Archivi del giorno: 13 aprile 2024

I meccanismi  ludolinguistici di Stefano Taccone come demistificazione del reale. Poesie da “Sciogliete le rime”, campanotto editore, 2023, Lettura di Letizia Leone, video di Gianni Godi, Per favore chiamatemi Higgs

“per favore chiamatemi Higgs”
video di Gianni Godi.

Stefano-Taccone-1

Ho avuto modo in passato di soffermarmi sulla scrittura di Stefano Taccone, (storico dell’arte, critico d’arte, poeta e scrittore) approfondendo il senso di una poetica posta sotto il segno dell’onirismo, del surrealismo giocoso e della dis-automatizzazione delle convenzioni narrative. È utile ricordare qui solo alcuni libri di racconti come Sogniloqui, Morfeologie, oppure il romanzo Sertuccio, o le raccolte poetiche Alienità e Terrestri d’adozione, dato che leggendo quest’ultima prova poetica Sciogliete le rime (Campanotto, 2023) è stato inevitabile riscontrarne la continuità di ricerca ed ispirazione.

L’allusività dell’imperativo militaresco del titolo, Sciogliete le rime, affonda nell’intento parodistico di voler mettere l’atto creativo sotto il segno di una libertà ricreativa, ludica ma anche polemica. Taccone si prende gioco della comunicazione stereotipata dell’informazione mediatica ma anche di certa poeticità legando sempre i suoi versi al reale e al contingente.

Dopo la presa d’atto definitiva del tramonto di qualsiasi aura poetica, Stefano Taccone con un linguaggio leggero, parodistico, burlesco ci restituisce tutta la confusa mediocrità del modus vivendi contemporaneo. I testi mostrano un’aderenza alle problematiche più urgenti dell’attualità, siano i temi ecologici, le pandemie o i fallimenti interattivi con la nuova alfabetizzazione digitale: Ottieni una username / e scegli una password / per il tuo profilo spam / «io sono Sam»

Sappiamo che storicamente la formazione di una coscienza critica del sociale è passata anche attraverso la sfida ironica e il discorso comico, sebbene si tratti di un filone poco frequentato dalla poesia italiana. Una linea che parte da Cecco Angiolieri, transita per il toscano Francesco Berni o il Ruzante, e annovera nel moderno figure di rilievo come Vito Riviello o Leopoldo Attolico, recentemente scomparso, per non dimenticare la satira di costume di Ennio Flaiano.

Non a caso, Freud nel suo saggio Il motto di spirito del 1905 constatò che certi tratti formali come tecniche di spostamento o condensazione sono comuni sia al motto, alla facezia che alla dimensione onirica.  Il sogno opera una traslazione dal linguaggio alle immagini, e parallelamente, il motto di spirito passa dal linguaggio logico a quello del gioco.

L’autore stesso in una intervista chiarisce i termini ludici del suo fare poietico: «ma si dà il caso che il mio non sia affatto un gioco. O meglio: è la poesia stessa ad essere per me un gioco, per quanto serissimo, come tutti i giochi cui valga la pena di giocare. E forse al fondo della mia inquietudine vi è proprio questo: il fastidio per il fatto che la poesia, in quanto gioco, non possa che risiedere su di un piano parallelo alla realtà in senso stretto. In altre parole ricorro alla poesia come “risarcimento” per la durezza della vita “seria”, ma, in quanto tale, la poesia diviene, appunto, altrettanto seria, benché solo nella misura in cui mi permette di sopportare la realtà, mentre sembra ulteriormente divaricarsi la frattura tra quest’ultima e la poesia.»

Un gioco serissimo dunque che volge alla manipolazione della parola, non da intendere come puro divertissement ma come efficace dinamica di distorsione ottica e confronto critico. In un certo senso si vorrebbe arrivare all’infanzia delle parole, ultimo approdo formale intuito anche dal poeta Manoel De Barros: «la parola poetica deve arrivare al grado di giocattolo per essere seria».

Basterebbe fare un elenco dei titoli delle varie sezioni o dei testi, ad illustrare l’elaborazione alla quale l’autore sottopone la lingua, la modificazione morfologica e semantica di una parola attraverso il cambio e la sostituzione di una o più lettere, la realizzazione di neologismi, parodie, evocazioni e allusività.

Bisticci e meccanismi ludolinguistici: Malarie e malacque; Parlo peso; Canti di accanimento; Affetti collaterali; Scuolamento; Ineffafferrabile; Bestiumanari vari; Polveri felici…ecc.

