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Quattro Autori kitchen Marie Laure Colasson, Mimmo Pugliese, Raffaele Ciccarone, Francesco Paolo Intini, Sul montaggio, una sequenza di vuoti, di spaziature, di amnesie, di lapsus, di interferenze, di rumori di fondo, di non detti, di sfondi laterali latenti che delimitano il susseguirsi degli enunciati e delle icone. Il lavoro di montaggio va fatto esattamente in quello spazio della percezione che possiede contemporaneamente il compito di separare e unire, di isolare e ricomporre. Quello spazio Warburg lo chiamava «Denkraum», lo spazio tra un pensiero e l’altro, lo spazio dell’intervallo che si configura proprio a partire da quegli spazi vuoti che attendono di essere connessi

Foto Eliot Elisofon La vita come ripetizione infinita
foto di Eliot Elisofon, La vita come ripetizione infinita

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Giorgio Linguaglossa

Sulla natura delle formazioni discorsive kitchen

Il montaggio richiede di comporre la sequenza come una pellicola cinematografica in 3D; una sequenza non è costituita soltanto di immagini o solo di spazi pieni, ma soprattutto di vuoti, di spaziature, di amnesie, di lapsus, di interferenze, di rumori di fondo, di non detti, di sfondi laterali visibili e/o latenti che delimitano il susseguirsi degli enunciati e delle icone. Il lavoro di montaggio va fatto esattamente in quello spazio della percezione che possiede contemporaneamente il compito di separare e unire, di isolare e ricomporre. Quello spazio Warburg lo chiamava «Denkraum», lo spazio tra un pensiero e l’altro, lo spazio dell’intervallo che si configura proprio a partire da quegli spazi vuoti che attendono di venire connessi. L’approccio di demistificazione delle poesie kitchen dei quattro autori implica la consapevolezza di una poiesis effetto di demistificazione in quanto il linguaggio viene impegnato in una contesa con il senso chiaro e distinto della poiesis del novecento, quella del soggetto cartesiano. Non si dà né maschera né menzogna né verità perché non c’è alcuna pretesa di verità, si ha semmai un effetto di verità che non può mai valere per il soggetto in quanto esso è stato già espropriato a monte della propria soggettità in quanto il soggetto è già da sempre decentrato e lateralizzato, nasce già come effetto di linguaggio, effetto di significanti. Essendo infatti il soggetto nient’altro che un effetto del linguaggio. Asserire che il linguaggio è il luogo dell’equivoco e che tuttavia nella sua equivocità, esso purtuttavia dice e mostra qualcosa, equivale ad affermare con Aristotele che «l’essere si dice in molti modi». Ne deriva che il discorso poetico è quel discorso che dice l’essere in molti modi. Da un esame dell’«asse verticale» di una formazione discorsiva kitchen emergerà  il legame strutturato con altre pratiche extra discorsive, se poi passiamo all’esame dell’«asse orizzontale», giungiamo alla visione dei rapporti interdiscorsivi, ovvero, delle forme di connessione interattiva tra i due assi. Il kitchen è il risultato dell’intima e indissolubile interconnessione tra i due assi,  e l’unico giudizio ammissibile sarà la condizione di realtà o di possibilità degli enunciati. Non si tratta quindi di condizioni di validità degli enunciati ma unicamente di condizioni di realtà, di possibilità. Il «senso», se senso v’è in un testo kitchen, si dà soltanto dall’improvvisa apparizione di un enunciato, nel bagliore di un attimo; questo senso dis-senziente può sorgere sempre e soltanto nel campo di esercizio di una funzione enunciativa, senza riguardo per alcuna soggettività reale perché gli enunciati abitano sempre e soltanto l’eventuale del reale. L’ordine del discorso e l’ordine del pensiero, lo spazio in cui pensiamo, può essere lacerato: è la situazione limite delle «eterotopie», ovvero, sorta di «contro-spazi» di cui le culture dispongono e «in cui gli spazi reali, tutti gli altri spazi reali che possiamo trovare all’interno della cultura, sono, al contempo, rappresentati, contestati e rovesciati»1; tali eterotopie sono talvolta luoghi fisici (ad esempio i cimiteri) oppure ideali, che si trovano  solo sulla carta, come nel caso dell’«enciclopedia cinese» di Borges da cui prende l’incipit l’intero progetto teorico de Le parole e le cose di Foucault. Le «eterotopie» svolgono un ruolo epistemologico speciale nella misura in cui denudano l’essere del discorso e con esso del pensiero, proprio «perché devastano anzi tempo la “sintassi” e non soltanto quella che costruiscele frasi, ma anche quella meno manifesta che fa “tenere assieme” (a fianco e difronte le une alle altre) le parole e le cose»2. Sorgono due domande: chi parla? e cos’è ciò che dice? Si tratta di due quesiti radicali, perché pongono in questione allo stesso tempo l’essere del discorso e l’essere del soggetto Parlante. Ma è bene ribadire che non c’è alcun mistero né alcuna anteriorità nel Parlante, il senso del suo discorso sarà all’interno del discorso stesso, non oltre e meno che mai nelle cose le quali sono altrettanto equivoche quanto il linguaggio che le esprime. Giunti a questa conclusione possiamo asserire una volta per tutte che il linguaggio poetico kitchen abita integralmente le «eterotopie», che altro non sono che quei luoghi che consentono l’irruzione evenemenziale dell’atto enunciativo.

