MARIO M. GABRIELE SETTE POESIE da “Ritratto di Signora” (2014) “Cara Juliet”, “Piombo fuso”, “Glossario terapeutico” con un Commento di Giorgio Linguaglossa: La “poetica del vuoto del Dopo il Moderno”, “Poesia e metapoesia”, “Glossario terapeutico” “La morte della poesia”, “La Post-poesia”

foto henri cartier bresson

foto henri cartier bresson Cara Juliet

 Mario M. Gabriele è nato a Campobasso nel 1940. Poeta e saggista ha fondato la Rivista di critica e di poetica “Nuova Letteratura”e pubblicato diversi volumi di poesia tra i quali: Arsura (1972); La liana (1975); Il cerchio di fuoco (1976); Astuccio da cherubino (1978); Carte della città segreta (con prefazione di Domenico Rea (1982); Il giro del lazzaretto (1985); Moviola d’inverno (1992); Le finestre di Magritte (2000); Bouquet (2002); Conversazione galante (2004); Un burberry azzurro (2008); Ritratto di signora (2014) e L’erba di Stonehenge (Progetto Cultura, 2016) Dieci sue poesie sono presenti nella Antologia a cura di Giorgio Linguaglossa Come è finita la guerra di troia non ricordo (Progetto Cultura, 2016). Ha curato monografie e saggi sui poeti molisani e contemporanei

E’ presente in Febbre, furore e fiele di Giuseppe Zagarrio, Mursia Editore 1983, Progetto di curva e di volo di Domenico Cara, Laboratorio delle Arti 1994, Le città dei poeti di Carlo Felice Colucci, Guida Editore 2005, Poeti in Campania di G. B. Nazzario, Marcus Edizioni 2005, e in Psicoestetica, il piacere dell’analisi di Carlo Di Lieto, Genesi Editrice, 2012. Interventi critici sulla sua poesia sono apparsi su quotidiani e riviste: Tuttolibri, Quinta Generazione, La Repubblica, Misure Critiche, Gradiva, America Oggi, Atelier e  L’Ombra delle parole. Cura il blog di poesia italiana e straniera isola dei poeti.blogspot.it

foto donne con altalena

Commento di Giorgio Linguaglossa “La poetica del vuoto del Dopo il Moderno” di Mario M. Gabriele

Credo che nella situazione del Dopo il Moderno alla poesia non rimanga altro da fare che sopravvivere in attesa di tempi migliori. È questo l’assunto di base della poesia di Mario Gabriele, un poeta della periferia, relegato nello sperduto Molise, a Campobasso, lontano dagli echi delle fucine poetiche di Roma e di Milano. In questa condizione, allontanatisi gli echi dello sperimentalismo novecentesco e le ipotesi di mini canoni che, tra l’altro, nel Sud non avrebbero ragione di essere, per Mario Gabriele l’essenziale era ripristinare il contatto con il lettore, ripartire dal correlativo oggettivo di Eliot, ricucire gli strappi inferti alla forma-poesia del secondo Novecento, suturare le ferite con la tintura di iodio, elaborare una «materia» poetica che facesse uso della narrativa e della saggistica per irrobustire il dettato poetico. Il registro stilistico di Ritratto di Signora viene così improntato a una decisa propensione per la metonimia, sostenuto dalla giustapposizione di elementi dissimili o incongrui, di digressioni e di inserti narrativi che offrissero nuove possibilità di significazione per mettere in evidenza ciò che sta oltre la tradizionale parola poetica, lontano dalle associazioni semantiche tradizionali, magari corredata da una fitta interpunzione, di citazioni implicite ed esplicite, di riferimenti toponomastici ed onomastici, corredata da associazioni ed elencazioni coordinate per asindeto e per paratassi, il tutto volto a raffigurare il disagio e lo spaesamento esistenziale del mondo moderno, non solo dell’io, il caos del mondo, mediante correlativi oggettivi e traslati e cablaggi spaesanti.

Sta qui l’elemento di distinguibilità della poesia di Mario Gabriele, sta qui la rottura con i canoni dello sperimentalismo e con l’eredità della poesia post-montaliana del dopo Satura (1971), vista come la poesia da circumnavigare, magari riprendendo da essa la scialuppa di salvataggio dell’elegia per introdurvi delle dissonanze, delle rotture e tentare di prendere il largo in direzione di una poesia completamente narrativizzata, oggettiva, anestetizzata, cloroformizzata. Di qui le numerose citazioni illustri o meno (Mister Prufrock, Ken Follet, Katiuscia, Rotary Club, Goethe, busterbook, kelloggs al ketchup, etc.), involucri vuoti, parole prive di risonanza semantica o simbolica, figure segnaletiche raffreddate che stanno lì a indicare il «vuoto». Il tragitto, iniziato da Arsura del 1972, e compiuto con quest’ultimo lavoro, è stato lungo e periglioso, ma Gabriele lo ha iniziato per tempo e con piena consapevolezza già all’indomani della pubblicazione del libro di Montale che, in Italia, ha dato la stura ad una poesia in diminuendo, che da noi è stata interpretata come una possibilità di scrittura poetica finalmente privata del pentagramma tonale e timbrico della grande tradizione metafisica, come un rompete le righe e un gettate le armi, con una cultura nutrita di scetticismo piccolo-borghese. Una resa alla democrazia parlamentare della forma poetica e del discorso poetico. Mario Gabriele riprende da qui, innalza il tono prosodico mentre che abbassa il lessico.

