presto il mattino e osservare le «cose» con un occhio nuovo. Leggiamo una poesia di Donatella Costantina Giancaspero che tratta questo tema: il risveglio al nuovo mondo delle «cose»:
È presto. Poco prima dell’alba.
A quali inconsueti cammini si affida il risveglio
e gli interrogativi, replicati dallo specchio
– ora il tempo scredita il cielo. Brusco ricusa la luce –
A quali percorsi incita il treno prescelto – oppure toccato in sorte…
Un ordine stacca il convoglio. Brevemente
accelerando, scorre nei vetri.
Allo sguardo retrogrado.
Rettilineo incontro al giorno.
Fino al mare.
Molte strade si animano da qui.
Ristanno un po’, davanti a chi chiede la direzione
qual è.
Prendono tempo: ascoltano il passo.
Il cuore come pulsa.
1] Carlo Michelstaedter, La persuasione e la rettorica Joker, 2015 pp. 102-103 (prima edizione, 1913)
Un verso di Donatella Costantina Giancaspero annuncia l’alba del nuovo secolo: ” È presto. Poco prima dell’alba.” Difficie fare prognostici per la fine di qualsiasi secolo; ci sono voluti quanti secoli per separare la pula dalla cosidetta “vera” poesia… Ogni scrittore dirà la sua. Quanto valore resterà nelle sue prognosticazioni? Io non ci sarò a giudicarle, anche se questa è veramente la parola sbagliata: forse “apprezzare” è piu corretto…E se il nostro pianeta va avanti così — maltrattato sfruttato e probabilmente cancellato dal cosmo — a cosa valeranno le nostre parole, oppure le ombre delle stesse parole?
Desidero ringraziare Chiara Catapano per questo suo articolo, perché chiarisce in modo appassionato il senso di poesia-viva che caratterizza gli autori della nuova ontologia estetica. Ringrazio Chiara anche per avere postato una mia poesia datata 2015, quando ancora il “grande progetto” era in fase di definizione. Rispetto ad altri che volessero optare per questo diverso modo di concepire la poesia, tramite una sorta di aggiustamento o di conversione, ho seguito un procedimento inverso: non modificare lo stile di “provvisorietà dell’improvvisazione” ma cercare di giungere a una versificazione più strutturata, dove maggiore deve essere la consapevolezza del frammento e, di conseguenza, migliore anche l’uso della punteggiatura. Probabilmente riscriverò la poesia “Tra di noi”, senza nulla togliere interverrò su alcuni aspetti formali, che oggi si sono chiariti grazie alla collaborazione, in questi anni, di tutti i presenti.
Nel suo commento più sopra, Giorgio ha citato passi davvero illuminanti del filosofo Michestaedter, di cui io conoscevo il nome e basta. Questi scrittori e pensatori italiani a cavallo del XIX e XX secolo mi sembrano essere stati dei finissimi osservatori del mondo. La citazione da Michestaedter mi ha ricordato qualche simile ragionamento di Giovanni Boine. Secondo me, questi uomini già intuivano il profondo sovvertimento della cosmogonia dell’Occidente che proprio allora i fisici operavano.
Un’oggettività “vera” non può esistere, a quanto pare. Tutti i pensatori più profondi di tutti i tempi e di tutte le latitudini l’hanno affermato. Nella sua infanzia (ossìa nei secoli XVIII e XIX), la scienza occidentale si basava sulla inconfutabile realtà dei fatti. Cosa tramontata da tempo. Anzi oggi esiste una branca delle scienza che studia la “deperibilità” dei fatti. Probabilmente l’unica oggettività a cui può aspirare la scienza è quella di produrre risultati che appaiono reali nel mondo fenomenico. E’ un puro e semplice discorso di potenza. Risultati destinati a deperire o a scomparire tout court, o ad essere soppiantati da altri. Ma questo non in futuri biblici, si noti: in tempi brevi, brevissimi. Avrete notato come i risultati di mille studi e ricerche vengono rovesciati nel giro di 20-25 anni?
Rimane, per quel che mi riguarda, una poesia come quella di Costantina Donatella Giancaspero citata nello stesso commento di Giorgio: una poesia essenzialmente e potentemente incentrata sul porre o porsi domande, una sorta di mite tastare il terreno del reale, mai aspettandosi risposte certe. La domanda è più foriera di visioni della risposta.
Il luogo fisso
quel tramonto bloccato alla parete
spingeva il limite
sparso.
Ovunque nelle strade quei divieti.
Gli sbarramenti.
Avevamo preso l’abitudine di sedere
sull’uscio inconsapevoli. La folla passava. Ridevamo pure.
Alle pareti, nelle piazze
scorrevano le nostre vite,
poco sangue, soltanto a tratti esploso.
Grazie,Ombra.
Caro Mauro,
mi piace questo tuo modo di spezzare la versificazione, di renderla deperibile e fragile, apprezzo quello s-centramento del «luogo-fisso» tipica della nuova poesia, questo seminare «divieti» e «sbarramenti», questo spingere «il limite» oltre, sempre più oltre, dove non si sa… apprezzo questo tipico andamento dinoccolato della sintassi che zoppica continuamente ed incespica… questo modo di scrivere è caratteristico della tua impronta digitale…
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