POESIE SCELTE di Giancarlo Baroni da “Le anime di Marco Polo” (2015)

de chirico I cavalli divini di Achille Balio e Xanto

de chirico I cavalli divini di Achille Balio e Xanto

Giancarlo Baroni è nato a Parma nel 1953. Ha scritto due romanzi brevi, qualche racconto, un testo di riflessioni letterarie e sei raccolte di versi. La penultima, I merli del Giardino di san Paolo e altri uccelli (Mobydick editore), ha una prefazione di Pier Luigi Bacchini. Le anime di Marco Polo, la raccolta più recente (gennaio 2015), è pubblicata da Book Editore. sito: www.giancarlobaroni.com

Dalla quarta di copertina: «Di che cosa parla questa raccolta dai versi asciutti, eleganti e intensi, che spaia nella geografia e nella storia e che mette a confronto voci, persone, esperienze, vicende e racconti? Parla di viaggi: per esempio quello di Darwin verso le Galapagos o di pellegrini medioevali verso Roma. Parla di viaggiatori ed esploratori: Ulisse, Guglielmo di Rubruck, Marco Polo,Colombo, Amerigo Vespucci, Magellano e Pigafetta, Bartolomé de Las Casas, Matteo Ricci, Livingstone e Stanley, Vittorio Bottego. Con Le anime di Marco Polo Giancarlo Baroni ci parla dunque di luoghi vicini e distanti, di paesi reali e di posti immaginari, di oceani e di deserti, e lo fa con il timbro di una voce poetica tanto misurata quanto autentica, in cui lo sguardo diacronico che attraversa le dimensioni del tempo coglie e trattiene emozioni e suggestioni che scavalcano spazio e tempo E un’ampia sezione del libro è dedicata alle città italiane con i loro santi i quali, come scrive Cardarelli, “son sempre fuori a compiere miracoli”».

Giancarlo Baroni Le anime di Marco Polo

da Le anime di Marco Polo Book Editore, 2015, pp. 136 € 14

I ritorni di Ulisse

Dicono in coro come
pretendi Ulisse di sfuggire a noi
che accesa la tua inquietudine incendiamo
anche il tuo desiderio, smetti
di fingere re dei mentitori
e abbraccia noi per sempre. Poi quelle
voci sibilanti si propagano

fino a raggiungere la stanza che conserva
l’amore coniugale, persecutorie proprio
con me che non lo merito.
Vent’anni ho attraversato nel pericolo, dieci
a combattere lontano per la patria il resto
cercando di raggiungerla. Che altro
di più avrei potuto fare. Purtroppo ora,

trascorso un anno dal mio improbabile ritorno
ricongiunto a Penelope la saggia mia regina,
vivo scontento, oppresso da questi suoni che insistenti
imbrogliano i miei pensieri. Io amo
Penelope e più di ogni altra
cosa adoro la mia terra loro
lo negano. Devo essere stanco davvero

esausto, se la passione commossa
che provo da lontano verso le cose amate
lascia spazio, avvicinandosi, al sospetto.
Non resta forse allora che scovare
la misteriosa origine di queste
ambigue voci e sottometterle, domani
riparto.

Leida
(gli abitanti di Leida si salvano dall’assedio spagnolo allagando, nel 1574, i propri campi)

Nuotiamo controcorrente come anguille
dal basso verso l’alto. Stiamo
su fondali salati resi fertili
dalla nostra costanza. Le maree
sappiamo governarle. Credono
i soldati che ci assediano
di poterci piegare? Nemmeno il diluvio
ce l’ha fatta. Adesso
inondiamo questa campagna dove affonda
la loro prepotenza.

giancarlo baroni

giancarlo baroni

Ofioliti del Monte Prinzera
(rocce di colore verde – bruno che affiorano dalle argille dell’Appennino, le ofioliti provengono dal fondo di antichi oceani)

Cosa ci fanno qui queste rocce
simili a un drago enorme
con le scaglie verdastre
che luccicano sotto il sole?
Spuntano, dalla terra argillosa che le regge,
come corpi estranei.
L’argilla ritorna alla pianura
loro invece resistono. Dall’alto
ci sembrano roccaforti
fortilizi ferrosi i massi
del Monte Prinzera che si affaccia
sui colli di Fornovo.
Da dove viene
questa pietra che brucia
le cose intorno a sé
riducendo i fiori a bottoni
minuscoli e l’erba a steli secchi?
Salgono dal profondo
di chissà quale oceano,
sono rocce magmatiche
uscite dalla crosta
e quindi emerse. Poi portate fin qua
come marziani.