Sintomatico di tale percorso è l’ultima poesia qui presentata: «Glossario terapeutico», dove è evidente che l’autore ironizza con una abbondanza di citazioni e di rimandi sulla propria materia poetica prendendone le distanze, ironizza sulla desertificazione del linguaggio poetico di oggi, non più in grado di veicolare una lirica che non sia post-lirica, dalla quale viene bandito ogni riferimento ad una presunta «bellezza» e al «poetico». Si ha la sensazione che l’oggetto della riflessione di Gabriele sia «la morte della poesia» e una «poetica del vuoto». In un certo senso, questa è una poesia che medita sulla propria morte annunciata, una metapoesia, una poesia che sta fuori della poesia, che si situa a distanza dalla poesia. Metapoesia sulla metapoesia, dunque, come nella composizione di apertura «Cara Juliet» che rifà il verso a una raccolta di Alfredo Giuliani del 1965, Povera Juliet.

Il titolo della raccolta, anch’esso ironico, Ritratto di Signora (2014), riprende un topos classico, un titolo adottato dalla scrittura narrativa, in ciò perseguendo con la poesia lo stesso tragitto ermeneutico seguito dal romanzo, da quello famoso di Henry James (The portrait of  a Lady) fino al recente  Foto di gruppo con Signora (1971) di Heinrich Böll.

foto donna mascherata

Mario Gabriele da Ritratto di signora (2014)

1
Cara Juliet,
qui dove l’inverno dura più della barba di Santa Claus,
ci siamo arresi al freddo di dicembre
come quei piccoli clochard ai bordi delle vie,
senza bandiere e né futuro;
mi viene da pensare alle notti di Stoccolma,
alle renne venute a cercare gli avanzi di Natale;
tutti abbiamo festeggiato l’anno che passava;
il tempo come uno sparviero
sui pinnacoli di un’America battuta,
l’urlo di Munch
era un passepartout per un inferno alle porte:
le lunghe ore a parlare del punto morto del mondo,
l’anello che non tiene,
sempre in fede obliqua
mi venne uno strano freddo allora,
come una ipotermia
sotto la cupola avvolta dalla neve,
per poi rinascere nei giardini di marzo,
perché i più bei fiori dell’anno
sono i non-ti-scordar-di-me.
2
Il tempo non ha concesso nulla alla Pasqua.
Sciolte le campane
si sono visti soltanto mouse e viperette.

Ho spento il notiziario,
dimenticate le formule dei cartomanti:
je ne veux rien savoir de la vie
e di tutte le tragedie
che s’attorcigliano come veleni
e spade acuminate.

L’ultima volta che ho visto Madame Bernard,
era di sabato e aveva il fascino
di chi sa legare il cuore ai lacci.

Arrugginito dagli anni
il carillon ha smesso di contarci le ore.

Sembrerà un giro di banderuola
ma il passaggio dell’inverno
non è stato indolore.

Rotondetta, tanto da ricordare le donne di Botero,
la Katiuscia di Kiev
ha messo piede nella casa
e nella nostra squilibrata età,
anche se amiamo ancora gli aquiloni
e i kayak per superare il mare.
3
Accendi la TV a vedere se hanno ucciso il gobbo,
ritrovato nel bosco il corpo di Jonny Boy,
il V-Day a Piazza San Giovanni,
la Storia siamo noi,
noi il Nulla, i morti da dimenticare,
se nevica ancora, se continua
nel buio luminoso, l’infantile disastro del mondo,
sbiadito nello specchio il doppio di noi stessi.

La sera ci guardiamo mentre affondano le rughe.

Prova a cercare, con il cordless o con il palmare,
se nel profondo degli spazi
ci sono ancora Nonno God e Mister Prufrock.
4
Per una festa la Caterina si è messa in moto
portando souvenir, il breve filamento delle cose.

Si sente che c’è Aprile, nuovo d’ali e di beccucci.
Qualcuno si siede sul sofà,
guarda i quadri alle pareti,
gusta sorbetti Carte d’or.

Arrivano messaggi, anime,
si scruta la lista degli assenti.

Il tempo stringe, vola la civetta,
qualche filo si spezza,
passa di mano il libro di Ken Follett,
effetti speciali nell’equilibrio della sera,
e fermo immagine con ricordo di famiglia,
non abbiamo innocenza né colpa,
solo il probabile evento del caso,
il breve filamento delle cose.
5
La sera ci colse di sorpresa
mentre batteva ai vetri
la rabbia del mese.

