LUCIO MAYOOR TOSI – POESIE INEDITE “Woody Allen”,  “Matrimonio”, “DNA”, “Buio e Bataclan”, “Una volta per sempre”, “Le parole nell’etere”, “Duemilaventicinque”, “L’amante mia”, “Avrei Potuto”, “Cinema”, “Un’immensa solitudine”, “Anatre” con un Commento di Giorgio Linguaglossa

Jason Langer nightwalk_94

Jason Langer nightwalk_94

Mayoor  Lucio Tosi è nato a Gussago, vicino a Brescia, il 4 marzo dell’anno 1954. Dopo essersi diplomato all’Accademia di Brera è entrato in pubblicità. Ne è uscito nel 1990, quando è diventato sannyasin, discepolo di Osho (da qui il nome Mayoor: per esteso sw. Anand Mayoor = bliss peacock). Ha trascorso più di vent’anni facendo meditazione e sottoponendosi a ogni sorta di terapia psicanalitica: sulla nascita e l’infanzia, sul potere, sulle dipendenze affettive ecc. Di particolare importanza, per la realizzazione di Satori, sono stati alcuni ritiri zen dove ha potuto lavorare sui Koan (quesiti irrisolvibili).
Vive a Candia Lomellina (PV), nel mezzo delle risaie, dove trascorre il tempo dipingendo e scrivendo poesie.
Sue poesie sono state pubblicate on line su Poliscritture, L’Ombre delle parole, e su alcune antologie. Dieci sue poesie sono presenti nella Antologia di poesia Come è finita la guerra di Troia non ricordo a cura di Giorgio Linguaglossa (Progetto Cultura, Roma, 2016).

foto Samuel Beckett

Samuel Beckett

Commento di Giorgio Linguaglossa

Scrive Lucio Mayoor Tosi:

«Sarà poesia quel che diventerà voce e commento di molte immagini.
Esattamente come Omero tanti secoli fa».

Aboliti l’arbitrarietà del segno linguistico e i significanti, ciò che resta è la mera materialità delle icone linguistiche e l’impiego dei simboli iconici che si convertono nei loro correlativi materici. Come è noto, la messa in rilievo della forma del «messaggio» in facebook e in twitter, acquista caratteri fisici e ottici. Un fenomeno analogo avviene in queste composizioni di Lucio Mayoor Tosi. Il «messaggio» è, in primo luogo, la sua superficie, comunica la propria corporeità nella misura in cui scrivere non è più un atto di pensiero che soggiace nel soggetto ma diventa un gesto che conserva del proprio gesticolare una materialità extralinguistica, una corporeità extralinguistica. Tipico ad esempio è la candida ammissione di Lucio Mayoor Tosi di non sapere affatto quale che sia il «significato di quel che scrivo», appunto perché non c’è un significato ma tutti i significati possibili e immaginati dal lettore. Tutti i significati compossibili. È una scrittura eminentemente ottica e iconica, ma le icone sono come svuotate di contenuto e se ne stanno lì a denotare dei referenti che nel frattempo si sono spostati, si sono dis-locati. In questo modo, Lucio Mayoor Tosi attua la presentificazione ottica di ciò che sta al di là della icona linguistica con un uso spregiudicato di fraseologie disconnesse e lambiccate. Una scrittura eteroriflessiva, dunque, che ha rinunciato alla auto riflessività delle scritture elegiache incentrate sulla memoria; una scrittura che fa le bucce alla realtà extra segnica, alla matericità che sta oltre il segno linguistico. La cella dell’«io» è scomparsa, inghiottita dal vuoto della significazione. E con esso tutto il mondo oggettivo si dissolve in una miriade di appercezioni.

Scrive Lucio Mayoor Tosi: «Avrei potuto essere un altro». Eccellente ammissione di colpa: ormai l’«io» se ne è andato per i fatti suoi, ha preso congedo, ha dismesso l’abito di scena.

Scrive Lucio Mayoor Tosi:

«Da non so Quale ombra mi venne incontro
ier sera un verso perso: io sono l’amante mia».

Dove è chiaro che qui c’è una disconnessione e una duplicazione allo stesso tempo tra l’«io» e «l’amante mia», tra l’io e l’oggetto. Le tipiche disconnessioni della scrittura di Mayoor Tosi prototipiche di una frattura che sta a monte della significazione e che la scrittura però può non evocare se non in un laboratorio alchemico fitto di alambicchi e di liquidi fluorescenti che ribollono e zufolano.

Milano Periferia_PortaVigentinaMilano 1952 Mario De Biasi

Milano Periferia_PortaVigentinaMilano 1952 Mario De Biasi

Lucio Mayoor Tosi

Woody Allen

– Prenderò del Cornac; con spremuta di pomodori e un Lìsson.
– Ci vuole della cannella sul Lìsson?
– Sì, perché no.
Lo sai che sono innamorata di te.
Le tende del davanzale coprono le mie gambe.
Lampeggia il semaforo sul gommino della matita.
Gli studenti sul terrazzo della villa guardano
danzare le luci accese in giardino.
Scommetteresti che dietro quelle siepi ci sia il mare.
Voce del violoncello.

Matrimonio

Tu non lo vuoi un animale domestico. E nemmeno una sposa.
Oh, sarebbe bello invece: per tre giorni, un mese, due anni…
Sono la donna Uno, lei direbbe. E tu chi sei?
Scuoteresti il capo tra quel che sei, senza dire una parola.
C’è un triangolo tra lei e me. Qualcosa si sta muovendo tra le sue cosce.
Se è questo il nostro matrimonio, allora è senz’altro una trappola.
Tua madre è morta, Maylor, ma puoi sempre recuperare il prototipo.
Ho perso la visuale.
Però la cucina era in ordine. Ci penserei io. Sono a casa, direi.
Volevo ringraziarti. No, ti prego.
Ora cerca di dormire. La notte soffia nel grande tubo di gomma.
Un suono nero ma dolce, di terra.
Al mattino, servizio on line: sono io che ti chiamo dall’ingannatore elettronico.
Allora, come sto?
No, no no no no no.
No!
Vado nella camera adiacente. Ultima posizione.
Dieci 33, richiedo rinforzi immediati.
Papà…
Dobbiamo portarlo via da qui.
Non preoccuparti, non intendo morire.
Infatti papà è qui. Che succede? dice.
Come non lo sapesse.
Io scarabocchio.

(Candia Lomellina, settembre 2015)

DNA

Nella via percorsa da motorette, lui prese a destra. E subito entrò nel sistema di sicurezza delle Nazioni Unite con l’idea di sottrarre La moltiplica del tempo, un programma adattabile all’umano DNA.

Lo pose tra un caffè e l’ultimo articolo del giornale sportivo, messo a disposizione dal bar. Il programma agisce sulla percezione del tempo, così che, mentre pensi, l’ora indietreggia. Si ha più tempo per riflettere.
In un tempo diverso la moglie del gestore ripete i gesti della loro prima notte: si chiude in bagno, lo fa aspettare. Poi tocca a lui, che si lava i denti, rientra, spegne la luce, e si addormentano. Notte, notte.
Non c’è niente qui. Solo una tuta. Mi dispiace molto, Frank, so che avevi bisogno di soldi. Ci sono abituato, è da mesi che rinuncio anche al discount. Ricordo che l’ultimo aperitivo mi costò ben sei euro. Inoltre lo bevvi da solo.
La piazza sembrava l’uscita di una discoteca. Il neo di un piccione si staccò dalla bocca della chiesa. Là dentro il programma del tempo non serve. Giorno più, giorno meno, il bilancio dei peccati resta invariato.
Rischio vent’anni a San Quintino, si disse cercando di non vomitare. Ma il nuovo programma sembrava funzionare a meraviglia. Tra l’altro, grazie all’uso di parole dette “Proiettili giganti” poteva comporre intere frasi, anche se molto semplici. Provò con: ti andrebbe un tè?
“Che idea” disse la moglie del gestore, “Lo sai che il tè mi toglie il sonno”. “Da quando in qua mi vedi bere il tè?”. “Un tè a quest’ora? Che ore sono?”. “Non ti senti bene?”. “Grazie, con un velo di latte”.
Nel soggetto reale, il filo del programma garantisce una certa tenuta. Le formiche di fuoco… ma non ho tempo adesso per le spiegazioni. Il capitalismo è inquieto: vista la posta in gioco, i morti e tutto il resto.
Sta pensando a cosa sia meglio fare: come trasformare un problema in un vantaggio? L’importante è che tutto si svolga nell’arco di dieci anni, al massimo. Così ragiona il capitalismo.
Chiudi la porta. Bravissimo James, un tè è quel che ci voleva. Immettere un “Ti amo”, potrebbe funzionare? Scrisse: hai messo a repentaglio la missione. Ma ora non soffermiamoci sul passato. Ti amo.
“Che ti succede, stai per morire?” disse la moglie del gestore. E lui: “qualcuno dovrebbe raggiungere i bocchettoni dell’aria condizionata”. Lei approvò, le andava bene qualsiasi cosa lui decidesse. ” Sono contenta

