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Quale poesia scrivere nell’epoca della fine della storia? Quale poesia scrivere nell’epoca della fine della metafisica? Quale è il compito della poesia dinanzi a questi eventi epocali? Risposta alla Domanda di Francesco Paolo Intini

Promenade notturna 9 40x40 collage 2023

Marie Laure Colasson, foto, 2022

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Domanda

Quale poesia scrivere nell’epoca della fine della storia?

Quale poesia scrivere nell’epoca della fine della metafisica?

Quale è il compito della poesia dinanzi a questi eventi epocali?

 

Risposta di Francesco Paolo Iintini
5 marzo 2023 alle 10:37 

Caro Giorgio, rispondo volentieri e “a modo mio” alla domanda che mi hai posto anche se la filosofia è per uno non specialista come me, un campo difficilissimo da calpestare e in ogni angolo mi è quasi impossibile schivare le mine sotto i piedi. Parto perciò da ciò che abbiamo sotto gli occhi. “Invaso \invasore” non mi sembra un mantra qualsiasi o uno slogan. Contiene, secondo me, la valenza di ’Io penso dunque sono”, ha l’ambizione cioè di fondare ogni ragionamento su questo conflitto. Non per niente chiunque si accinga a parlare sull’argomento è obbligato a dare testimonianza di verità a questo fatto evidentissimo da cui sembra che non ci siano vie di uscite praticabili. Non lo sono tutte quelle vie che sbucano in una trattativa di pace che non prevedano un ritorno allo statu quo originario dell’ Ucraina. Non lo sono perché se ci si affida al ferro della logica si sottintende di escludere ogni ricorso alla fiducia reciproca. E tra i contendenti sembra proprio che non ce ne sia in maniera assoluta. Per questo, l’unica regola praticabile è la guerra “fino alla fine”, per conclusione necessaria, come si trattasse di una somma di addendi. Già! il problema però è capire cosa si intende per “fine “e se questo sia davvero coerente, per forza di sillogismo, con il punto di partenza che si sposa perfettamente con un altro e cioè se il principio: “salviamo l’umanità dalla sua autodistruzione” abbia la stessa valenza del principio di “autodeterminazione dei popoli” e se tra i due principi debba prevalerne solo uno di fronte a una loro impossibile conciliazione. Come uomo libero, odio e disprezzo ogni forma di dispotismo, di sopraffazione e qualunque forma di guerra, la risposta però non dipende da me, ma da una partita tra due squadre, l’una di bambini l’altra di adulti. Se i nomi della prima sono sconosciuti, quelli degli altri sono noti a tutti. Quei Pipistrelli nel finale di Venerea stanno in attesa sul bordo campo sentendosi investiti di un ruolo cosmico nella storia dell’universo.
Lo scenario fisico però ne impone un altro di natura metafisica che riguarda il Bene ed il Male. Mentre il primo scenario ci sembra lontano questo ci fa cadere subito in noi stessi gettandoci in un’unica partita senza durata perché i giocatori si avvicendano continuamente in ruoli variabili indipendenti dal tempo.
Come non riconoscere una tela di Bosch in un campo Ucraino?
In parallelo il nostro inconscio non fa che generare mostri, mischia vigliaccherie ad eroismi, simula in piccolo l’assenza di giustizia mentre ne invoca, cerca un perdono che non gli sarà concesso, parla una lingua che sembra familiare ma che invece è incomprensibile perché ridotto a singhiozzo e balbuzie. Il “terror mortis” regna ovunque e probabilmente costituisce il nastro di Mobius che unisce interno ed interno, di cui tu parli. La poesia, a parer mio, risponde a questo estremo bisogno di ordine che ci arriva sotto forma di paura e che riempie gli spazi tra parola e parola, tra un fotogramma ed il successivo. Cosa sono le grandi costruzioni da Omero a Dante e Shakespeare, Leopardi passando dai greci se non un tentativo di mettere ordine, fissare in una narrazione ordinata e tollerabile il brutto, l’orrido, l’assurdo e il nulla in cui la vicenda umana si scioglie? Come tutte le costruzioni ordinate esse rappresentano entropia che si congela in versi concatenati l’uno all’altro secondo un senso, si pietrifica in regole sintattiche e armoniche, in ritmo che fa vibrare corde interiori e sconosciute.
Tutto ciò andava bene in una società che non aveva prospettive cosmiche e assegnava centralità alla figura umana intorno a cui, come un germe in un’ostrica, cresceva la perla delle grandi opere artistiche, delle scoperte scientifiche, l’ottimismo delle magnifiche sorti e progressive.
Difficile immaginare l’asimmetria di fondo del nostro tempo per cui il futuro non è altro che un cambio radicale di prospettive in cui la proiezione della mente diventa più intelligente di chi l’ha creato e ne assume il ruolo in forma di persona cosciente. Quello che si prospetta non è difficile immaginarlo in termini di rapporto tra pensiero libero e potere. In questo contesto stare nell’oggi significa scottarsi della lava del vulcano che cresce di potenza sotto i piedi. La stessa che frantuma le costruzioni e le seppellisce per conservarne lacerti, illustrazioni, citazioni da museo, versi per ogni occasione, orme di dinosauri ad uso e consumo della stanza della regina delle api.
Quale allora il ruolo della poesia nel periodo di mezzo? Come chiedere di costruire un diamante e affidarlo al fiume incandescente. Meglio non farne o corazzarlo in maniera da renderlo refrattario, indigeribile, impresentabile e improponibile come un virus che abbia come unica chance di entrare nel sistema.