Domani la gazza
supererà di nuovo il muro di cinta
portandosi via i kelloggs al ketchup.

Il panorama non è più quello di prima
e dove c’era il busterbook
ora splende una villa.

Es una casa muy especial, disse Paco,
y valiosa porque la construyeron mis padres
con muchos esfuerzos.
Tiene dos pisos y una buhardilla
en la zona de noche.

Sombra y sueno a volte tornano
a coprire la zona dolore
del nostro passato.

Nel verde che avanza
potrebbero starci anche una chiesa
o una maison con draps,
e serviettes de toilette,
e qualcosa che ancora rimane della nostra vita.
foto donna in stile

6
PIOMBO FUSO

Sono anni, Louisette, che guardi la Senna,
come un uccello il bianco dell’inverno.

Non ti dico, quanta neve è caduta sullo Stelvio!

Nelle cabine c’erano avvisi di keep out,
una guida turistica del Rotary Club,
e un cuore di rossetto
firmato Goethe.

Il gelo ha impaurito i passeri forestieri,
inaciditi i mirtilli nelle cristalliere.

Da nord a sud barometri impazziti,
ghiaccio,
fosforo bianco su Gaza City,
tra artigli di condor sulle carni,
Mater dolorosa,
che facesti rifiorire il biancospino sulla collina.

Gennaio ha riacceso i candelabri
nel concerto dei morti,
tra toni bassi e controfagotti

Non so come tu abbia fatto a recidere le corde,
se il più sottile e amaro della vita
è il ricordo.

A monte e a valle
profumo di tulipani, briefing.

Eppure se ci pensi, capita di morire ogni giorno,
di passare più volte sotto il ponte di Mirabeau!

Ti dico solo che all’improvviso,
finito il piombo fuso su Jabaliya
si sono di nuovo accesi i lampi nella sera,
i fantasmi della Senna.

7
GLOSSARIO TERAPEUTICO

L’acne ha scavato il derma, doctor.
Bisognerà passare all’ablazione,signora,
prima delle devozioni della sera.
Non vi è altra speranza, altra cura
dopo il Differin Gel, e il peeling,
non allergenico, non comedogeno,
con Salicylic Acid e Lactamide Mea.
Bisogna aver pazienza, Madame,
aspettare il Big Ben
stando con monsieur K allo chateau d’Orleans.
Questa è opera di dèmoni e cherubini, di riti Voodoo.
Prima di dormire non segua il Gossip, le lezioni di Baricco,
La solitudine dei numeri primi, le staminali,
le ali dei rondoni, il Catamerone di Sanguineti,
le morti dei poeti ottuagenari.
Ci rallegrano le short stories dei Dream Songs.
Per il septemberfest preghi Dante di non farla incontrare
Farinata degli Uberti; chieda una terzina al lotto.
A Flintstones House, c’è un – tetto bianco a cupola,
muretti di pietra vulcanica, interni freschissimi.
E a Santorini, vi è pure un’ex dimora rurale –
ed un pendio per l’aldilà.
Oh le vocali di Rimbaud: A, come Allegory,
E, come Enjambement, I, come Ipèrbato, O, come Ossimoro,
U, come Underground!
Avevo una volta, mani dolci e cuore gentile,
le azioni Generali finite male nel Mercato Globale,
gli ossi di seppia, le seppioline al sauvignon.

32 commenti

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32 risposte a “MARIO M. GABRIELE SETTE POESIE da “Ritratto di Signora” (2014) “Cara Juliet”, “Piombo fuso”, “Glossario terapeutico” con un Commento di Giorgio Linguaglossa: La “poetica del vuoto del Dopo il Moderno”, “Poesia e metapoesia”, “Glossario terapeutico” “La morte della poesia”, “La Post-poesia”

  1. MARIO M. GABRIELE SETTE POESIE da “Ritratto di Signora” (2014) “Cara Juliet”, “Piombo fuso”, “Glossario terapeutico” con un Commento di Giorgio Linguaglossa: La “poetica del vuoto del Dopo il Moderno”, “Poesia e metapoesia”, “Glossario terapeutico” “La morte della poesia”, “La Post-poesia”


    Caro Giorgio,
    quando un critico entra nel mondo psicologico di un poeta, e ne analizza la struttura del testo, in una visione d’assieme di tipo storico e temporale, scavando sempre più nel profondo di un’aura, dopo la caduta della letteratura della neoavanguardia, per ricominciare a ricostruire, là dove esistono macerie e detriti, non è propaganda estetica e culturale, ma avamposto di una teorési di tutto rispetto, che quotidianamente estetizzi nel blog l’Ombra delle parole. Dopo Satura di Montale, il problema dei conflitti reali con il linguaggio, si è fatto, generalmente controverso, tale da generare un mercato delle lettere radicalizzato in un nonsense e narcisismo ipocondriaco. Questo ci tenevo a precisare, in quanto la risposta critica che fai nell’esprimere una giusta idea, e il mio disagio di vivere culturalmente in una specie di Capanna Indiana, senza per questo restare in un monoteismo poetico, sono la realtà di una ricerca e progettazione che non è ambizione, ma esigenza di un modus vivendi senza il quale ogni progetto è orma nel deserto.
    E qui, desidero ringraziarti sinceramente, anche se questa forma non potrà mai ripagare il tuo impegno critico. Con cordialità.