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1 Id., Eterotopie, in  Archivio Foucault III, a cura di A. Pandolfi, trad. it. di S. Loriga, Feltrinelli, Milano, 1998, p. 310.
2 M. Foucault,  Les mots et les choses, Gallimard, Paris, 1966, trad. it. di E. Panaintescu, Le parole e le cose, Rizzoli, Milano, 1967, p. 8.
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Strilli Lucio Ricordi

[poesia di Lucio Mayoor Tosi]

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Marie Laure Colasson

Cito da Paul Valéry: «L’arte nel mercato universale è più ottusa e meno libera»

«L’Arte, considerata come attività svolta nell’epoca attuale, si è dovuta sottomettere alle condizioni della vita sociale di questi nostri tempi. Ha preso posto nell’economia universale. La produzione e il consumo delle opere d’Arte non sono più indipendenti l’una dall’altro. Tendono ad organizzarsi. La carriera dell’artista ridiventa quella che fu all’epoca in cui egli era considerato un professionista: cioè un mestiere riconosciuto. Lo Stato, in molti Paesi, cerca di amministrare le arti; procura di conservarne le opere, le «sostiene» come può. Sotto certi regimi politici, tenta di associarle alla sua azione di persuasione, imitando quel che fu praticato in ogni tempo da ogni religione. L’Arte ha ricevuto dai legislatori uno statuto che definisce la proprietà delle opere e le condizioni di esercizio, e che consacra il paradosso di una durata limitata assegnata a un diritto ben più fondato di quelli che le leggi rendono eterni. L’Arte ha la sua stampa, la sua politica interna ed estera, le sue scuole, i suoi mercati e le sue borse-valori; ha persino le sue grandi banche, dove vengono progressivamente ad accumularsi gli enormi capitali che hanno prodotto, di secolo in secolo, gli sforzi della «sensibilità creatrice»: musei, biblioteche, etcetera…

L’Arte si pone così a lato dell’Industria. D’altra parte, le numerose e stupefacenti modifiche della tecnica, che rendono impossibile ogni ordine di previsione, devono necessariamente influire sull’Arte stessa, creando mezzi del tutto inediti di esercizio della sensibilità. Già le invenzioni della Fotografia e del Cinematografo trasformano la nostra nozione delle arti plastiche. Non è del tutto impossibile che l’analisi estremamente sottile delle sensazioni che certi modi di osservazione o di registrazione fanno prevedere conduca a immaginare dei procedimenti di azione sui sensi accanto ai quali la musica stessa, quella delle «onde», apparirà complicata nel suo meccanismo e superata nei suoi obiettivi. Diversi indizi, tuttavia, possono far temere che l’accrescimento di intensità e di precisione, così come lo stato di disordine permanente nelle percezioni e nelle riflessioni generate dalle grandi novità che hanno trasformato la vita dell’uomo, rendano la sua sensibilità sempre più ottusa e la sua intelligenza meno libera di quanto essa non sia stata.»

