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Patrizia Stefanelli OTTO POESIE da Guardami Rupe Mutevole, 2014 “Della bellezza”, “La carne”, “Il respiro del mondo”, “Lo sguardo”, “Piovono stelle” con un Commento di Giorgio Linguaglossa

cinema Alain Delon e Monica Vitti

cinema Alain Delon e Monica Vitti

Patrizia Stefanelli nasce il 10 aprile del 1960 a Formia (LT). Vive tra Gaeta e Itri (collina del Campanaro). E’ vice presidente e regista della Associazione Culturale Teatrale Mimesis. Dopo il diploma universitario in scienze infermieristiche, si laurea a pieni voti al  DAMS, presso la facoltà di Lettere e filosofia di Roma Tre, in   regia  teatrale – organizzazione di eventi, con il Prof. Raimondo Guarino, storico del teatro. La sua tesi svolge riflessioni su “Storia del teatro e feste popolari nel sud pontino”. Direttrice Artistica del  Premio Nazionale Mimesis di poesia,  oggi al XIX anno.  Il premio, intende portare la poesia al pubblico e prevede la presentazione degli autori finalisti e vincitori nella cornice del castello di Itri. Direttrice del festival “Parola nel mondo” per la serata di Itri -2015 che ha raccolto la voce di poeti da tutta Italia sul tema della Pace. Promuove e presenta scrittori in recital di poesia e musica. Muove i suoi primi passi poetici sostenuta dal Prof. Renato Filippelli docente di letteratura al S. Orsola di Napoli e  ha ricevuto consensi critici, interviste e articoli su:“ La Repubblica”, “Avvenire”, “Il Messaggero”,“ Il Tempo”, “Rai International” “Latina Oggi” , “L’osservatore romano”.  Per il teatro, ha scritto e rappresentato le commedie: Non scherzare con il morto? (migliore regia,  sceneggiatura e interpretazione – festival FITA); Tre tazze e una zuppiera; Qui si sana?; Cantando il tempo che fu  (tradizioni e canti popolari del Sud Pontino); Il mistero di Don 2012. Inoltre, ha curato la regia del testo: Fra Diavolo, di Nicola Maggiarra. Sue poesie sono presenti in numerose antologie. E’ giudice in diverse giurie letterarie. Nel 2014 Pubblica il libro di poesie Guardami febbraio 2014, Rupe Mutevole; nel 2015, Rosanero con lo stesso editore.

foto Ghada Abdel Razek arab actress

Ghada Abdel Razek arab actress

Commento di Giorgio Linguaglossa

 Non siamo proprio alla teatralizzazione dell’«io» come avviene nel genere di poesia frequentata nell’occidente dell’epoca della stagnazione, ma in un sotto-genere che elegge il «tu» quale destinatario dei testi-missiva. Patrizia Stefanelli opta per l’esplicita forma dialogica del «tu» e parla con un misterioso lettore «implicito», una specie di «doppio» (?) della propria coscienza, ovvero, con il lettore spettatore. Non c’è dubbio che è una poesia che riscuote il plauso della sfera razionale del lettore senza penalizzare, direi, neanche l’emisfero deputato alla immaginazione, perché è una poesia narrante. Patrizia Stefanelli racconta sempre un evento preciso con risparmio di parole e di elusività, ecco la ragione della incisività del verso lineare di questa poesia, che termina proprio lì dove deve terminare, ma il significato dov’è?, si trova quasi sempre nella parola che segue, nel verso successivo, si nasconde in una omissione, in un implicito, nella elusione, nel non-detto. Di frequente, il lettore viene dunque posto davanti ad un evento non-detto, un inesplicito E quale conclusione si può trarre da questo tipo di poesia?