Promenade notturna 8 40x40 acrilico 2023

Marie Laure Colasson, Promenade notturna, collage 30×40 cm, 2023

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Tre poesie di Francesco Paolo Intini

ROBA DA AUMENTO DELLA CIODUE.

Anche il cloro dice la sua
e l’immagine si dissolve nel corridoio.

Il sole irrompe con le stampelle
Fa Enrico Toti ma poi ritorna nel monumento
ogni tanto meraviglia la luce di una cometa
e la via lattea risente dei saluti al fronte.

Tutte le volte che si risalì dalle Marianne
Bevemmo un sorso di vetriolo.

Un inciampo chiuso in uno scaffale
e tra acidi una fiala di ammoniaca
Compare all’improvviso:

-Non mettere in inventario le malefatte
E del ghiacciaio ignora le bare.

Ninfe e satiri si rincorsero nei mortai.
Rubini e smeraldi a bordo campo.

Parve evidente il cambiamento epocale
ma tacemmo accanto agli abstract del 43.

I floppy gli hippy i falchi nella PS,
il più potente cadde da un grattacielo o si suicidò
Come un Rockefeller in disgrazia.

Si conserva la bara, gli eredi depongono chip ai suoi piedi.

Una mantide si raccoglie in preghiera
Divora ruggine e scarta vinile.
Maledizioni partono aspettando il turno.

LIGHTNING ACCOUNTS

Se ne stette immobile tra nuvole di gesso.
Perché voleva Giove alla lavagna ma di fronte ebbe un sussulto
Una scappatoia accelerata da uno sbadiglio.

L’equazione si restrinse a una matrice:
calcolo e nessun elettrone.

Nascono così i carri armati? Ma perché caricarli
Di lupara e jumbo sui piccioni?

Da qualche parte farà zig zag
Sotto la cattedra celeste, tra le gambe di Giunone
Su una barca che si sfracella a destra e manca

Mira a Capaneo tra figure della Panini
Angelillo e poi Rivera un calcio all’arbitro
Un altro a Sivori con l’aria di Beatrice.

Non era un fulmine nemmeno un calcolo di bile
Qualcosa che deborda stratosfera e di sotto
Un plasma col vestito d’arlecchino.

Neanche un albero che esponga i suoi protoni
Un gesto misero come dire matto al Re. Continua a leggere

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La famosa poesia composta da Nanni Balestrini con un computer IBM nel 1962 giovandosi dell’uso di un algoritmo, forse l’operazione più rivoluzionaria e contestatrice della neoavanguardia bene mette in mostra i due elementi fondanti della operazione avanguardistica: il Fattore caosmatico e il Fattore parodistico della poesia neoermetica ancora in vigore negli anni sessanta, Poesie kitchen di Francesco Paolo Intini, Giorgio Linguaglossa, Marie Laure Colasson, Raffaele Ciccarone, Mimmo Pugliese – La poiesis kitchen è l’espressione artistica più consapevole alla domanda della posizione dell’«arte» in un mondo «storiale», ovvero, in un mondo «storiale» ci può essere soltanto una poiesis «storiale», cioè non-storica, che non abita più un orizzonte storico. La nuova fenomenologia del poetico è la fenomenologia di una poiesis storializzata che si presenta incubata e intubata in una duplice cornice, se così possiamo dire, una cornice esterna al quadro e una cornice interna ad esso. La poiesis possibile sarà soltanto quella che si situa all’interno tra le due cornici, dove tra le due cornici si apre uno spazio vuoto, vuoto di significazione. Si tratta di una poiesis priva di essenza

foto I drink coffee

foto pubblicitaria presa dal web

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Giorgio Linguaglossa
27 gennaio 2023 alle 10:10