.
Genova dei contrasti

L’oro resta impigliato nelle vesti
delle nostre signore broccati
come arazzi ma i soldi

preferiamo prestarli. Gli argenti americani
splendono nelle stanze dei palazzi
rossi bianchi i tesori

da fuori non li vedi. Io qui
risponde il doge a chi domanda
che cosa lo stupisce

di Versailles. Superbia o ritrosia?
Genova dei contrasti devota a Maria
e al corpo incenerito del Battista, Giano

è il nostro fondatore. I monti
ci coprono le spalle
e il porto spalanca gli orizzonti.
Una spia dell’imperatore

Carpisco dei segreti e riferisco.
Si confidano fra loro le concubine
ridono compostamente
la mano a ventaglio sulle labbra.
Con movenze femminee

gli eunuchi camminano a passettini
lo sguardo carico di vendetta.
Resisterà la giovane guardia
alla cortigiana che questa notte
di soppiatto farò entrare nel Palazzo?

.
Oasi

L’aria bollente; il vento
deposita sabbia sulle stuoie
nelle pieghe degli abiti
dentro le narici. Però sotto i piedi custodiamo

un tesoro inestimabile:
torrenti segreti sfidano le leggi naturali
superano la fantasia. Nel profondo
al riparo dal sole e dall’arsura

un fiume sgorga da epoche distanti. Una volta
il deserto era un lago e i boschi
crescevano rigogliosi sulle coste.
Dai pozzi scavati nella terra

da queste bocche di polvere imploriamo
il sottosuolo di mantenersi generoso.
Zampilli e papiri; le chiome dei palmeti
proiettano ombre fresche sopra gli orti.

11 commenti

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11 risposte a “POESIE SCELTE di Giancarlo Baroni da “Le anime di Marco Polo” (2015)

  1. gino rago

    Finalmente un poeta che con occhi asciutti sbarbarianamente
    nel deserto guarda se stesso, con quella Genova gianica con le spalle coperte dai monti e il mare di fronte ad aprire orizzonti d’abissi, come
    ardita metafora della poesia stessa. Grazie, Giorgio L., per quest’incontro.

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  2. Mi sembra molto interessante questo approccio alla forma-poesia di Giancarlo Baroni, il suo riflettere da episodi della storia, della botanica e della geografia per fare poesia, quello che Benjamin definiva il «poetato» (Gedichtete), «l’unità sintetica di forma e contenuto», la struttura intuitivo spirituale del mondo che la poesia testimonia. Per Benjamin la «forma interna» è una struttura «generatrice» «a priori» che si realizza. Cohenianamente la «legge di produzione del contenuto». Benjamin intende il Gedichtete come concetto limite (Grenzbegriff) che indica il passaggio (lo Ubergang) tra l’ordine della vita e quello della poesia, tra le loro rispettive «unità funzionali». In questo il Gedichtete, proprio in quanto Grenzbegriff, ha carattere metodico, la sua comunicazione rimane una «meta ideale». La sua funzione nei confronti della poesia è squisitamente epistemologico, è quella di mostrare la «sfera della relazione tra opera d’arte e la vita». Ma in questo indica l’impossibilità di un rapporto immediato tra i due termini: tutti gli elementi sensibili ed ideali, attraverso lo schema del Gedichtete perdono la loro «apparenza» di sostanzialità per configurarsi come Inbegriffe (aggregati) di «funzioni essenziali, per principio infinite. È questa la legge di identità a priori di ogni poesia. Attraverso questa legge, però, gli elementi della vita non sono più afferrabili nella loro purezza: l’analisi della poesia identifica ogni unità presente in essa come «funzione di una catena infinita di serie nelle quali il poetato si dispiega».

