Alfonso Cataldi, Ripari transitori (Cartoline senza referente), Nelle società democratiche del capitalismo cognitivo si assiste alla liberalizzazione del fantasma, la società è diventata fantasizzante, si ha un liberi tutti con tutti i liberi fantasmi

Alfonso Cataldi, cover

Il disallineamento fraseologico e la contaminazione

Nelle società democratiche del capitalismo cognitivo si assiste alla liberalizzazione del fantasma, la società è diventata fantasizzante, si ha un liberi tutti con tutti i liberi fantasmi. È nella opposizione fra fantasia e realtà che il Reale si gioca la sua «consistenza», il Reale è dal lato della fantasia e della facoltà fantasizzante. In ordine a ciò il Reale e la fantasy sono le due facce della stessa medaglia: il Reale non ha alcuna «consistenza» ontologica, è spettrale e fantasmatico, mentre la fantasy è il fantasma che interviene nella realtà. È traumatico l’ingresso del fantasma nella realtà, e sempre spostato rispetto a se stesso; può sì fungere da sostegno, da supporto alla realtà, ma solo come cornice, come spazio vuoto ontologico intorno al simbolico, vuoto da riempire.

Non v’è nessuna formula universale che abita l’immaginario, ognuno possiede un proprio singolarissimo «fattore regolatorio» che gestisce il proprio Fantasma. Una donna, vista da dietro, poggiata su mani e ginocchia era il fattore dell’Uomo dei Lupi; una donna statuaria, algida, evanescente, nuda, priva di peli pubici era il fantasma di Ruskin, ci ricorda Žižek. Per il pensatore di Lubiana la mancanza di un universale comune della fantasia costituisce il tratto autenticamente universale di essa – ecco perché possiamo qui trovare un punto di contatto fra fantasy e immaginario. Si ha fantasy in quanto si ha un immaginario. E viceversa. Il fattore F (fantasia) è diverso per ciascuno di noi, ma ogni soggetto è caratterizzato dal fatto di possederne almeno uno.

Così, nella singolarità della propria fantasia personale, ciascuno coltiva una propria peculiarissima fantasia. Il neoliberalismo ha sdoganato la fantasia personale in videogame. Si ha diversità in quanto la fantasia abita l’immaginario. L’immaginario è diventato plurale. Al contrario di ciò che sosteneva Jung, non c’è un inconscio collettivo delle fantasie, ciascuno possiede una propria peculiarissima fantasia che non può fare a meno di coltivare nel segreto delle proprie stanze mentali. Questa identità nella diversità è il tratto trascendentale che unisce l’evento traumatico della fantasy (fattore F) entro le dimensioni strutturali dell’immaginario e del simbolico.

La poesia del «montaggio» è un atto teoretico, un atteggiamento mentale. L’immaginario è la fantasizzazione del reale, è la trasduzione del reale in fantasy. La fenomenologia delle odierne società delle immagini non è esperibile entro le coordinate della ermeneutica. La fantasy si è internalizzata nella psiche di ciascuno di noi, è diventata una adiacenza della psicopatologia; nelle società de-politicizzate anche la fantasy si è de-politicizzata: non c’è una fantasy di destra e una di sinistra, qui vige l’egualitarismo di una fantasia egalitaria. La fantasy è apparenza, prospera dietro il giubbotto anti proiettile dell’Interno.

Possiamo dire che la poesia kitchen di Alfonso Cataldi si nutre della différance, agisce tra gli spazi semantici, sui disallineamenti fraseologici e semantici, sulla contaminazione figurale e iconica, sul dislocamento del soggetto empirico il quale non si limita semplicemente a cambiare di «luogo» ma modifica, con la sua stessa dis-locazione, in profondità, il senso del «luogo» medesimo e il suo stesso statuto fenomenologico. Cataldi parte dalla assunzione di Derrida secondo il quale «la traccia è infatti l’origine assoluta del senso in generale. […] La traccia è la dif-ferenza che apre l’apparire e la significazione».1

Il disboscamento del senso perseguito da Cataldi con estremo rigore va a sbattere però contro il muro impermeabile della significazione che tende a ripristinare sempre di nuovo il senso nonostante tutti gli sforzi per abolirlo. Il senso è inestirpabile, in quanto agisce simultaneamente alla disparizione della traccia. È la traccia stessa che lo crea.

È il passaggio argomentativo che Derrida indica esplicitamente a proposito del rapporto traccia-origine, quando, dopo aver scritto che «la traccia è infatti l’origine assoluta del senso in generale», aggiunge subito dopo: «il che equivale a dire, ancora una volta, che non c’è origine assoluta del senso in generale».2 Il senso non avrebbe luogo senza la scrittura che contiene il progetto, la posta, la promessa, la missione, la scommessa, l’invio del secondo senso che è già lì contenuto nella fraseologia prima. Quest’ultima, la prima, si sdoppia anticipatamente. E così via. Nella variazione-ripetizione capita che dato che la seconda fraseologia abita la prima, la ripetizione aumenta e divide, spartisce anticipatamente la fraseologia che precede in un movimento di smottamenti successivi tesi a disabilitare il senso purchessia. Il discorso poetico vive così della e nella disabilitazione del senso.

La contaminazione

Il 28 marzo 2022, a proposito della poesia di Ladislav Fanta scrivevo: «trattasi di un ininterrotto approssimarsi alle “cose” con la piena libertà di non volerle mai racchiudere dentro una gabbia concettuale o linguistica per seguire la via metonimica di approssimazione alle cose, una approssimazione che non può mai finire, e infatti la composizione non finisce, potrebbe non finire mai…». Cataldi così commentava:
«L’effetto che l’autore vuole lasciare al lettore, come scrisse Tiziana Antonilli, è quello di una telecamera che riprende le macerie di una civiltà post-industriale, in un unico lunghissimo piano sequenza, un long take. Ricordo il film “Arca Russa”, di Sokurov, girato con un unico piano sequenza, dentro il Palazzo d’inverno. Bellissimo, ma anche soffocante, stancante».

Cartoline senza referente chiama Cataldi queste sue composizioni, che sono contaminazioni differenziali del trascendentale e dell’empirico. La contaminazione è il campo proprio della forma-poesia della nuova ontologia estetica. Trascendentale non è più la soggettività, ma la traccia, l’archi-scrittura, la différance. Il mondo ha bisogno di un supplemento di nulla che è nel mondo, ha bisogno di questo nulla supplementare che è il trascendentale e senza del quale nessun «mondo» potrebbe apparire. La scrittura cataldiana rivela il «nulla» del mondo e lo benedice, perché è soltanto grazie ad esso che un «mondo» può esistere.

Proprio questa rappresenta l’altra operazione fondamentale compiuta da Cataldi: decostruire la versificazione della tradizione soggettocentrica della poesia italiana del secondo novecento implica il far emergere la contaminazione dell’empirico e del trascendentale, mostrare che il trascendentale non può essere puro ed epifanico e pienamente presente a sé in quanto contaminato dall’empirico da cui sorge e da cui viene intaccato; l’empirico a sua volta non è «meramente empirico» nel senso tradizionale, ma è una singolarità, una contingenza che «chiude» il senso.

Il «fuori-senso» della scrittura cataldiana è dato da nient’altro che dalla contaminazione fraseologica. È l’assetto fraseologico, l’empirico che costituisce il soggetto trascendentale che apre ad una temporalizzazione e crea il «nuovo» «fuori-senso».

Un atto linguistico può fallire o essere trasposto dal suo contesto originario, questa possibilità gli appartiene necessariamente e l’atto linguistico è quindi tale per cui deve poter fallire ed essere reduplicato in un contesto differente. Se una lettera può sempre non arrivare a destinazione, questa possibilità appartiene necessariamente all’essere della lettera e di ogni messaggio.