Strilli Tosi

Strilli Tranströmer1

Una poesia

Umwelt fait en 2004, durée 1 h et 6 mn coreografie Maguy Marin
musique Denis Mariotte pour le Festival Equilibrio 2022

Panneaux miroir et six personnages
son musical assourdissant répétitif
infernal le souffle du vent entre les panneaux

Fragments du tourbillon de la vie
une pomme croquée à pleines dents
un sandwich dévoré
une serpillière esclave de la propreté
une defécation de 3 pantalons abaissés
des lampes électriques qui fouillent le sol
des fesses de femmes éclairées à cru
de dos 3 chadors orangés
des bretelles de salopettes que l’on replace
des sacs poubelle
les couronnes du pouvoir
des chapeaux pour toutes saisons
des robes insolentes unisexes rouges jaunes blanches
des disputes des viols
des actes amoureux sexuels
des déchets jetés sur scene

Le tout le peu le rien
les mâchoires grincent

*

Pannelli a specchio e sei personaggi
suono musicale assordante ripetitivo
infernale il soffio del vento fra i pannelli

Frammenti del tourbillon della vita
una mela morsicata a trentadue denti
un sandwich divorato
uno strofinaccio schiavo della pulizia
una defecazione di 3 pantaloni abbassati
delle lampade elettriche che frugano il suolo
delle chiappe di donne illuminate a crudo
di schiena 3 chador color arancia
delle bretelle di salopette che si aggiustano
dei sacchi di immondizia
le corone del potere
dei cappelli per tutte le stagioni
dei vestiti insolenti unisex rossi gialli bianchi
delle dispute degli stupri
degli atti amorosi sessuali
dei rifiuti gettati sulla scena

Il tutto il poco il niente
le mascelle digrignano

Strilli Talia2

Strilli Busacca Vedo la vampa

Raffaele Ciccarone
13 gennaio 2023 alle 17:00

Miscellanea

Della miscellanea dorata gli zoccoli delle alture,
solo lo sposalizio tra elettroni garantisce
l’emicrania del mazzo di fiori.

Algoritmo del profumo in affanno di acuto piedistallo
senza burro non c’è felicità per il risotto.

La pioggia di clorofilla rigenera missili opachi
nel purè di patate inattesi i rilievi glicemici
pur dalla cottura dei cavoli verdi nei piani cartesiani.

Riparate le congiunture, le mappe di Pick liberano farfalle
che sfuggono da ogni dove
al momento l’esibizione dei cuscini porta alle suite migliori.

Ci risiamo col motore per la formula uno
generato da slalom di successi dovuti
a pannelli solari sotto spinta fotonica, ma solo per ora!

 

Mimmo Pugliese
13 gennaio 2023 alle 19:27

CUCCHIAI

Un fascio di cucchiai misura
la distanza tra un tampone ed il cratere di una bomba

Sotto un cielo di ontani
strambano soldati e streghe

Cigni neri ingoiano la strada
in un congelatore sagome conservano bruchi

Ideogrammi entrano ed escono dal muro
origami di carne prosciugano il faro

Una piuma sospende gli ordini del giorno
basta un secchio di vernice per impiccare i tulipani

Hai composto il numero sbagliato
le ante degli stivali seducono sedativi

Arrivi in tempo per assistere al sole
che inciampa su una pertica e si suicida

Strilli LeoneFrancesco Paolo Intini
13 gennaio 2023 alle 21:22

MA QUALE ESPERIMENTO? LA POESIA È REVERSIBILE

La scorribanda è stata micidiale.
Tutto un susseguirsi di corvi e passeri feroci

Difficile competere con Lucifero
Sul fronte Ovest.