che tu abbia deciso di portare a termine la missione”. La bambina non dorme ancora. L’importante è non dare nell’occhio, dicevano. Si sentiva della musica, probabilmente la grande nave stava uscendo dal sistema solare.
Papà!!!
Getta la pistola!
A tutto volume.

(Candia Lomellina, settembre 2015)

Milano 2

Milano Periferia, scorcio

Buio e Bataclan

Musica in scatola di bionda qualità
per la stagione grigia
si effonde azzurrina tra gli alberi
e nei capelli.
Non so quale sorriso perfetto
e femminile c’incanta e sovrasta.
Corpo e pensieri come pesci
se ne vanno controcorrente.
Tempo di pace che sopravvive
anche in questo interno chiaro
mentre fuori ci aspetta divertita
la notte.
Tempo di pace nel deserto.
Sulla sponda del fiume, un momento
di confidenza con l’incredibile
sotto l’immenso cielo d’amore.
Oppure a Conny Island
in una notte trafitta da insegne
sognando di ricevere un caldo
pompino dalla vicina di casa
se solo capisse
o ascoltando musica colta
da un 33 giri sorseggiando gin
e scrutando sul ghiaccio
l’espressione mansueta
di un orso bianco. Che non c’è.
A Parigi musica latina
tangueros e maracas, di tutto un po’
e sconsolate discese da Montmartre
nel rumore dei propri passi
che ci fa sentire soli
e vivi.

(Candia Lomellina, novembre 2015)

Una volta per sempre

Questa volta ce la puoi fare. Non dare retta ai corrotti della pace, a quelli
che fin qui ti hanno tenuta in vita
che dopo ogni combattimento, ogni volta ti han curata con dosi shocking
di naftalina e profumo francese.
Dolce formalina, spettro delle rovine, avrai bisogno anche tu, soprattutto tu
di farla finita con vinti e vincitori.

(Candia Lomellina, novembre 2015)

Lucio Mayoor Tosi

Lucio Mayoor Tosi

Le parole nell’etere

Il verso si distende roteando simile alla punta di un trapano
scavando.
Quel che era sopra ora è sotto, e poi nuovamente ma in altro
aspetto.
Le parole nell’etere non hanno accenti, a stento una metrica
quantistica.
Semplicemente connesse, le parole si sentono meccanicamente
perfette.

(Candia Lomellina, novembre 2015)

.
Duemilaventicinque

Sarà poesia quel che diventerà voce e commento di molte immagini.
Esattamente come Omero tanti secoli fa. E tutto verrà registrato
e moltiplicato.
Scrivete storie per l’epica rinnovata e misuratele con l’epopea del classicismo.
Come sarti tendete il nastro del centimetro. In fondo quelli, che ne sapevano del vivere una libertà sbilenca, e potersi buttare contro un muro, di notte.
E ogni tanto scrivete di voi stessi, così che non si sappiano altre notizie.
Quindi ditene bene, o come sapete fare, ché questo è compito vostro.

(Candia Lomellina, agosto 2015)

.
L’amante mia

Da non so Quale ombra mi venne incontro
ier sera un verso perso: io sono l’amante mia.

Voleva un Corpo Umano. Ci siamo addormentati.

Il gelo si sta ritirando lasciando trasparenze

che sembrano Luminosi germogli. Oggi usciamo
io col verso mio sottobraccio.

(Candia Lomellina, aprile 2014)

Milano Periferia nord

Milano Periferia nord

Avrei Potuto

Avrei potuto essere un altro. Un indifferente seduto sul trono dell’arena
con in mano il cellulare mentre passano le Frecce tricolori.

Invece l’amore ha tratto dalla tasca una serie di fotografie piuttosto belle, alcune di un lontano passato e altre completamente inventate.

Il fiume ha esondato, le latrine della scuola si sono allagate proprio mentre stavano arrestando il colpevole in un telefilm. Non te ne ricordi perché eri piccola.

“Me(e)ey, smettila di dire stronzate! Ho il fango che mi arriva alla gola e tu non mi puoi salvare”

La piazza, un deserto pieno di fenicotteri.

“Se la poesia non è forma del linguaggio allora non fa differenza che si usi la prosa, quindi rilassati. Pensa a una scatola di cioccolatini. Ma uno due, non di più”

Sdraiàti guardando un muro. Non s’è mai visto spettacolo più divertente.

“Amore è tutto quel che gravita sul passaggio delle automobili nella statale. Praticamente l’intero universo”.

Appena fuori dal paese c’è una strada che porta diritta a Rio de Janeiro. In volo si farebbe presto ma in fondo tutte le strade son fatte di tempo infinito.

“Il tempo è la somma dei gesti compiuti. Solo i soprammobili non invecchiano”.

Per un po’ abbiamo dondolato sula barca toccando l’acqua con le mani.
“Ma è stato breve”.

(Candia Lomellina, maggio 2015)

.
Cinema

L’uomo esce sul ballatoio della casa a ringhiera.
Ha piovuto. Non sa dove sta andando, né se rientrerà.
Scende le scale: le sue scarpe, la rampa vista dall’alto.
La casa pare ormeggiata nel cassetto di una vecchia scrivania.
“Mi chiedevo dove avessi lasciato le scarpe”.
La donna guarda attraverso le fessure della tapparella.
Ha sentito sbattere la portiera.
“Abbiamo fatto l’amore senza baciarci”.
In anticamera, le ombre hanno qualità marine.

(Candia Lomellina, agosto 2015)

Un’immensa solitudine

Gli occhi aperti sul bordo della custodia del proiettore, e poi la matita rossa col gommino davanti alla cucitrice gialla con l’occhietto rosso, uguale identica a una mantide religiosa.
Il campo sportivo è deserto, le magliette dei colori nei vasetti hanno i coperchi infangati dalle ditate del pittore: partita finita, sbiadita. Verde e rosso si guardano, le O con le C della marca.
La baraonda di un quadro scuro, Ombre sulla neve, sta rupestre sulla parete moderna. Non parla di quest’epoca, è un quadro del duemila millennio e lo sa benissimo.
L’avessi io la possibilità di compiere un simile viaggio, dal mese scorso al novemila senza muovermi, ché tutto è stato fatto per un buon tratto di eternità, luce più luce meno.
L’interlinea dei versi lascia tracce da sci di fondo. Non so come faccia la poesia a becchettare tutte queste lettere in una volta. Ma guarda! il manico dell’ombrello se la fa col bastone, dice.

(Candia Lomellina, giugno 2015)
Anatre

L’anatra del tabacco nasce in Scandinavia
OGNI anno, il 25 dicembre.
L’ombra delle cime di Scandinavia
decora i labirinti dello scaffale.

L’anatra del modem ha UN piumaggio di lucette
Che si accendono ancor di Più verso sera.
Nel pomeriggio senza numero riconosco Nei libri
Il Profumo del tabacco.
Di quella Che sembrava l’anatra
Più canterina dello stormo, riconosco
l’ombra Che si aggira sullo scaffale,
Tra i libri e UN fumetto di Walt Disney.
Si è persa NEL pomeriggio senza numero
per Troppa libertà, si direbbe, un’ombra in cerca.
Non s’allontana dalle cime più alte dei Volumi
che stanno poco al di sotto di Quelli inesplorati
dove raccolgo la lista dei Debiti
che ho da Pagare.

