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La storicità debole nella quale oggi ci troviamo – Poesie e Commenti di Maria Rosaria Madonna, Giuseppe Talia, Mauro Pierno, Guido Galdini, Gino Rago, Giorgio Linguaglossa, Fritz Hetrz, Francesca Dono, Antonio Sagredo, Alfonso Cataldi, La distruzione della ontologia è già stata compiuta nel novecento, ciò che resta spetta ai poeti fondarlo. Ciò che resta della metafisica come destino si è già compiuto

Foto New York traffico

La storicità debole nella quale oggi ci troviamo – Il pensiero poetico e filosofico non ha più alcun oggetto se non l’erranza della metafisica

la Redazione augura a tutti i lettori buon Ferragosto, la rivista riprenderà i suoi lavori il 28 agosto. Nel frattempo, saranno postati articoli già apparsi.

Giorgio Linguaglossa

14 agosto 2018

La storicità debole nella quale oggi ci troviamo

Scrive Lucio Mayoor Tosi:

«Quanto alle parole non so. Per il fatto che oggi ti vengono date gratis, sembra non abbiano alcun valore; però, scegliendo e accostando “scarti”, rifiuti, qualche rimanenza d’epoca, ecco, riprendono vita. Sembrano altre. Certo, si noteranno i rappezzi, i rammendi, le cuciture, ma forse un giorno non lontano proprio di quest’arte del riutilizzo – contraria agli sprechi e alla sovrabbondanza – si parlerà positivamente. Per quel che NON si ha da dire, queste componenti vanno benissimo.»

Parlando della poesia e dei poeti venuti dopo Composita solvantur di Fortini (1994) ho fatto dei nomi di autori delle generazioni seguenti e li ho definiti come coloro che hanno «minore consapevolezza storica» del novecento e della tradizione. Un interlocutore mi ha chiesto che cosa volessi significare dichiarando Fortini come «l’ultimo poeta storico» del novecento. Ecco, io credo di averlo già spiegato. Cercherò di ripetermi, questo è un punto fondamentale per poter afferrare il concetto secondo cui tutta la poesia che è venuta dopo l’ultima opera di Fortini è in qualche modo «minore», minore in quanto non più saldata nella tradizione del novecento. È questo il punto. Non volevo essere offensivo nei confronti dei poeti venuti dopo il 1994, anzi, capire questo punto è indispensabile per acquisire consapevolezza storica della propria «debole storicità». Non ho voluto affatto essere intimidatorio o diseducato, volevo soltanto essere franco, schietto. E ripartire da qui.

Mi ci metto ovviamente anch’io tra coloro che si trovano in una «condizione di debole storicità», io che sono nato nel 1949, mi trovo coinvolto a pieno titolo in questa condizione di «debolezza ontologica», io come tutti, come tutti voi, nessuno escluso. Così, spero di avere escluso dalle mie parole qualsiasi intento diminutorio e/o intimidatorio.

Il problema una volta posto sul tavolo di dissezione, bisogna vivisezionarlo, osservarlo con attenzione prima di fare una diagnosi e una prognosi. Noi le nostre diagnosi e prognosi le abbiamo fatte con la «nuova ontologia estetica», una piattaforma che segna un momento di ripresa di consapevolezza, una ripresa «forte» pur nell’ambito di una condizione di «debolezza ontologica» della nostra condizione attuale. Quale sia l’orizzonte degli eventi di questa condizione di «debolezza ontologica» lo ha bene illustrato il pezzo di Lucio Mayoor Tosi citato all’inizio.

Il pensiero poetico e filosofico non ha più alcun oggetto se non l’erranza della metafisica, l’eclissarsi della metafisica, con annesso e connesso il bagaglio degli strumenti retorici ed ermeneutici che quella metafisica portava con sé. Ciò comporta una presa di consapevolezza che quella metafisica non è più utilizzabile, che dobbiamo andare al fondo della crisi di quella metafisica per poterla abbandonare nella sua interezza. Soltanto abbandonandola in piena consapevolezza possiamo alleggerirci e andare oltre, oltre il novecento. Noi possiamo soltanto raccogliere quegli «stracci» che il novecento ci ha lasciato in dono, in eredità, ma con la consapevolezza che si tratta, appunto, di stracci, di relitti e che è con queste «cose» che noi dobbiamo edificare.

I classici dell’ottocento e del novecento ci appaiono sempre più lontani, estranei, perdono la loro aura di modelli, di costrittività, di esemplarità. Sono pensati come un relittuario di presenze-assenze, di simulacri, di ordini di valori conchiusi, lontani, inaccessibili, un ordine di valori devalutati, appartenenti ad un passato già passato che è inutile perlustrare, ripercorrere, indagare, che forse è più utile porre tra parentesi, dimenticare.

Dobbiamo intendere la Tradizione come distinzione  di Tradition e Ueberlieferung (trasmissione). La trasmissione dei valori si è interrotta, si è inceppata, e non vale più il volerla rimettere in moto come se fosse un guasto al motore. A mio avviso, è qualcosa di più di un «guasto», qualcosa di diverso: siamo entrati tutti in un «nuovo orizzonte di eventi», in una condizione di «storicità indebolita», di «consapevolezza indebolita», di un ulteriore «indebolimento dell’essere». Con le parole di Heidegger: «ciò di cui non ne resta più nulla», in cui, nella scia di un pensiero post-metafisico, non resta altro da fare che una rinegoziazione di un passato che non si consegna se non nella forma di una latenza, di una ri-memorazione, di una ripresa, di un ri-pensamento di ciò che è scomparso, sprofondato nella latenza… nella forma del frammento, di uno specchio vuoto che riflette un altro specchio vuoto, di un vuoto contenuto in un altro vuoto. La «distruzione della ontologia» è già stata compiuta nel novecento, ciò che resta spetta ai poeti fondarlo. Ciò che resta della metafisica come destino si è già compiuto. «Che cosa pensiamo, allora, quando ri-memoriamo l’essere? Possiamo pensare l’essere solo come gewesen, solo come non (più) presente»,1 ciò che è latente ma che dalla latenza ci chiama e ci ri-chiama al nostro essere-qui, adesso. Da qui, da questa consapevolezza, è nata la «nuova ontologia estetica».

