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Giuseppe Talìa

Missiva di Tallia a Germanico

Caro Germanico,

è inutile scrivere ai vivi e per i vivi, scrivo a te perché
so che puoi capirmi essendo morto. Tu sei morto.

Io, invece, sono mezzo morto, dunque mezzo vivo:
I morti respirano la polvere, i mezzi morti la masticano.

Lavoro in un enorme cimitero a Ossulston Street
con milioni di lapidi che continuo a chiamare

libri, dalle 8 alle 15.
Poi torno a casa e fingo di essere vivo

e scrivo a quei morti, ai miei morti ricordi,
al mio morto bambino, a tutti i morti morti

che ho conosciuto.

roma Il-GladiatoreRisposta di Germanico

Giorgio Linguaglossa

caro Tallia,

mi ripugna l’idea di essere considerato morto
da un «mezzo morto» come tu ti sei definito.

Ebbene, sì, io sono morto. Sono caduto a Idistaviso.
Così, almeno, ho fatto credere a Cesare.

In realtà, sono vivo e vegeto, e presto tornerò nell’Urbe.
Il cialtrone di Cesare tremerà. Lui sta già tremando.

Il Prefetto del Pretorio ha triplicato le guardie,
ma io sono qui, con i miei fidati legionari.

Sono vivo, Tallia, unisciti a noi, ce lo chiede il popolo bue,
quel popolo che ha acclamato il Cesare di turno,

Acclamerà anche noi, stanne certo, inneggerà a Germanico,
il vincitore di Idistaviso e il vendicatore di Teutoburgo.

Unisciti a noi, Tallia, ce lo chiede la plebaglia di Roma,
verremo incensati e innalzati alla gloria, alla folta schiera dei cesaricidi,

E vivremo felici. Felici.

«L’observation et le commentaire d’un poème peuvent être profonds, singuliers, brillants ou vraisemblables, ils ne peuvent éviter de réduire à une signification et à un projet un phénomène qui n’a d’autre raison que d’être».

(René Char)

Già all’epoca di Essere e Tempo (1927), per Heidegger, si era reso evidente il fatto che il linguaggio della filosofia occidentale non consentiva, e non avrebbe consentito in alcun modo, di uscire dalla metafisica. Nel tentativo di dire la «Differenza ontologica», di dire l’«Essere», che non rinvia a un ente né a un concetto, ma a un evento, all’«Evento» che rende possibile ogni ente, il filosofo si rende conto di non poter utilizzare un linguaggio predicativo, logico, apofantico, e avverte perciò la necessità di ricorrere a un linguaggio totalmente diverso: un linguaggio che non sia mero strumento di espressione della cosa, come avviene per il pensiero rappresentativo e calcolante

Sarà dunque il linguaggio della poesia a poter dire ciò che tale pensiero tace, in quanto i poeti «arrischiano l’essere stesso e si arrischiano nella regione dell’essere», in-vece di limitarsi al commercio dell’ente: i poeti, evidentemente, per i quali il linguaggio non può essere considerato solo un mezzo di comunicazione, perché l’essere della cosa è nella parola che la nomina.

(Paolo Tamassia)

«Mondo e cose non sono infatti realtà che stiano l’una accanto all’altra; essi si compenetrano vicendevolmente. Compenetrandosi i due passano attraverso una linea mediana. In questa si costituisce la loro unità. Per tale unità sono intimi. La linea mediana è l’intimità. Per indicare tale linea la lingua tedesca usa il termine das Zwischen (il fra, il framezzo). La lingua latina dice: inter. All’inter latino corrisponde il tedesco unter. Intimità di mondo e cosa non è fusione. L’intimità di mondo e cosa regna soltanto dove mondo e cosa nettamente si distinguono e restano distinti. Nella linea che è a mezzo dei due, nel framezzo di mondo e cosa, nel loro inter, in questo unter, domina lo stacco.L’intimità di mondo e cosa è nello stacco (Schied) del framezzo, è nella dif-ferenza (Unter-Schied)».1

1 M. Heidegger, Il linguaggio, in In cammino verso il linguaggio, Milano, 1994, Mursia, p. 37.

«Comunque sia, certo è che poetare e pensare corrono su strade quanto mai divergenti. / Noi vorremmo tuttavia familiarizzarci con l’ipotesi che la vicinanza fra poetare e pensare si celi in questo amplissimo divergere del loro dire. Questo divergere è il loro vero essere l’uno difronte all’altro. / Dobbiamo liberarci dall’idea che la vicinanza tra poetare e pensare si esaurisca in una confusa, intrinsecamente vuota mescolanza di entrambe le forme del dire, in una maldestra mutuazione di elementi, che l’una faccia dall’altra. Può darsi che qua e là debba sembrare così. In realtà, in forza della loro natura, poetare e pensare sono tenuti distinti l’uno dall’altro, ciascuno entro la propria oscurità, da una differenza sottile ma chiara: due parallele – in greco
παρὰ ἀλήων – che corrono l’una accanto all’altra e di cui ciascuna supera a suo modo l’altra in questo starsi di fronte».1

1 M. Heidegger, L’essenza del linguaggio, in Id., In cammino verso il linguaggio, a cura di A. Caracciolo, Mursia, Milano 1990, p. 154

Pasolini al Rosati Roma

Gino Rago

Filosofia del frammento. l’Arte contemporanea verso una nuova Estetica

– I segni dello sfacelo sono la cifra di autenticità dell’arte moderna.

– Dalla ‘morte di Dio’ e dalla crisi della visione platonico-cristiana, l’arte contemporanea registra la fine del “centro” e della verità dogmatica, con la conseguente deflagrazione del senso.

– L’arte contemporanea assume il ‘frammento’ come il sigillo del mondo contemporaneo e della moltiplicazione della prospettiva.

– Il ‘frammento’ è l’intervento della morte nell’opera d’arte.

– La filosofia del ‘Frammentismo’ non è una tecnica ma è la visione del mondo dell’Artista.

– Il ‘frammento’ quindi è nella nuova estetica la Weltanshauung dell’artista, da tradurre in opera d’arte.

– Il “Tutto” è ormai frantumato, disperso. Può essere ritrovato soltanto in forma di frammento.

– Il frammento, dunque, come parte del “Tutto”, ma come parte compiuta e finita.

– Pertanto, spostando nell’opera su una tela un frammento da una posizione a un’altra, l’economia estetica generale dell’opera rimane intatta, inalterata.

– L’Opera nell’arte contemporanea fondata sulla ” filosofia del frammento” annulla l’effetto d’ogni dislocazione sulla tela d’un frammento da un punto a un altro e conserva inalterata tutta la sua resa estetica poiché tale filosofia assume l’assioma che “ogni frammento contiene in sé il tutto disgregato”. Da qui il dolore che irrompe nell’arte moderna frammentata.

– Non l’arte moderna è in crisi ma è la crisi nell’arte contemporanea.

giovanni testori agguato-via-fani Roma

panoramica dell’agguato-via-Fani Roma, 1978

Letizia Leone Continua a leggere

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