Non c’è un versante edificante in questa poesia, il lettore non viene disturbato con eccessi enfatici o fàtici. E questo è un punto a vantaggio dell’autrice che mostra una gentilezza di dizione e una icasticità del lessico di accorta fattura. È una poesia di inazione, di impliciti commisti a fraseologie espressionistiche. E l’espressionismo, si sa, è una costante nella poesia del secolo scorso, una costante che ritorna, sintomo di un disagio profondo. Poesia come esercizio spirituale:

L’angelo del silenzio

L’angelo del silenzio ha ali stanche
vola nella fragilità abbandonata
della gente che non ha nome
di chi ogni giorno
fa il primo passo:
una preghiera

Alla nudità dell’indifferenza
porge le ali e la muta presenza
che pure porta, dentro, uno spasimo…

cinema fotogramma

fotogramma film anni Settanta

Se prendiamo ad esempio la composizione base della poesia di Patrizia Stefanelli, ci accorgiamo che l’autrice compone come riprendendo il filo di un discorso abbozzato in un pensiero precedente, e così via, il libro si può leggere a ritroso, dall’ultima alla prima composizione e nulla cambierebbe del senso complessivo. La Stefanelli è troppo accorta per forzare le poesie ad un senso complessivo che non c’è, si accontenta di sostare nell’attimità. Si entra subito nel tema dialogico: c’è l’introibo ad un obiectum eisistenziale, per lo più un «negoziato», un «patto» tacito, un sortilegio; si rinviene la tematica della inadeguatezza delle parole a rappresentare il «vuoto» dell’esistenza.

Non riesco a scrivere, nulla,
niente che valga la pena di essere letto.
Scrivo di niente allora, vuote parole che non sono parole.
Muto pensiero non m’abbandoni
non cedi, non molli la presa.
Lasciami dire.
Ahi, l’oppio delle parole non basta
ché non sono parole queste.
sono lettere, segni che scorrono e non hanno voce.
L’incipit non regge non traborda sensazioni
chiaramente non dispone.
Forse, ancora, la curva del sole trattiene,
imprime parole sciogliendo la cera…
parole… come stravaganza di tempo.

C’è una componente «sacrale» in questa procedura, un «sacro» nutrito di stato laicale. «Non si dà vera vita nella falsa» scriveva Adorno in tempi non sospetti in Dialettica dell’illuminismo. La Stefanelli lo sa ma non può fare a meno di stilare versi dove protagonisti sono l’io ed il tu. Nel frattempo, il mondo è diventato integralmente «falso», immagine fasulla dell’io, e l’«io» è nient’altro che un riflesso di questa negatività; anche il «tu» è una immagine riflessa del «falso». Il significato si nasconde nell’assenza più che nella presenza. Direi che in questo genere di poesia è prioritario l’atto della investigazione. La poesia si costruisce come descrizione e interpretazione del non-detto, del non-accaduto. Il momento dell’analisi precede appena d’un soffio il momento della deduzione; l’analisi è, insieme, retrospezione e prospezione, osservazione del dettaglio e visione dell’insieme, visione panoramica dell’io e del tu. Di qui l’abbondanza di particolari di luogo che sono una spia delle problematiche relazioni che si organizzano intorno al «soggetto», che costituisce il principale punto di riferimento, il semaforo «significazionista» e relazionale della poesia della Stefanelli.

Ai miei figli

I miei figli sono le mie ali ogni tanto
nel mio piccolo mondo la mia storia migliore
il fiato più dolce al mio tacito parlare
li ho cresciuti con perle di miglio
con il nettare più puro della mia casa d’ape
e ho portato sulle braccia il loro profumo
quale dono più grande o mio Signore.

.
Piovono stelle

La maglietta sul letto.

Gli occhi chiusi spengono la luce
si piegano le ginocchia e si seggono.

È sera. L’ombra, la mia, ha salito scale
ha lasciato un piccolo segno
distratto dal volto da passi, veloci,
di chi gira in fretta l’angolo buio del vicolo stretto,
quello di un gioco.

Lo specchio mi riporta bella nella sua magia,
appena profumata la pelle,
il profilo controluce non nasconde il desiderio.

Piovono stelle, meraviglie, me ne accorgo,
gli occhi chiusi tracciano comete,
una coda di luce, tra le tende socchiuse.