La scrittura poetica cataldiana  funziona in «automatico»: in assenza del mittente, del ricevente, del contesto di produzione, del messaggio, dell’epifania, del contesto storico e stilistico etc., ciò implica che questo potere, questa possibilità è sempre inscritta in essa come possibilità del funzionamento stesso della scrittura. La possibilità dell’assenza e della morte costituisce la scrittura come tale, fin dall’inizio, marcandola. Potremmo dire che la testualità poetica cataldiana è a-eventuale e a-centrica, non considera l’evento come indispensabile elemento del discorso poetico.

Perché un evento sia veramente tale, deve essere assolutamente singolare, altro, imprevedibile, inanticipabile e incondizionato. In questo senso, l’evento è l’accadere dell’impossibile, perché se fosse solo l’accadere di un possibile già pre-ordinato, pre-visto e garantito non sarebbe un evento. Ma è che l’evento nella poesia cataldiana altro non è che la variazione-ripetizione di un non-evento. Ergo, il discorso poetico si può configurare come il luogo di un evento sempre-uguale, non più singolare, ma generico, empiricamente caduco in quanto informazionale.

1 J. Derrida, De la grammatologie, tr. it. di R. Balzarotti, F. Bonicalzi,G. Contri, G. Dalmasso, A. C. Loaldi, Della grammatologia, a cura di G. Dalmasso, Milano, Jaca Book, p. 94.
2 Ibidem, p. 97.

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Alfonso Cataldi è nato a Roma, nel 1969. Si occupa di analisi e progettazione software. Nel 2007 pubblica Ci vuole un occhio lucido (Ipazia Books). Le sue prime poesie sono apparse nella raccolta Sensi Inversi (2005) edita da Giulio Perrone. È uno degli autori presenti nelle Antologie Poetry kitchen 2022, Poetry kitchen 2023  e Agenda 2023 Poesie kitchen edite e inedite (2022, nonché nel volume di contemporaneistica e ermeneutica di Giorgio Linguaglossa, L’Elefante sta bene in salotto, Ed. Progetto Cultura, Roma, 2022; Ripari transitori esce nel 2024 sempre a cura di Progetto Cultura.

La fisicità

Conforme alla telescopica certezza generalista
il principio attivo si sporge di là dal bugiardino.

Chi l’ha visto non conosce gelosia
e la ghianda seminata nel vasetto non germoglia.

Tre mesi di attesa, per rinnovare la carta di identità elettronica
vanificati in extremis da un corso sulla privacy aziendale.

È il mese del Natale. Dalla porticina dell’ingresso
Galdor non si è ancora palesato

i bambini sono preoccupati.
Cercano rimedi su “come risvegliare gli elfi”

«Hei Alexa, raccontami una storia sul fior fiore delle cose perse»
«Qualcosa si è inceppato nella fase rem, Alfonso

metto su una play list power morning.
Faccio un controllo sull’originalità tra dieci minuti.»

È ufficiale, le feste stressano più dei dinieghi.
Il cane da riporto pattina sul coprifuoco inerte

In qualche modo copre la distanza
– non è adatta al digitale la tensione che lo allerta –

Nel ronzio di fondo persistente
la fisicità di una pulsantiera a scatto.

La diagnosi corretta

Un fiocco di neve nel giorno di coraggio obbligato.
La sentenza attraversò la sciarpa sul collo.

«In famiglia nessuno resta indietro.»
Una madre scrive i nomi su tre flaconi di Lisomucil.

È sempre umano avvicinarsi al brivido del gioco
tirare a indovinare su due piedi

– basterebbe smascherare quello valgo
definire modi e scarpe necessarie –

La diagnosi corretta è un lusso estatico
che non riguarda i piani bassi.

Nel traffico di gambe, e opinioni, sulle rampe strette
Lucy prova a corteggiare un barelliere

cerca il link a una variante meno rigorosa
meno traumatica per l’immaginazione.

«Prego, prima lo scontrino in cassa.»
Un gatto s’affretta innervosito dalla pioggia

l’aroma del caffè tostato
si congeda come un buon soldato.

Un can can di sguardi.
Si avviano entrambi sullo stesso dizionario.

Chi poteva immaginarlo

Il cartoccio di vino rosso dell’Eurospin
partirà sotto protezione

dopo un anno di catarifrangenza dal marciapiede.
Chi poteva immaginarlo? Nessun albero è fermo

sopra l’uomo che non sa deglutire.
Aritmie alla mano ispirano racconti autobiografici

o divine commedie trascurabili nel cosmo.
«La scimmia antropomorfa ha scritto il libro zero – uno – zero

battendo a caso sulla tastiera.»
Il file .dat tiene traccia degli accessi

non delle manipolazioni
mancando talent scout di manipolatori.

La mente degli hacker ricorda un bunker.
Comunque vulnerabile. Più un covo

con il disordine proporzionale alle illusioni
scoperte nelle email. Il conto alla rovescia è cominciato

Mr. Robot è distratto dagli sfondi colorati
che non concedono attenuanti, né speculazioni.

Prometeo ha patteggiato il microchip sottocutaneo
dopo quattro estenuanti ore di chat.

La perdita delle case intermedie

… dalla forma indefinita di titoli e cognomi

la ragazza con la valigia porterà comunque il vestito di paillettes
lasciapassare non richiesto sul canotto alla deriva.

Nel dubbio, Maria pesca.
Equazioni tra le nuvole.

Una mattina si è svegliata e si è chiusa nell’armadio.
Ha partorito l’incendio delle case intermedie.

La kermesse delle ampolle da riempire

Le albicocche in offerta hanno il verme con la sindrome di Asperger.
All’OVS sono andate a ruba le t-schirt “Save the planet”

Il National Geographic ci ha stampato il logo sopra
ma “visto mai?” prosegue ad esplorare il piano B. Mars. Seconda stagione.

L’impatto umano sul pianeta rosso dopo la colonizzazione.
I Benetton serviranno una cameriera?

Bombe di testosterone neutralizzano bombe d’acqua
la pazza gioia è alle costole dell’uomo scimmia.

«A quindicianni non ho mai salvato un pomeriggio dalla noia.»
I vicini carteggiano la voce per un karaoke tenebroso.

«La matricola 249, nome in codice Clara, è appena fuggita dai concetti basilari.»
I pappagalli gracchiano sugli alberi di Roma Est.

Christine Granville spunta tra i rami consapevole della missione
deve convincere i volatili a disertare la kermesse delle ampolle da riempire

prima che Sheldon Cooper li minacci col bazooka spaziale.
Ma Van Gogh si uccise veramente?

Manca sempre

La newsletter gratuita del Post.it
alle ore 18.30 apre con la notizia:
“tafferuglio sulla chat interna della redazione”
e incorpora il print screen come prova.

Si discuteva su come si chiama la porta di un garage.
Ecco, come si chiama?
Porta del garage?
Porta basculante del garage?
Portone?
Bandone?

Il tono era ilare, ma serissimo al tempo stesso
così il lettore può provare lo spaesamento del commissario Mauro Pierno
quando dirime, in pochi metri quadri, la direzione delle venature
nel monolite del tempo
che rimane in sospeso.

La banderuola fissata alla scrivania indica l’intelligenza
dei dolcetti alla marmellata di fichi.
È il segnale che il signor Wonka
ha trovato la ricetta con la giusta mancanza di cioccolata nei biscotti.

Manca sempre una matita colorata all’appello, la sera
quando si ripone l’astuccio nello zaino
ogni mattina la stessa sfumatura
a un albero, a una casa, a una carnagione.
La maestra firma con la biro rossa.
Brava o Bravissima.

43 commenti

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43 risposte a “Alfonso Cataldi, Ripari transitori (Cartoline senza referente), Nelle società democratiche del capitalismo cognitivo si assiste alla liberalizzazione del fantasma, la società è diventata fantasizzante, si ha un liberi tutti con tutti i liberi fantasmi

  1. Tiziana Antonilli

    A proposito della fantasia ,  a mio parere essa è  sì personale , è sicuramente vero, come dice Giorgio Linguaglossa,  che non esiste una formula universale che abiti l’immaginario,  ma aggiungerei che esso è culturalmente determinato .  Nel senso che cultura e storia condizionano in modo impercettibile, ma significativo, l’immaginario, la fantasia, ‘il fantasma che interviene nella realtà ‘ , come scrive Giorgio.  Solo gli artisti, le persone eccentriche e i visionari si sono sottratti all’immaginario  della loro cultura  e del periodo storico di appartenenza.

