Archivi tag: Polo Museale dell’Atac di Roma

Giorgio Ortona, Dichiarazione di poetica, a proposito di una Esposizione avvenuta al Polo Museale dell’Atac di Roma, Emanuele salvato dall’Atac

Sono poche le persone che ho conosciuto e che mi hanno profondamente colpito e forse cambiato. Una è sicuramente il più grande pittore vivente, il cui nome è Antonio Lopez Garcia. Ma stiamo parlando di arte.

Se parliamo invece di vita, dico Emanuele Di Porto.

È uno degli scampati al rastrellamento  del 16 ottobre del 1943, da parte dei nazisti, dove 1023 ebrei furono deportati.

Tramite mio nipote Roberto, lo ho incontrato per la prima volta, in piazza delle tartarughe al ghetto, stessa piazza e stesso punto dove Emanuele e la madre si videro per l’ultima volta. Lui si salvò e la madre fu deportata ad Auschwitz.

Pitturo sempre e solo forme, anche se uso palazzine, sacchi, stadi, o ventilatori, ed è proprio per questo che non mi considero un pittore figurativo.

Ho visto sempre l’astrazione, come più vicina all’assoluto.

E ho sempre pitturato forme, anche quando ho provato a dipingere “gli altri”, perché, per me, la pittura è solamente una questione di linguaggio.

Ora, invece, mi ritrovo a dipingere una persona e una storia, quella di Emanuele. Accadde anche con mio padre, subito dopo la sua scomparsa, quando decisi di dipingere un intero ciclo su di lui. La cosa strana è che fisicamente mio padre ed Emanuele si assomigliano, e molto.

La storia di Emanuele, mi ha colpito, oltre che, ovvio, per la sua drammaticità, perché sembrava non essere vera, un’invenzione all’interno di un dramma, ma invece vera lo era: Un ragazzino che si nasconde in un tram per 48 ore, sembra quasi la sceneggiatura di un film neorealista.

Cosi come ho provato, attraverso la pittura, ad entrare all’interno della commozione di Emanuele, ho pensato parallelamente che non fosse  sufficiente la sola riproposizione di un tram in servizio, in giro per la città. Decido allora  di voler entrare nei meandri dei mezzi pubblici di Roma, dove vivono e dormono la notte i convogli.

Ce la faccio e ottengo un permesso per potervi accedere. Il posto per me è una miniera di forme a me sconosciute. Torri dove si riparano gli “Archetti” dei tram, geometrie  che assomigliano alle corna dei cervi. E chi le aveva mai viste così da vicino?

La Bacheca chiamata il “medagliere”, negli uffici del deposito, che riporta i veicoli che sono in servizio e quelli che sostano in deposito, Il museo vero potrebbe essere quello e non questo.

Marco Di Capua definisce la mia Roma, “la città di mezzo”. Cito da lui: “Una città anonima, normale, periferica, palazzinara perfino, simile a tante città mediterranee. È la parte di Roma che è cresciuta tra gli anni Cinquanta e Sessanta attorno alla Tangenziale, a questo totem oggi venerato da molta giovane pittura romana, come un corpo attorno alla propria spina dorsale: Qui non c’è niente di eccezionale. In teoria non ci sarebbe niente da vedere.”

Ed io aggiungo che della città di mezzo uno degli attori principali è proprio il tram.

Le forme che prediligo, sono quelle apparentemente più anonime, e che possono trasformarsi nelle più interessanti. Ecco perché le palazzine. Prediligo, ad esempio, quelle che hanno un prospetto maggiormente articolato. Palazzine nette e a più strati, simili alle paste “diplomatico”, che quando vengono sezionate con un coltello, sembrano  ancora più buone.

Ma per una resa efficace in pittura necessitano, però, di una base consapevole del disegno, e di una conoscenza rigorosa della geometria descrittiva.

Questa materia, opzionale quando mi iscrissi alla facoltà di architettura, diventò solo qualche anno dopo obbligatoria, e si rivelò formativa per la mia pittura. Questa sorta di preparazione scientifica, non avrei potuto acquisirla, se non li.