Ecco adesso la famosa poesia composta da Nanni Balestrini con un computer IBM nel 1962 giovandosi dell’uso di un algoritmo, forse l’operazione più rivoluzionaria e contestatrice della neoavanguardia che bene mette in mostra i due elementi fondanti della operazione avanguardistica : il Fattore caosmatico e il Fattore parodistico della poesia neoermetica ancora in vigore negli anni sessanta.

Nanni Balestrini

TAPE MARK I

La testa premuta sulla spalla, trenta volte
più luminoso del sole, io contemplo il loro ritorno
finché non mosse le dita lentamente e, mentre la moltitudine
delle cose accade, alla sommità della nuvola
esse tornano tutte, alla loro radice, e assumono
la ben nota forma di fungo cercando di afferrare.

I capelli tra le labbra, esse tornano tutte
alla loro radice, nell’accecante globo di fuoco
io contemplo il loro ritorno, finché non muove le dita
lentamente, e malgrado che le cose fioriscano
assume la ben nota forma di fungo, cercando
di afferrare mentre la moltitudine delle cose accade.

Nell’accecante globo di fuoco io contemplo
il loro ritorno quando raggiunge la stratosfera mentre la moltitudine
delle cose accade, la testa premuta
sulla spalla: trenta volte più luminose del sole
esse tornano tutte alla loro radice, i capelli
tra le labbra assumono la ben nota forma di fungo.

Giacquero immobili senza parlare,
trenta volte più luminosi del sole essi tornano tutti
alla loro radice, la testa premuta sulla spalla
assumono la ben nota forma di fungo cercando
di afferrare, e malgrado che le cose fioriscano
si espandono rapidamente, i capelli tra le labbra.

Mentre la moltitudine delle cose accade nell’accecante
globo di fuoco, esse tornano tutte
alla loro radice, si espandono rapidamente, finché non mosse
le dita lentamente quando raggiunse la stratosfera
e giacque immobile senza parlare, trenta volte più luminoso del sole, cercando di afferrare.

Io contemplo il loro ritorno, finché non mosse le dita
lentamente nell’accecante globo di fuoco:
esse tornano tutte alla loro radice, i capelli
tra le labbra e trenta volte più luminosi del sole
giacquero immobili senza parlare, si espandono
rapidamente cercando di afferrare la sommità.

Come si vede, la neoavanguardia lavora sulla trama, sul plot plurilingue, sulla versificazione con taglio narrativo, sulla demifisticazione, sulla imitatio derisoria della poesia postermetica; siamo in presenza di una contraffazione, di un raffreddamento semantico del discorso, di una riscrittura, di una soprascrittura, di una evidente una falsificazione che sfocia nella caricatura del verso poetico neoermetico auto celebrativo ed elegiaco.
Come si può notare, le differenze tra i testi della poetry kitchen e i testi della neoavanguardia sono abissali. È l’abissalità della storia che si presenta capovolta. Dal punto di vista della neoavanguardia la poetry kitchen appartiene ad un altro mondo. E viceversa.

Testi della Poetry kitchen

Francesco Paolo Intini

LAUDATO SIA IL TORTELLINO IN SCATOLA AL MASTERCHEF

Ma quale sliding story, il suo piatto è una merda!

MENZIONE O MINZIONE D’ONORE?

Sarebbe bastato fare un’aggiunta a una battuta di caccia del re Nasone
più cruenta del solito.
Meno cani al seguito e fagiani e corde d’impiccati
Tutto perché non si è fatto in tempo a prenotare sulla Ferdinandea
Dove pisciare e affogare in grande.

SEGNALATO O SEGNATO?

