Archivi del giorno: 8 dicembre 2015

LA LIBIDO AL TEMPO DEGLI ETRUSCHI Come facevamo l’amore al tempo degli Etruschi, accusati di eccessive libertà sessuali dai greci e dai romani

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Nel presentare ai lettori del blog questo spaccato delle abitudini erotiche presso gli antichi etruschi vogliamo indicare uno spunto di riflessione sulla nostra contemporaneità e sullo scontro di civiltà, Islam Occidente, che oggi appare sullo sfondo del presente storico. Non è dubbio che ogni civiltà abbia una propria organizzazione libidica ed eserciti un controllo della libido sui suoi abitanti, controllo indispensabile ai fini dell’organizzazione sociale e militare di una comunità. Non è certo un caso che nella antichità le pratiche della vita erotica degli etruschi suscitassero recriminazioni e stigmatizzazioni da parte dei popoli circonvicini, e in specie dai romani e dai greci. (g.l.)

L’assoluta emancipazione della donna donna etrusca e una libertà di costumi, che somiglia, per certi aspetti a quella dell’Occidente contemporaneo, furono la causa di una sistematica diffamazione dei Tirreni da parte dei Greci. Il sostantivo etrusca designava, presso gli ellenici, le prostitute. Uno scrittore greco del IV sec. a.C., storico e retore, allievo di Isocrate, vicino a Filippo il Macedone, scrisse degli etruschi riferendosi all’assoluta vergognosa promiscuità in cui vivevano. Amori di gruppo, paternità indistinta, mogli bevitrici che sedevano accanto al primo venuto, durante il banchetto; nudità, rapporti sessuali in pubblico e provocazioni esibizionistiche di varia natura.

E’ difficile capire, a distanza di più di duemila anni, considerando anche il fatto che l’etrusco è ancora una lingua impenetrabile e che su quella civiltà permangono zone d’ombra, se quella segnalata dai greci contemporanei fosse dissolutezza o se si trattasse di tolleranza e di quella che oggi chiameremmo emancipazione.

La presenza di donne molto belle, curate, truccate, ai banchetti – donne che non erano prostitute, ma persone sposate – fu forse la prima ragione di un equivoco. I greci non ammettevano la presenza delle mogli agli eventi conviviali, ai quali potevano invece partecipare prostitute. In Etruria, invece, la figura femminile risulterebbe, dai reperti e dall’iconografia, oggetto di grande considerazione sociale e di libertà, anche se poi, l’amore matrimoniale, dolce e costruttivo, risulta centrale nel desiderio collettivo  come dimostrano i reperti tombali e la scultura funeraria. Anche in questo caso, nobilmente distesi, troviamo marito e moglie sdraiati uno accanto all’altra, per sempre al banchetto, che è tavolo e letto. Pertanto: donne non chiuse in casa, molto curate, forse libertà sessuale, ma ricerca di un’unione forte e duratura, sul piano sentimentale. Ciò risulta sempre dai sarcofagi. Se infatti gli affreschi erotici nelle tombe si riferiscono con buona certezza a materiale mitico, legato alla religione  i coperchi o le lastre dei sarcofagi sono testimonianza  intima e privata della dolcezza meravigliosa e struggente di un rapporto d’amore, quello dei coniugi, un rapporto che viene celebrato come totalizzante.

Difficilmente, in campo artistico, in ogni epoca, troviamo la rappresentazione così autentica della dolcezza della compenetrazione tra uomo e donna, senza sopraffazione, sullo stesso piano, quello altissimo del sentimento gioioso e pacato che unisce anime e corpi.

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TOMBA DI VULCI

Sarcofago di Larth Tetnies e della moglie Thanchvil Tarnai. Luogo della scoperta: Vulci necropoli di Ponte Rotto, tomba dei Tetnies. Terzo quarto del IV secolo a.C. Museum of fine Arts, Boston. Sul coperchio del sarcofago è raffigurata una coppia di sposi distesi e abbracciati, avvolti sotto un manto che ricopre la kline, ovvero il letto conviviale.
Sul lato lungo della cassa un combattimento tra Greci e Amazzoni, sui due lati brevi combattimenti tra animali, reali e fantastici.

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Dipinto parietale nella Tomba dei Tori, a Tarquina

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Scena di danza nella Tomba delle leonesse a Tarquinia

In Etruria, come in genere nel mondo antico, esisteva la prostituzione sacra; sacerdotesse offrivano se stesse ai pellegrini e ai viaggiatori per sostenere le spese del tempio ed incrementarne le ricchezze. Tali ricchezze dovevano essere evidentemente cospicue se suscitarono l’avidità di Dionigi I che nel 384 a.C., alla testa della flotta siracusana, riuscì a impadronirsene, nonostante il soccorso degli abitanti di Caere in difesa del loro porto.

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Tomba della Fustigazione

Il dipinto parietale che dà il nome alla Tomba della fustigazione, a Tarquinia. Questa tomba, datata V secolo a.C. e scoperta nel 1960, è composta di una sola camera. Due uomini in piedi colpiscono con verga una donna intenta ad una fellatio su uno dei due mentre l’altro la sodomizza. In tutta la camera sepolcrale sono rappresentate altre scene di danza e di musica su tutto l’insieme dominano comunque tre poderose porte finte di colore rosso che rammentano la vita dell’oltretomba, La cosiddetta fustigazione e la scena, in sè, assumono caratteristiche rituali. La verga nuda rappresenta al tempo stesso il pene e l’albero senza foglie, foglie che invece appaiono sulla testa del maschio che possiede la donna da dietro. L’immagine rinvierebbe a materiale iconografico legato alle stagioni, al ritorno della primavera dopo la morte invernale, alla ripresa della vitalità del corpo.

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Tomba delle leonesse Tarquinia

La fellatio in un vaso attico a figure rosse. Importati dalla Grecia o prodotti da manifatture etrusche secondo lo stile greco, queste opere contengono elementi vitalistici.

 Pubblicato da Redazione in Arte Eros, Arte erotica, Il sesso nell’arte, News 4 dicembre 2015

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