 

1] G. Vattimo La fine della modernità, Garzanti, 1985, p. 182

[La trasmissione dei valori si è interrotta, si è inceppata, e non vale più il volerla rimettere in moto come se fosse un guasto al motore]

.

Ho diviso questa poesia di Antonio Sagredo in piccole poesie autonome. Il risultato lo lascio giudicare ai lettori:

Antonio Sagredo

Ho solo in custodia i destini altrui e la mia condanna,
l’eccesso di una via consolare e un passante in fuga,
ma è finta la carta dei selciati orfana di zoccoli e di gridi.
Epitaffi premortali insidiano codici e cifre.
I sembianti sono smemorati, come bianchi acrostici.

*

Ho, di nuovo, e solo con vergogna inciso su un arco
di trionfo il marmo di un evento e l’assurdo tempo
non umano: un certificato che non cade mai in prescrizione.
E ho il potere di violare quei destini e i sigilli
chiusi col belletto di maschere piombate,
con lettere e numeri indicibili – esilio e cicatrici
nutrono la mia memoria in un tugurio spento da fanali.

*

Gioia prenatale di un mandorlo in fiore.
Festa del dire e del disfare:
questa è la Grazia che si converte
nel dèmone di un rinascimento.

*

E sono come Cassandre queste contrade
che tracimano astri e profezie in pozze – di miseria!
Luride stelle decollate dai riflessi, e non più – regine!
Scarnite creature senza gorgiere, né merletti d’ossa,
che nulla cantano, nemmeno un’ingenua – profezia!

.

Lucio Mayoor Tosi

13 agosto 2018

Due osservazioni al volo:
– per Talia, se non mi manda al diavolo, a mio parere l’eccesso di articoli, specie gli indeterminativi, invece di creare vive presenze favoriscono la fredda l’elencazione.
– Antonio Sagredo: apprezzo molto l’elegante interpretazione di Giorgio Linguaglossa, di una poesia in più poesie brevi. Ne risultano evidenziati versi altrimenti soggiogati dall’irruenza creativa del poeta brindisino.

con lettere e numeri indicibili – esilio e cicatrici
nutrono la mia memoria in un tugurio spento da fanali.

 .

Giuseppe Talia

13 agosto 2018

Caro Lucio,
capisco bene cosa intendi, e forse era quello l’effetto che volevo creare, una nuda elencazione, diretta e precisa. Il testo che Giorgio ha riproposto oggi risale al 2014, una versione ridotta a sei versi apre la raccolta La Musa Last Minute (Progetto Cultura, 2018). Ma qui è il senso di spaesamento introdotto dalla domanda “dove siamo?” a dare origine all’elenco di luoghi e situazioni che, come dice bene Cataldi, “si calano nei fatti correnti e dismessi dell’umanità”.

Il problema degli articoli, che per me non è un problema, almeno non come forse lo intendi tu, l’ho trattato ampiamente in Thalia, con un uso abbastanza corposo soprattutto delle preposizioni articolate. In quel caso, articoli e preposizioni mi hanno permesso di mantenere un “canto minimo” e allo stesso tempo di prevedere ogni singolo verso come fosse un aforisma: tanti singoli aforismi incollati come stracci (direbbe Gino Rago), uno sull’altro. Quanto ai temi trattati, ritorna l’espressione di Cataldi sui “fatti correnti e dismessi”: news, spot, tweet, proclami, sentenze, fake news, che nascono e muoiono entro ventiquattr’ore.
Tutt’altra storia in Salumida, dove invece gli articoli e gli aggetti sono ridotti al minimo e anche i verbi quasi del tutto inattivi.

Mi piace la divisione in distici che Giorgio ha operato (Giorgio ormai è sempre più un influencer), e, sempre in tema, concordo ancora con Alfonso Cataldi, il testo di Rago sembra una continuazione dell’ultimo verso (nel Mar Morto come un profugo) attraverso una testimonianza diretta di uno di quei profughi (la donna di Somalia/giunta da noi chissà per quali vie).
Allo stesso modo, si potrebbe dire del testo di Cataldi, laddove il Raid in moto su Marte, potrebbe essere benissimo “La semifinale di BMX”, oppure “un seno franciacorta” in “un resort di lusso con l’alluce sul capezzolo”.

Vi è comunione. Vi è NOE.

.

13 agosto, 2018

Entrambe le poesie, di Gino Rago e Giuseppe Talia, si calano nei fatti correnti e dismessi dell’umanità. «Dio» non solo ha rancore per una recensione non data, ma rimane attratto dall’ultima sventurata trovata capitolina. Il «Dio» in prima persona di Talia entra completamente nelle contraddizioni della contemporaneità. A questi voglio aggiungere il «Dio» Aboubakar di una mia poesia recente, testimonianza, voce “che racconta” il naufragio in cui si sta

Stupida(mente)

L’idolo dei tifosi locali usa precauzioni per niente rassicuranti.
Raggiunge sempre il campo, raccontano i dossier,
anticipando i risvolti settimanali dell’accoppiamento dei conigli nello spogliatoio.