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  2. Salvatore Martino

    Poesia colta con innumeravoli richiami, con quell’Alfred Prufrock che certifica l’ascendenza eliotiana molto presente. Una sorta di dolce amarezza invade questi versi mai banali, con immagini talvolta persino folgoranti. Si avverte in questo poeta mio coetaneo una solida preparazione anche tecnica del procedere poetico. Ho letto volentieri e apprezzato anche il profumo di Hernry James. Salvatore Martino

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    • Caro Martino,
      la tua “osservazione”psicoestetica coglie, con sorprendente sintesi, il “centro” comunicativo dei miei testi poetici. Il poeta ha un ruolo importante nel rendere traducibile la sua poesia attraverso “ il livello segnico e i materiali usati,” come ebbe a pronunciare, a suo tempo, Bàrberi Squarotti, citato nella Rivista Altri Termini di Franco Cavallo. Tutto questo hai saputo decodificare in una circolazione di pensiero proveniente da un maturo retroterra culturale. E qui che i nostri allineamenti di gusto poetico e di identificazione anagrafica, interagiscono, permettendo di discutere e approfondire, chiarire, ed esternare, senza narcisismi e autocelebrazioni, che tanto mortificano la comunicazione interindividuale nei vari Blog. Con cordialità. Mario.

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  3. https://lombradelleparole.wordpress.com/2015/12/06/mario-m-gabriele-sette-poesie-da-ritratto-di-signora-2014-cara-juliet-piombo-fuso-glossario-terapeutico-con-un-commento-di-giorgio-linguaglossa-la-poetica-del-vuoto-del-dopo-il/comment-page-1/#comment-10474 Abbiamo presentato in questi ultimi 3 post 3 poeti appartenenti alla medesima generazione, quella generazione dei nati intorno al 1940, di cui un giorno bisognerà pur fare un bilancio critico ma, in assenza di critici e latitando quindi la critica, è probabile che questo lavoro non lo faccia nessuno e che tutto venga travolto dal fluire del tempo e dell’oblio. I poeti sono: Salvatore Martino, Mario M. Gabriele e Edith Dzieduszycka. Tre poeti che hanno percorso una direzione diversa l’uno dall’altro, e la stanno ancora percorrendo, e, come capita tra poeti, tra di essi c’è una sostanziale incomunicabilità di stile e di linguaggio. E questo è proprio dei poeti, dico quello di non “vedere” il percorso dei coetanei. Non c’è nulla di strano in tutto ciò, è un fenomeno fisiologico al fare poesia.
    Attiguo e contiguo in tutti e tre i poeti è l’andare verso la prosa, o meglio, fagocitare la prosa e adattarla ai tempi e ai modi della poesia.
    E vorrei aggiungere a questi 3 poeti anche un quarto: Ubaldo De Robertis, anche lui nato intorno all’anno ’40, e anch’egli maturato in tarda età. Un poeta “giovane” anche Ubaldo. Direi più giovane dei giovani trentenni che imperversano con le loro poesie.

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  4. Gino Rago

    Considerando la diffusa osmosi forma-poesia/prosa Giorgio L. pone un problema centrale per la critica estetica e stilistica. Un altro autore
    è coetaneo di Martino, Gabriele, De Robertis: Achille M. Chiappetti, che di recente ha congedato, per Passigli, “L’inafferrabile presente”, libro nel quale circola un’aria legabile a quella osmosi. Anche la poesia è figlia
    della propria epoca. E questa nostra verrà considerata un giorno
    come Epoca della stagnazione (come ha ricordato Giorgio Linguaglossa)
    e forse come Epoca della periferia del linguaggio, delle parole disabitate..
    Gino Rago

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  5. Manrico

    Caro Giorgio, leggo sempre con molto interesse i tuoi saggi critici, che sono sempre densi di cultura e acuti nel giudizio. Un tempo ti seguivo su Poiesis.