Le bordate di droni alla ricerca di cosa salvare
e missili che fanno zig zag sulla nutella.

Da qui si vede un azzurro appena accennato su un visetto d’ elefante
Poi inizia l’ignoto, re dei clandestini.

Perché uscirsene con un collasso?
Non è più nero l’arresto del miocardio?

Bisogna prendere una pompa di benzina
E farle sputare gli anni di piombo.

In un angolo blindato c’è Obama, di fronte l’ipotenusa
Ma è possibile, o porco di un cane, che non abiti Pitagora?

Interroghi un cateto ti risponde il Sole
Con una barzelletta sul pigreco.

Qui nel cuore dei teoremi manca Mike.
E picchi martellano l’intonaco.

Ripareremo la sua coronaria destra con bostik
poi aizzeremo i pirati contro i boat people
tra spruzzi di vodka e il mar di coca cola

Nessuno è mai fuggito da Kabul
Senza portarsi dietro uno stent, anche piccolo.
Arriveremo al Don con un bypass.

Il gatto nero sistemò i cuscini sul motore
Le lune di Marte si eclissarono all’ Air Force
E un filo d’erba strozzò il do di petto nella culla. Continua a leggere

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Critica della ragione sufficiente (verso una nuova ontologia estetica) Roma, Progetto Cultura, 2018, pp. 512 € 21 – Lettura critica di Mario Gabriele – Oltre il limite elegiaco e alcyonesco della poesia italiana – Poesie di Dunya Mikhail, Ewa Lipska, Mario M. Gabriele, Giorgio Linguaglossa, Traduzioni in inglese di Adeodato Piazza Nicolai

Critica della ragione sufficiente Cover Def

Questo Repertorio critico dal titolo: Critica Della Ragione Sufficiente (verso una nuova ontologia estetica), Edizioni Progetto Cultura, gennaio 2018, di Giorgio Lingualossa, nasce come proposta di cambiamento del linguaggio poetico, rispetto alla palus putredinis che ha caratterizzato un lungo periodo di immobilismo estetico, fatta eccezione per le poche alternative sperimentali, che non sono andate mai al di là del loro riscatto formale. In questa situazione di stabilità linguistica, era più che logico ridiscutere sui vecchi parametri  senza proporre alternative rivoluzionarie, ma solo il distacco dalla Tradizione massonica del potere editoriale, che ha influito su generazioni intere nell’arco di un secolo: il Novecento.

Questo avanzamento critico lo si attendeva da tempo, a monte della incomprensibile staticità espressiva che ha ridotto al minimo ogni proposta innovativa del linguaggio. Trattasi di un rapporto complesso, ampiamente supportato da parametri ontologici, che introducono una  morale estetica rispetto al grande depistaggio informativo rimesso in discussione, grazie a un nuovo tracciamento ermeneutico. Un’opera dagli innumerevoli profili estetici; una chiara riconduzione agli aspetti variabili della transizione e formalizzazione del logos e dei suoi derivati, portati allo scoperto e immessi in un tempo rimodernizzato  dopo la crisi della cultura occidentale e della forma poesia.

Linguaglossa ci fornisce le coordinate per la lettura dei testi esaminati, liberando il bendaggio metaforico all’interno della parola. Il critico finisce con l’essere un produttore di materiale merceologico di diversa griffatura e peso specifico. La questione del Soggetto-Forma diventa essenziale per articolare ogni discussione sulla nuova ontologia. Dato l’ampio ventaglio critico non sembra di trovare un paragone di allineamento come le antologie poetiche in Italia, che hanno sempre avuto un ruolo omissivo, sostenuto da una critica militante con le chiamate a correo di altri antologisti come Porta, Berardinelli e Cordelli, Mengaldo, Cucchi e Giovannardi e i tanti rapporti sulla poesia sempre più  elitàri e riduttivi, che solo per ristabilire la verità si dovrebbe permettere anche agli altri il diritto di rivelare la parola negata. Cosa che ora avviene con la Critica Della Ragione Sufficiente, in opposizione  alle  mappe di semplice replay. Quando si parla di antologie, il pensiero corre subito ad un curriculum di opere e di poeti su tutto il territorio nazionale; cosa difficile a realizzare, mentre dovrebbe essere più che accettabile produrre opere innovative, in contrasto con l’atteggiamento critico e poetico, di ieri e di oggi.