Il truccatore personale di Be Best rotola giù alla minima spinta,
al primo dissapore tra un punto sulla retta
e la gravità di una vertigine magneto-dipendente.

Stupida(mente) la ruota non guarda mai dietro.

La semifinale di BMX è un’esplosione muscolare che raccoglie mutazioni
trasporta il fatto e il fittizio a ridosso della grata.

Lo sguardo fisso della talpa non osa defluire
dal soffitto basso

oltre l’eclissi di luna, con i bordi stemperati
annusa passifalsi.

Le rotifere bdelloidee stanno silenziosamente riparando il dna

strisciano indisturbate tra un seno franciacorta
e l’umore circostante, in armi: sette volte gatto.

[nella forma del frammento, di uno specchio vuoto che riflette un altro specchio vuoto, di un vuoto contenuto in un altro vuoto]

.

Giuseppe Talia

  1. 13 agosto 2018

    Caro Germanico, bisogna sistemare Caproni
    Spargere le ceneri di Gramsci nell’aria Satura

    Sotto il pitosforo nano del belletto minimal-chic
    Dove non cresce oramai che il trifoglio di Malvoglio.

    Tu sai, Germanico, quanto i Fortini della politica
    Discendenti di Ascanio, dalla Suburra abbiano

    Tratto giovamento fin dal regno di Numa Pompilio.
    Quanto il “finger food” e lo “street food” siano degni

    Del castrato in salsa di cipolla e tortelli di piccione.
    Bisogna sistemare Caproni, rileggere il sessanta

    E il settanta, capire perché sia fallita l’osteria familistica
    I buoni contorni una volta saltati in padella di ghisa

    Per l’odierna smania nervosa verso l’antiaderente.

     
    .

    Lucio Mayoor Tosi

    13 agosto 2018

    Complimenti.
    Anche per le precisazioni. Ma non avevo dubbi, sei per me uno scrittore poeta di pennino – termine preso in prestito dalla pittura – capace di segni inaspettati e forti.

     Giuseppe Talia

    13 agosto 2018

    Nell’applicare il linguaggio non si può ad esso attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del fonatore e del relativo muscolo cricotiroideo?

    .

     Giorgio Linguaglossa

    13 agosto 2018

    caro Tallia,
    ti scrivo questa missiva tra gli ozi di Capua
    e i negozi di Ercolano in compagnia del passito di Pantelleria.

    Germanico consuma fast food con Orestilla
    la figlia di quel coccodrillo di Fasullo

    che si è dato al commercio di schiavi
    mentre la sua amante, Gaia Priscilla, si gode

    un muscoloso negro d’Egitto, nipote dei Tolomei,
    dice il manigoldo, rampollo della nobile stirpe

    di Osiride e di Anubi. Che vuoi, l’impero è tanto grande
    che un frammento di esso occuperebbe

    il Circo Massimo e il Foro di Traiano dell’Urbe.
    A proposito, hai notizie del poeta Gino Rago?, sai

    sono un po’ preoccupato, ultimamente ha cambiato lo stile
    della sua poesia, adesso scrive in distici,

    ma la sua Musa risulta alquanto attempata e impettita
    come una mercenaria di infimo rango

    che impiega il belletto e il soffritto di alghe
    per i suoi capelli untuosi…

    .

    Gino Rago

    Due inediti

    [a Giuseppe T., ad Alfonso C., a Giorgio L., a Mauro P., a Lucio M. T., a Roberto B., e ai poeti oggi non presenti su L’Ombra]

    1- Ciò che ci ha amato non ha una via di uscita

    L’onda esala odori di libeccio e nei marosi tremano i pontili.
    [A noi di terra serve per partire nello sgomento della vastità].

    Chi valica i fili degli ultimi orizzonti forse più non torna.
    Chi s’imbarca per l’esilio farà ritorno come un’ombra

    perché ciò che ci ha amato non ha una via di uscita

     

    2 – Parla il saggio [i marinai lo chiamano «il filosofo»]:

    «Meglio non partire,
    chi rimane ha sempre la certezza d’una tomba.

    Mette i suoi confini all’immensità.
    Una pergola fra gli orti.

    Un filare di pioppi fra l’avena e il grano.
    Un frangivento fra l’arancio e il cedro.

    Un canneto fra la marina e il mondo.
    Un muro a secco fra se stesso e l’altro.

    Tu mi chiedi a chi basta il mare?
    Il corallo trattiene le voci dei morti,

    la tolda nell’afa di agosto
    spande odori di boschi bruciati.»

    Ma sugli scogli nella bora insonne il mare mette ali all’anima.
    Il grido d’un gabbiano

    segno d’eterno fra la spuma e il cielo.

     
    [non resta altro da fare che una rinegoziazione di un passato che non si consegna se non nella forma di una latenza]

    .

    Giuseppe Talia

    13 agosto 2018

    Caro Germanico,

    anche io preso dall’ozio dello Jonio con Nosside
    ed Afrodite che bevono una detox alla rucola.

    Parlano di Kavafis, “Ionio abbraccia Ionio”, dicono
    E ridono di Gallieno che in primavera si fa costruire

    Giacigli di rose e imbandisce la tavola con vasellame
    D’oro: “la memora è come morta”, va affermando

    Preso come sempre dalla Playstation e dal gioco
    D’azzardo, ironizza sul prossimo Decreto Dignità.