Lo sguardo

Qua, dove l’albero innesta i suoi rami
a dita che al cielo versano capelli
che vento scompiglia a carezze delicate
siede Dafne leggera e scrive: ai suoi bei fiori
bianchi, rosei o gialli
ai profumi d’estate che da Penèo
sono effluvio alla terra che li accoglie.

Siede, nascosta allo sguardo di Apollo
che pure tra i rami assapora
e cinge i suoi capelli, fino a farsi corona.

patrizia stefanelli

patrizia stefanelli

Il respiro del mondo

Ancora una volta
quest’albero che guarda la mia finestra
ha lasciato alla terra le sue foglie.
Tra i rami gialli
vivono e muoiono, in questo giorno,
gli occhi, cresciuti sul tronco.

Non so, quanti mattini li hanno guardati
e non so perché ho fatto la metà delle cose che ho fatto.

So, che ogni giorno ho seguito un fiato,
il respiro del mondo
che alita sulla mia fronte e porta il pensiero
a chi non è più in questo mondo…
semmai, ce ne fosse un altro.

E mi segno la fronte mentendo, sapendo di mentire,
immersa nella natura, la mia, che trova
fuoco sulla neve d’inverno
e calore in acqua gelida.

.
La carne

Disfarsi dentro, ebbra di vita eppure morta,
al tempo stesso.

Lento incedere di me in me, attraverso
la bocca, gli occhi, il verso, la messe dei giorni
balordi e gelati, nella terra degli specchi
distorti e liquefatti.

Ho divorato la mia carne in fondo al pozzo
quale padre con i suoi figli.
Che sia dannato in eterno
senza discolpa.

.
Oltre la soglia

Non parlare d’amore
nel vacuo porgersi delle cose del mondo
l’inno al tempo vissuto depone corone
e lascia profumi speziati d’ambra e limoni
ad un sole rinsecchito.
Perle invernali di ghiaccio lambiscono
inutili ferite
cadendo distrattamente
da un improbabile bocciòlo di roselline d’autunno.
Niente stagione, niente tempo di rose, niente brillare
oltre la soglia
mattini distratti saranno la meta
e sere
e silenzi.
Patrizia Stefanelli Guardami

Della bellezza

… ho conosciuto per le vie di Damasco uomini puri;
di Dio, hanno fatto una bandiera che sventola il vento…
Ho conosciuto donne come maddalene
adornare il capo del loro Signore.
Ipocriti senza fede in grado di spargere vigliaccheria
su un NOME , fino a consumarlo nella stoltezza.

La gente di Dio ha la bocca rossa
gli occhi spalancati
le mani a pugno
e la voce che non dice.

Ho visto uomini prostituirsi per un pugno di gloria
e segnarsi la fronte quando passa una puttana.

Ho visto uomini rubare il pane ai propri figli
per sputarlo in un bicchiere
e donne, piegate sulla vita ad imbastire giornate di niente.

Ho visto uomini aizzare le folle
e la follia dilagare in fumo acre.

Ho visto capi di stato sul liminare del mondo
e sangue sparso sulla gente povera.

Fuori dal cerchio non c’è pietà
la casa di Dio è vuota
l’eco risuona i passi del tempo del nulla
e la voce di un uomo che piange.

Soltanto negli occhi dolorosi di un bambino
ho potuto vedere la bellezza
dove per un attimo la mia si è specchiata.

La sua vita nelle mie mani disposte a croce.

.
Avrò

Sto rannicchiata in fondo… in fondo non importa…
in fondo al pozzo dei desideri; troverò perfetta la lampada.
L’ho nascosta mille notti fa,
al fiato del tempo che inganna,
alla grazia delle fate d’agosto,
al mantice scarlatto di un vecchio focolare.

Avrò occhi nuovi, e la mano sinistra piena d’allegria,
mentre la destra, a pugno chiuso, stringerà le gocce…
che non ho potuto lasciare.
Le spargerò sul mare, in una notte ancora
e attenderò le stelle e sarò con te,
nei tuoi mille volti di dolore, nel tuo grido d’amore,
nella piccola coda della tua luce, anima mia.

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