Tra le pillole rosse ce n’è una blu. Scrollare il tamburo prima dell’uso.
La storia del giustiziere notturno tra avvertenze e indicazioni.
Evitare in gravidanza. Potrebbe far male a Maria Carolina
E dunque non partorire mitraglie e forche e nodi scorsoi.

GIURIA O GIUNTA?

Si alzi signora. Non ha mai sentito che ci sono rotule obbedienti alla 104?
Avanzano le sedie a rotelle nell’ Asl. Proclamano indipendenza dall’osso sacro.
Ah lazzaroni che fate al collo della Sanfelice?
Morire a giugno è cosa possibile
Ma vincerà la lotteria di capodanno, come piace al re.

MOTIVAZIONE O MORTIFICAZIONE?

Eburneo sarà lei. Il mio nome è colesterolo.
Il vademecum parla chiaro: luna a pois prima di morire e niente filo per le sottane.
Consulti il medico e non si faccia prendere dall’esaltazione.
Un colpo al cuore, un altro a Leonora

INSINDACABILE O ETERNO RITORNO?

Un dente maledice la mascella.
La mandibola difende la gengiva
La carie benedice il nervo.
-Alle pinze. Disse il dentista ma google scrisse panze
E riempì di bolo lo schermo del computer.

Carri, missili, aerei avanzarono sulla tastiera tranciando lettere e consonanti.
Cosa scriveranno adesso?
Lascia che i nervi si arrangino da soli. Tra correnti ci s’intende.
E mentre gli ampere risalgono gli scoli
avanza nel buio l’ascia del macellaio .

PRIMO PREMIO O VITTORIA?

Qui giace Tutankhamon sepolto con l’arco di Diana al mignolo
la passione per il fucile a tromba, il coccodrillo nell’ intestino.
Risalendo il Nilo pervenne il potenziale a una decisione.
Meglio sarebbe non rivelare la ricetta, ma tant’è!

Giorgio Linguaglossa

La fine dell’arte nel tempo della storialità

In Dopo la fine dell’arte (1997) Danto compie una rivoluzionaria operazione culturale, pone il problema seguente: cosa pensare dell’arte dopo la caduta dell’idea di un progresso storico dell’arte? In un primo momento, all’epoca delle avanguardie europee dei primi anni del novecento, l’arte diventa improvvisamente autocosciente, riflette su se stessa e sul proprio destino, diventa insomma auto-riflessiva, cessa di operare una rappresentazione del mondo per concentrarsi esclusivamente su alcuni aspetti del mondo così come essi si presentano e così come essi sono visti. «L’Età dei Manifesti», peculiarità dell’epoca “moderna” (poco meno di un secolo dall’Impressionismo al Brillo box di Warhol del 1964), si caratterizza per la raggiunta caducazione del concetto di «mondo»: l’arte è arte ogni volta che prende se stessa a parametro di riferimento di se stessa, quello che conta è se stessa come verità del proprio concetto. L’arte viene prima del concetto di se stessa. L’arte è ciò che l’autore o le istituzioni che contano dicono di essa. In questa scorciatoia speculativa che è, tra l’altro, una tautologia, l’arte afferma se stessa in quanto non è nulla di nulla, non conta più nulla ed è fatta di nulla. L’arte del periodo post-storico è quella in cui «tutto è possibile» (l’everything goes di Danto). Di conseguenza ogni ermeneutica che la tratta si dovrà necessariamente schiantare sulla superficie del nulla di cui è fatta l’arte moderna dopo Brillo box di Warhol. Per Danto1 si deve porre la domanda seguente: perché la critica dell’arte dopo la fine dell’arte?

La risposta che al momento possiamo dare è che oggi, nel 2023, non si può porre mano ad alcuna ermeneutica dell’arte a seguito della Fine della poiesis, di quella che un tempo si chiamava «arte» nel tempo della storia progressiva; oggi, nel tempo della storialità (cioè della storia non-progressiva), la fine dell’«arte» trascina con sé anche la fine della critica d’arte. E qui il discorso si chiude. La poiesis kitchen è l’espressione artistica più consapevole alla domanda della posizione dell’«arte» in un mondo «storiale», ovvero, in un mondo «storiale» ci può essere soltanto una poiesis «storiale», cioè non-storica, che non abita più un orizzonte storico. La nuova fenomenologia del poetico è la fenomenologia di una poiesis storializzata che si presenta incubata e intubata in una duplice cornice, se così possiamo dire, una cornice esterna al quadro e una cornice interna ad esso. La poiesis possibile sarà soltanto quella che si situa all’interno tra le due cornici, dove tra le due cornici si apre uno spazio vuoto, vuoto di significazione. Si tratta di una poiesis ovviamente priva di «essenza».