    Per quanto riguarda le poesie di Alfonso Cataldi, allo spaesamento creato dal linguaggio fa da contrappunto una trama di temi che si rincorrono : la fisicità come sottolinea  un titolo, con il corredo di medicine e malattie,  il transitare da un luogo all’altro,  la ritualità del consumismo di cui il linguaggio mima l’avvitarsi su se stesso.

    Poesie riuscite , capaci di contaminare  persino il nostro immaginario kitchen. 

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    • Alfonso Cataldi

      Grazie Tiziana,

      Si, l’immaginario comune esiste ed è quello ad esempio che porta le masse a votare in modo plebiscitario un nuovo leader politico ad ogni tornata elettorale.

      Qui c’è anche il paradosso esplicitato nel titolo “chi poteva immaginarlo”

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  2. milaure colasson

    Cartoline senza referente sono un (sotto) titolo eloquente. Derridianamente, cartoline senza mittente e senza destinatario e, per soprammercato, senza scrittura o con una scrittura illeggibile, come erasa in parte. Scrittura complessificata per eccesso di semplificazione e scrittura semplificata per eccesso di complessificazione. Chissà. Per Alfonso Cataldi, lui che è un esperto di hardware e di software, questa scrittura è come una altalena che ci porta da un di più ad un meno, in alto e in basso, e viceversa, fatta per i bambini che sanno giocare con le parole.

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    • Alfonso Cataldi

      I bambini, ahimè, li frequentiamo sempre troppo poco, perdendo un immaginario prezioso. Me ne sto accorgendo io, che anche il più piccolo cresce e sento che qualcosa si allontana per sempre.

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  3. antonio sagredo

    C’è sempre una vena surrealista che percorre i vari modi di far poesia kitchen, ma è una vena sbiadita per il sangue che scorre quasi privo di ossigeno. E’ quanto avviene anche in questi versi del Cataldi, dove la presnza del tecnicismo offusca la libera circolazione dellafantasia.

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  4. Riprendo un mio vecchio commento su un quadro della Colasson per dire come anche la pittura contemporanea sia in ultima analisi una “cartolina senza referente”; anche l’ermeneutica è rimasta oggi senza referente, quello che è possibile fare per un critico oggi è fare una ermeneutica tangenziale nel senso che la critica tende ad allontanarsi e a divergere dall’oggetto della sua speculazione per approdare al «nulla» della «naturalità» dei colori e delle parole che vengono resi/e piatti/e, privi/e di sfumature, di risonanze…

    [Marie Laure Colasson, absence, acrilico 30×30 cm. 2024]

    La pittura di Marie Laure Colasson pone il problema del feticismo del valore dei colori assunti nella loro presunta e apparentemente ovvia «naturalità». Se i colori fossero l’espressione del soggetto, sarebbe improprio parlare di feticismo, i colori in un sistema figurale e figurativo sono sempre regolati dal sistema-medium che disciplina le equivalenze, i gusti e i sistemi di valori.

    È nel codice del valore che l’oggetto-colore trova il significato di valore, il quale è il frutto di un’astrazione che pone tutti gli oggetti-colore su un piano di equivalenza e che fa della loro unicità una simulazione di senso, una performazione di senso. Ciò che viene feticizzato nell’atto della usucapione del colore è il singolo colore valore d’uso del singolo oggetto-colore;è l’intero sistema del valore-colore come colore naturale che la figuralità della Colasson mette in discussione lo stesso giudizio culturale di gusto.

    Marie Laure Colasson opera una critica della economia politica del gusto, è questo il punto. I colori vengono sottratti al sistema del gusto, e solo allora vengono ri-significati, ri-semantizzati. Questa astrazione pone la necessità di una nuova configurazione della figuralità, perché è sul piano della astrazione che si gioca la partita della legittimità del valore-colore. È da questo assunto che si diparte il bisogno di un nuovo codice, di una nuova semiotica dei colori e delle forme ad essi connesse.

    La Colasson opera una riconfigurazione dello spettro coloristico dei colori naturali ormai feticizzati in quanto espressione del valore di scambio. Il falso risiede nel raddoppiamento della forma-colore che investe tanto la produzione di segni quanto la produzione figurale mediante la quale la stessa forma-valore si riproduce ai fini del riconoscimento sociale. L’ideologia del riconoscimento culturale è già implicita nel livello della produzione materiale e nel rapporto di consumo del valore-colore.

    È paradossale che sia stata la stessa critica marxista del capitalismo ad affinare il processo di razionalizzazione attraverso la «naturalizzazione» del valore d’uso e, con esso, del valore di scambio. È la stessa forma strutturale del codice, non colta nell’analisi marxista del feticismo della merce, a innervarsi nuovamente nel valore d’uso. Contrariamente alla tradizionale posizione marxista che intende il valore d’uso come il rapporto tra il bisogno dell’uomo e la proprietà del prodotto del suo lavoro, in realtà è anche il valore d’uso un rapporto sociale, e quindi un’astrazione. L’astrazione dal sistema delle convenzioni dei colori e delle forme che si manifesta nel sistema del gusto nel momento della fruizione e dello scambio.

    (Giorgio Linguaglossa)

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    • caro Alfonso Cataldi,

      è curioso ma significativo che due pittori, diversissimi per provenienza culturale e ricerca individuale, come Lucio Tosi e Marie Laure Colasson, che provenivano dal cosiddetto astratto (ovvero il non figurativo), siano giunti nei loro ultimissimi lavori ai colori «piatti» raggiungendo esiti notevoli. Questo per dire che all’interno della ricerca del kitchen ci possono essere e convivere strade diverse e molteplici. Certe fermentazioni mentali agiscono anche a dispetto delle razionalizzazioni.
      Per quanto riguarda la tua ricerca, che seguo dagli inizi, ho potuto constatare una evoluzione interna sia del discorso poetico che delle tecnicalità. Ovviamente, nessuno di noi può dire dove la nostra ricerca ci condurrà, il kitchen è aperto a strade molteplici, e, perché no?, anche alle influenze reciproche (perché negarlo?), anche quest’ultimo esito della fantasy poetry nasce dal colloquio e dalla ibridazione reciproca dei testi, una sorta di ping pong dove ciascuno di noi prende la pallina dall’altro e la rimanda, con un colpo di racchetta, nel campo dell’altro.
      Per chi non l’avese ancora capito, e sono in molti, il kitchen non persegue l’idea di un assetto maggioritario come invece hanno fatto, purtroppo, le proposte di poetiche dagli anni settanta ad oggi che hanno inseguito l’auto storicizzazione e l’auto visibilità a danno delle altre proposte (di solitari rimasti all’opposizione) egualmente inpegnate verso un modello ad excludendum e auto storicizzante. Molti hanno fatto gli ufficiali di complemento agli ordini dei majores, altri, semplicemente, hanno fatto da massa di manovra degli optimates o, per meglio dire, da acquirenti del mercato del pesce. Tutte le proposte che di volta in volta si sono susseguite in questi ultimi decenni hanno pensato di piegare l’assetto del «cassetto poesia» verso un sistema maggioritario ad excludendum, con il risultato che gli esiti ultimi delle scritture poetiche da nord a sud, hanno fatto a gara a parametrarsi verso il basso, verso una indistinzione linguistica e medietà stilistica dove tutte le vacche erano nere e i pesci congelati.