(Candia Lomellina, dicembre 2014)

169 commenti

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169 risposte a “LUCIO MAYOOR TOSI – POESIE INEDITE “Woody Allen”,  “Matrimonio”, “DNA”, “Buio e Bataclan”, “Una volta per sempre”, “Le parole nell’etere”, “Duemilaventicinque”, “L’amante mia”, “Avrei Potuto”, “Cinema”, “Un’immensa solitudine”, “Anatre” con un Commento di Giorgio Linguaglossa

  1. Emilia Banfi

    Mayoor , il grande prestigiatore delle parole. Il labirinto nel quale ci fa entrare è di grande effetto ed emoziona al punto che non vorresti mai uscire.
    L’uscita sembra lontana , ma poi la trovi, pazientemente, per esempio qui ho trovato un’uscita:
    “Una volta per sempre

    Questa volta ce la puoi fare. Non dare retta ai corrotti della pace, a quelli
    che fin qui ti hanno tenuta in vita
    che dopo ogni combattimento, ogni volta ti han curata con dosi shocking
    di naftalina e profumo francese.
    Dolce formalina, spettro delle rovine, avrai bisogno anche tu, soprattutto tu
    di farla finita con vinti e vincitori”

    Ma poi ho voluto subito rientrare, cercare come in un sogno il suo significato.
    Mayoor da tutto nelle sua poesia e anche di più.

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  2. Queste poesie sono bellissime. E dimostrano che la poesia ancora esiste. Basta essere sufficientemente pazzi per scriverla.

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  3. ubaldoderobertis

    Basterebbero questi versi per trovare interessante la poesia di Lucio Mayoor Tosi, versi che trovo molto ben riusciti, ricchi di suggestioni:
    Lampeggia il semaforo sul gommino della matita.
    Gli studenti sul terrazzo della villa guardano
    danzare le luci accese in giardino.
    Scommetteresti che dietro quelle siepi ci sia il mare.
    Voce del violoncello. (Woody Allen)

    La notte soffia nel grande tubo di gomma.
    Un suono nero ma dolce, di terra. (Matrimonio)

    Tempo di pace che sopravvive
    anche in questo interno chiaro
    mentre fuori ci aspetta divertita la notte. (Buio e Bataclan)

    Colgo una certa raffinatezza in immagini nate nella mente e nel cuore di un poeta – pittore che coltiva la riflessione come una propria mistica, arguta profonda autentica anche se per me misteriosa.
    Belli e condivisi i commenti che mi hanno preceduto di Emilia Banfi, Angela Greco e Calo Bordini.
    Auguri,
    Ubaldo de Robertis

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  4. Ieri avevo deciso di non tornare più ne “L’Ombra delle Parole” e il breve dialogo avuto con Giorgio Linguaglossa nel blog era già nella mia mente un congedo abbastanza esplicito nelle espressioni “ex novo” e “tabula rasa”.
    Mi aveva turbata il resoconto annuale del 2015: avevo scritto 852 commenti! Quanto tempo avevo dedicato a questo blog in cui mi sentivo bene ed avevo conosciuto personaggi pregevoli “ciascuno a suo modo”?

    *
    Oggi sono qui eccezionalmente per un dovere d’amicizia, di stima e di gratitudine verso un vero signore, Lucio Mayoor Tosi, di cui “L’Ombra” ha pubblicato un gruppo di poesie che non posso passare sotto silenzio.
    La gratitudine che sento per lui riguarda una splendida poesia-dono natalizio che mi dimostra la sua vera ispirazione poetica, oltre alla profonda sensibilità che non è privilegio di tutti. Peraltro è una poesia composta in stile tradizionale, perciò l’omaggio vale ancora di più. Ora è pubblicata nel mio blog “La mela rossa dimenticata”:

    Lucio Mayoor Tosi, “Eco”. Poesia come dono natalizio


    *
    Una delle sue poesie mi è già nota grazie a una mia visita al suo blog: “Woody Allen”, che ho commentata con queste parole:
    “Questa tua poesia, gentile Lucio, è più complessa e raffinata di quanto tu, sempre modesto, ritenga di aver creato. C’è persino un “enjambement” che dona musicalità ai due versi così allacciati (“guardano / danzare”).
    Alcune immagini o espressioni icastiche bastano da sole a rendere pregevole questa tua composizione:

    ” Lampeggia il semaforo sul gommino della matita.”
    “guardano / danzare le luci accese in giardino”

    Questa chiusa, da sola, è una poesia di brevità e sintesi ungarettiane, ma fa sognare:

    ”Scommetteresti che dietro quelle siepi ci sia il mare.
    Voce del violoncello.”

    Congratulazioni vivissime
    Giorgina

    30 dicembre 2015”
    *
    Le altre composizioni oggi pubblicate mi fanno conoscere altri aspetti della creatività di Mayoor, analoghi alla sua pittura che apprezzo molto, cosa incredibile per i malevoli. Pregevole su tutte “Buio e Bataclan”, molto diversa dall’omonimo dipinto che raffigura in modo icastico l’orrore parigino in quella notte di sangue del 13 novembre 2015.
    Qui, con parole o frasi che possono apparire senza legame logico tra di loro, mi sembra “dipinta” una notte forse d’amore in luoghi diversi e molto lontani tra loro. “Tempo di pace” ritorna anaforicamente in due punti della composizione, quasi a ricordare, per contrasto, gli orrori cruenti in quella notte “divertita”.
    La chiusa mi dà il senso di tutto il complesso delle parole:
    “A Parigi musica latina
    tangueros e maracas, di tutto un po’
    e sconsolate discese da Montmartre
    nel rumore dei propri passi
    che ci fa sentire soli
    e vivi.”

    La solitudine può essere dolorosa, ma è vita per chi ne sa comprendere la bellezza, la fonte d’ispirazione e quasi la sacertà. Gli anni di meditazione trascorsi da Mayoor non sono stati inutili.
    Chiudo con le sue stesse parole:
    «Sarà poesia quel che diventerà voce e commento di molte immagini.
    Esattamente come Omero tanti secoli fa».
    Congratulazioni, caro Mayoor

    Giorgina Busca Gernetti

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  5. A volte quasi senza volerlo ci si imbatte in ottima poesia, e si sta bene. Grazie Lucio

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  6. INFORMO I LETTORI CHE HO CANCELLATO QUATTRO COMMENTI CHE ESULAVANO DAL TEMA IN BACHECA, E CHE LA REDAZIONE CANCELLERA’ TUTTI I COMMENTI DI CARATTERE PERSONALE. È appena uscita una monumentale biografia di Walter Benjamin Il filosofo che previde il Web. Goffo e asociale, introverso e immaginativo, Walter Benjamin intuì la «riproducibilità del reale» alla base di Internet e fu il profeta dell’opera d’arte mixata alla tecnica. Howard Eiland e Michael W. Jennings Walter Benjamin.Una biografia critica, Einaudi (pp. 694, euro 90) –
    Penso che per capire la poesia contemporanea, quella innovativa, intendo, sia indispensabile leggere e rileggere le opere di Benjamin e riprendere i suoi concetti di «riproducibilità del reale» e quello di «tramonto dell’aura»

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    • INFORMO I LETTORI CHE HO CANCELLATO QUATTRO COMMENTI CHE ESULAVANO DAL TEMA IN BACHECA, E CHE LA REDAZIONE CANCELLERA’ TUTTI I COMMENTI DI CARATTERE PERSONALE
      2 gennaio 2016

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      • AVVISO AGLI AUTORI CHE SONO STATI PUBBLICATI SULL’OMBRA E CHE LO SARANNO NEL 2016 CHE IL BLOG è LIBERO ed OSPITA TUTTI I COMMENTI, NON OPERA CENSURE DI ALCUN TIPO TRANNE LE ESPRESSIONI CUM FUMUS DI REATO E PURCHE’ SIANO ADEGUATAMENTE ARGOMENTATI
        1 gennaio 2016