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  6. Pasquale Balestriere

    Più leggo la poesia di M. Gabriele, più essa mi convince: innanzitutto perché resiste alla lettura, nel senso che conserva intatta la sua bellezza anche in seconda, terza e magari quarta lettura -cosa assolutamente notevole e rara di questi tempi-; poi perché è viva, mossa, rutilante, percorsa da ripetuti scarti linguistico-semantici che spesso aprono a chi legge onestamente, cioè con mente e cuore sgombri da pregiudizi, nuovi scenari con inedite e fertili interpretazioni del quotidiano. E ciò avviene perché Gabriele ha sulla vita sguardo ampio, acuto e prensile, possiede finezza di linguaggio artistico, adeguatamente metaforizzato, e capacità di giustapporre nel flusso creativo/rappresentativo scene, figure e situazioni diverse, cospiranti però -tutte- a costruire un messaggio poetico ricco e vivido .
    Pasquale Balestriere

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    • Caro Balestriere,
      partendo dalle tue captazioni estetiche, è opportuno qui precisare, al di là di ogni suggestione, che l’impatto, positivo o negativo, di fronte ad un testo poetico, nasce dall’attitudine del lettore nell’aver frequentato topografie letterarie diverse da quelle meno rappresentative. La cattiva scuola del dilettantismo formale, porta soltanto a una codificazione statutaria del fare versi scolastici e di natura semplicistica. Certamente il cammino della poesia è difficile, e se si rinuncia si corre il rischio della “Stasi”, del “Finito”, della deatomizzazione delle particelle linguistiche, che finiscono, come dice Linguaglossa, nel creare il “Vuoto”, costringendo il lettore ad allontanarsi dalla poesia. Il pensiero di Freud si è focalizzato sul concetto di Arte, facendo emergere e analizzando il preinconscio e l’inconscio, al contrario, Nietzsche esamina il linguaggio ontologico all’interno della metafora. Ecco quindi il suo ruolo e il rapporto con l’esternalismo e la realtà.
      Un caro saluto. Mario.

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  7. ubaldoderobertis

    Spero che Mario Gabriele non rilevi in me, lettore, una scarsa attitudine visto che non ho “frequentato autori di versi scolastici e di natura semplicistica,” se affermo che la sua poesia, almeno quella qui esposta, non mi ha colpito in modo particolare né alla prima né alla seconda lettura. L’interesse è giunto a poco a poco, ma senza le indicazioni dei vari Linguaglossa Martino e Balestriere e le sue medesime precisazioni, sarei scivolato oltre. Siccome la poesia di un autore è sempre in cammino, questo può significare che, ai miei occhi, il percorso compiuto dal poeta Gabriele potrebbe averlo condotto ad un punto che oserei definire critico. Transizioni di fase sono fenomeni molto familiari in fisica, ma per la poesia la questione è molto più complessa, e poi non so se Mario Giordano sia disposto a concedere qualcosa per favorire in qualche modo la leggibilità, senza pregiudicare la sua idea di poesia che sembra avere molto chiara in testa. E non può essere altrimenti visto che è uno studioso, promotore di cultura, accorto e sensibile, e Poeta di livello. Non sono un critico e mi scuso con Mario Gabriele. Cordialmente.
    Ubaldo de Robertis

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    • https://lombradelleparole.wordpress.com/2015/12/06/mario-m-gabriele-sette-poesie-da-ritratto-di-signora-2014-cara-juliet-piombo-fuso-glossario-terapeutico-con-un-commento-di-giorgio-linguaglossa-la-poetica-del-vuoto-del-dopo-il/comment-page-1/#comment-10491 Caro Ubaldo De Robertis,
      ti ringrazio di ciò che scrivi. Non contesto né la tua prima fase di indifferenza, né quella successiva di “acclimatamento” alla mia poesia, alla quale pervieni, senza essere stato condizionato dalla segnaletica critica di Linguaglossa e dai pareri espressi da Martino, Rago, e Balestriere, ai quali esprimo la mia più sincera riconoscenza. Si tratta, in altre parole, dell’accettazione o meno di un terreno poetico-culturale (perché anche la cultura entra nella struttura della poesia, che è un genere letterario multiplo e di socializzazione) tramite la libertà di pensiero considerata da J.Bury,” la meta più importante raggiunta dalla civiltà moderna e deve essere considerata fondamentalmente ai fini della evoluzione”. Ciò che hai letto dei miei versi è soltanto una parte di un prepensiero e di una successiva estetica, soggetta sempre alla falsificabilità, o rifondazione, come principio popperiano. La maturità linguistica si forma nel tempo, con la continua remissione dei nostri peccati di ispirazione,tra il nuovo e il vecchio, ma che alla fine si armonizzano, e nel mio caso, si estetizzano nelle opere precedenti da Bouquet, a Ritratto di Signora, fino alla prossima plaquette “L’erba di Stonehenge” (Progetto Cultura, 2016)con nuovi modelli, che si propongono, sempre sotto metafora, a rappresentare la vita, fatta di mille contraddizioni. Scusami, ma ti ho impegnato in una lettura forse noiosa ,ma per me di autentica dialettica. Con cordialità. Mario.