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  5. D’accordo con Sagredo, vi si trova il tecnicismo kitchen ben interiorizzato ma non è chiara la direzione, se darsi totalmente al tecnicismo o aprire alla fantasia. Nel primo caso singoli versi scollegati dovrebbero brillare (“Ma Van Gogh si uccise veramente?”), nel secondo andrebbe recuperata la narrazione prosastica. Noto anche la tendenza a chiudere con l’ultimo verso (quasi sempre il migliore), ma è un comportamento che la pk ha sfatato perché composta da miriadi di inizi e altrettanti finali. Come dire che non vi è inizio né fine ma un diverso fluire, diverso dalle procedure moderniste. Ci stiamo tutti lavorando;)

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    • Alfonso Cataldi

      Caro Lucio, a dire il vero, in questi testi pubblicati da Linguaglossa, io non trovo tecnicismi, se non forse in un passaggio nel testo “chi poteva immaginarlo” ma del tutto assente in altri come “la perdita delle case intermedie” o “manca sempre”. Nella mia produzione posteriore a questi, che coincide temporalmente con la seconda raccolta Kitchen, è sicuramente più presente e ingombrante, e probabilmente sono rimasti come una caratteristica tout court della mia poesia. Ma già in alcune poesie recenti, inedite, non ci sono più. Questo proprio nell’ottica del tuo “ci stiamo lavorando”.

      Grazie della tua lettura e delle tue riflessioni, sempre preziose.

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  6. Alfonso Cataldi

    Il libro vuole essere la testimonianza e la fotografia del mio iniziale percorso di ricerca all’interno della NOE, a partire dalla conoscenza con Giorgio Linguaglossa. Incontro che è stato provvidenziale, perché è arrivato in un momento in cui non mi riconoscevo in quasi niente di ciò che leggevo, circondato da poesia troppo distante da me. Ho conosciuto Linguaglossa inviandogli alcuni miei test per email, su consiglio del poeta albanese Gëzim Hajdari, che ebbe modo di leggere quegli stessi testi. Erano testi “trattenuti”; cercavano la NOE, ma non la conoscevano, quindi si tenevano in un territorio di sicurezza.
    Linguaglossa mi rispose in breve tempo, e subito con consigli preziosi. Fu lui a capire che chiedevo di osare con i fuori senso, con la frammentazione dei versi, con i pop up, e fu lui a incitarmi. Conobbi quindi questo blog. Ricordo perfettamente i primi commenti di Cinzia Leone, della Catapano, di Giuseppe Tallia, di Salvatore Marino e Mario Gabriele.
    I testi però non seguono un ordine cronologico, ma sono raggruppati in sezioni, all’interno delle quali scorre un sotterraneo e labile senso che li tiene. Labile perché l’imprevisto è sempre in agguato. In questi giorni sono tornato indietro a rileggere vecchi articoli del blog. Ho ritrovato poeti che hanno tirato le fila, poeti che hanno sostato per un po’ e poi hanno preso altre strade. La poesia kitchen, con le sue varianti e contaminazioni è ancora qui, a interrogarsi sul linguaggio da adottare in questi anni strampalati e inafferrabili. La curiosità è più forte di me.

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  7. Per chi voglia capire qualcosa sulla semiosi in-differenziata che attraversa il parlante, legga qui:

    https://www.academia.edu/6334247/Il_nocciolo_del_reale_da_Lacan_a_Peirce?email_work_card=title

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  8. francescodegirolamo

    Per schiarire le idee

    Per schiarire le idee
    munirsi di guanti adeguati
    ed applicare gradualmente
    una piccola quantità
    di verità consolidata
    facendo molta attenzione
    a eventuali manifestazioni di intolleranza.
    Attingere dal passato
    scorie di ideologie,
    dogmatismi radicati
    di cui è impossibile la completa rimozione.
    Eludere i ricordi di traumi e frustrazioni
    soprattutto giovanili,
    come penetrazioni indesiderate,
    pulsioni inappagate
    e protratti onanismi
    irrisolti nel tempo.
    Quindi affermare con sicurezza
    ciò che emergerà nella mente:
    “Bisogna conseguire intese più ampie
    in prospettiva di un cambiamento
    che il nostro popolo reclama.
    Bisogna garantire il salario,
    la sicurezza, il patrimonio,
    la dignitosa sopravvivenza
    la quiete sociale, i diritti civili,
    Ie libertà religiose, la parità di genere e di etnia, la freschezza delle fave a maggio,
    la morte serena degli elefanti
    ultra-ottuagenari.
    Non entrare nel merito
    del celibato dei preti,
    e dei segreti reconditi
    dell’extraterritorialità dei seminari.
    Rispetto per i vicini,
    per le scadenze del sistema fiscale;
    per scuole pubbliche e private
    autonomia ed incremento di fondi.
    Nulla per la sanità,
    (ma questo non va detto,
    tutti dobbiamo trapassare,
    ulteriormente, la fine è nota).
    Questo per il pianeta
    il cui disastro climatico
    non è nelle nostre facoltà.
    C’è vita negli altri pianeti?
    Non è dato di sapere.
    Ma se ci fosse davvero
    e si verificassero contatti,
    si saprebbero adottare
    le dovute misure
    di assoluta sicurezza e buona accoglienza.
    Grazie a tutti quelli che ci hanno sostenuto.
    Il buffet è in fondo alla sala.
    E ricordate che le nostre porte
    per voi saranno sempre aperte
    amici e fratelli zombi
    di questo nostro accogliente rifugio
    antinucleare.
    Bon sacrifice des garçons palestiniens, carne tenera.”

    Francesco De Girolamo

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  9. La TV esercita ancora un un grande impatto sull’elettorato, il mio auspicio è che alle prossime elezioni si possano candidare cantanti e attori purché di bell’aspetto e votati alla parlantina. Anche qualche cagnetto ben ammaestrato, un amore di cagnolino.

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    • Alfonso Cataldi

      la TV esercita un grande impatto proprio su chi vota, perché chi non vota coincide grosso modo con chi non guarda la TV. Poi c’è una minoranza di persone votanti che non guardano la TV.

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  10. Traggo testo suggerito da Giorgio Linguaglossa “Il nocciolo del reale, da Lacan a Peirce” di F. Cimati.

    “L’«abito» è il segno diventato corpo, è appunto l’ incarnazione del segno (…) un segno; è un segno che smette di essere soltanto semiosi. Da un lato è un sintomo, cioè un ente semiosico, dall’altro è ciò che si toglie via dalla catena semiosica, ciò che la interrompe. (…) Scrive Peirce. Piante e fiumi sono individualità non soggettive. Uscire dal «treno del significante» implica proprio questa condizione, essere qualcosa, senza essere un qualcosa attraversato e segnato dal linguaggio.
    E così il «sinthomo» è afasico. 
    Lacan insiste così tanto sul carattere quasi autistico del «sinthomo» che finisce per considerarlo come una forma di arte. L’unica via d’uscita della semiosi sembra allora essere nell’arte, ossia nell’azione senza metro possibile di paragone ossia è un segno che non pare essere un segno; non è questo il proprio dell’arte?): «si è responsabile solo nella misura del proprio saper-fare. Che cos’è il saper-fare? È l’arte, l’artificio, ciò che dà all’arte di cui si è capaci un valore rilevante, dato che non c’è Altro dell’Altro a operare il Giudizio Universale». Quando arriva l’azione, finalmente, siamo soli («non c’è Altro dell’Altro»), c’è solo il proprio «saper- fare». Eccolo, il reale, finalmente.”

    Penso che per la poesia kitchen l'”Uscire dal «treno del significante»” sia un comandamento. Ma non il «sinthomo» afasico, perché su questa via non ho compagni di strada.
    E dove “c’è solo il proprio «saper- fare». Eccolo, il reale, finalmente.” Be’, questo è zen.