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    • ubaldoderobertis

      Perdita dell’aura. Sono vissuto in tempi in cui la percezione del mondo non doveva misurarsi più di tanto con i moderni mezzi di comunicazione di massa. Capisco che per i giovani è mutata la concezione di ciò che costituisce la realtà. E con il bombardamento che avviene oggi mi chiedo come si possa fare a mantenere la propria indipendenza.
      Per tornare al tema ci riesce Mayor in virtù del grosso lavoro svolto per più di vent’anni, e credo che sia ancora in essere, facendo meditazione.
      Ubaldo de Robertis

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  7. Francamente, mi è estranea l’esigenza di un pensiero che abbia di mira l’uscir fuori dal pensiero stesso, l’oltrepassamento della sua stessa soglia – e non per accogliere input o fuggevoli suggestioni dall’inconscio – ma proprio quello che si esplica nella volontà di destrutturazione dello stesso linguaggio, nella necessità di doversi inventare nuovi parametri quando, per esso, noi siamo costituzionalmente attrezzati. Siamo – come disse Aristotele – animali predisposti all’uso della logica. Non possiamo liberarcene se non mettendo a repentaglio la nostra stessa essenza umana. Ora, non comprendo questa velleità di espoliazione e di espropriazione da noi stessi, dalla stessa natura che ci fa uomini, appunto. Un linguaggio che muove in tale innaturale direzione,con l’intento di annientare e di procedere oltre, è un’impostura, un’elaborazione fittizia, non necessaria, un’architettura farraginosa e inutile, anzi dannosa: è la realtà che ricrea nuove forme, non viceversa. La forma non può creare “a priori” se stessa, poiché essa è sempre un “a posteriori” rispetto alla realtà.
    E, inoltre, se la poesia vuole essere anche comunicazione e non un materiale in cui l’autore sia autoreferenziale, non può eludere, in toto, i canoni linguistici e logici che ci appartengono.

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  8. Prof.ssa (il mio solito refuso)

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  9. In effetti, con l’avvento di facebook e twitter il linguaggio ne è risultato destrutturato, dico destrutturato perché esso deve essere scritto in formule espressive brevi e asintomatiche. Per il vero, questo linguaggio di Lucio Mayoor Tosi mi ha fornito il destro per mettere a fuoco alcuni pensieri che prima di esso non avrei pensato, e quindi è stata una lettura utile. Del resto, anch’io sono rimasto influenzato dalla brevità e dalla concisione dei linguaggi mediatici, ma un conto è prenderli con le pinze di una scrittura critica e un altro conto è assumerli come mezzo linguistico tout court.
    Sono d’accordo con Rossella Cerniglia che la “Forma” segue il “Reale”, ma la forma modifica anche il reale. E le forme linguistiche stanno lì per essere superate e tradotte in altre Forme linguistiche. Come c’è una ostilità tra le figure del reale, c’è anche una belligeranza delle forme artistiche. E, secondo la mia impressione, Lucio Mayoor Tosi ha colto al volo questo fenomeno delle forme nuove che aleggiano nell’aria…

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    • Hai perfettamente ragione, Giorgio. Tutta la realtà interagisce e si rigenera da sé. Quello che intendevo sottolineare è che questo cambiamento avviene automaticamente e inesorabilmente, non occorre neppure evocarlo, è inutile prefiggerselo. Esso avviene e basta: mutata la realtà intorno a noi, il nostro linguaggio troverà, senza lambiccamenti, il modo per rispecchiarla nel modo più consono e fedele. E’ la struttura stessa della nostra mente che provvede a questo (rispecchiamento). Siamo programmati per questo.

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      • “Siamo programmati per questo”
        Qui dissento io: Viviamo di risvegli, non siamo robot. Perché crede che mi sia fatto anni di psicanalisi, se non per cercare di de-condizionarmi? Come uomo per cerare di stare meglio al mondo, ma pensandomi artista l’ho fatto per dovere, per non dare insieme alle perle anche le mie storture.

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        • Inoltre: le sarei grato, signora Rossella Cerniglia, se si rivolgesse a me in modo diretto (senza ulteriori lambiccamenti). Vuole spiegarmi quel “è un’impostura, un’elaborazione fittizia” ? Grazie

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          • Solo adesso, e casualmente, mi imbatto in questa sua risentita osservazione. Cerco di risponderle, non avendo potuto farlo prima. Nella mie parole non c’era nessun appunto diretto alla sua poesia che, in una certa misura, e per determinati spunti, ho anche apprezzato. Il mio discorso – e in tal modo intendo anche rispondere a chi ha mosso altre obiezioni, definendomi tracotante, pervicace e, in gergo demotico, anche strafottente – era rivolto a un contesto più ampio: quello di certa poesia contemporanea.
            Ora, mi pare, che il presente blog, come è giusto che sia, dia facoltà a tutti di esprimere le proprie idee senza, per questo, dover essere insultati. Parlando, ognuno si assume il rischio che le proprie idee incontrino la condivisione o il rifiuto da parte di altri.
            La mia opinione non si legava ad un oggetto preciso: la sua poesia. Aveva di mira un’idea generale della poesia e della lingua che, naturalmente faceva riferimento a miei canoni, quelli che nella lunga pratica della poesia e della vita si sono fatti miei.
            Né nelle mie parole era velleità di sopraffazione alcuna. Ho solamente espresso il mio modesto punto di vista, che è decisamente contrario alla deriva linguistica incentivata ,sempre più massivamente, dai nuovi sistemi mediatici.
            Per concludere, molto brevemente riassumo le mie perplessità -quelle che mi hanno spinto a prendere la parola- in questi termini : quale sarà il futuro della lingua se anziché tenerla ancorata -come sono fermamente convinta che sia giusto- ai canoni che fanno di essa una lingua, appunto, la lasciamo deragliare in tutti i modi possibili e immaginabili, favorendo un tale processo disgregatore, anziché arginarlo? Andremo, ve lo dico io, verso una nuova Babele, dove, tra non molto, non ci capiremo più l’uno con l’altro. Perché ognuno si sarà fatta una lingua da sé per proprio uso e consumo. Lo stesso dicasi della Poesia: se tutto è accettabile, anche l’improvvisazione più becera, non ci sarà più nemmeno la Poesia: che non è cronaca, beninteso, non è semplice registrazione o trascrizione di fatti, come talvolta ho sentito affermare. Ché altrimenti potremmo benissimo chiamarla “cronaca” e basta, senza dover per forza far entrare il cammello per la cruna. Alla poesia -stranamente- alla poesia, alta, vera, nessuno ha trovato definizione, sufficientemente comprensiva, per dire quello che realmente è.
            E basta.

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        • Credo che, nonostante i suoi molti studi per cercare di de -condizionarsi, lei è decisamente fuori strada rispetto al senso del mio discorso. Non parlavo di condizionamenti esterni, che ci arrivano, in vario modo, dalla società, dall’ambiente , dalla cultura ecc, Intendevo parlare delle nostre strutture mentali.

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  10. Li ho eliminati, come richiesto.

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  11. Il “carattere” rappresenta l’unicità di ognuno di noi: come l’impronta digitale, è solo nostro. Possiamo star bene solo se lo rispettiamo. Ma il carattere non è la tracotanza, la pervicacia, quella che nel gergo demotico è detta strafottenza. Chi confonde I vari significati dimostra “in primis” che non conosce bene il lessico italiano, in secondo luogo che manca di rispetto al poeta-pittore Lucio Mayoor Tosi cui è dedicato il post di oggi.
    Rinnovo le mie congratulazioni a un poeta tanto diverso da me nello stile, ma da me apprezzato con obiettività critica, senza l’infantile pretesa che tutti debbano scrivere come me, o peggio ancora che chi scrive diversamente da me non è un poeta. Ognuno è se stesso e basta.
    Un caro saluto a Mayoor

    Giorgina

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  12. Io sono amico della tradizione, Giorgina Busca Gernetti, forse la più classicheggiante tra i poeti presentati in questo blog – e, accidenti, spero ci resti a lungo! -, lo sa che non sono antagonista; anzi, sono del parere che la langue andrebbe rafforzata, ma in virtù di sostegno per le fatiche di quanti decidono di scrivere nell’incertezza di una forma non ancora collaudata, che non può offrire le stesse garanzie di risultato di chi scelga l’endecasillabo, piuttosto che il verso libero ( per altro anch’esso revisionabile).