    Che serie danno stasera su Sky? Domanda Nosside
    L’Ispettrice Athena Licinia con quel gran pezzo di

    Claudio Marcello in un thriller nella Gallia Cisalpina?
    Afrodite, invece, si è fatta un nuovo tatuaggio

    Una banda nera all’altezza del braccio alla maniera
    di Dybala e come lui calcia cocomeri in giardino.

    Del poeta Rago non ho notizie certe tranne,
    qualche straccio che m’è rimasto in un sacco di iuta.

    A Marasà l’aspetto il Rago in distici e ditirambi

     

     caro Tallia,

    qui nell’Urbe malatempora currunt, il console Salvinus,
    quel bellimbusto padrone della Padania,

    che se la spassa con la sua Sofonisba, la terrona
    della Libia, ha emanato un decreto di coscrizione obbligatoria

    per tutti i cittadini sfaccendati della città eterna,
    lo chiama, il becero, Decreto dignità…

    al fine, dice il manigoldo, di rinfoltire i ranghi
    delle legioni del Nord, dice il ribaldo che una nuova guerra

    si avvicina con le bande di germani e di alemanni
    che scorrazzano nell’impero fino ad Aquileia!

    Stattene nella tua Nosside, caro Tallia, qui rischieresti
    le legioni del Reno e del Danubio, i freddi fiumi

    invernali, le battaglie ingloriose contro i barbari,
    bèati dei sicomori e dei fichi secchi della Bitinia

    finché sei in tempo…

    .

    Alfonso Cataldi

    14 afosto 2018

    Caro Giorgio, Cari avventori,

    ho incontrato per caso la Musa dell’Ombra delle parole
    all’ufficio postale. Mentre scrivo, gesticola
    dietro lo sportello dei distici non ritirati.

    C’è un gran ressa, chi ha espletato la pratica
    riceve un biglietto omaggio per il foro Traiano.

    Tra mezz’ora è atteso il poeta Gino Rago
    che spiegherà le ragioni della conversione.

    Io non riuscirò a fare in tempo ed altro non so dirvi
    ho ancora trenta numeri avanti

    le pratiche sono lunghe, manca l’aria condizionata
    tutti hanno da spedire un alibi su cui posare il cappello.

    .

    Guido Galdini
     

    14 agosto 2018

    piove e non piove qui sulle pietre del molo
    il cielo si è ridotto ad una frase

    le navi che partono hanno ciascuna
    una lettera di commiato scritta sopra le vele

    e noi dovremmo essere così coscienziosi
    da leggere anche le parole cancellate

    le navi che ritornano invece
    hanno scritte troppo sicure di se stesse

    ma questo non ci disturba, è da gran tempo
    che dobbiamo inventare i nostri alfabeti.

     
    .

    Mauro Pierno

    14 agosto 2018

    La propaganda dei nostri sguardi intravede l’ozio delle parole tra nuvole filiformi di batteri incompresi. Questi mostri di discorsi che attraversano le mani.
    Nei gesti le estenuanti nude dichiarazioni.

    Questo fumo di vento
    Ha il volto perso.

    .

    Maria Rosaria Madonna

    da Stige. Tutte le poesie (1990-2002), Progetto Cultura, Roma, 2018 pp. 150 € 12

    Sai, nel Dottor Zivago c’è il protagonista
    chiuso nella casa gelida immersa nella neve…
    fuori dalle finestre l’ululato dei lupi.
    E’ un poeta. –che cosa fa? –
    fa quello che fanno tutti i poeti: scrive poesie.
    Scrive poesie, poesie, poesie.
    Si deve sbrigare perché tra poco le guardie rosse
    lo verranno a prendere. Davvero,
    c’è così poco tempo per scrivere poesie.

    .

    Se Maria Rosaria Madonna avesse saputo che per qualcuno, un giorno, Lei sarebbe stata d’avanguardia, chissà cosa avrebbe pensato. Sono tante e tali le somiglianze…
    Le poesie in neolingua sono capolavori, ma sono cosa a parte, sovrumane, fuori dal tempo e per me impossibili da ri-considerare. Ma gli inediti, le ultime poesie scritte nel 2002, insegnano chiarezza e irregolarità. Nel 2002 era già fuori, aveva fatto il salto… Neve inattesa. Sulla fronte. – Fa bene alla pelle.

    (citata da Lucio Mayoor Tosi)

    .

14 agosto 2018

di Fritz Hertz

Tesoro_ un lupo ha trapiantatole ossa proprio in questa casa.
Al di sotto del tavolo che fa da pianura all’ingresso solitario.

Sembrava il gatto di Schrödinger. Un atomo di luce inserito
nell’arredo della bianca scatola di gesso. Prima si è finto morto.

Poi è resuscitato con il sorriso stampato sul pelo liscio. Tesoro_sa-
rebbe utile comprare un po’ di carne. Il quarto di un bue senza nervi.

Isolato. Intontito di amuchina. Con il marchio originale del macello.
D’altronde gli daremo ancora da mangiare. Nell’ululato rude e continuo.

Dalla grandine di tre parole in croce. Ne saremo sanguinosamente tutti felici.