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  8. “Nel verde che avanza
    potrebbero starci anche una chiesa
    o una maison con draps,
    e serviettes de toilette,
    e qualcosa che ancora rimane della nostra vita”
    Questi versi sarebbero piaciuti a Carver, perché no? e ancora:
    “Il tempo non ha concesso nulla alla Pasqua.
    Sciolte le campane
    si sono visti soltanto mouse e viperette”
    Lettura piacevole. Grazie.

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  9. Questa poesia ha una sua ragion d’essere, mi piace ha la calma rassicurante di una semplicità apparente.

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  10. Bellissima poesia,che nasconde l’ansia dietro un’ironia elegante,impalpabile e onnipresente.Le parole che vorrei rubare: “gli “ossi di seppia” e le seppioline al sauvignon”,un abbinamento inimitabile,sottilmente perfido.

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  11. Mi piace la poesia di Lucio. Intelligente. Non è frammento ( e meno male) e condensa in poche pennellate artifizi e profondità ” qualcosa che rimane della nostra vita.”

    Il problema non è il frammento. Il frammento non è una novità ma una delle tante opportunità del fare poesia. Però, per sincerità intellettuale (se esiste) bisogna avere il coraggio di dire che molte delle “cose” (non chiamo poesie, perché la Musa si indispettirebbe) postate come novità del frammento sono illegibili e, forse, illegali.

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    • Caro Giuseppe Talia, questa volta il cognome mi è riuscito bene. Devo intervenire sul testo riportato da Lucio Mayoor Tosi, per chiarire che esso fa parte della mia raccolta :Ritratto di Signora, pag.61, Edizioni Nuova Letteratura 2014, che riporto qui integralmente:

      La sera ci colse di sorpresa
      mentre batteva la rabbia del mese.

      Domani la gazza supererà il muro di cinta
      portando via i kelloggs al ketchup.

      Il panorama non è più quello di prima
      e dove c’era il busterbook
      ora splende una villa.

      -Es una casa muy especia-, disse Paco,
      -y valiosa porque la construyeron mis padres
      con muchos esfuerzos.
      Tiene dos pisos y una buhardilla
      en la zona de noche-.

      Sombra y sueno a volte tornano
      a coprire la zona dolore
      del nostro passato.

      Nel verde che avanza
      potrebbero starci anche una chiesa
      o una maison con draps,
      e serviettes de toilette
      e qualcosa che ancora rimane della vita.
      Mario M. Gabriele.

      Cordiali saluti per una lettura integrale. E grazie.

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      • Giuseppe Talia

        Caro Mario M. Gabriele, la poesia che leggo è veramente una buona poesia. Nella versione di Mayoor manca il “mouse e viperette” che avevo tanto apprezzato, e che a questo punto deduco sia stato inserito da Lucio. Come anche il verso “nel verde che avanza potrebbero starci anche una chiesa…” lo trovo ricco di rimandi.
        Molto bene. Apprezzo anche gli innesti con lo spagnolo. Li apprezzo perché sono una costante nelle mie poesie, gli innesti, dialetti, inglese, francese e altri “pezzi” di “sombra e sueño, magari in una buhardilla (soffitta) di ricordi.

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  12. Donatella Costantina Giancaspero

    https://lombradelleparole.wordpress.com/2015/12/06/mario-m-gabriele-sette-poesie-da-ritratto-di-signora-2014-cara-juliet-piombo-fuso-glossario-terapeutico-con-un-commento-di-giorgio-linguaglossa-la-poetica-del-vuoto-del-dopo-il/comment-page-1/#comment-16469 È la Logik des Zerfalls (logica della disgregazione) ciò che rende necessario alla poesia di Mario Gabriele assumere la forma del frammento. Il frammento e la citazione sono la intima necessità di questa poesia. Direi che La poesia di Gabriele è probabilmente la proposta più audace e determinata di una poesia che nega se stessa, una poesia anti-sistema che si disegna come a-sistematica per via di un eccesso di pensiero critico.

    Rispetto alla forma rappresenta la più grande trasgressione della Forma-poesia così come la abbiamo conosciuta nel Novecento e il suo inveramento. La guida un pensiero anti-sistematico che si oppone all’idea della forma poesia tardo novecentesca. In tale accezione, la ritengo una ipotesi di poesia rivoluzionaria, forse troppo per le rilassate percezioni delle istituzioni poetiche che vanno per la maggiore.

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  13. Giuseppe Talia

    https://lombradelleparole.wordpress.com/2015/12/06/mario-m-gabriele-sette-poesie-da-ritratto-di-signora-2014-cara-juliet-piombo-fuso-glossario-terapeutico-con-un-commento-di-giorgio-linguaglossa-la-poetica-del-vuoto-del-dopo-il/comment-page-1/#comment-16472 E allora rileggiamoci una bella poesia di Montale, Una poesia del frammento.