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    • Caro Mayoor,
      io ho pubblicato due libri di poesia in verso libero (sempre con una base classica che ormai è imprescindibile da me). Non ho mai pensato che tu fossi un antagonista, altrimenti non avrei scritto di te ciò che ho scritto nel mio primo commento.
      So che è difficile intraprendere vie nuove in ogni arte. Pensa alla musica! Pensa alla pittura! Allora anche nella poesia e nella prosa (pensa a Joyce). Non è vero che scrivere in endecasillabi dà sicurezza, dà “garanzia di risultato” come affermi tu. Nel metro classico si possono creare emerite “tiritere” fondate solo sull’applicazione delle regole e degli schemi metrico-prosodici. La vera poesia è un’altra cosa!
      Buona serata

      Giorgina

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      • Dimenticavo. Tu scrivi: “e, accidenti, spero ci resti a lungo!”. Ti ringrazio, ma questi sono gli ultimi istanti in cui sto in questo blog.

        Giorgina

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        • Questa notizia mi getta nello sconforto: e adesso come faccio? Ho sempre condiviso i tuoi commenti puntuali, da vera ‘assaggiatrice’ di versi… Dai risolvi in fretta, se occorre vai di corsa in tribunale, ché il tempo è prezioso. Si guardi anche alla gratuita fatica che mettiamo nello scrivere; è vero, anche alla gioia, ma servono guide e commenti preziosi, altrettanto disinteressati, di cui fidarsi.

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      • Nel mio commento manca una e di congiunzione ( e Giorgina… lo sa. Non posso correggere); ma penso tu abbia capito il senso del discorso. Più avanti, domani, proverò a spiegarmi meglio.

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  13. chris

    Nelle 12 poesie credo di avere seguito una narrazione.
    Ci sono messe in scena, set cinematografici, o una tela, una casa, una strada. Il “luogo” in cui ancora niente è successo “fuori ci aspetta divertita/la notte” (divertita con un profondo senso etimologico). Ci sono personaggi e dialoghi, e gli scarti: a ogni risposta un cambio di scena.
    Il movimento è: campitura, fuga, ricostruzione di una forma, scioglimento, spostamento, composizione, del resto “Nel soggetto reale, il filo del programma garantisce una certa tenuta. Le formiche di fuoco… ma non ho tempo adesso per le spiegazioni.”
    Forse il luogo è anche quello oscuro del laboratorio, quando appare la particella attesa, parole connesse in entanglement.
    Il luogo però mostra di essere artificiale, fatto con l’arte “Il campo sportivo è deserto, le magliette dei colori nei vasetti hanno i coperchi infangati dalle ditate del pittore”, e, in poesia “L’interlinea dei versi lascia tracce da sci da fondo” in una immensa solitudine.
    Circoscritta: l’anatra dello stormo migrante non si allontana “dalle cime più alte dei Volumi/che stanno poco al di sotto di Quelli inesplorati/dove raccolgo la lista dei Debiti/che ho da Pagare”.
    Trovo stupefacente la tua iniziativa di movimento e dislocazione.
    Come conclusione per me, io terrei: “E ogni tanto scrivete di voi stessi, così che non si sappiano altre notizie.”

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  14. Condivido il parere di Chris. La scrittura di Lucio Mayoor Tosi raggiunge vette di fraseggio notevoli, un linguaggio dis-locato e spo-stato che sorprende ad ogni punto di frase, l’autore cambia continuamente di luogo e di sfondo, di tempi e di spazi con una incredibile celerità a speditezza, i fraseggi sono dis-tratti e dis-formi, c’è un gioco a rimbalzo dell’intera infrastruttura del discorso che spiazza anche il lettore più avveduto. Sono composizioni che presuppongono un lunghissimo percorso, che non nascono dal caso o dall’improvvisazione. Questo è certo.

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  15. E’ come scrive Chris: vivo, dipingo e scrivo in una casa- laboratorio. Tutte le mie poesie sono state scritte in presenza di rumori d’ambiente, di musiche e del sonoro di film (per lo più di fantascienza). Il principio è lo stesso della percezione in metafonia: le “voci” vengono captate, catturate e disposte in linguaggio per dislessici (senza offesa per nessuno); non tanto perché io preferisca la compagnia dei pazzi, o per meglio dire, di coloro che all’occorrenza danno prova di sapere d’esserlo, ma semplicemente perché questo è ciò che la mia mente riesce ad elaborare nel clima di frantumazione – e moltiplicazione – del senso comune. E’ corretto che si pensi a certi esperimenti di John Cage, solo che oggi è più facile fare sperimentazione; non dipende solo dai mezzi che abbiamo a disposizione: da che l’estetica è diventata parte integrante della produzione di merci, il clima, anche se scivoloso, si è reso più favorevole.
    Per rispondere ad Angela Greco: non mi sento tanto “americano”, quei Frank e Maylor sono spezzoni dei film che tengo in sottofondo. Se proprio vogliamo parlare di Beat Generation dovremmo pensare a certi esperimenti, appunto di stampo cinematografico, fatti da William S. Burroughs. Nei miei scritti si possono ritrovare tracce evidenti di narrativa ( Philip Dick), ma anche, ultimamente, di Italo Calvino ( Le città invisibili). Per la poesia, in senso stretto, m’affranco agli insegnamenti di Thomas Transformel, che ha il merito di aver portato la metafora livelli per molti ancora inimmaginabili, salvandola così da una fine certa. Da lui ricavo versi come: “Il neo di un piccione si staccò dalla bocca della chiesa”, nella poesia-racconto DNA.

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  16. antonio sagredo

    gentile Mayoor,
    Sanesi non è affatto “quasi” dimenticato! Dimenticato da chi? Dai mentecatti, questo si! Tra le prime cose tradotte in italiano dall’inglese erano di Sanesi: ero giovanissimo, e tanti libri di autori inglesi da lui tradotti ho con me, che ora è quasi roba da antiquariato, come tanti testi tradotti da valentissimi traduttori italiani. Quanto al Suo stile posso dire che è disinvolto e chiaro: sapete che scrivo in altra maniera, ma giammai penso di criticare negativamente, anzi mi incuriosisce una diversa forma, quando è piacevole e agevole da leggere come la sua; contrariamente getto il libro via, ma non alle ortiche, in altro a…

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  17. Salvatore Martino

    Poesie straordinarie queste di Lucio Tosi che iniettano tematiche fondamentali nella nostra anima ,nel nostro intelletto, nella nostra vita, con un linguaggio che non si apparenta a niente di quanto si scrive oggi, che è solo suo e insinua nel lettore il desiderio di approfondire il disegno poetico
    dell’autore. Salvatore Martino

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    • Gentile Salvatore Martino, la ringrazio di cuore per l’apprezzamento. Sa, nella vita ho pagato a duro prezzo il fatto di aver sempre fatto le cose a modo mio: un tempo, quando inventavo campagne pubblicitarie, mi fu rimproverato di non voler copiare per avere delle idee (ero giovanilmente presuntuoso). L’avessi fatto, almeno qualche volta, ne avrei avuto vantaggi che ora mi tornerebbero utili. Che posso farci, preferisco scommettere ! Grazie ancora.

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  18. caro Lucio,
    finora mai nessun poeta italiano aveva raccolto l’apprezzamento incondizionato di poeti tanto difficili e disparati come Salvatore Martino, che qui saluto, Antonio Sagredo,che qui saluto e Giorgina Busca Gernetti che qui saluto, ciò vuole significare una cosa sola, che la tua poesia è poesia di sicuro livello.
    (Manca soltanto il parere di Steven Grieco, ma so che è occupatissimo a fare alcune traduzioni, e quello di Marco Onofrio, occupatissimo a fare altre cose.