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  11. caro Lucio Tosi,

    sono contento che tu abbia apprezzato l’articolo di Felice Cimatti, il filosofo del linguaggio italiano più acuto, le sue idee hanno avuto una profondissima influenza sulla mia concezione della poiesis, e vorrei che tutti leggessero i suoi articoli nella visione, appunto, di una nuova idea della poiesis e, in particolare, della forma-poesia e del suo linguaggio. Il marketing è diventato oggi una semiosi illimitata, così come la politica populista è oggi una semiosi illimitata e permanente, la TV a confronto con questa nuova Realtà fa la figura di un dinosauro del cetaceo. Noi uomini e donne del 2024 siamo parte integrante di questa semiosi illimitata, non c’è dubbio. Uscire dal «treno del significante» è una utopia, non c’è una Exit strategy data a priori e la poesia kitchen non ha alcuna Exit strategy da distribuire come hot dog. La poesia kitchen offre però la possibilità di prendere consapevolezza di questa problematica per approntare una nuova idea della poesia, del romanzo, delle arti figurative etc. L’ibridazione semiosica che attraversa tutti i campi dell’esperienza dell’homo sapiens dell’epoca cibernetica è una rivoluzione permanente in atto. Che lo si voglia o no, e la poesia di Alfonso Cataldi, a leggerla con attenzione, ne prende atto.

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    • Scusa Giorgio, ma perché uscire dal «treno del significante» è una utopia?
      Nell’articolo che hai postato viene fatto l’esempio:
      “Piante e fiumi sono individualità non soggettive. Uscire dal «treno del significante» implica proprio questa condizione”…

      È una condizione alla quale possiamo avvicinarci; sempre che lo si voglia, in caso venisse meno l’interesse per qualsiasi narrazione…

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      • caro Lucio,

        inseguire una utopia non è un atto di slealtà ma di profonda saggezza, e questo lo può fare la poesia; in ultima analisi noi stiamo costruendo una Casa sull’Abisso, ogni tanto ci sporgiamo da una finestra per guardare in basso e ci ritraiamo annichiliti. E continuiamo a costruire la casa sempre più alta e sempre più in alto. Prima o poi quella Casa crollerà. O non crollerà. Chi può dirlo?, tuttavia continuiamo a costruire quella Casa.

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        • milaure colasson

          chi era quell’architetto che ha costruito una casa sull’abisso verdeggiante?, se ricordo bene Lloyd Wright?, si sta bene sugli orli, ci stiamo abituando ad abitare gli orli delle cose, gli orli della deterrenza nucleare, gli orli delle ideologie, gli orli delle esperienze, gli orli delle passioni, nessuno capace di amare perché non si è più capaci di amare qualcuno o qualcosa… e di conseguenza gli orli delle parole. Prima o poi è probabile che quegli orli diventeranno delle fratture profonde o profondissime e ci cadremo dentro come tanti spilli…

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          • Cari Lucio e Marie Laure

            Oggi siamo tutti degli Avatar di noi stessi. Non c’è bisogno di fingere alcunché. Non c’è bisogno di entrare nella finzione. Alla equazione della antica ontologia linguistica del novecento: Ego come X, è subentrata la nuova equazione priva di ontologia: Ego come V (Virtualità)

            Si pone così la questione del linguaggio. Un tempo si pensava che porre la questione del linguaggio fosse una cosa che riguardasse l’attivismo degli scrittori: il linguaggio era un corpo, erano dei «materiali» dove si poteva entrare a piacimento con gli strumenti chirurgici offerti gratis dalla nuova scolastica che era data dalla pseudo cultura egemonica: quel mix di pseudo orfismo e pseudo sperimentalismo con le loro adiacenze, riflesso speculare della scolastica di un pensiero positivizzato e ipoveritativo. Quando invece il linguaggio è una pre-condizione, una pre-condizione che postula il nulla dietro di sé. Abbiamo convissuto decenni in questo paradosso, ne abbiamo pagato il conto e adesso ne abbiamo preso atto.

            Oggi ci troviamo nella pre-condizione che postula il nulla prima del linguaggio  e il nulla dopo il linguaggio. Il linguaggio che adottiamo in poesia e nel romanzo è quel linguaggio di deriva che proviene dal rottamatoio globale qual è diventato il nostro modo di vita, la nuda vita del nostro modo di vita. Soltanto così, accettando questa impostazione esistenziale e categoriale, possiamo tentare di fare una poiesis che dialoghi con il contemporaneo. Non è una cosa così facile né scontata, il linguaggio poetico non si dà gratis. È che bisogna entrare in un altro ordine di idee, avere una nuova idea della poiesis. La «nuova ontologia estetica» è stata una direzione di ricerca  di uscita dal novecento. La poetry kitchen si trova nel nuovo mondo della semiosi illimitata e globale e fa i conti con esso, è una poiesis priva di alcuna ontologia, è analoga a una cryptomoneta che si appoggia su nessuna ontologia.

            È vero il fatto che non si può pensare di scrivere poesia se non sulla pre-comprensione di una crisi globale avvolgente il linguaggio, il soggetto nel linguaggio e l’oggetto nel linguaggio. Un linguaggio privo di una ontologia è quello che ancora è da pensare.

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  12. francescodegirolamo

    Flos exitiale

    Possum dicere
    et antequam componantur
    letali flore,
    subitoque lucellum acus
    cor ejus holoserica terebrare,
    papilio mille colore,
    ostende te atque iterum,
    et antequam ardere
    in fugacissima flamma.

    Possum dicere
    circum volare
    in umbra rerum
    priusquam eos
    inanis et inexplicabilis
    ad lucem.

    Habebitne alas satis magnas?
    O quam multos usque ad occasum verberat!
    Nempe is demum erit
    nimium premens, et cum
    intus, affectum entis
    omnes cum ea,
    ita demum,
    ardebit.

    Francesco De Girolamo

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  13. antonio sagredo

    per Lucio

    “Come dire che non vi è inizio né fine ma un diverso fluire, diverso dalle procedure moderniste. “

    ….ed è ciò che ho realizzato nei miei CANTI SENILI…

    tra febbraio e fine maggio 2024

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  14. Capitalocene malattia infantile dell’Antropocene

    L’avvento delle civiltà agricole stanziali ha iniziato a modificare in modo sensibile l’ambiente fin dagli albori della nostra Storia.
    Tutto ciò ha conseguenze importanti per le riflessioni sull’Antropocene, perché ci spinge a problematizzare ulteriormente la questione, andando oltre ildibattito sulle soluzioni tecnologiche e politiche per contrastare i cambiamenti climatici, e riaprendo una vecchia cicatrice, quella del conflitto tra Uomo e Natura (o tra Cultura e Natura), che ci trasciniamo da secoli, se non da millenni.

    La difficoltà di conciliare questi due termini è, di fatto, il problema irrisolto di tutta la vicenda umana. Non è quindi vero, come invece ha scritto Donna Haraway, che la Specie Homo di per sé non abbia colpe per l’Antropocene, e che le uniche colpe siano quelle del capitalismo, per cui sarebbe più corretto parlare di Capitalocene (Haraway, 2016).

    Senza dubbio, l’accelerazione del processo di alterazione della biosfera è unfatto recente che va attribuito all’avvento del capitalismo, che è però solo la versione più performante di un processo estrattivo delle risorse naturali e di “occupazione” della biosfera che è connaturato alla civiltà umana. Senza dubbio, il capitalismo è – come è stato efficacemente sintetizzato di recente (Carella, 2019) – sostanzialmente incompatibile con la vita sulla Terra, dal momento che presuppone una crescita infinita in un mondo di risorse finite, come già negli anni Settanta mise in chiaro il primo rapporto sui limiti della crescita del Club di Roma (Meadows et al., 1972).

    Senza dubbio, l’ambizione del turbocapitalismo contemporaneo di colonizzare l’universo per proseguire in modo incessante l’estrazione e lo sfruttamento delle risorse naturali su scala cosmologica è indice del parossismo a cui è giunta l’accelerazione dell’accumulo del capitale, che ha ormai definitivamente compromesso la biosfera e potrebbe, nell’arco di un paio di generazioni, costringere la specie umana a emigrare verso nuovi mondi.