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  3. Ci troviamo di fronte, oltre che a un raffinato poeta, a un intellettuale a tutto tondo che trae dalle pieghe della mitologia, della storia e della cronaca spunti per parabole in forma di poesia che raggiungono l’animo dell’umanità col suo fardello di bugie, altezze e bassure. Genova dei contrasti andrebbe letta ad alta voce al sig. Burlando accompagnandola, oltre alla dizione, con una fitta dose di schiaffoni.

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  4. antonio sagredo

    “lascia spazio, avvicinandosi, al sospetto.
    Non resta forse allora che scovare
    la misteriosa origine di queste
    ambigue voci e sottometterle, domani
    riparto.” –
    Versi? Mi dispiace, sono davvero insensibile, e commetto di continuo errori di valutazione, oppure, no?

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    • Sagré la perfezione non è di noi umani. Ammetto che questo passaggio non sia dei migliori, ma se si cerca il pelo nell’uovo per bollare una tesi non è il massimo dell’onestà intellettuale. Scritto senza alcuna offesa. Di questo invece cosa ne pensi?

      L’oro resta impigliato nelle vesti
      delle nostre signore broccati
      come arazzi ma i soldi

      preferiamo prestarli. Gli argenti americani
      splendono nelle stanze dei palazzi
      rossi bianchi i tesori

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  5. antonio sagredo

    hai ragione: sono troppo fiscale: mi scuso con tutti. Ma….
    …. stanze, broccati, arazzi, palazzi…
    —-
    Ma già il futuro io cerco in altre stanze,
    chiaro e lieve il volo del mio stupore!

    E liberato dai tuoi seni, coi profumi
    gli occhi tracceranno la via degli arazzi.
    Nella memoria le nere vocali di un deserto,
    mai una tortura avrà per me un nuovo sguardo!
    (1981)
    —————————-
    Là, rantoli di muffa, delizie, torce
    e broccati, ciarle di accesi candelabri,
    come sulla via dei misteri fittizie sfingi, Tamerlano
    con tamburi e denti le stanze acquetasse
    e fosse il tempo solo rostri d’ossa non scarniti.
    1989
    ————————————–
    Darò scacco alle torce delle danze,
    alle candele, agli arazzi che con lento
    palpebrare e con rete di creta
    derisi i tuoi occhi portano al patibolo,
    perché come un falco, sotto le ciglia,
    precipiti un sogno garrotato!
    1989
    ———————–
    Ai sogni infantili
    lasciate i ricordi
    cucire
    colori su colori
    palazzi su palazzi
    cucire i sogni
    sui grandi e piccoli poeti
    come toppe false
    sulle chiappe!

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  6. Poesie certamente equilibrate. La mia preferenza va a “Ofioliti del Monte Prinzera”. Belli anche i due versi che concludono “Oasi”.

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  7. antonio sagredo

    non confondo: leggi bene. Mi scuso ancora per aver letto bene!

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  8. In un complesso di poesie tutte pregevoli per eleganza del dire, mi sento di evidenziare, in ordine di preferenza, “Genova”, “Ofioliti del Monte Prinzera”, “Oasi”. Soprattutto in quest’ultima trovo espressioni ed immagini che meritano un elogio, in particolare l’ultimo distico:
    “Zampilli e papiri; le chiome dei palmeti
    proiettano ombre fresche sopra gli orti.