    Keepsake

    Fanfan ritorna vincitore; Molly
    si vende all’asta; frigge un riflettore.
    Surcouf percorre a grandi passi il cassero,
    Gaspard conta denari nel suo buco.
    nel pomeriggio limpido è discesa
    la neve, la Cicala torna al nido.
    Fatinitza agonizza in una piega
    di memoria, di Tonio resta un grido.
    Falsi spagnoli giocano al castello
    i Briganti; ma squilla in una tasca
    la sveglia spaventosa.
    Il Marchese del Grillo è rispedito
    nella strada; infelice Zeffirino
    torna commesso; s’alza lo Speziel
    e i fulminanti sparano sull’impiantito.
    I Moschettieri lasciano il convento,
    Van Schlisch corre in arcioni, Takimini
    si sventola, la Bambola è caricata.
    (Imary torna nel suo appartamento).
    Larivaudière magnetico, Pitou
    giacciono di traverso. Venerdì
    sogna l’isole verdi e non danza più.

    da Le Occasioni, 1928-1939.

    E il frammento è servito, come anche l’onomastica.

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  14. Giuseppe Talia

    al nono verso “falsi spagnoli”; al verso 21 “giaggiono”

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  15. Giuseppe Talia

    “giacciono”.
    Il correttore automatico e i cookies giocano brutti scherzi.

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  16. https://lombradelleparole.wordpress.com/2015/12/06/mario-m-gabriele-sette-poesie-da-ritratto-di-signora-2014-cara-juliet-piombo-fuso-glossario-terapeutico-con-un-commento-di-giorgio-linguaglossa-la-poetica-del-vuoto-del-dopo-il/comment-page-1/#comment-16481 La poesia di Montale qui riproposta da Giuseppe Talia è un esempio, anche se estemporaneo e isolato, di poesia per «frammenti», ma, mi perdonerà Talia se gli dico che è senza dubbio una delle più deboli della raccolta montaliana, e il perché è presto detto. Innanzitutto, la percussione allusiva e ironico-amatoriale alla gestualità del significante, direi eccessiva e magniloquente (vedi vincitore-riflettore nei primi due versi, e, subito dopo, la gestualità fonematica ironica degli onomastici in funzione antonima: Molly, Sourcouf, Gaspard etc. che si ripetono con monotona ossessione). Tutta la poesia è priva di una risonanza da «retroscena» e rimane appiattita alla volubilità del significante. Insomma, non c’è, né si percepisce neanche vagamente, un «mondo di retroscena» dinanzi al «mondo di avanscena». Qui Montale fa un esercizio di stile, ma lo stile diventa stilematica, i significanti gratuitamente posti diventano meri suoni eufonici che invitano il lettore al sorriso complice. Insomma, qui Montale rivela tutti i suoi limiti non appena vuole uscire dai confini della sua poetica. E non è un caso che questo accada, e accade perché Montale era privo di una poetica in senso consapevole del tempo interno delle parole, lui delle parole ne deliba la fluidità fonematica e fonetica, ne percepisce il significante… ma tutto ciò non basta certo a farne una grande poesia. Si tratta di un esercizio, mal riuscito per giunta per le ragioni che ho descritto.

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  17. Giuseppe Talia

    Non sono d’accordo sulla tua analisi Giorgio. O almeno la tua analisi della poesia di Montale potrebbe essere usata pari pari anche con le poesie di altri autori del frammento. Sei sicuro che non vi sia un “retroscena” nella onomastica di Montale?

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  18. Caro Giuseppe La tua è una illazione che non puoi accreditare sul mio conto corrente. La poesia di Montale, quella che tu citi come esempio di frammentismo (e hai ragione, ne convengo) a mio avviso è debole. Non dobbiamo fare un altarino ad ogni poeta ritenuto grande, in ogni grande poeta ci sono cose buone e cose meno buone. Nel caso della poesia di Montale io ho spiegato i miei perché, che possono essere diversi dai perché di altri commentatori… quanto poi ad attribuire le mie considerazioni anche ad altri poeti del frammento, questo è una tua opinione che però non coincide con la mia. E poi il frammento di Montale de Le occasioni (1928) è cosa ben diversa da quello che andiamo dicendo a distanza di quasi 100 anni, non credi?

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    • Giuseppe Talia

      Caro Giorgio, non ti arrabbiare, io non accredito sul tuo conto corrente nessuna illazione, dico solo che il retroscena dell’onomastica della poesia di Montale non è detto che non ci sia. Bisognerebbe studiare a fondo.
      A me interessava solo portare un esempio di “frammento” che andasse oltre Saffo, Quasimodo, Ungaretti e che è presente anche in Montale, forse in un unicum come nella poesia delle Occasioni. Ma chissà, leggendo e leggendo ne potrebbero venire fuori anche altri di frammenti e non solo in Montale.
      Ma il frammento di 100 anni fa è diverso dal frammento che tu usi nel 2016?
      In cosa è diverso?