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 Giuseppe Talìa  Poesie da La Musa Last Minute (Progetto Cultura, 2017), Sestine per Alfredo de Palchi, (Giove), Antonio Sagredo, (Marte), Giorgio Linguaglossa, (Urano), Salvatore Martino, (Saturno),Ubaldo de Robertis, Anna Ventura, Annamaria De Pietro, Antonella Zagaroli, Gëzim Hajdari, Steven Grieco-Rathgeb, Letizia Leone, Sabino Caronia, Giuseppina Di Leo, Donatella Costantina Giancaspero, Patrizia Cavalli, Patrizia Valduga, Maurizio Cucchi, Roberto Bertoldo, Valerio Magrelli, Nanni Balestrini, Franco Buffoni, Gian Mario Villalta

 

Gif paesaggio onirico

Il risultato è una confezione poetica esplosiva, derisoria, caustica dove Talia fa poesia sulla poesia e iperpoesia, poesia sui singoli personaggi della galleria letteraria, confondendo gli stili e plaudendo alla «Musa last minute», poesia «low cost»

Giuseppe Talìa (pseudonimo di Giuseppe Panetta) nasce in Calabria, a Ferruzzano (RC), nel 1964. Vive a Firenze e lavora come Tutor supervisore di tirocinio all’Università di Firenze, Dipartimento di Scienze dell’Educazione Primaria. Pubblica le raccolte di poesie, Le Vocali Vissute, Ibiskos Editrice, Empoli, 1999; Thalìa, Lepisma, Roma, 2008; Salumida, Paideia, Firenze, 2010. Presente in diverse antologie e riviste letterarie tra le quali si ricordano, I sentieri del Tempo Ostinato (Dieci poeti italiani in Polonia), Ed. Lepisma, Roma, 2011; Come è Finita la guerra di Troia non ricordo, Edizioni Progetto Cultura, 2016. nel 2017 pubblica la silloge Thalìa edizione bilingue, per Xenos Books – Chelsea Editions Collaboration, California, U.S.A., traduzioni di Nehemiah H. Brown, nel 2018 pubblica La Musa Last Minute con Progetto Cultura di Roma. Ha pubblicato, inoltre, due libri sulla formazione del personale scolastico, L’integrazione e la Valorizzazione delle Differenze, marzo 2011, curatela; AA. VV. Progettazione di Unità di Competenza per il Curricolo Verticale: esperienze di autoformazione in rete, Edizioni La Medicea, Firenze 2013 

Prefazione di Giorgio Linguaglossa

Negli anni Settanta Robert Escarpit scriveva che «la tipografia ha fatto della scrittura un mezzo di comunicazione di massa». Ecco, giunti nel 2017, oggi lo sviluppo dei social media e di internet credo abbia accentuato questo aspetto, diciamo, comunitario, nel senso che la letteratura è ciò che transita attraverso la rete, la rete fabbrica la letteratura nel senso che è ad un tempo il medium e l’editore di riferimento di un testo; oserei dire che un enunciato è tale solo se transita nel web. Oggi non c’è più alcun bisogno di alcun legame extratestuale tra il lettore e l’autore, entrambi sono opzioni del web, entrambi sono terminali di una comunicazione segnica, informazionale o letteraria quale che sia. Nelle nuove condizioni del web il rapporto tra autore e lettore diventa più che mai una lotta di segni, di significanti, «ma una lotta ha senso soltanto se viene condotta tra avversari che hanno una certa consapevolezza l’uno dell’altro», scrive sempre Escarpit, il quale prosegue: «è necessario almeno che tale consapevolezza ci sia nel momento della produzione del testo».1 Ecco, proprio questo è il punto: una scrittura poetica come questa di Giuseppe Talia nasce senza che vi sia alcuna relazione reciproca tra l’autore e il lettore, è il web che determina il comune terreno di scontro e/o incontro, è il web che decide il medium, è il web che decide il messaggio. Leggendo queste strofe ironiche, istrioniche e ilari di Giuseppe Talia possiamo comprendere in che misura il supporto e la destinazione del web abbiano avuto un ruolo nel determinare la scrittura di questi pensieri aforistici, innanzitutto perché gli interlocutori ai quali viene appiccicata e dedicata ogni singola poesia, sono quei medesimi interlocutori che transitano, in maniera diretta o indiretta, tra le pagine della rivista telematica lombradelleparole.wordpress.com dalle quali l’autore Giuseppe Talia ha tratto gli spunti e le occasioni scrittorie. Poesie che uniscono un fare sarcastico e un andamento ironico-scettico, un passo canzonatorio e tonalità derisorie, un mix lungimirante e desiderante di stilemi disparatissimi, del piano basso del linguaggio parlato e dei piani alti delle circonlocuzioni forbite ed euforbiche. Il risultato è una confezione poetica esplosiva, derisoria, caustica dove Talia fa poesia sulla poesia e iperpoesia, poesia sui singoli personaggi della galleria letteraria, confondendo gli stili e plaudendo alla «Musa last minute», poesia «low cost», derisoria, dicevamo, che rovescia, parodisticamente, la montaliana poesia d’occasione e la poesia progetto dello sperimentalismo, la poesia minimal e quella massimalista, quella personalistica e quella privatistica, tutti conglomerati ed emulsionati degli odierni simulacri letterari.

Epperò, bisogna anche dire della sapienza con cui Talia sa entrare nelle maglie della poesia di ogni singolo autore, cogliendone le ubbìe e le mitopoiesi con grande sagacia ermeneutica e caustica ironia. Talia coglie un tratto essenziale del post-contemporaneo: che ormai viviamo in mezzo ad un guado permanente, che siamo lontanissimi da ogni approdo ed egualmente lontani dalla riva di partenza, una situazione esistenziale permanentemente instabile, un quadro psicologico «debole». Ecco, siamo arrivati alla parola chiave che mondi ci può aprire sulla nostra contemporaneità; quella «debolezza» della nostra condizione ontologica sulla quale Talia erige la «debolezza» della sua poesia ontologicamente destrutturata. È questo il suo punto di forza, aver saputo capovolgere la condizione ontologica di «debolezza» in una nuova condizione di «forza», l’aver capovolta la «clessidra dell’esistenza che si capovolge sempre di nuovo», come scriveva Nietzsche centocinquanta anni or sono.