    E tuttavia, come anche la stessa Haraway ha osservato, se il capitalismo fosse così inviso lo avremmo già superato da un pezzo. Mentre il fatto che anche la sua unica forte alternativa storica abbia, nel corso del Novecento, imboccato in modo convinto il processo di iperindustrializzazione come unica via della modernità, e che questa convinzione nell’esistenza di un’unica traiettoria di sviluppo sia ripresa in tempi recenti anche dall’unica alternativa geopolitica all’egemonia dell’Occidente (la Cina), implica che siamo di fronte alla reificazione di processi mentali connaturati alla Specie Homo.*

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  15. Una poesia i”nedita”ripescata” di Lucio Mayoor Tosi

    Ecco nel cielo scomparire uno stormo di uccelli.
    Il maresciallo delle allodole capì all’istante

    che quello sarebbe stato il suo destino. Vedere solo
    il desiderato. Non esattamente un lavoro da spie.

    Non esattamente. Al di sotto, sulla terra, dove non c’è nulla,
    a parte quel che se ne dice. Dopo tempeste di sale, guerre

    già nella perfetta Grecia; via vai di gente mai più vista.
    Come morti. Non ci si affeziona.

    Rimane ancora molto spazio libero e profondo al centro
    della via. Per morti ingloriose. Ma lo sono tutte.

    A volte ci si appoggia all’aria. Perché il resto infelice
    sta per mettersi a piangere. Così scrive il compositore:

    “Virgole al tramonto”, concerto con ascolto.
    Per credenze del passato. E “Ancora sognanti”.

    Una poesia “ripescata” di Giorgio Linguaglossa

    Stanza n. 47

    Wartezimmer

    Tre squali nuotano nella piscina.
    Tre murene nuotano nella piscina.

    Un dado rotola sul tavolo.
    Una clessidra è assorta sul tavolo.

    Wartezimmer, musica da dessert, un tintinnio.
    Sipario. Fa ingresso Mimoza Ahmeti

    L’amante di Sesto Empirico vestita da Wanda Osiris
    piume e pennacchi, accende delle girandole

    Entra una crossdresser con altissimi trampoli ai piedi,
    Ed esce dalla cornice.
    Dice: «By by mon amour » e manda tanti kisses.

    […]

    Tre Signore dal lungo collo
    osservano attraverso la porta semichiusa

    alla parete un nudo femminile che accoglie
    gli ospiti del sonno.

    Un uccello di fuoco si spegne e diventa cenere.
    Entra la redingote del Signor K.

    che si adagia sulle spalle del Signor K.
    il quale si soffia il naso con rumore.

    […]

    Entra un viaggiatore che ha perso la coincidenza
    del treno per Vladivostok.

    Un telefono nero da muro dal lungo collo nero di gomma
    con i fili staccati.

    Una tigre che non c’è, sbadiglia.
    Una Signora si ripassa il rossetto sulle labbra.

    (2016-17)

    La progressiva algoritmizzazione e digitalizzazione delle forme di vita su scala planetaria ha colto gli uomini del Capitalocene impreparati Siamo passati da una soggettività alienata ad una quasi-pseudo-soggettività, che scompone le singole esperienze ed operazioni della nostra vita quotidiana in frammenti inconciliabili. Lo stesso linguaggio ridotto allo stato di frammentazione frastica si è ridotto ad una serie infinita di possibilità combinatorie e di coimplicazioni sulle quali la pseudo-soggettività non esercita alcun potere di controllo.

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    • Ringrazio Giorgio per questo ripescaggio (io non raccolgo i miei scritti in modo sistematico, è come per l’atelier di pittura, dove tutto sta alla rinfusa e molte cose si perdono).
      Queste due poesie hanno in comune il montaggio; una sorta di découpage cinematografico di pensieri e immagini capace di reinventare il fil rouge; darne la sensazione, anche se di fatto manca perché interviene il fattore Tempo, il quale agisce come l’acqua del fiume che scorre ma a bagnarti non è mai la stessa acqua. È una bella procedura, ma poi siamo andati per altri lidi.

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  16. MALAPOLITICA

    E dunque i morti risorgono. Ottimo!
    Le pallottole ritornano nei fucili.

    I muri tirano un sospiro di sollievo scrollandosi di dosso
    il sangue dei traditi.

    A marzo segue febbraio:
    Sotto la neve fiorisce il ciliegio.

    La cronaca è così aspra che la buccia ribolle sul limone.

    Novembre si rallegra per il papavero sul petto.
    Ma le rondini aspettano il turno dopo i corvi.

    Il grano trascina
    Il suo rumore di catene

    Non è che un mordersi la coda
    e digerire il cuore del pensiero.

    Poche cellule intoccabili si trastullano
    lanciando dadi senza facce.

    Nord chiama Sud
    Y e Z appoggiati l’uno all’altro aspettano che arrivi X
    Non è per nulla ammissibile che si perda l’occasione di una foto
    Neanche se spunterà un Boletus Satanas da un’omelette.

    Una mano, insieme al mouse, sulla sponda dei carrarmati.

    Robert invece è in perfetto orario, rollino in bocca e cartucce a tracolla
    Affronta il D-Day come un bimbo la mammella.

    Perde quasi tutto-tranne un miliziano che incolpa il suo fucile-
    e una goccia di whisky dalle labbra.

    Ma non discuterà mai di latte e miele con vespe di salotto.

    Ogni tanto una mina ricorda il prezzo giusto.
    Quello per cui le carcasse degli ideali
    Imitano i ragazzi col mitra sull’elmetto.


    Al menu di gala servono spaghetti, sushi e un’impepata
    Di cozze atlantiche ma niente peperoncino.

    ….

    Passaggio di corvi e poi il Vuoto in cui poggiare il globo.
    Da dove viene la babele?

    Attendo l’accendersi di stelle ma l’azzurro pone il Nulla sul tavolo dei sogni.

    Se il nucleo dell’Uranio mangia un tuorlo
    Partorirà pulcini di Plutonio

    E mentre la schiuma gorgheggia sullo scoglio
    irrompe un Granchio a comandare l’offensiva.

    E la Xylella avanza, avanza…
    E l’ulivo si secca, si secca…

    Novembre si rallegra per il papavero sul petto.
    Ma le rondini aspettano il turno dopo i corvi.

    Il grano trascina
    Il suo rumore di catene

    La cronaca è così aspra che la buccia ribolle sul limone.

    F.P. Intini

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  17. Alfonso Cataldi

    una forma infantile di gelosia, di Marco Candela

    Se Robinson Crusoe avesse chiamato

    Giovedì l’indigeno salvato

    sull’isola deserta, mi avrebbe semplificato

    la scrittura di questo verso.

    Quando si avvicina il giovedì Santo è vietato

    mangiare carne: ancora oggi

    aggiorno la lista dei numerosi peccati

    finora commessi.

    Tre rose rosse e una bottiglia di cognac

    sulla tomba di Edgar Allan Poe.

    Al corteo funebre, gli unici a chinare il capo

    furono un corvo e un gatto nero.

    Era una forma infantile di gelosia. Strappare

    per dispetto i petali bianchi

    di un fiore divinatore. Cos’ho di te? Nulla.

    Di me hai tutto ciò che ho voluto darti.

    Ci sono ancora bambini e topi ad Hameln?

    Per le strade non si sente volare

    un insetto. I quattro musicanti di Brema

    stasera si esibiscono altrove.

    Non era giovedì quando venne ammazzato

    John Lennon: il suo numero fortunato

    era il 9, il mio il 7. San Marco

    folgorato sulle strisce di Abbey Road.