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  19. Giorgio, ti avrei ringraziato domani, ma perché non adesso? Anche qui fa un freddo cane (c’è più neve che corrente elettrica), quindi sto sulla rete. Ha ripreso la musica alla radio e tutto va bene, come si dice. Potrei anche scrivere. O danzare, ché il piacere è lo stesso. E poi è stato bello ricevere dei commenti, o degli apprezzamenti; significa che s’è visto qualcosa che io non posso vedere. E chissà com’è. Ad aprile farò una mostra personale, tutti lavori che ho fatto in questi ultimi sei mesi. Li ho qui, messi a magazzino sulla rampa delle scale( diononvoglia che io cada!), ma non so cosa ci si possa vedere; credo sia questa la principale ragione per la quale si va dal pubblico: spesso vedono più di quel che c’è da vedere; se poi sei tu quello che avrebbe in corpo tutte quelle cose… sarebbe anche il caso di preoccuparsi.
    Ti ringrazio per aver descritto in modo tanto efficace e preciso il significato della scrittura gestuale, della scrittura-evento… in questo trovo della somiglianza, della poesia con la pittura, almeno per quel che piace a me. Tutto accade in assenza di pensiero, nel vuoto che c’è tra un pensiero andato e un altro nuovo. Sono anche cose della meditazione. Io chiamo questa modalità del dipingere Pittura pura, che non è ” un atto di pensiero che soggiace nel soggetto” . Per te sarà normale, ma per me sei bravissimo. In fondo io sono l’altro, anche per me conta il fatto che quel che vedo è principalmente affar mio. Ma in quanto specchio direi che brillo. Avrò i miei motivi.
    “Una scrittura eteroriflessiva, dunque, che ha rinunciato alla auto riflessività delle scritture elegiache incentrate sulla memoria”. Caspita. Non me: te, dico.
    “Una scrittura eteroriflessiva”… Ed entrando, ancora meglio: “Dove è chiaro che qui c’è una disconnessione e una duplicazione allo stesso tempo tra l’«io» e «l’amante mia», tra l’io e l’oggetto”. Attenzione, attenzione, ché questi sono pericoli per la psiche!
    “Le tipiche disconnessioni della scrittura di Mayoor Tosi prototipiche di una frattura che sta a monte della significazione e che la scrittura però può non evocare se non in un laboratorio alchemico fitto di alambicchi e di liquidi fluorescenti che ribollono e zufolano”.
    Sublime! e grazie per il complimento, quello !Zufolano! ( ora, non far caso all’invenzione dei due punti esclamativi…).
    Grazie.

    E ringrazio per i commenti, ben superiori alle critiche ( una sola, mi pare, di uno schieramento con cui vorrei confrontarmi con immenso piacere. Ma Giorgio ha confessato di averne eliminati…). Grazie, a Emilia, Angela, Carlo, Umberto, Giorgina, Fabio, Rossella, Chris, Antonio e Salvatore: per avermi dato il vostro lasciapassare.

    Mayoor

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  20. Caro Lucio Mayoor Tosi, sei anche qui, nel mio Pantheon privato:

    http://www.giorgiolinguaglossa.com/index.php/giorgio-linguaglossa-critica92 seguito da Ubaldo De Robertis.

    Ci sarebbero molte cose da dire sulla tua poesia, che è nuova, adotta un linguaggio straordinariamente nuovo.
    Tu scrivi: «Tutto accade in assenza di pensiero, nel vuoto che c’è tra un pensiero andato e un altro nuovo. Sono anche cose della meditazione. Io chiamo questa modalità del dipingere Pittura pura».

    Appunto, io in un altro luogo del blog ho recentemente teorizzato una “sospensione del pensiero” una sorta di satori ma non in senso mistico ma in senso artistico, abituarsi a pensare il linguaggio poetico extrapolato da qualsiasi pentagramma sonoro per far sì che il pentagramma sia costituito dal “rumore” delle parole e delle immagini. Detto così, sembra un obiettivo facile da raggiungere, ma si tratta di una cosa di grandissima difficoltà. Tu con la tua poesia sei riuscito a creare una «poesia cornice», una «pittura cornice» dove all’interno c’è una cosa chiamata «vuoto», e lì fare oscillare le parole come in assenza di gravità, in stato di emulsione nel vuoto. Una poetica della libera oscillazione e della libera metaforizzazione. Non è poco, credo. E mi fa piacere sapere che nell’Ombra delle Parole ci passa la migliore poesia contemporanea. È una bella soddisfazione.

    E qui c’è Ubaldo De Robertis:
    http://www.giorgiolinguaglossa.com/index.php/giorgio-linguaglossa-critica93

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  21. Un linguaggio significativo ed esplorativo, che lascia di parecchie lunghezze la poesia tradizionale. Ciò non vuol dire dare uno schiaffo al passato.Ma la poesia ha i suoi tempi e i suoi ricambi stilistici. Cordialmente Mario M. Gabriele

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  22. letizia leone

    Se questa poesia è ( in parte) effetto della meditazione o/e della “scrittura gestuale”, “scrittura evento” l’apporto è stato davvero fecondo per l’assoluta modernità e bellezza del risultato. La lettura è avvincente perché se da un lato questi testi convocano immediatamente il lettore ad una complicità comunicativa, con il tono assertivo, enunciativo, da notiziario dell’ultima ora del dettato, nello stesso momento lo destabilizzano e disorientano in una fuga di specchi deformati. I testi sono un modello di imprevedibilità anche nella libera varietà formale e a volte, l’iconismo sembra propendere verso la tecnica tipica della pittura iperrealista che pratica una forma deviata di illusionismo mettendo in scena dettagli elevati all’ennesima potenza…Una poesia che riesce a penetrare potentemente l’aspetto grottesco del contemporaneo. Complimenti a Lucio Mayoor Tosi per le sue esplorazioni fuori dai “canoni”…

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    • La ringrazio per aver detto della complicità comunicativa. E’ un tema a cui penso molto. La comunicazione nasce scontata: spesso, quando l’inizi, hai già detto tutto e finisce che le parole sono di troppo. Non è poi così difficile venirne fuori. Direi che è una necessità.

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  23. gabriele fratini

    L’amante mia molto piaciuta, snella arguta e gradevole.
    Avendo già il buon Tosi ricevuto l’apprezzamento dei sommi giudici Martino, Sagredo, Gernetti e in attesa del parere dei restanti sommi giudici Grieco e Onofrio, non si offenderà se un semplice lettore come me ha trovato lente, farraginose, ingolfate e un po’ confusionarie le altre poesie a parte quella citata. Un saluto.

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    • Nessun problema, Gabriele. Forse abbiamo sensibilità diverse. Mi fido del verso lungo, e del suo esaurirsi a cometa, senza lasciarmi condizionare troppo da ritmi e musicalità. Tutto è parimenti importante e funzionale. Questo può provocare delle sconnessioni semantiche… accade anche ai vulcani. Ma talvolta ne escono piacevoli sorprese, come nel caso de L’amante mia. Il senso è dato e trovato. Le domande sono abbozzate. Ho sempre fiducia in quel che verrà.

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  24. Mai divertito tanto: ancora pensate che la poesia vi sia distante. Pensate ancora di avere a che fare con una persona, ma io sono una tastiera!

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  25. Toccate la poesia a vostro rischio e pericolo! ancora pensate che sia morbida come un sofà? che vi porga il ventre come una cagna?
    Toccatela, e se amate il passato, ecco che vi riempirà delle sue
    ragnatele. Se volete emozionarvi vi travolgerà come sull’autostrada
    un camion a rimorchio. Se voleste piangere scioglierà i ghiacci
    col gomito ( la manica sporgerà sulle dita).