Mallarmé ha definito il poeta un incantatore di lettere, e bisogna anche ricordare quanto il manierismo secentesco abbia giocato in acutezza e artifici con le parole  tanto che Emanuele Tesauro nel suo Cannocchiale aristotelico stilò delle regole per una estetica delle lettere, un manuale fonetico di virtuosismi. Ciò che è più notevole qui sottolineare con G.R. Hocke è che «Il mezzo di comunicazione, la lingua, la lettera, la parola, la metafora, la frase, il periodo, il concetto, diventano autonomi. Si rinuncia alla loro funzione originaria…. Addirittura per Novalis «vengono momenti che gli abbecedari…ci sembrano poetici.»

Una corrente dell’irregolare attraversa la cultura poetica e artistica europea e tocca i suoi apici con il dadaismo. In Stefano Taccone gli artifici combinatori non sconfinano mai nel puro significante, ma l’intenzione è opposta: quella di voler potenziare la lingua nei suoi significati e scrostarla dalla routine della prassi comunicativa.

Il verso si concentra sulle combinazioni linguistiche con la riabilitazione delle figure retoriche. Ad esempio, l’uso massiccio della paronomasia nell’accostamento di parole foneticamente simili. Ma anche rime, assonanze, iterazioni e anafore… Un procedimento che rientra pienamente nella funzione poetica del linguaggio elaborata da Jakobson: «l’inclinazione a desumere, dalla somiglianza dei suoni, una connessione dei sensi, è un tratto caratteristico della funzione poetica del linguaggio».

Parallelismi ed equivalenze.

Molti sono i meccanismi messi in atto, bastino alcuni esempi: la modificazione, Parlo peso (derivato da perdo peso), il Bravo decente (derivato da il bravo docente); la formazione di parole miste: ineffaferrabile, sintesi di ineffabile e inafferrabile, e dunque neologismi: Scuolamento, Lotti asintopatici, Covislessico, …; allusioni e nuove invenzioni concettuali, mutazioni e associazioni, distorsioni che vogliono cambiare il punto di vista. Scherzi combinatori dove si fa mostra di una fantasia inesauribile, che pare costituzionale della personalità poetica di Taccone, il quale pare attingere direttamente dalla propria sterminata riserva onirica tutto questo materiale diurno di pura creatività e invenzione.

Stefano Taccone cover

Stefano Taccone è nato a Napoli nel 1981. Ha conseguito un dottorato di ricerca in Metodi e metodologie della ricerca archeologica e storico-artistica all’Università di Salerno. Attualmente è docente di Storia dell’arte nella Scuola secondaria di secondo grado. Ha pubblicato le monografie Hans Haacke. Il contesto politico come materiale (Plectica, 2010), La contestazione dell’arte (Phoebus Edizioni, 2013), La radicalità dell’avanguardia (Ombre Corte, 2017), La cooperazione dell’arte (Iod Edizioni, 2020), La critica istituzionale. Il nome e la cosa (Ombre Corte, 2022); le raccolte di racconti Sogniloqui (Iod Edizioni, 2018) e Morfeologie (Iod Edizioni, 2019), il romanzo Sertuccio (Iod Edizioni, 2020) e raccolte di poesie Alienità (Edizioni Divinafollia, 2019), Terrestri d’adozione (Edizioni Progetto Cultura, 2021) e Sciogliete le rime (Campanotto Editore, 2023). Ha curato le raccolte di saggi Contro l’infelicità. L’Internazionale Situazionista e la sua attualità (Ombre Corte, 2014) e Religione/arte/rivoluzione, anche (Massari Editore, 2020). Collabora stabilmente con le riviste “Frequenze Poetiche”, “Segno” ed “OperaViva Magazine”.

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TESTI

STORIA DI UN TASTINERO

Tastiera
tasti
che testano
attraverso test
le teste bianche
e le teste nere
i tasti veri
e i tasti virtuali
le testine oscillanti
e le testate nucleari
che radono al suolo
dalla testa in giù

tasti di un bankomat
tasti di un pos

tasti di numeri
e tasti di lettere
tasti che preparano
fasti a caratteri speciali
testi laterali
allineamenti orizzontali
tasti di un pianoforte
cui spuntano le ali
e non hai più pretesti
per testoni molesti Continua a leggere

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