Giuseppe Talia Cover

Nel 1999 Talia pubblica con Ibiskos Le Vocali Vissute, un libro di svolta che segna la presa d’atto della crisi della forma-poesia, lo scoppio e la polverizzazione delle «vocali». Scrive in proposito l’autore: «Un pomeriggio del 1992 ho acceso una miccia ed ho fatto esplodere il Logos nelle Vocali Vissute. Non so quanto quel gesto iniziale fosse consapevole. Come un bambino che sfrega lo zolfanello sulla superficie ruvida per accendere un petardo, così, quel pomeriggio in Calabria, io capii, o forse solo percepii, che le strade erano due: l’epigono, «la morta gente, o epigoni, fra noi… (Carducci), oppure il sommovimento dell’Io, la ribellione.

La creta della poesia era nel bivio, bisognava solo plasmarla, darle forma. Gli ingredienti c’erano tutti, letture, studio, poeti conosciuti, allora altisonanti pubblicati dallo Specchio, circoli letterari viziosi e viziati, premi letterari con tasse di lettura (allora come ora), antologie sciatte e furbe. C’erano tutti gli ingredienti, bisognava solo shakerarli e versare nelle coppe un nuovo cocktail, «Se giro e mi rigiro/mimando le correnti /Se mi rannicchio a nuvola/ o mi distendo carico di pioggia».

La deflagrazione delle «vocali vissute» porta con sé la necessità di trovare una nuova forma della poesia. Talia impiegherà più di tre lustri per giungere a questa sistemazione della sua forma poesia, un equilibrio «imperfetto» che consentirà all’autore di conservare quanto della tradizione era conservabile in frigo e quanto invece doveva essere tradito e collocato in un nuovo universo stilistico e simbolico. L’incontro con la teorizzazione e la pratica della «nuova ontologia estetica» praticata dalla redazione de L’Ombra delle Parole, è stato risolutivo, è stato un incontro fruttuoso.

Particolarità di questi «medaglioni» è che la forma-poesia ha raggiunto una sua stabilità nella instabilità generale, ormai la deflagrazione delle «vocali vissute» è stata digerita, siamo entrati nella stabilizzazione della instabilità permanente; occorreva prendere atto della necessità di trovare un punto di equilibrio, e Talia l’ha trovato nella forma tellurizzata di queste sestine improprie.

Robert Escarpit L’écrit et la communication, Presse Universitaires de France, 1973 trad. it. Scrittura e comunicazione, Garzanti, 1976 p.  61

 Retro di copertina della edizione americana di Thalia:

Ha scritto Giuseppe Talia: «un pomeriggio del 1992 ho acceso una miccia ed ho fatto esplodere il Logos nelle Vocali Vissute»; e le vocali sono esplose in una congestione di significanti e di significati disconnessi. Le parole sconnesse sono andate alla ricerca di un nuovo luogo da abitare, di una nuova patria delle parole. Una «nuova poesia» richiede sempre una nuova metafisica, una nuova patria delle parole nella quale le parole possano albergare. E questo cos’è se non pensare nei termini di una nuova metafisica? Se non pensare nei termini di una «nuova ontologia estetica»?

Una volta preso atto di ciò, un poeta non può che dimorare presso la nuova «patria» delle sue parole. È quello che ha fatto Talia in quest’opera, ha disegnato la cornice della sua nuova patria linguistica.

 Appunto dell’autore

 L’alterazione paradossale che sottolinea la realtà attraverso la simulazione, l’interrogazione, per mezzo di un procedimento speculativo nei sistemi estetici, come quello di K.W. Solger, viene solitamente considerata costitutiva dell’arte. L’antifrasi e l’eufemismo significano ribaltare, per sopravvivenza fisica e mentale, l’ironia in autoironia, distaccarsi dall’estetismo per una dimensione più etica.  Ecco, questo è uno dei tanti profili che mi rappresentano.

Ma qual è stata la molla di questi frizzanti schizzi a Voi dedicati, care amiche e amici dell’Ombra delle Parole? Un cadeaux, una semplice come complessa traslitterazione di fatti analitici, psicoanalitici, qualche volta una semplice foto o l’impressione di un verso letto e che è rimasto nel substrato inconscio della comunità poetante di cui mi sento parte.

E come un artigiano che si rispetti ho dispiegato gli arnesi giusti su un piano geometrico adeguato e tessuto l’ordito: per ognuno di Voi, amiche e amici, sei versi, forme chiuse e forme variabili, citazioni, carattere, un qualche segno indelebile impresso nell’anima, una tradizione e un simbolo cosmologico abbinato che penso vi rappresenti nell’almagesto dell’unicità.

Questo gioco semi-serio, in cui si possono rilevare tracce di Palazzeschi, Stecher, Szymborska come di altri, l’ho iniziato con l’intento di omaggiare i Poeti costituenti del momento, Alfredo de Palchi (Giove), Antonio Sagredo (Marte), Giorgio Linguaglossa (Urano), Salvatore Martino (Saturno), per continuare con gli amici con cui tengo una corrispondenza, Ubaldo de Robertis, e con le Poete e Poeti che stimo, Anna Ventura (nodo ascendente), Annamaria De Pietro, Antonella Zagaroli, Letizia Leone, Sabino Caronia, Giuseppina Di Leo, Donatella Costantina Giancaspero (nodo discendente), anche se non sempre i miei commenti a riguardo, lasciati sul blog dell’Ombra delle Parole, sono stati gratificanti: ubi maior minor cessat.