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  26. Caro Lucio, la battura di essere «una tastiera» è esilarante. Complimenti. Ed io che faccio filosofemi per spiegare che l’io si è de-territorializzato e il soggetto de-fondamentalizzato !!! – Tu mi hai spiazzato, per te l’io è diventato una «tastiera»! Cmq, da Milano a Palerno quanti chilometri ci sono? Ecco, la longitudine preme sulla lingua e sul linguaggio poetico, pone i suoi problemi ai poeti… insomma, la poesia che si fa a Milano non può essere uguale a quella che si fa a Palermo. No?
    La poesia che si fa a Roma è diversa per via del fatto che la capitale ormai è diventata un immondezzaio, una discarica a cielo aperto ! E il suo poeta di riferimento è Magrelli (!) Peraltro, la poesia dell’immondizia avrebbe un senso e un preciso significato politico purché la si percepisse con chiarezza questa immondizia ! E anche una poetica dell’immondizia è una cosa serissima !

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  27. gabriele fratini

    Magrelli ormai è de Cassino… anche lui c’ha abbandonati, sebbene tifi ancora la maggica…

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  28. Questo lussureggiante transitare di ego ; un piccolo spaccato della nostra società letteraria . Sta di fatto che la poesia in questione mi sembra ne sia uscita bene come merita . Siamo latini , melodrammatici , emotivi ; per questo forse la poesia dà e riceve tante gomitate in un parterre febbricitante che detesta la vitamina C

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      • “si è scritto tanto e tanto altro.”
        CORRIGE “ho scritto tanto e tanto altro”
        Angela Greco – AnGre

        4 gennaio 2016 alle 13:23

        Chi siamo

        Rispondi

        Angela Greco – AnGre

        4 gennaio 2016 alle 14:04

        Cara Redazione de L’Ombra delle Parole, qui di fatto avverto a mio discapito un doppio gioco che onestamente mi ha stancato, oltre che minato nella serenità quotidiana. Tutti mi avete scritto e detto di non rispondere ai tranelli che mi sono stati ampiamente tesi nell’ultimo mese ed io, da persona capace di comprendere, ho ascoltato il consiglio. Tutti, in egual misura, avete dimostrato nelle parole che avete usato con me fuori dal blog, un inconcepibile timore nei confronti di una figura ben nota che fin dal suo arrivo nel blog ha sempre usato l’arma della minaccia legale (come l’avete chiamata voi stessi, parlando direttamente con me) e della provocazione per rendersi protagonista in maniera negativa e abbassare, di fatto, il valore del libero scambio di opinioni in cui dite di credere. Di fatto qui si dice una cosa e se ne fa un’altra e così quello che viene scritto nel commento precedente viene sempre smentito nel commento successivo, creando un clima da asilo infantile in cui, pare, vi trovate tutti bene. Io non ho intenzione di tollerare ulteriormente il clima di terrore imposto da una figura alla quale avete dato modo voi della Redazione, di assurgersi ad un livello che non tutti noi estranei al blog possiamo tollerare, soprattutto quando questa figura limita la libertà degli altri di scrivere, argomentare, rispondere, poiché sempre lestissima a rimproverare, a dimostrarsi intollerante e a replicare gratuitamente. A questo punto, per la serenità di tutti, chiedo con massima cortesia che si ribadisca in maniera chiara il comportamento da tenere in questo spazio, augurando a tutti, di essere chiari, leali e onesti.

        Angela Greco

        Rispondi

        Angela Greco – AnGre

        4 gennaio 2016 alle 14:25

        p.s. per amore della verità ricordo che il tutto è iniziato da un mio commento scritto ERRONEAMENTE in un riquadro sbagliato a cui subito aggiunsi che non era riferito in nessuna maniera al commentatore nel cui spazio ERO INVOLONTARIAMENTE FINITA A SCRIVERE. “L’inferno lo crea chi lo vuole creare” (cit.dal web)

        Rispondi

        almerighi

        4 gennaio 2016 alle 15:09

        Fatico a comprendere cosa sia accaduto di così grave, tanto che me ne è giunta eco anche tramite mail. A mio avviso le dispute ci stanno, quelle tra uomini (e non voglio passare per sciovinista) deflagrano, poi generalmente amici più di prima. Quelle fra donne no. E’ il caso, visto che siete entrambe bravissimo poetesse che ammiro, che vi chiariate tra voi in privato trovando un trait d’union e riconciliazione. Stare su questo blog è anzitutto poter fruire di una formazione culturale (quella di chi lo cura) e critica decisamente fuori dal comune. Il resto è mero, becero protagonismo. un saluto a entrambe.

        Rispondi

        Angela Greco – AnGre

        4 gennaio 2016 alle 15:15

        apprezzo molto, Flavio, questo tuo intervento. Io fin dall’inizio chiesi scusa di quell’errore nel commentare, ma non fu cosa. In altra occasione – come si può leggere nei commenti – dalla stessa persona mi è stata riconosciuta onestà intellettuale riguardo un mio apprezzamento ad una sua poesia. In questo caso specifico, la questione è degenerata da quando mi è stata attribuita una “tresca” col padrone di casa. Cosa che non abbiamo gradito leggere in famiglia.

        Rispondi

        Angela Greco – AnGre

        4 gennaio 2016 alle 15:17

        di fatto io difendo il mio poter stare qui per apprendere e crescere culturalmente senza il timore di essere ripresa come una scolaretta.

        Rispondi

        Angela Greco – AnGre

        4 gennaio 2016 alle 15:20

        e come si può notare, io rispondo con garbo e cortesia a chiunque non provochi e non cerchi la lite a tutti i costi. La dimostrazione è nei commenti qui sull’articolo di Mayoor.

        Rispondi

        Angela Greco – AnGre

        4 gennaio 2016 alle 15:38

        Giorgio Linguaglossa è stato avvisato che avrei risposto, così come sto facendo e appena rientra, cancellerà come è nelle regole del blog questo chiarimento. Ringrazio pertanto per la possibilità datami finalmente di esprimermi senza essere stuzzicata e trattata male per la mia giovane età. Chiedo scusa a tutti, ma preferisco che mi si conosca con lealtà. Ho solo avuto la stupidità di cadere nel tranello delle provocazioni, ma ho imparato. Io ignorerò il soggetto in questione e gradire fosse fatto altrettanto nei miei riguardi senza usare il mezzucolo dell’intimidazione della querela, perché la ragione non sta mai da una parte sola. Poi, che uno voglia starci o meno in questo blog sono scelte assolutamente personali. Finalmente ho potuto chiarire, GRAZIE A TUTTI.
        ***
        L’uso corretto dei verbi ha molta importanza

        prof.ssa Giorgina Busca Gernetti

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    • Dalia

      UN CARO SALUTO, LEOPOLDO.
      HO DOVUTO RICORRERE AL CORRISPONDENTE BOTANICO DEL MIO NOME PERCHE’ MI HANNO BLOCCATA, IN GERGO “SPAMMATA”
      DALIA

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  29. Proprio prima di partire per l’India, volevo dire una cosa: che Lucio Mayoor Tosi nella sua poesia introduce il “parlato”, le voci di una “molteplicità” e le fonde insieme a un “quotidiano” gesticolato in una super segmentazione (come dicono le persone colte) segnica che ha l’effetto complessivo di intensificare e velocizzare i contatti tra i vari attanti. È una novità non da poco, che l’autore fa con una tranquillità e una sicurezza allarmante e disarmante. Penso davvero che questo sia uno degli esiti più interessanti della poesia contemporanea. Il tutto dà un esito di esilarante leggerezza e di frizzante comicità.

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  30. Giuseppe Panetta

    Arrivo tardi, sono sempre in ritardo, almeno in questi ultimi tempi.
    Caro Mayoor (uso il tuo pseudonimo illuminato) avevo così tanto apprezzato i tuoi testi letti sul tuo blog, quelli dove c’era una sperimentazione a mio dire interessanti, quelle maiuscole come monoliti (significanti?) che stavano a guardia del senso.
    Ti ritrovo qui, con la macchina da presa, un prototipo, non certo un HD, a guardarti intorno, tra tempo materiale, oggetti, e tempo spaziale, musica, incensi (immagino), e quant’altro possa esserci in uno studio- laboratorio.
    Matrimonio, però la dice lunga. Anche dopo anni di meditazione.