 

[Lucio Mayoor Tosi, acrilico]

Nella Critica Della Ragione Sufficiente, si potrebbe dire che gli spazi dedicati alla nuova ontologia diventano dispense critiche tra Soggetto e Oggetto, Tempo Interno e Tempo Esterno, Quadridimensionalismo, Fugacità dell’Essere, e Messa in opera del Frammento, nonché le varie sezioni relative al “Concetto del reale” all’Evento”, al “Problema del linguaggio”, a “L’esserci del tempo”, al “Concetto di traccia e di metafora” e a tutte le altre categorie inerenti lo Strutturalismo. Se leggiamo questo ampio repertorio, ci si rende subito conto che l’autore innesta un discorso autoptico sulla poesia sclerotizzata. Scrive Linguaglossa:”I tempi sono talmente limacciosi che dobbiamo ritornare a pensare le cose semplici, elementari, dobbiamo raddrizzare il pensiero che è andato disperso, frangere il pensiero dell’impensato, ritornare ad una “ragione sufficiente… per una nuova ontologia estetica della forma poesia, un orientamento verso il futuro, anche se esso ci appare altamente improbabile e nuvoloso, dato che il presente non è affatto certo”.

Qui si saldano insieme ottimismo e pessimismo sulla scorta di come sono andate le cose in letteratura e nel groviglio delle proposizioni  antologiche e poetiche. La curvatura tra il vecchio linguaggio e il nuovo è evidente; diventa percezione tattile, testuale nel ricambio estetico. Scriveva Sanguineti che l’antologia “è un genere letterario anfibio, oscillante tra il museo e il manifesto”. Nulla di tutto questo è rilevabile nella nuova ontologia critica di Linguaglossa, nella quale vi si accede attraverso tangenziali di diversa diramazione per le nuove generazioni poetiche, in quanto quelle di vecchia data vivono in un museo a sé. Il progetto linguaglossiano ha la discontinuità col passato, ne traccia il limite elegiaco e alcyonesco, prende atto che l’immobilismo linguistico fa parte di una  atmosfera senza ossigeno.

Qui non si tratta di omologare l’extraletterarietà, ma un nuovo punto di sopravvivenza della poesia, e chi ne mette in dubbio ha da rivedere  il proprio modo di affiancarsi al passato rispetto alla post-modernità. Questo revisionismo intorno allo stile e alla forma, determina una epoché fenomenologica di singolare novità. Le  alternanze linguistiche che si sono susseguite dagli anni Sessanta ad oggi, sono derivate dalla necessità biologica di avere una nuova lingua, e chi ha accettato il ricambio poetico, ha lasciato sempre una traccia dalla quale poi si è venuto a determinare il protocollo del proprio tempo linguistico.

Anche nell’antologia La parola plurale (2005), il prefatore, Andrea Cortellessa, conclude che “la poesia si è confrontata con la sua storia, passata e in corso. Ha sostenuto il governo della nostra lingua in un momento nel quale nel mondo essa si è ridotta, per altri usi… l’ha fatto perché ha mantenuto sempre aperta  l’ipotesi, la – speranza – del nuovo”. Che poi le tematiche plurioggettive di ricerca sulla metafisica, sulla ricapitolarizzazione scientifica dell’Universo, sull’uso e abuso dell’oggetto-significante, e delle figure retoriche come l’allegoria, l’anacoluto, l’anafora, l’antitesi e l’anticlimax ecc. siano o meno gli attrezzi d’officina adoperati dal poeta, questo è prerogativa dell’Homo Faber e di come egli si colleghi con la realtà.