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  19. caro Giuseppe,
    Non mi irrito affatto, mi annoio a ripetere le stesse cose… Se non lo hai capito adesso qual è la diversità tra il frammento di Montale e quello di noi adesso (ma con noi ci sono Pamuk. Rushdie, Maria Rosaria Madonna, Espmark Transtromer, Frostenson, Gustaffson e la poesia svedese, Jacobsen, Josifova, etc.) dopo decine di post, come faccio a spiegartelo in due righe? Ci saranno, penso, senz’altro altre occasioni in futuro… Ma ciò non significa che non ci siano altre modalità di scrittura: c’è chi scrive chatpoetry, chi fa il verso a Magrelli, chi continua con lo sperimentalismo, chi scrive come i milanesi e i lombardi milanesizzati, chi ripropone la poesia orfica… c’è di tutto… c’è un pot pourri tardo novecentesco…

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  20. https://lombradelleparole.wordpress.com/2015/12/06/mario-m-gabriele-sette-poesie-da-ritratto-di-signora-2014-cara-juliet-piombo-fuso-glossario-terapeutico-con-un-commento-di-giorgio-linguaglossa-la-poetica-del-vuoto-del-dopo-il/comment-page-1/#comment-16494 (Genesi di frammento dopo- Ritratto di Signora-)
    …………………..
    Gli happening a Manhattan
    erano come quelli con Burroughs a Casterlporziano.
    Oggi, passare nel grigiore dell’autunno,
    è perdersi nel volo di uccelli notturni.
    La storia l’hanno scritta zio Isaac e il Cristo sul Calvario.
    Neanche l’inverno ha salvato la primula.
    La signora Meyer non va più sul balcone.
    Ha un trenino di sogni fino a Burberry Street.
    Non aspetta il Natale. Prepara l’acqua ai re Magi.
    Intinge la bocca ai moribondi.
    Noemi è riuscita a ricomporre il cubo di Rubik.
    -Dove morirai tu, morirò anch’io-, le dissi-.
    Allora quelli che sopravvissero alle parole di padre Orwell,
    si fermarono a osservare la felicità del buio,
    guardando le stelle cadere.
    L’anno scorso siamo andati a sentire i cantori di Africa World.
    Non so come dirti ma la spiga di grano
    ha sempre una punta per ferire.
    Shervin ha finito il diario di giornata,
    e pensare che ogni pagina è come una foglia.
    Matilde a quest’ora ha acceso il barbecue a Park Drive.
    Ogni anno c’è sempre qualcosa che si dissolve o rimane.
    Non puoi essere come la madre di Summer
    che sembra un orologio a pendolo.
    Chissà cosa dirà la ragazza del Campus
    ora che la casa è senza formiche
    e i muri hanno i colori di Pollock.
    Se questa tristezza non andrà via
    sarà crudele l’estate che arriva.
    Pierrot ha uno strano modo di fare regali.
    Campobasso, 7 dicembre 2016

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  21. Giuseppe Talia

    Rileggendo con attenzione la poesia https://lombradelleparole.wordpress.com/2015/12/06/mario-m-gabriele-sette-poesie-da-ritratto-di-signora-2014-cara-juliet-piombo-fuso-glossario-terapeutico-con-un-commento-di-giorgio-linguaglossa-la-poetica-del-vuoto-del-dopo-il/comment-page-1/#comment-16501 “Glossario Terapeutico” trovo consonanze (frammenti) con un mio testo pubblicato nel 2008. Riguardo agli ossi di seppia, seppellire al sauvignon abbiamo avuto la stessa intuizione e può trovare il mio testo in Come è Finita la Guerra di Troia non Ricordo.
    Quanto alle vocali di Rimbaud, Giorgio Linguaglossa è a conoscenza di un mio libercolo sul tema.

    Queste consonanze e assonanze mi confortano, gentile Mario M. Gabriele.

    La povertà dell’osso non impressiona
    Il cipiglio dello zigomo riposizionato
    Zampe in brodo di rilassamento cutaneo
    Cornea del teschio grasso di collagene
    Schizzi di vista a mare suturata
    Seni paranasali e sguardo botulino
    Schianto del calco vuoto imprigionato
    Formelle nane conformiste
    scalogno scaldapiatti buccia spiona
    Sedano sedato staio sminuzzato
    Pianto d’aceto e sale quanto basta
    Funghi trafelati e risi amari
    Carabattole d’aglio elemosino
    Mescita di gambi gobbi e gangli
    Di ventrigli nerbi guazzabugli
    Odori di favori e gioie sapide
    Fonti del quadrivio fracco d’acqua
    Sgroppo di reni turbine di schizzi
    Di molecole inzuppate nel reale
    Zampillo di zinne porporine
    Atomi d’idrogeno che lottano
    Acquerugiole e febbri mammoline
    Oasi di rimescolate sabbie
    Pelo di stilla castorina e filo
    Bianco su volto nero d’acquatinta
    Che sorprende e rompe i ponti.

    da Thalìa, 2008

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