1 A. Danto, After the end of art, Priceton Bollingen 1997, pag. 198: «One does not escape the constraints of history by entering the post-historical period».

Giorgio Linguaglossa

Il poliptoto è entrato nel retto di Putler

Bum! il poliptoto è entrato nel retto di Putler lanciato dall’incrociatore Moskvà
L’Elefante suona l’olifante
Ne esce il pesce Lavrov con squame e sopracciglia dipinte
Odisseo commercia con il petrolio e il gas dei russi, manduca fagiani e noccioline del Ponto Eusino
Confonde Churchill con Fausto Coppi, però ha un occhio peritissimo per la valuta pregiata della Signora Circe
Il pesce Lavrov tirò per la giacca il Signor Putler
Ne uscì una marmellata di essenze all’isotopo di deuterio e un rotolo di carta igienica con impresso l’aureo sigillo della defecatio del Tirannosauro
Accadde nel Cetaceo che una proboscide con squame di coccodrillo prese a crescere dal retto dell’Ibrido

«It is high time to put this on the agenda», disse Odisseo appena uscito dall’antro di Polifemo aggrottando le sopracciglia.
«The event has occurred», così chiuse la questione l’itacense alla conferenza stampa convocata da Penelope.

Dopo aver ingoiato il poliptoto il pesce Lavrov non trovò di meglio che rifugiarsi di nuovo nel retto del Signor Putler
Ed ivi compì la defecatio e la prolificatio

Il topo saltellò sul piattino con del formaggio bucherellato, morse un fiordo di Emmental Switzerland e lo trangugiò
Dal retto uscì un minuscolo Putler al plutonio in forma di supposta o di Sputnik
Lo psicozoico tossì e crebbero delle margherite all’intorno

«Benvenuti – esclamò il manigoldo – alla fine dell’Antropocene, ovvero, l’Età della Catastrofe Permanente!»

Marie Laure Colasson
27 gennaio 2023 alle 19:48

La concisione delle brevi stofe rende un vantaggio a Francesco Intini in quanto gli consente una concentrazione massima delle parole. E in effetti, la differenza tra la scrittura del Computer di Nanni Balestrini del 1962 e quella kitchen di Francesco Paolo Intini, Giorgio Linguaglossa o Raffaele Ciccarone del 2023 è un salto, ma un salto storico, l’operazione derisoria di Balestrini garantisce il successo della operazione che la segue a distanza di sessanta anni, la Poetry kitchen. Il derisorio chiama al telefono il derisorio a distanza di sessanta anni. Le operazioni di rinnovamento artistiche sono sempre “telefonate”, il Futuro è sempre in collegamento con il Presente, e il Presente è sempre in collegamento con il Passato, in specie ora che il Passato ha cessato di coincidere con la Tradizione. La Tradizione oggi è il Futuro. Il Futuro è diventato rocambolesco. E derisorio.

13.

Panneaux miroir et six personnages
son musical assourdissant répétitif
infernal le souffle du vent entre les panneaux

Fragments du tourbillon de la vie
une pomme croquée à pleines dents
un sandwich dévoré
une serpillière esclave de la propreté
une defécation de 3 pantalons abaissés
des lampes électriques qui fouillent le sol
des fesses de femmes éclairées à cru
de dos 3 chadors orangés
des bretelles de salopettes que l’on replace
des sacs poubelle
les couronnes du pouvoir
des chapeaux pour toutes saisons
des robes insolentes unisexes rouges jaunes blanches
des disputes des viols
des actes amoureux sexuels
des déchets jetés sur scene

Le tout le peu le rien
les mâchoires grincent Continua a leggere

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Da Mario Lunetta (1934-2017), Poesia di Satana, con video di Gianni Godi, a Davide Galipò passando per la Poetry kitchen, poesie di Giorgio Linguaglossa, Esercizio per violino e tamburo, Mitoglifici, Lettura del romanzo di Céline Menghi, Dire Mu (2019), È plausibile ipotizzare una nuova avanguardia oggi dopo la fine del post-moderno?