Sono tante costellazioni più una, misteriosa, che in ogni gioco che si rispetti tocca al partecipante indovinare a chi è dedicata e perché. Con i miei migliori Auguri per un poetico e sempre più comunitario 2017. Evviva (è viva) la Poesia.

(Giuseppe Talìa)

Gif gli orologi

INDICE

Alfredo de Palchi 15
Milo De Angelis 16
Patrizia Cavalli 17
Valerio Magrelli 18
Patrizia Valduga 19
Maurizio Cucchi 20
Nanni Balestrini 21
Franco Buffoni 22
Guido Oldani 23
Gian Mario Villalta 24
Roberto Bertoldo 25
Luigi Manzi 26
Mario M. Gabriele 27
Giuseppe Conte 28
Salvatore Martino 29
antonio Sagredo 30
Giorgio Linguaglossa 31
Tomas Tranströmer 32
Kjell Espmark 33
alberto Pellegatta 34
Steven Griego-Rathgeb 35
Silvana Baroni 36
Gino Scartaghiande 37
Donatella Bisutti 38
Claudio Damiani 39
Mario Lunetta 40
Luigi Fontanella 41
Erri De Luca 42
Carla Saracino 43
Giuseppina Amodei 44
Gabriele Pepe 45
Gëzim Hajdari 46
Sabino Caronia 47
Giorgia Stecher 48
Anna Ventura 49
Gabriele Fratini 50
Gino Rago 51
Lucio Mayoor Tosi 52
Guglielmo aprile 53
Renato Minore 54
Claudio Borghi 55
Tommaso Di Dio 56
Antonella Zagaroli 57
Annamaria De Pietro 58
Giuseppina Di Leo 59
Letizia Leone 60
Ubaldo De robertis 61
Costantina Giancaspero 62
Franco Marcoaldi 63
Alfredo Rienzi 64
Francesca Dono 65
Adam Vaccaro 66
Autoepigramma 67
Germanico 68
Paolo Ruffilli 69
Nacht und Nebel 70

Gif Astronauta che sogna

Questo gioco semi-serio, in cui si possono rilevare tracce di Palazzeschi, Giorgia Stecher, Wislawa Szymborska come di altri,

A Alfredo de Palchi

Cielo d’agosto e Zefiro che lucida l’occhio concavo
Lo sputo delle stelle per un’ora d’aria nel periplo della pena
Le unghie spezzate nel quadrilatero dell’Ades*
Tra sessioni scorpioni e paradigmi la gatta Gigì incatena
Una Storia più grande degli anni e della stessa presenza
Che pone l’Essere nella forma di una galassia antenna

*Adige, e non solo

A Steven Grieco-Rathgeb

Vorrei tanto essere un mistico. E ci ho provato.
Sono stato in India. Ho tentato di controllare
La pressione e il battito del cuore. Il cuore,
il cuore mi tradisce sempre. Da bollywood, inorridito
scappai in Rajasthan, lungo la valle dei fiumi,
per finire in una perla come un cuore che tradisce.


A Anna Ventura

Nella costellazione di Eridano vi è una corposa nebulosa
La testa di una Strega ascendente nella selva circumpolare
E allatta Coefore massicce con l’alamaro quando uno zio
Coniglio (sorta di ricordo fotoevaporante o stella brillante)
Con Torquemada Tauri icastico e mostrino lavora di fino
E al je m’en moque dell’aguzzino oppone un tu quoque (?)


A Antonio Sagredo

Bayer ti diede il nome o forse solo il suo cognome
Figlio di una costellazione inconsueta come
La Nave di Argo nel coelum dei frangiflutti
Con una Nereide dissipata in un soprannome
Spoliazione della Colchide e dei suoi frutti
Smembrata senza rotta e con i remi asciutti


A Letizia Leone

Summa creata e sola virtute della cometa nera
Tra un debole Cancro e una vasta Venere eclittica
Chi dona speranza dona vita alle stelle bambine
Della costellazione madre di tutte le galassie
Con poche mandorle per confetti d’un matrimonio
Nei primordi mai consumati del Tutto in un granello

A Giorgio Linguaglossa

I frantumi dei giganti gassosi del Tempo e del Padre
Bande magnetiche di stelline soffiate dalle Parche
Graie con stami fusi e cesoie gli ombelichi mortali
Corpi minori negli editoriali di una qualche cometa
E rari ammassi di luce nelle effemeridi siderali
I transaturniani evoluti imprevedibili e rivoluzionari

A Antonella Zagaroli

Fortilfragile volpina nell’eterno presente sei Cassiopea
Della via Lattea e Anfitrite ti tagliò i lunghi capelli biondi
Da allora come ora riesci dal tempo e ti ritrovi Gilania
Una Venere minima a cui il dono del silenzio è condanna
O forse manna di Psiche il respiro che serra a ventaglio
L’Abito immaginario per il corpo nudo pieno d’anima

A Gëzim Hajdari

Rerum novarum oppure rerum causas? Chi di domanda ferisce
Di domanda perisce sanciva Hoxha e il canto del gallo nell’esilio
Dell’alba, nel ritmo circadiano come un muratore le stigmate di calce
Il Kanun della coscienza universale, gli infiniti esseri e gli illimitati èpos
In un delta profanato dalla storia e riparato in una preghiera laica
Di un contadino che ara stornelli “e il tutto spia dai rami irti del moro”.*

*Giovanni Pascoli-Arano

Gif Uccellino

A Salvatore Martino

Nella tua prigione, o stella blu, i bracci delle galassie
Trovano ammassi aperti di giganti nel disco galattico
D’una vita dedicata alla gravitazione di pregiate malvasie
Da cinquant’anni e oltre l’almagesto nell’atto catartico
Dal locus amoenus del Capricorno a est del Sagittario
Tu, cancellazione, sfera ideale, nutri il marmo erbario