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  18. Alfonso Cataldi

    Voglio riprendere e approfondire l’argomento “tecnicismi” di cui si è accennato nei commenti. In questi testi, come in tutto il libro, non è presente alcun tecnicismo. Non considero tecnicismi, e non lo sono, parole quali link, microchip, Alexa, chat, hacker. Non lo sono le immagini e i concetti che creo usando queste parole. La mia poesia vuole essere pop, ma sul serio, “compresa” da chi sta dentro pienamente agli anni 20 di questo secolo, e certa terminologia appartiene al quotidiano di chi abita la contemporaneità, al quotidiano di ognuno, dal medico all’operaio moderno. Per questo motivo nomino personaggi che sono stati protagonisti di serie TV cult in tutto il mondo, come Mr. Robot o Sheldon Cooper, così come faccio riferimento a scene famosissime (Sheldon Cooper con il bazooka di fronte a un uccello). Facendo riferimento a un recente articolo sul blog “la Poetry Kitchen incontra gli studenti delle scuole medie e del liceo”, la mia aspirazione è arrivare pienamente a queste generazioni, usando il loro immaginario comune, secondo quanto detto più su da Tiziana Antolilli. Il prossimo anno scolastico terrò anche io delle lezioni nelle scuole e penso proprio che mi divertirò quando gli studenti capiranno che si può usare Sheldon Cooper in una poesia, anzi, che lo devono usare se vogliono essere autentici.

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  19. Esiste un mondo astratto prodigioso ed invisibile fatto di “piccoli spettri” e figure strane, che potremmo in un certo senso associare a degli “angeli custode” della matematica, anche se i due concetti sono estremamente opposti tra di loro. Ma nella meccanica quantistica gli spettri esistono! Sono sottospazi del campo complesso e racchiudono le informazioni circa le nostre osservazioni quantistiche! Sembra strano, ma quando misuriamo in meccanica quantistica, stiamo guardando degli spettri. Esiste un intero ramo della fisica matematica chiamato Teoria Spettrale, che potremmo dire, costituisce gran parte dell’impianto della MQ e di altre teorie fisiche. In questa teoria “vive” il “teorema supremo”, (Spettrale) che racchiude l’essenza del meccanismo quantistico! Forse è eccessivo, ma sicuramente rappresenta il vero strumento per comprendere a fondo la struttura e l’impianto della Meccanica quantistica! #teoremaspettrale #spettri #spettro #meccanicaquantistica #analisifunzionale #risolvente #fisica #matematica #geometria #physics #maths #vonneumann #matemáticas #doctorgiux #giux #yousciences

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    • Resta il fatto che, se parliamo di quanti non si può prescindere dalla padronanza dell’analisi matematica più avanzata. Personalmente non vedo una grande affinità tra poesia e teoria dei quanti che invece lascerei agli specialisti del campo vale a dire ai fisici e ai chimici teorici. Avendo bazzicato l’ambiente per un bel po’ di anni mi sono servito a piene mani di spettri di ogni genere considerandoli i più validi e potenti amici del fare ricerca. E’ impossibile infatti determinare correttamente la struttura di un qualsiasi composto chimico a prescindere dal ritratto che ne fanno le tecniche spettroscopiche di ogni tipo. Ma adesso è meglio lasciarle operare dove sono nate, cioè, nell’ambito scientifico. Ciò non significa che si debba negare la potenza di fuoco dei quanti, per chi sia in grado di afferrarne il valore ed il significato, o non debbano far parte del proprio bagaglio culturale, ma penso semplicemente che la poesia debba vivere di vita propria a partire dagli insegnamenti di quelli che ne hanno rappresentato il campo d’azione dai tempi remoti fino ad oggi passando per Dante, Shakespeare e tutti gli altri.  Ma potrei sbagliare, ovviamente.

      DUE UCCELLI

      Un corvo e un colombo si azzuffavano sul pino.
      Il contatore del gas ha avuto un rigurgito di adrenalina e si è arrestato.

      Riempirsi lo stomaco o difendere il nido?

      Le domande shock invadono il cortile.
      Due o tre ciuffi d’erba parlano dall’oltretomba d’argilla
      E come se avessero Dante di fronte lamentano il male nei semi.

      Mai visti ripiegamenti così dolorosi oltre la faglia di Sant’Andrea
      E tra Africa e America si naviga sul bollito di agnello.

      Il corvo riprende fiato
      Mentre azzarda un olè la giovane colomba.

      Senza aspettare un cambio di passo
      il pino cerca una scorciatoia per la resina che piange
      il porto franco dove mettere al riparo i boccioli preziosi.

      Il cellulare registra un moto d’impotenza.
      Un balcone a forma d’essere umano
      smuove un po’ di calce per mostrarsi solidale.

      F.P.Intini

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  20. milaure colasson

    Il Guastatore scrive:

    Quindi la mia critica vince

    suvvia signor Guastatore… la sua permalosità e la sua spocchia non hanno eguali

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  21. gentile Ivan Pozzoni,

    Nelle società democratiche del capitalismo cognitivo si assiste alla liberalizzazione dei «guastatori» e dei Di Battista, fantasmi della psicopatologia che ormai abita la società diventata fantasizzante, così si ha un liberi tutti con tutti i liberi fantasmi.

    tu scrivi:

    «Da mille anni è compito dell’accademia (universitas) stabilire ciò che sia arte e ciò che non sia arte. L’accademia è da me intesa come <l’insieme dell’attività dei vari studiosi>, à la Peice. Ciò che non viene riconosciuto dall’accademia, semplicemente, non esiste, avrà una durata marketing di sei mesi e finirà al macero. Villalta è un amico e il maggiore critico letterario italiano.»

    Ne consegue che il tuo interlocutore esclusivo sia l’Accademia, l’universitas, in quanto depositaria «da mille anni» (parole tue) del potere di decidere «ciò che sia arte e ciò che non sia arte». Perché allora ti affanni a chiedere a noi umili esuli dalle patrie lettere, il riconoscimento della tua opera poetica dato che siamo dei «dilettanti» che non contano nulla e nulla capiscono? Perché continui ad abusare della nostra pazienza a subire i tuoi alterchi e le tue sgarberie?, tornatene ad interloquire con l’Accademia millenaria, quello è il tuo luogo privilegiato di dibattito (l’hai scritto ripetutamente tu) e ad occuparti dei «contratti di riorganizzazione aziendale» (parole tue) nonché con Villalta «il maggiore critico letterario italiano» (sempre parole tue). Noi non siamo alla tua altezza intellettuale, perdonaci, e risparmiaci, per favore, gli screenschot della bibliografia di Baudrillard presa ma wikipedia.

    Oh com’è saggio Alfonso Cataldi che non pensa nemmeno un po’ a replicare alle tue sgarberie!

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  22. Prendo in parola la richiesta di Ivan Pozzoni di cancellare i suoi commenti dal blog. Del resto un grande cattedratico come lui non ha certo bisogno dell’Ombra per farsi pubblicità nel piccolissimo cassetto-poesia

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    • Gentile dr. Linguaglossa,

      Prima di tutto sono il dr. Ivan Pozzoni.

      Pretendo la cancellazione di ogni mio thread, di ogni data dal 2000 ad oggi, in base al GDPR (con conseguente segnalazione Ufficio Garante della riservatezza in caso di mancata cancellazione) entro e non oltre una settimana: non mi mischio con dilettanti, ignoranti (culturalmente) e “scappati di casa”. Ho una forte dignità e orgoglio, un ruolo accademico e una ottima visibilità letteraria. Inoltre sono un giurista di livello internazionale, con uno studio di 40 dipendenti.

      Le ho mandato un’email in merito, con in c/c n, in PEC, il mio studio legale, con i miei dieci avvocati.

      Ho fatto l’errore di indagare cosa fosse questa NOE: errore tremendo. Tutta fuffa, niente di nuovo, o interessante. Avete continuato a considerarmi come il ragazzo trentenne di venti anni fa, timoroso e desideroso di approvazione. No: ho cinquant’anni, sono una belva e in Procura tremano a sentire il mio nome: anniento l’avversario fino all’esasperazione psico/fisica (sempre nei limiti della legge).

      Per il resto mi sono rotto i coglioni.

      Prometto semplicemente una cosa: l’impegno, nei limiti della legge (e al di fuori della morale) ad usare ogni mezzo idoneo a garantire l’oscuramento del blog, entro e non oltre i sei mesi, e la chiusura di Progetto cultura, entro e non oltre un anno. Nella mia vita non ho mai fallito un obiettivo. Specifico: nei limiti di legge. Prenderò visione, insieme alla mia equipe di ogni regolamento, statuto, contratto, di blog e casa editrice, segnalando eventuali violazioni a qualsiasi forma di normazione vigente (dal regolamento comunale al GDPR). IO non commetto reati, illeciti civili o amministrativi.