Giorgio Linguaglossa

Davide Galipò e Charlie Nan sono sulla strada giusta, il loro tentativo è beneaugurante e va salutato con favore… ma il problema della stagnazione della poesia italiana di questi ultimi decenni non può essere risolto facendo riferimento esclusivamente al lavoro del Gruppo 93, quello era un movimento tutto interno alla nicchia del «letterario» e del «poetico» e, inoltre, non possedeva un solido ancoraggio filosofico, non andava al di là del «letterario» e delle forme del letterario, di qui la sua presa insufficiente sullo stesso «poetico» e sul «letterario», i problemi di fondo della poiesis rimanevano esclusi dal loro raggio di pensiero. Il mio invito è andare oltre, procedere in avanti con la riflessione critica, affrontare le questioni che stanno alla base del fare poiesis oggi.

Tempo fa chiedevo :

– Dopo la distruzione delle forme avvenuta nel novecento, siamo arrivati alla distruzione dell’orizzonte di attesa. È stato qualcosa che ha colpito al cuore la poesia del soggetto panopticon, dell’io plenipontenziario. L’io è stato de-fondamentalizzato, il soggetto legiferante è stato de-localizzato e l’ontologia negativa di Heidegger è stata sostituita con una ontologia positiva.

– Quale poesia scrivere nell’epoca della fine della storia?
– Quale poesia scrivere nell’epoca della fine della metafisica?
– Quale è il compito della poiesis dinanzi a questi eventi epocali?

Risposta (indiretta) di Maurizio Ferraris:

«Le strutture ideologiche postmoderne, sviluppate dopo la fine delle grandi narrazioni, rappresentano una privatizzazione o tribalizzazione della verità».

(Maurizio Ferraris, Postverità e altri enigmi, Il Mulino, 2017, p. 113)

Esercizio con violino e tamburo

K. sbatte la porta. Resto là, sulla soglia, per qualche minuto.
Impalato. Poi mi scossi e guardai la porta aperta. [1]

Madame Hanska aprì tutte le finestre, «Sa, le finestre sono nere», disse.
E fece entrare le madamigelle con il grembiulino.

«Buonasera Cogito – esordì Hanska – le cose sono cambiate
negli ultimi tempi». Prese una forbice e un posacenere

e li posò sulla siepe di capelvenere e di acanti.

«Sa, c’è una tigre e un pianoforte… Ecco, metto la forbice
sul pianoforte, adesso Vivaldi può suonare.

Woland ha ordinato ai gatti di suonare, il Requiem, quello, sì.
Solo quello. La musica uccide gli uccelli», aggiunse.

«Lo specchio avrà la sua vendetta», disse Baudrillard,
«Non resta che reinventare il reale», aggiunse tra il serio e il faceto.

Era seduta in mezzo alla camera. La tigre sorrideva.
«Per oggi basta con la musica – disse – dovrebbe esercitarsi più spesso.

Impari a suonare piuttosto. La rappresentazione è finita.»

(2018)

23 novembre 2022 alle 10:37 

È plausibile ipotizzare una nuova avanguardia oggi dopo la fine del post-moderno?

Mettiamo il problema nei giusti termini marxiani e chiediamoci:

Il soggetto scabroso (the ticklish subject) di Zizek è l’altra faccia della medaglia dell’oggetto scabroso (the tickish object)? Sì, o no?

Il rapporto soggetto oggetto è un rapporto dialettico e conflittuale, l’alterità dei due Fattori implica una loro riconoscibilità che è sempre data all’interno di un contesto, ovvero, di una serie di rapporti di produzione e di forze di produzione. È l’equilibrio tra queste forze contrastanti ciò che produce il soggetto e ciò che determina l’oggetto. (L’io che acquista una Fiat Punto è esattamente ciò che la merce Fiat Punto riconosce in me come acquirente. È il Capitale che sovraintende all’intero processo).

Sia il soggetto che l’oggetto sono entrambi scabrosi, osceni, inemendabili, indomandabili. La vera domanda che occorrerebbe porre al soggetto è: Che cosa sono io che compro la Fiat Punto?, o meglio, Che cosa sono diventato io per prediligere l’acquisto della Fiat Punto?