    Giorgina Busca Gernetti

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  9. Alfredo Rienzi

    Ho avuto modo di leggere per intero la raccolta e l’ho trovata originale e ben progettata. Qualche osservazione:
    una raccolta di poesie sul viaggio, che apre con una confessione del mito letterario del viaggiatore, cioè di Ulisse (un Ulisse scontento, tornato da tempo e che si accinge a ripartire, ancora a divenir del mondo esperto), è coraggiosa :
    «Carta…carta/ bisbiglio avvistando/ un continente di libri/ atlanti mappe bestiari/ volumi fotografici:/ mi predispongo al viaggio.»
    L’estensione e l’ampiezza dei luoghi descritti e dei tempi narrati, dalle origini alla contemporaneità, assegna ai singoli testi, ai singoli passi di questo percorso, un alone di frammentarietà, da cui, per contrasto, e ricomponendosi il mosaico dalle varie tessere, scaturisce una riflessione acuta ed ampia della vicenda umana.
    Il sentimento si fa alto nel momento stesso in cui all’occhio dell’artista è dato di cogliere i dettagli più intimi ed anche più scabrosi delle storie, delle anime dei personaggi e dei luoghi, e farsene voce narrante. Prima ancora dell’esercizio della narrazione, nelle occasioni poetiche di Baroni, viene la scelta, cioè l’atto consapevole e mirato, di cosa narrare.
    Che si racconti di aspetti relativamente di minor importanza o di drammi, cataclismi, implosioni d’imperi l’occhio e la voce di Baroni scelgono sempre con lucidità e apparente distacco cronachistico, forti di una capacità icastica e di sintesi non comune e ravvivati, non solo dalla luce intrinseca dei fatti e dei luoghi narrati, ma dalla capacità gnomica di esaltarne il secretum. Ad Amerigo il poeta fa chiedere «capire/ conta quanto scoprire?» e pare in ciò di intravedere un suo motto fondativo e speculare, e cioè che lo scoprire (togliere ciò che copre: l’oblio, la lontananza, la sottovalutazione o la disvalutazione) valga a capire il senso insidiato dell’accadimento. Non a caso «Basta poco/ per ritornare nel nulla che ci aspetta», sentenzia la voce che l’inventiva poetica assegna alla città di Bruges (p. 61).
    Baroni osserva i menhir di un’epopea kolossal, cui partecipa il gotha dei navigatori ed esploratori (Colombo, Vespucci, Magellano, Darwin, Livingstone e Stanley, ecc) eppure riesce a rendere un puntiforme ritratto senza gli squilli e i clangori di un’epica enfia ed enfatizzata, ma con sorprendente sobria incisività. S’aggira per le città custodi delle storie dei loro Santi e lo fa traendo voci di una sconcertante normalità di fronte al miracolo: «Ho così tanto/ da fare che mi sdoppio», confessa come un’ovvietà Sant’Ambrogio (p. 95).
    Strumento essenziale per la resa de Le anime di Marco Polo è, quindi, lo stile essenziale e piano, con l’uso rigoroso del tempo presente da parte della voce narrante, che sia un personaggio, un animale, una città, un santo. Talora si fa pura descrizione elencatoria, che mai rinuncia, però, alla scoperta degli eventi e degli oggetti o della visuale con cui essi si possono (ri)evocare e rappresentare.
    A volte la descrizione è pura cronaca (apparentemente) asettica, puntiforme, tessera di una storia più ampia in via di ricomposizione. Così, per esempio, Attorno alle Galapagos, assume sembianza di un vero e proprio scarno diario di bordo.Tale linguaggio, che viene speso e steso uniformemente, anche per situazioni di colore e di ironia («oggi lo vedi a Kathmandu/ nelle T-shirt dei turisti », Uomo delle nevi,) risalta di più laddove il calcolato sottotono si scontra con la drammaticità dell’evento, colpisce il lettore proprio in virtù di un giudizio intrinseco (rinforzato talora da nulla più che un aggettivo chiarificatore), esercitato nella scelta e nella descrizione del fatto in sé:
    «Quanto orrore commesso falsamente/ nel nome del Signore// delle violenze racconto la più atroce/ separano i bambini dalle madri/ e li massacrano», (Bartolomé – e i misfatti dei conquistatori);
    «L’assedio rende deboli resistono/ le mura più della nostra pancia./ Ci promettono salva/ l’esistenza. Apriamo/ le porte e gli spagnoli/ cominciano a sterminarci», «La foglia recisa dal ramo mi penetra nella carne/ un lampo incendia questo giardino/ e incenerisce il mio corpo», (Hiroshima 1945).
    Ho trovato Le anime di Marco Polo in conclusione una raccolta ricca e generosa di sorprese, che supera le definizioni semplicistiche e le tassonomie di genere, aiuta a scoprire e scoprirci, a conoscere ed a nutrire la riflessione sulla Storia e sull’uomo. Con onestà e senza ridondanze.

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