A Annamaria De Pietro

Con te non è certo facile solleticare il carapace
Si dice rimario abbecedario binario come glossario
Certo Annamaria di miracoli ne fai stella arancione Tauro
o Aries che infila le perline e di parole ne fa Pietra
Conservazione tālis-qualis dell’ordine del multiverso
Una cera persa nello stampino del creato creatore

A Ubaldo De Robertis

Chi pensa sia semplice tracciare il moto delle Pleiadi
Non sa che ammassi di leggende l’astro occulta
Nella crepa segaligna della parti d’un discorso
Poetico l’anfora sussulta nelle spore gravitazionali
Delle Naiadi con le geramiadi e lo spartito sferico
Del re minore incompiuto o del minotauro che ausculta

A Giuseppina Di Leo

Quanta bellezza e quanta gioventù lontano nel sole
Una stella ancora nell’infanzia prima del monossido
Quando solo ghiaccio e rocce e una firma spettroscopica
Segnavano il passaggio d’una cometa dialogante a più voci
Una lunga notte la più lunga che si ricordi in un inedito
Una parola impronunciata rimbalzata sul muro invisibile

A Sabino Caronia

Tolomeo s’era perso nell’Acquario tra stelle variabili
Ad eclissi controllata quando Copernico scoperchiava
Sfere omocentriche nell’accelerazione degli specchi di Borges
E l’amore che ne veniva sopperiva lo Stato gassoso dei Blazar
Nei minuscoli idilli di astroparticelle delle galassie ospitanti
Con l’apparenza del Zommo Pontescife pe’ castiga’ li bbuggiaroni

A Donatella Costantina Giancaspero

Da un presagio d’ali la casa di latte nella costellazione familiare
Di Stern stempera la tempera verbale esigua del Circinus
Nella periferia dell’universo con Iperoni e Neutrini a far
Piastrelle per il selciato domestico del sole pomeridiano
A Torre Spaccata nell’atonale pungiglione di luce
Con la Lira e il contrappasso per una musica di carta e di cielo

Patrizia Cavalli

È un teatro aperto la precessione della luce della stella faro.
La magnitudine apparente, testa di serpente e calamaro
Non salva il mondo dal compost della stella tripla Ethical
Treatment, a caccia con i cani di Orione di Sadalsuud-Sadalmelik
Nel cerchio massimo dell’equatore e del suo punto spettrale
Con lo scafandro da palombaro e una compagna in orbita bisessuale.

Gif Manichino 2

Valerio Magrelli

Da bambino erano un codicino di nature e venature
I Dockers Kahaki Pants salenti e discendenti la grande
Échelle disgrafica e dislessica o più semplicemente
Manomessa dalla stella binaria dei pioli del carcerato
Che batte il Lexicon della rotativa sorgiva tatuata
Nella carne condominiale del codice fiscale come dell’ISBN.

A ?

Lingua di lotta e lingua di luna la luna
Che non parla che non possiede che l’umano
Occhio il sovrumano splendore d’albume
Battente con un cuore di colibrì e chicchirichì
Mite chiarore aneliti brevi falce calante
Sterili economie allunate di messi mancanti

Patrizia Valduga

Un requiem per una subrette
Un soundtrack di paillette
Una Gilda de’ poeti O Mame
Una sessa strafatta pour femme
Mia Sirventes o mia Servente(s)
Solo per me le tue tette.

Maurizio Cucchi

Argo Panoptes è il disperso degli anni luce
Alla ricerca del vello d’oro, con una barchetta di carta
Immersa nel gradiente salino di Malaspina
Ossessionato dal sosia more uxorio
Come dell’antinfiammatorio da topografia
Del tramonto dell’Idra e dell’antitossina.

Nanni Balestrini

Sei pronto? Che faccio, scatto? Ecco, sì, scatto!
Ma no, ti sei mosso! Ma che fai, ti muovi come le masse?
Allora, dai, scatto. Fermo. Le Capital qui FIAT la guerre!
Forza, che ti pixello, ti taggo, ti bloggo, ti ritocco.
O nanni, e stattene un po’ fermo! Ora ti blocco!
Click. Ce l’ho fatta! Te la dedico: “Alla neoavanguardia
permanente”.

Gif Manichino

Franco Buffoni

Che nome di casata la Musa edulcorata
Che spaccia i lacerti al mercato degli Eoni
Ai giurati crapuloni che filmano gli snuff movie
Con il giro vita pettorina di Narciso e Boccadoro,
Carta straccia igienica tedesca interstellare
Di nuovissima e caldissima carne da abusare.

Gian Mario Villalta

Una certa Musa non dovrebbe calzare stivali da mattatoio
Non dovrebbe nemmeno pensare ai pubblici dialettali
Al Maternato che con un minimo sindacale scalza i rivali
Gli squali mortali, illegali, con occhiali eccezionali
Bufale aziendali e pettorali soprannaturali, havel havalim,
Una certa Musa direbbe: vieni, ti insegno a scrivere mentre muoio!

Roberto Bertoldo

Hebenon o non Hebenon è forse il tuo tema natale
Ma semper fidelis all’anarchia logica della mente
Tra costellazioni bioetiche fenomenognomiche alla Bernstein
Con un che di fisionomico come di ergonomico o di titanico
Magari di nullismo leptosomico e sempiterno del Mythos
del Logos postcontemporaneo dell’umana (in)coscienza.

 

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