Non diversa è la posizione di un «poeta» che voglia porsi nel mercato pubblico. Il mercato pubblico riconosce in me esattamente ciò che io sono: un venditore di merci. Questo è quanto. Se «io» come «autore di poesia» mi metto sul mercato delle merci poetiche, sarò riconosciuto dal mercato delle merci poetiche esattamente così come io mi sono messo in vendita. Che poi la mia personale predilezione sia verso una nuova avanguardia e verso una nuova retro guardia non fa alcuna differenza. Il nuovo Capitalismo cognitivo queste cose le ha digerite da alcuni decenni, sa che l’io come soggetto, che l’attività del soggetto è quella di sottomettersi alle condizioni poste dal mercato delle idee e dal mercato delle merci, altra via di fuga non c’è, se non nella fantasia.

E allora, chiederà il lettore, quale deve essere la posizione del soggetto nelle attuali condizioni? –

Semplice, rispondo: la posizione del soggetto scabroso sarà quella di tentare di sottrarsi alle condizioni produttive che relegano il soggetto nella soggettità e l’oggetto nella oggettità, cioè porsi Fuori del meccanismo identitario e di riconoscibilità del Capitale all’interno delle quali prospera il processo produttivo e la stessa soggettività.

Davide Galipò
24 novembre 2022 alle 15:44

Caro Giorgio, mi permetto di integrare il tuo discorso con alcune riflessioni. Pasolini scriveva che l’arte è “la merce che non può essere consumata”. A tal proposito, la Neoavanguardia ha riportato, con il Gruppo 63 e l’esperienza del Mulino di Bazzano, l’oggetto-libro e nella fattispecie il libro di poesia alla sua condizione materiale di oggetto, appunto, per decostruirlo attraverso le opere dei poeti neoavanguardisti, che attraverso il collage, la performance e il segno tentavano di fuggire dalla forma-libro. La loro poesia è rimasta comunque merce, così come il loro tentativo di decostruire la narrativa degli anni ’60, ma per lo meno il loro si registra come tentativo in tal senso (leggasi a tal proposito Adriano Spatola, “Verso la poesia totale”, 1978).

Dopodiché ci sono stati gli anni del riflusso, gli anni di Piombo hanno lasciato posto agli anni della Milano da bere, nel 1989 il muro di Berlino crolla e con esso le ideologie, il neoliberismo sembra aver vinto la sua battaglia egemonica sul resto del mondo. Il Gruppo 93 e i suoi seguaci non possono, per forza di cose, contrapporsi con la loro poesia al mercato: poiché solo il mercato esiste, pena la dissoluzione totale o peggio, l’insensatezza del loro agire poetico (rimando all’articolo “Contro il presenzialismo” su Neutopia).

Con la fine del postmodernismo e l’apertura della nostra epoca pre-moderna, che io faccio coincidere con l’11 settembre 2001, anno dell’attentato a Ground Zero, ma a detta di Roberto Bolaño e degli infrarealisti potrebbe risalire benissimo all’11 settembre 1973, anno del golpe americano in Cile e della destituzione di Salvador Allende, con l’instaurazione della dittatura militare di Augusto Pinochet, si potrebbe dire che oggi l’avanguardia abbia assunto una nuova urgenza e una nuova spinta propulsiva.

Ma è un’avanguardia differente dalle avanguardie passate, che parte dalle pratiche e non dai manifesti. Una poesia che voglia essere rivoluzionaria oggi dovrebbe innanzitutto occuparsi di rivoluzionare le forme, poiché ci sono molti modi per scrivere una poesia reazionaria: la prima è nei contenuti, la seconda è nella forma.

Cinque anni fa, con NEUTOPIA e con il gruppo d’azione poetica SALINIKA abbiamo provato a dare alcune risposte in questa direzione, partendo dalle avanguardie storiche (futurismo, dadaismo, costruttivismo russo) per capire quale fosse il senso di una nuova avanguardia nella contemporaneità. Alcuni di noi l’hanno vissuta in chiave più situazionista, altri oggi sono partiti dall’ipertesto e dalla realtà virtuale. per comprendere quale possa essere il terreno sul quale le nostre poesie possano diventare totali, dunque entrare interamente nella realtà per proporre un campo differente da quello del mercato editoriale.

Il Liminalismo, i Mitilanti e la Poetry Kitchen secondo me sono esempi che si stanno muovendo in tal senso. A tal proposito, vi lascio il mockumentary sulla nostra attività poetica, girato a Torino nel 2017. Spero ci sarà presto occasione di approfondire il discorso. Continua a leggere

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