Linguaglossa  scandaglia il fondo della seconda metà del Novecento, facendone un bilancio volumetrico di opere e di autori diversi per linguaggio e sensibilità. L’operazione tende a mettere in luce un umanesimo culturale volto al ricambio estetico con la NOE (nuova ontologia estetica), come elemento di comunicazione espletato attraverso la coscienza di scrivere per arginare il declino e la democrazia totalitaria del linguaggio tradizionale. Le indicazioni di chi sta  operando un cambiamento, sono da intendere come effetto di superficie di ogni autore che ha ritenuto di riprogettare la poesia secondo una propria scala di valori. C’è, infatti, una idea che è Progetto e Forma secondo l’effetto d’urto con il mondo esterno. Ciò non toglie al lettore il diritto di rimanere vincolato alla  propria “dipendenza” estetica, di fronte a quello che gli si propone, soprattutto come aggiornamento culturale. Gli autori trattati, e qui ci si riferisce a quelli che hanno una diretta adesione alla NOE, hanno un ritratto esegetico del loro percorso.

“Il concetto di contemporaneità (come il concetto  di «nuovo» – scrive Linguaglossa -) è qualcosa che sfugge da tutte le parti, non riesci ad acciuffarlo che già è passato; legato all’attimo, esso è già sfumato non appena lo nominiamo. Questa situazione della condizione post-moderna è la situazione dalla quale ripartire. Ricominciare a pensare in termini di Discorso poetico – scrive Giorgio Linguaglossa – significa adagiarlo stabilmente entro le coordinate della sua collocazione post-moderna”; un discorso poetico che è appunto la costruzione che cementifica la molteplicità dei frammenti e li congloba in un conglomerato”. In questo caso Giorgio Linguaglossa finisce con l’essere un apripista che realizza il senso di una nuova ontologia estetica dai tratti filosofici, metalinguistici, stilistici e analitici, nel segno della vitalità corporea correlata al logos.

Sono considerazioni queste che se metabolizzate dal lettore, portano verso la dimensione intuitiva del pensiero poetante, senza azioni di frenaggio da parte di chi ha altri obiettivi. In altre parole, la poesia non deve mai rinunciare al suo sviluppo cellulare, biologico, semantico ecc. Le istanze innovative del linguaggio sono, a parità di sviluppo mentale della personalità del lettore e del poeta, l’insieme delle loro qualità, che non devono mai retrocedere a comportamenti regressivi o di semplice ideologia ostruttiva. La pietra lanciata da Giorgio Linguaglossa avrà sicuramente onde di ritorno  sulla battigia che rimane un approdo sicuro dopo il suo tour critico.

(Mario M. Gabriele)

Collana-Il-dado-e-la-clessidra-nera

[Il dado e la clessidra, simboli della omonima Collana di poesia di Progetto Cultura]

Gino Rago

Condivido pienamente la lettura critica di Mario Gabriele la nota psicofilosofica di Giorgio Linguaglossa sulla poesia di Tiziana Antonilli [del precedente post], quest’ultima davvero in grado di introdurre nella stagnazione diffusa dell’epigonismo debole un’autentica novità d’accenti nell’energia espressiva di versi che mi ricordano echi assai prossimi alla voce per me più alta della poesia europea contemporanea: Ewa Lipska, della cui poesia -del ciclo del “cara Signora Schubert” – mi sono irresistibilmente invaghito.
Invito i lettori a leggere ad alta voce le dense composizioni di Tiziana Antonilli tenendo in mente questo capolavoro di

Ewa Lipska

Il protagonista del romanzo

“Cara signora Schubert, il protagonista del mio romanzo
trascina un baule. Nel baule ci sono la madre, le sorelle, la famiglia,
la guerra, la morte. Io non sono in grado di aiutarlo.
Si tira dietro quel baule per duecentocinquanta pagine.
Non si regge più in piedi. E quando finalmente esce dal romanzo,
viene derubato di tutto. Perde la madre,
le sorelle, la famiglia, la guerra, la morte. In un forum
su internet scrivono che gli sta bene.
Forse è un ebreo o un nano? I testimoni
affermano che taceranno su questo argomento.”