      Per iniziare:

      1 Mandate 15 segnalazioni al dipartimento editoria dell’Ufficio del Garante della riservatezza causa interruzione arbitraria di contratto di servizio senza giustificazione scritta e motivata.

      2 Mandate 30 segnalazioni, in violazione del GDPR e del CT, sul vostro regolamento d’iscrizione, letto e analizzato con acribia feroce.

      3. Mandata 1 segnalazione Ufficio Garante della riservatezza causa mancanza di un documento di Privacy Policy da “flaggare” al momento dell’iscrizione al blog [con assenza di data di creazione dell’informativa; assenza di notifica delle modifiche alla privacy policy; eventuali servizi terzi che hanno accesso ai dati personali degli utenti (chi sono e la tipologia dei dati raccolti); assenza di elencazione di modalità dei diritti in relazione ai dati letti (diritto di essere informati, di accesso, di rettifica, di opposizione, di portabilità, di cancellazione, di limitare il trattamento, relativo ai processi decisionali automatizzati e alla profilazione); assenza determinazione periodo di conservazione; assenza di riconoscimento del diritto di proporre reclamo a una autorità di controllo (Oversight Board)].

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      5. Mandata 1 segnalazione Ufficio Garante della riservatezza sulla violazione della disciplina della responsabilità di “testate editoriali” mascherate (vostra sezione responsabilità).

      6. Mandata 1 segnalazione Ufficio Garante della riservatezza causa mancanza sistema SSL.

      Mi accerterò, minuto su minuto, che le segnalazioni arrivino sui tavoli di tecnici e amministrativi maggiormente esperti di GDPR, offrendo consulenza legale gratuita all’ispettorato della privacy.

      Il suo sito è una violazione continuativa e recidiva del GDPR. Il vostro avvocato/commercialista non vi ha informato?

      Poi, inizieremo con Progetto cultura, nello stesso modo.

      Ricordo che fare segnalazioni alle autorità competenti su eventuali violazioni del GDPR o del codice civile o del CT da parte di un sito web è dovere del buon cittadino. La decisione sulle ispezioni spetterà alle autorità competenti (Ufficio Garante della riservatezza) ed eventuali contestazioni civili, amministrative o criminali spetteranno all’Avvocatura dello Stato. Conoscere il dr. Pasquale Stanzione, esperto giurista, aiuta molto.

      Io – come dr. Ivan Pozzoni, in personam– dichiaro di non avere nessuna intenzione di emettere querele/denunce verso il blog LDP o verso l’azienda Progetto cultura.

      Le auguro moltissima salute (tra massimo cinque anni è in Rsa) e di continuare a non contare niente nell’orizzonte culturale italiano. Non appena morto, dimenticato. Saluti

      dr. Ivan Pozzoni

      Consulente legale

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  23. Giuseppe Talìa

    Costituzione italiana, art. 21 c. 1 e art. 33 c. 1

    Quando il Dott. IBAN (nome di fantasia) era appena un diplomando e lottava con i brufoli, molti di noi avevano già letto i fondamentali “libri di ferro”.

    Il Dott. IBAN (nome sempre di fantasia) ha subodorato che la NOE e la Poetry Kitchen potrebbero avere una qualche chance di imporsi come novità nell’asfittico mondo letterario poetico italiano e, come si dice a Roma, “je rode ‘l culo” (e non è il solo) perché ha compreso che il NEON è stato definitivamente soppiantato dal LED.

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    • Ivan

      Bravo Panetta,

      sei diventato un fine giurista. Però questi sono (dimentichi il 21 comma 2) i principi generali del GDPR e del CT. Le violazioni stanno tutte lì.

      Poi ritorni <ignorante> (come, altrove, ti sei autodefinito tu).

      Il dr. Pozzoni Ivan ha subodorato che la Samsung, la Gazprom, la Hyundai, la Belshina e la SEIPEM avessero bisogno di una consulenza in materia di riorganizzazione aziendale. Così le ferrovie dello stato di Armenia, Georgia, Moldavia, Azerbaigian, Lettonia, Lituania, Estonia, Bucarest, Bosnia e Serbia. E, con una strategia – definita su Times e Le monde come <geniale>- (voi leggete solo Atelier) ha firmato un contratto con la Dasoon e le ferrovie statali di Pyongyang (val. lord. 12.000.000€), con una fortissima clausola rescissoria, dialogando con Kim Jong-un (김정은, 金正恩) – un contractors molto semplice- così richiamando l’attenzione di molte aziende internazionali (arrivarono immediatamente i contratti con Armenia, Georgia, Moldavia, Azerbaigian, Lettonia, Lituania, Estonia, Bucarest, Bosnia, Serbia e Hyundai) e finendo immediatamente in rescissione al non arrivo dell’adempimento n.1 da Pyongyang, che non ha in cassa uno won (senza chiaramente avere iniziato nessun lavoro o investito capitali). <Specchietto per le allodole> ti dice niente?

      Adesso ho intenzione di attaccare Manila e di consolidare le mie roccaforti balcaniche con Budapest, Praga e Varsavia. Poi, coi pozzi di petrolio della Romania, il grano dell’Ucraina, tre armate inesistenti fuori Berlino, conquisterò il mondo. Il mio studio competitors, di Roma, sono riuscito a confinarlo nel Medio Oriente e nei Paesia arabi.

      L’idea di una capatina in Albania e Grecia c’è: manca la struttura aziendale, che non si inventa, non essendo un concept marketing. Per Mussolini mi dispiace.

      No Panetta, ho subodorato che NOE e poetry chicken sono estetiche senza un fondamento pragmatico, meri concept marketing ad usum Progetto cultura. Come dimostrerò con recendioni, non appena ho tre minuti di tempo.

      Con l’intelligenza che ti contraddistingue hai capito – come ho ammesso e ripetuto io cento volte- che le neo-avanguardie millenials, sono assolutamente anacronistiche, comel’Antigruppo-siciliano, il realismo terminale di Langella/Oldani, l’ecologismo di Piersanti e Arminio, il minimalismo di Magrelli, Zeichen e Marcoaldi e altri correnti del moderno (il Tardomoderno ha fondamenti diversi). Io sto cercando, nei minimi tempi di stacco da un’attività lavorativa molto “importante” un movimento che non sia anacronistico, che sia veramente nuovo, che riesca ad introdurre il famigerato linguaggio <alieno>.

      Le neon-avanguardie millennials (insieme alla mia NeoN-Avanguardia) furono movimenti di transizione (krisis). La transizione è terminata, siamo nel Tardomoderno, le neo-avanguardie millenials sono diventate anacronistiche. Io, infatti, dal 2016 ho chiuso e abbandonato il mio movimento (che è nominato e interpretato in 25 manuali universitari e in 120 volumi di critica letteraria). Linguaglossa e la NOE dove stanno? Non li trovo. Non li trovo nell’Atlante, non li trovo nei manuali, non li trovo nei volumi di critica letteraria.

      Quindi (a me, chè di voi mi frega assai) occorre: o rifondare un nuovo movimento letterario col Led, o continuare a incassare bonifici bancari da 600.000€ a botta, o continuare ad accettare inviti (iniviti, non implorazioni a collaborare, come è abitudine di molti di voi) come l’invito della Rivista di studi italiani (una rivistucola, una bazzecola) a scrivere sul neo-tomismo italiano e organizzare seminari su Kelsen/Tommaso, sul neo-tomismo di Finnis, sul neo-femminismo americano, e altre bazzecole, sciocchezze, p-i-n-z-i-l-l-a-c c-c-h-e-r-e.

      Di frequentare L’ombra non me ne frega un cazzo. O qualcosa da meglio da fare, nella vita.

      Удачи, товарищ Паня.

      Ivan

      [Pretendo che questo mio threads sia cancellato entro e non oltre una settimana]

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