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    • Sì, matrimonio ha dei versi scurrili, che io stesso non condivido (C’è un triangolo tra lei e me. Qualcosa si sta muovendo tra le sue cosce). Entravo nel personaggio, che entra nella mia realtà, e poi si confonde col resto. Per metà vero (mamma e papà) e per metà finto. Ma è proprio la finzione del reale che a me interessa; per tanto impresto personaggi, agli altri e a me stesso. Matrimonio è un tema ricorrente nelle mie poesie ( ne ho scritto altre con lo stesso titolo), forse perché non mi sono mai sposato ahahahhh in un mondo dove tutti si sposano: patisco a modo mio quel che patiscono le zitelle. Immagino. Le maiuscole non le metto sempre, dipende: se la trasmissione arriva dallo spazio ci possono stare, altrimenti sono confidenze. I valori in campo non sono sempre gli stessi.
      Grazie per la critica costruttiva, Giuseppe, ne terrò conto.

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  31. Giuseppe Panetta

    Mi perdonerai, Lucio, se faccio un appunto alla querelle innescata in questa pagina.
    Consiglio anche ad Angela Greco sedute di meditazione, e qualora le avesse già sperimentate le intensifichi.
    Giorgina non ha tutti i torti, semplicemente si difende dall’ipocrisia imperante e combatte contro chi ha ricevuto, in separata sede, avvertimenti (sempre ipocriti) circa le sue intemperanze che nascono semplicemente da una sorta di leggenda su questo blog (can che abbaia non morde, direi, ma semplicemente si difende).

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  32. Giuseppe Panetta

    Stimo “donna” Giorgina B.G. So per certo che è una gran signora, anche senza averla mai conosciuta. E confido che quando Le sarà passata l’arrabbiatura ( io al suo posto avrei scatenato Poseidone e Eolo, anche il MI5 o, visto i tempi, Kim Jong-un) ritornerà ad arricchirci con la sua grande cultura.

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  33. Giorgina Busca Gernetti, Angela Greco: basta! State riducendo un post di buona poesia a una vasca per la lotta nel fango. Andate ad azzuffarvi in altra sede. Vi prego gentilmente di finirla per favore. Basta!

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  34. Dalia

    Flavio Almerighi,
    perché non sei intervenuto prima?
    Ora è troppo tardi. Il fango è una conseguenza di chi è stato ignavo (nel senso dantesco del termine).

    prof.ssa Giorgina Busca Gernetti

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  35. Giuseppe Panetta

    Cara Giorgina,
    ti chiedo, gentilmente, di desistere dal presentare querele e di lasciar correre. Credo che la cosa si sia ingigantita via via. Caratteri forti e peperini, ma è questo il bello, ci si scontra e ci si ri-conosce meglio. Poi la Pace.

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  36. gabriele fratini

    Povera Poesia, rinchiusa in cantina
    a pane e acqua e già dimenticata
    per dar voce alla farsa scatenata
    con il blog ch’è ridotto a una latrina…

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  37. Sono arrivata a leggere poco meno della metà di questa insignificante querelle. Volevo ridere e poi piangere e poi di nuovo ridere o mandare a fare in culo tutti i poeti che dall’alto della loro tiepida arroganza, incapace di accendere un solo cero ad una sola statua miracolosa, si accaniscono contro chi ha o non ha cultura, chi è o non è rozzo, chi sa o non sa di sapere o non sapere. Sono arrivata a leggere poco meno della metà e mi verrebbe da dire che i versi di Lucio Mayoor Tosi possono racchiudere una risposta illuminante : “qualcuno dovrebbe raggiungere i bocchettoni dell’aria condizionata”. I giovani della beat generation riecheggiano nei suoi versi, Sig. Tosi e affondi. Affondi senza tener conto di niente e di nessuno, specialmente di chi gioca a fare la Mary Poppins di turno con un metro sempre pronto in tasca. E se siete arrivati a leggere anche me, significa che non c’è più niente di costruttivo, tanto vi siete sprecati in byte e monitor e un nulla di cui siamo composti e di cui avete anche il coraggio di dire essere migliore di. Di chi? Siamo una generazione di dannati, alcuni con un paradiso sempre pronto in tasca. Se il Sig. Tosi è la tastiera io sono la plastica riciclata della tastiera. Continuate così che tra poco vi vedrò veleggiare in cielo fino a che la pressione vi smonterà come cose terrene neanche da riciclare.

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    • Giuseppe Panetta

      Lei dice, enzaramiento, dei poeti incapaci di accendere ceri a statue miracolose? Di che statue parla, Lei? Di Dante, Petrarca, Shakespeare, W. H. Auden, per caso? Si spera!!!
      Lei masochisticamente ha letto tutti i commenti della querelle? Bisognerebbe accendere un cero a Lei, per la “mission”, non certo per la “vision” perché Le svelo un segreto, basta controllare alla destra della pagina iniziale per avere un elenco degli ultimi commenti e da lì con rapido sguardo capire che aria tira.
      Di L. Mayoor T, io ho già commentato, e dire che questo post di Lucio verrà ricordato per gli innumerevoli post, certo non tutti per la sua poesia, ma sa, cara enzaramiento, oggidì basta esserci quel tanto che basta per farsi bozzolo, dimenticandosi la farfalla, quella è in via di estinzione. Mi auguro che tra i lettori della querelle, man mano che la trama si sviluppava, una soap-opera, abbiano potuto ri-leggere i testi di Tosi.

      Se Lei è la plastica, immagini cosa significhi per le bidonville del mondo il valore della plastica, 1 euro al kg, e mediti sulla sua vision in logo della mission.

      Il verso di Tosi che Lei cita, “qualcuno dovrebbe raggiungere i bocchettoni dell’aria condizionata” è un verso di qualità, dall’asfissia quotidiana all’ossigenazione artificiale. Io aggiungo, purché i filtri dell’aria condizionata siano stati prima puliti, non sa, mia cara, quanti batteri si annidano nei filtri.

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  38. Ho l’impressione di avere involontariamente partecipato al gioco di persone che, perché malate di ego, vorrebbero mandare tutto a catafascio: muoia Sansone eccetera! Roba da pazzi.

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  39. marconofrio1971

    SI COMUNICA AGLI UTENTI DEL BLOG CHE – IN CONSEGUENZA DELLA SPIACEVOLE POLEMICA TRA G. BUSCA GERNETTI E A. GRECO – SONO STATI RIMOSSI I COMMENTI LESIVI E OFFENSIVI INTERCORSI A MARGINE DEL POST DEL 2 GENNAIO. SI RINNOVA L’INVITO A MANTENERE LE DISCUSSIONI ENTRO LIMITI BASILARI DI RISPETTO E BUONA EDUCAZIONE. GRAZIE

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    • Egregio Amministratore
      Dott. MARCO ONOFRIO,
      non tema che io, Giorgina Busca Gernetti, possa ancora inquinare l’aria di questo blog con la mia eventuale scarsa educazione perché mi fermo qui giusto il tempo di scrivere questo messaggio di congedo.
      Se le mie continue preghiere, rivolte all’Amministratore Signor Giorgio Linguaglossa, di interrompere la polemica, non iniziata da me, e di cancellare subito gli insulti contro di me, persino riguardanti l’età (nessuno ha il dono dell’eterna giovinezza) fossero state ascoltate e attuate, questo pregevole blog non si sarebbe ridotto nell’immondezzaio che Lei ha trovato quando ha assunta la carica di Amministratore.
      Mi auguro che Ella, con la Sua precisione, abbia realmente eliminato tutto ciò che è offensivo e la cornice superflua delle offese stesse, anche prima del 2 gennaio. Certamente ora tutto è perfetto.
      Mi scuso con tutti coloro che hanno dovuto assistere a un simile spettacolo indegno, cui ho partecipato purtroppo per la mia ingenuità e per il senso dell’onore che ho respirato a casa mia fin da bambina. Per inciso, a casa mia ho ricevuto anche un’educazione che, prima di questo spiacevole evento, non ha mai causato rimbrotti da parte di nessuno.
      Buona lettura e buona poesia!
      Ossequi, Signor Amministratore

      Giorgina Busca Gernetti
      8 gennaio 2016, ore 11.10

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