Spesso, le cose, le studio in tutte quelle ore del giorno nel quale il sole crea zone di forte contrasto, marcando i pieni e i vuoti, e questa sorta di “grammatica dello spazio”, è reminiscenza subliminale di quando, attraverso le proiezioni mongiane, meglio conosciute come proiezioni ortogonali, noi studenti inserivamo le ombre, ed allora usciva la tridimensione, simile ad una magia.

Sono interessato dalla struttura delle cose, dalla loro costruzione, gli scheletri e le ossature, e spesso gli anziani. E ora, ecco perché anche i cantieri edili.

La trasfigurazione pittorica della città avviene anche nelle vedute aeree, là dove anche un modulo di palazzina per me non formalmente accettabile, alla distanza si ordina e viene ad armonizzarsi con il tutto.

Il mio è un lavoro sempre aperto, in divenire, sia per quanto riguarda l’esecuzione del quadro vero e proprio, ma anche per i titoli. Possono anch’essi cambiare nel tempo, a volte addirittura si cambiano da soli.

Alcune vedute diventano, per questa mostra “Nuove mappe della metropolitana”, ed il ritratto intitolato “Lucia”, così nato quando lo eseguii, alcuni anni fa, è ora diventato “L’Atac dalla finestra di Lucia”, dato che effettivamente da quella cucina appaiono gli uffici dell’Atac.

Concludo con alcune notazioni tecniche sul procedimento esecutivo del mio lavoro: Uso prevalentemente compensato da 6 mm; sul retro incollo delle cantinelle due centimetri per due, che impediscono alla tavola di flettere, ed incollo il tutto con vinavil e chiodi senza testa. Successivamente passo 6/7 mani di gesso acrilico, fino a che il supporto non diventi levigato come un foglio da disegno. Ho sempre la necessità di lavorare su un supporto rigido, dato che, ad esempio  per le architetture, è indispensabile l’utilizzo di squadre e righe. A volte, sopra alla tavola, incollo della tela di cotone, la quale permette al colore di scivolare diversamente e meglio sulla superficie.

Utilizzo sempre prodotti industriali, gesso acrilico, e colori ad olio in tubetto, olio di lino e trementina, per scelta, mi piace la Coca Cola.

Si rivela importantissimo il lavoro meticoloso del disegno (cosi come facevano gli antichi). Col colore molto diluito, potenzio le zone in ombra, per poi passare la prima mano di pigmento. Rinforzo il disegno sempre con la matita, per non perderlo, e poi di nuovo colore. Ripeto il procedimento fino a quando del risultato, non ne rimango soddisfatto.

La superficie del colore la mantengo sempre piatta, senza avvallature, in maniera che la matita possa liberamente muoversi qualora decidessi di riadoperarla.

Comunque, grazie Emanuele.

(Giorgio Ortona)

Giorgio-Ortona-Atac.-Olio-su-tela-2019

olio su tela sede dell’Atac, Roma, Piramide

ortona-790x427

olio su tela 480×697

giorgio-ortona-la-circolare-2019-olio-su-tela-40-x-70-cm

olio su tela, La Circolare di Roma

Nomi-cose-e-città-Giorgio-Ortona-MACRO-Testaccio

olio su tavola, Macro, Testaccio, Roma

Giorgio Ortona Emanuele Di Porto

Giorgio Ortona con Emanuele di Porto

Giorgio Ortona sacchi di pozzolana

olio su tavola, sacchi di materiali per l’edilizia

Giorgio-Ortona-Ortona-Le-palazzine-di-Roma-2015

olio su tavola, palazzine di Roma

Giorgio Ortona vagoni 1

olio su tavola

Giorgio Ortona Nuova mappa della metropolitana I, 2010, olio su tavola, 68 x 114 cm

olio su tavola 68×114

Giorgio Ortona Emanuele salvato dall'Atac, 2018, olio su tavola, 22 x 52 cm

olio su tavola 22×52

Giorgio Ortona Atac, 2019, olio su tela, 30 x 64 cm

olio su tela 30×64

Giorgio Ortona 7027, 2019, olio su tela, 30 x 54 cm

olio su tela 30×54

Giorgio Ortona La circolare, 2019, olio su tela, 40 x 70 cm

olio su tela 40×70

6 commenti

Archiviato in Senza categoria