 

Giorgio Linguaglossa

cara Signora Schubert

alla maniera di Ewa Lipska

Cara Signora Schubert, che dire?, la protagonista del mio romanzo
un tempo è stata carne viva, si portava sempre dietro
una borsetta con tutto il necessaire per il trucco
e la cipria per coprire le rughe del viso…

È andata in giro per l’Europa
per inseguire il suo uomo… Amsterdam, Amburgo, Vienna,
Venezia, Budapest… che dire?,
oggi lei non rimpiange nulla, perché nulla è reale,
ha amato Herr Cogito quando amare era diventato problematico,
lui non aveva avuto il tempo per ricambiare il suo amore
e così teneva la sua foto nella tasca interna della giacca,
ogni tanto la tirava fuori per ammirare
i suoi riccioli biondi, mentre viaggiava con la valigetta diplomatica
lì sul treno blindato che trasportava Lenin
verso il fronte russo…

sa, amarsi sul treno blindato non è proprio l’ideale…
così il tempo passò che alla guerra
era stato fissato…
ma poi iniziò subito dopo un’altra guerra,
e riprese ad inseguire il suo amore per le città bombardate dell’Europa…

poi anche quella guerra finì come finiscono tutte le guerre,
i soldati ritornarono alle loro case
e ritornò anche Cogito,
in un telegramma con un indirizzo: via delle ciliegie
4° edificio presso il cimitero Dorotheenstädtischer Friedhof, in Chaussestraße
alla periferia di Berlino est.
Magnolie e margherite.

Traduzione di Adeodato Piazza Nicolai

Ewa Lipska

Protagonist of the Novel

“Dear Misses Schubert, the protagonist of my novel
drags a wardrobe trunk, In it the mother, sisters, the family,
war, death. I am unable to help him.
He’s dragging that trunk for twohundred and fifty pges.
He no longer can stand on his feet. And when he finally exits the novel
they steal all he owns. Looses the mother,
the sisters, the family, the war, death. In an internet
forum they write that he deserved it all.
He’s maybe a hebrew or a midget? Witnesses
declare they will remain mute on this matter.”

Giorgio Linguaglossa

dear Misses Schubert

in the style of Ewa Lipska

Dear Misses Schubert, what can I say?, the protagonist of my noverl
was once living flesh, she always brought with her
a small bag with all necessities for make-up
and the face powder to cover her wrinkles.

She went around in Europe
to follow her man… Amsterdam Hamburg, Vienna,
Venice, Budapest … what is there to say?
today she has no regrets since nothing is real,
she loved Herr Rogito qhen loving had become problematic,
he didn’t have the time to return her love
and so kept her photo in the inside pocke of his jacket,
from time to time he pulled it out to admire
her blond curls while he travelled with his diplomatic bag
on the armoured train taking him to Lenin
toward the Russian front…

you know, loving each other on the armoured train really wasn’t the best…
thus time passed that was fixed
by the war…
but then immediately started another war,
and he began again to chase after his love in the bombed-out cities of Europe…
then also that war ended like all wars come to an end,
soldiers returned to their homes
and even Rogito came back,
in a telegram addressed to : Street of the Cherries
4th Building, next to the cemetery Dorotheenstadtischer Friedhof in Chaussestrasse
at the periphery of East Berlin
Magnolies and marguerites,

© 2018 English transltion by Adeodato Piazza Nicolai 2 poems: one by Ewa Lipska and the other by Giorgio Linguaglossa. All Rights Reserved.

Mario Gabriele da In viaggio con Godot (Progetto Cultura, 2017) Continua a leggere

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