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COMUNICATO STAMPA LABORATORIO di POESIA PUBBLICO – Primo Incontro giovedì, 29 dicembre ore 18.30 Libreria L’Altracittà Roma, via Pavia, 106 tel fax 06 64465725 – Referente Silvia Dionisi laltracittaroma@gmail.com

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COMUNICATO STAMPA

presso la libreria L’Altracittà
Roma, via Pavia, 106
tel fax 06 64465725 – Referente Silvia Dionisi
laltracittaroma@gmail.com

LABORATORIO di POESIA PUBBLICO

Primo Incontro giovedì, 29 dicembre ore 18.30

I poeti della redazione romana della rivista telematica lombradelleparole.wordpress.com invitano tutti i poeti e gli estimatori di poesia a partecipare all’Incontro di poesia che si terrà presso la libreria L’Altracittà, via Pavia, 106 di Roma, giovedì 29 dicembre, 2016, h. 18.30. Gli Incontri avranno cadenza bisettimanale, e avverranno sempre il giovedì alle ore 18.30 presso i locali della libreria o in altra Sede che verrà indicata.
Ciascun autore potrà leggere le proprie o altrui poesie, distribuirne copia agli altri partecipanti e esprimere il proprio pensiero critico, potrà proporre tematiche o autori sui quali dibattere liberamente. Inutile dire che gli incontri saranno finalizzati ad approfondire e a valorizzare la conoscenza e lo studio della «nuova poesia» in uno spirito di collaborazione costruttiva e di rispetto.

F.to Mario Gabriele, Steven Grieco-Rathgeb, Donatella Costantina Giancaspero, Letizia Leone, Giorgio Linguaglossa, Gino Rago, Antonio Sagredo, Sabino Caronia, Edith Dzieduszycka, Luigi Celi, Giulia Perroni, Franco Di Carlo, Salvatore Martino

Scrive Alfonso Berardinelli:
«Quando sono finite le avanguardie novecentesche? In termini generali la risposta potrebbe essere ovvia: le avanguardie finiscono, come sapeva André Breton, quando si comincia a studiarle a scuola».1
«Molta giovane letteratura dopo il 1990 non si può neppure dire che sia postmoderno né che nasca dalla coscienza storica del passato novecentesco. Invece di scavalcare il Novecento, lo si ignora. Mentre la poesia resta a fare i conti con un pubblico che non legge e semmai ascolta, gran parte della nuova narrativa tende a entrare volentieri nel territorio un tempo proibito e disprezzato dell’intrattenimento. Non è vero che il romanzo sia tornato al naturalismo e al realismo. È che le strutture formali dominanti sono quelle del best seller, leggendo il quale i lettori devono avere l’impressione di capire fin dalle prime pagine che cosa vuole dire l’autore e perché lo dice.

Ma quando finisce? Forse con il decennio sessanta, o con il 1989 e il crollo dell’impero sovietico, o con gli attentati dell’11 settembre 2001. È stato il secolo della Modernità…Si può far cominciare il Novecento con L’interpretazione dei sogni di Freud, con il Manifesto futurista, con l’affondamento del Titanic, con la guerra del 1914-18 e con la rivoluzione bolscevica. È stato il secolo della Modernità… delle società di massa e della tecnologia? O piuttosto un secolo in sostanza manieristico e autopubblicitario nel quale tutto è avvenuto con i primi trent’anni e il resto è stato solo una lunga serie di revival, con una pioggia di neo-movimenti e di post-mode?
Dopo aver diffidato per circa un secolo della comunicazione, oggi la letteratura vorrebbe essere comunicazione di cose già comunicate. Questo senza dubbio vogliono gli editori. E questo spinge la letteratura verso la sua mutazione».2

A proposito di Casi critici – dal Postmoderno  alla mutazione, di Alfonso Berardinelli, vorrei citare direttamente l’autore al paragrafo «La poesia italiana alla fine del Novecento». Scrive il critico riferendosi al panorama della poesia italiana degli ultimi trenta anni del Novecento:

«Da un lato si è prodotta una crescente marginalità del genere letterario poesia, o più semplicemente una sua vera e propria “decadenza”, un suo svuotamento e impoverimento culturale: nessuno dei poeti più giovani ha acquistato un qualche rilievo sul piano intellettuale e critico. Dall’altro, questa situazione di marginalità ha provocato un rinchiudersi degli autori di poesia in un loro ghetto, in una specie di “riserva” o micro-comunità in cui la discussione e l’approfondimento intellettuale e critico non sembrano più costituire un interesse vitale e primario (…) Il fatto che per almeno vent’anni nessun poeta sia stato più un intellettuale, un critico, un saggista impegnato a riflettere sul senso di quello che faceva e sul contesto in cui lo faceva, ha contribuito a quella decadenza o indebolimento del genere letterario poesia a cui si è accennato. L’attività critica non è certo sparita, tutt’altro; ma ha assunto un carattere prevalentemente amministrativo e pubblicitario, cioè non propriamente critico. È il caso delle schede d’accompagnamento editoriale (in forma di quarta di copertina o anche di recensione) quasi sempre così impeccabilmente eseguite, così suggestive, eppure così autoreferenziali, per cui si ha l’impressione che il linguaggio critico descriva oggetti testuali più immaginari e ipotetici che realmente esistenti. C’è appunto la descrizione, manca però il giudizio: il che, come si può capire, compromette anche il valore della descrizione, perché più o meno le stesse cose potrebbero essere dette (e di fatto vengono dette) tanto di un libro eccellente che di uno illeggibile, e tutto, così, sfuma nell’irreale». «Essendo diventate, come si è detto, piuttosto sporadiche, o poco attendibili e poco impegnate, o sostanzialmente ed evidentemente promozionali (editoriali, amicali) le attività della critica, anche il maggiore o minore successo di questo o di quell’autore ha conservato a lungo qualcosa di casuale e di arbitrario… Nel periodo di tempo che stiamo considerando (dal 1975 in poi n.d.r.), come pure nel decennio precedente, molto spesso le capacità autopromozionali e la semplice tenacia con cui un autore di versi si è proposto agli editori e al pubblico hanno finito per farlo sembrare importante, imprescindibile, significativo. La funzione critica è stata in gran parte surrogata dalle scelte editoriali. E gli uffici stampa sono risultati più influenti di qualunque critico indipendente: sia perché la figura tradizionale o ideale del “critico indipendente” ha cominciato essa stessa a declinare, sia perché la poesia come genere letterario è diventata editorialmente e culturalmente marginale, i migliori critici se ne sono occupati sempre meno, un po’ con la mano sinistra…».

«Il fatto è che… sulle due generazioni di nuovi poeti esordienti dopo il ’75 hanno presto cominciato a incombere con la loro qualità letteraria e con la loro autorità storica una serie di poeti più anziani, che avevano avuto la fortuna di affacciarsi sulla scena letteraria in situazioni meno confuse e affollate».3

Dopo questa citazione, ci sembra che ci sia molta carne al fuoco della riflessione. Il Novecento è finito da più di tre lustri e ancora non si intravede all’orizzonte la «nuova poesia». O forse sta sorgendo e nessuno se ne è accorto. Chi vuole partecipare alla nostra riflessione collettiva sarà il benvenuto e ne discuteremo.

Arrivederci al 29 dicembre.

1 A Berardinelli Casi critici Dal postmoderno alla mutazione Quodlibet, 2007 p. 9
2 Ibidem p. 13

3 Ibidem p.306

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