«Pieno di merito, ma poeticamente, abita / l’uomo su questa terra»
Heidegger formula un’interpretazione rimasta storica che indica l’essere dell’uomo in presenza degli dei e dei «mortali». Gli uomini sono coloro i quali muoiono ogni volta, muoiono sempre di nuovo e infinitamente. Heidegger sottolinea che il fare poesia è il fabbricare «poeticamente» le «case», intendendo l’attività pratica del costruire abitazioni, in quanto anche la poesia è una «casa» che possiamo abitare. La poesia indica: «L’atto del fare si dice in greco po…hsij. L’abitare [das Wohnen] dell’uomo dovrebbe essere [Poesie], cioè qualcosa di poetico». In base al detto del poeta, l’abitare dell’uomo non è un prodotto di una delle tante facoltà dell’uomo, ma è il fondamento stesso dell’esserci: l’abitare è il modo principale con cui l’esserci attua la sua struttura fondamentale di essere-nel-mondo. L’abitare della poesia di oggi è la costruzione di un luogo dove vige lo scetticismo nei confronti del vero, dell’io e del reale; optare per la leggerezza, la volatilità, l’ultroneo e l’erraneo è ciò che dischiude la peculiarissima Befindlichkeit, il «modo» d’essere del nostro essere nel mondo, ma è questo «pieno di merito» la locuzione significativa usata dal filosofo tedesco, quel «merito» la poesia odierna lo svela come un «demerito», un minus habens un minus di essere.
L’umanità estraniata esternata dalla poesia di oggi è una umanità in minore, che si occupa di inezie, di dettagli insignificanti, trascurabili, inessenziali, minimi, che preferisce il Non è di Guido Galdini, che predilige il principio di dis-piacere, che opta per la libertà del desiderio di contro alla illibertà del principio di realtà, per una poiesis non più rappresentativa e non remunerativa. La poetry kitchen opta per il pensiero negativo, per la negazione radicale. L’umanità estraniata di oggi non sa di vivere in minore, in omicron, e non è neanche più capace di uscire fuori da questo stato di minorità, non sospetta neanche di essere condannata alla minoritarietà della storialità. Ed è questo morire indefinitamente tra sovranismo, populismo e personalismo che la poesia di oggi ha il dovere di cogliere. Il motto di Hölderlin andrebbe derisoriamente riformulato così: «Pieno di demerito e impoeticamente abita l’uomo su questa terra».
La dizione «poesia da frigobar», impiegata da Marie Laure Colasson è da intendere in accezione positiva, contrassegna la poesia odierna, oggi la poesia più evoluta «è scritta con un linguaggio aggiornatissimo, cioè da frigidaire con parole necessariamente conservate al freddo». Condivido la tesi della Colasson, oggi lo scetticismo integrale affiancato da una robusta dose di fantasmi e di icone, avatar, sosia etc. è la forma-poesia per eccellenza dei nostri tempi infetti dal virus del panlogismo, del populismo, del sovranismo e del Covid19; la crisi climatica è la crisi del pianeta Terra, del capitalismo mondiale, crisi dell’Antropocene che accomuna Occidente ed Oriente, Nord e Sud. La crisi ormai ha assunto dimensioni planetarie. E la poesia? Penso che la poesia abbia l’obbligo di riformulare la forma-poesia per derubricare i suoi parametri fideistici.
(g.l.)
1 M. Heidegger, …“poeticamente abita l’uomo”… , in Saggi e discorsi, cit., p. 125
Mimmo Pugliese
Il coseno
Il coseno delle autostrade
che farcisce gli occhiali
resta fuori dalle buste della spesa
allo stesso modo dei capelli rossi
del collo di pelliccia
della neve di cartone
dimenticata nel cassetto
delle smilze scale mobili
battezzate con fieno acrilico
gòcciolano i mattoni
sui libri di geografia
Londra è lontana
arrampicata sui tronchi delle sequoie
dall’umore di mosto cotto
sul diario di bordo c’è scritto
che la prossima stella polare
avrà la targa con numeri romani
nella giungla dietro casa
gemelli siamesi traducono
il linguaggio dei passeri
non sfugge
all’occhio attento dell’oracolo
la differenza tra la tattica
ed il posizionamento dei terrazzi
all’ora del ditirambo
Guido Galdini
seguite ora le istruzioni
per il compimento dell’opera
prendete un foglio di sufficiente lunghezza
e copiate con disciplina queste frasi
appendetelo alla parete più opportuna
aggiungendovi, in basso (è facoltativo)
sull’esempio di René Magritte
questa non è una poesia
Mauro Pierno
Azzardo una visione poetica in franchigia. La forma esatta è un montaggio, un compostaggio di eventi- forma. La differenza tra kitchen poetry e realismo terminale sta nella commercializzazione di una idea. Davvero grandi differenze tra un verso di Oldani e di Bjelosêvic non le trovo.
Andando indietro tutto quello che era lontano
diventa più vicino e caro
(Il ritorno in avanti, P. Bjelosêvic)
ne godo che mi ammirino i vicini,
non sanno i fiori sono artificiali. (Esistere, G. Oldani).
La gratuità della ricerca NOE sta nell’ingranaggio
ormai inceppato delle poetiche. Appunto la ricerca trascende qualsiasi significato, si emancipa dalla stessa passione politica, Persegue l’errore.
Potrà solo mettere note esplicative alle allucinazioni.
Curare le ferite dell’ incomprensione con punti esclamativi (F.P. Intini)
Il Signor K. allarmato, ha esternato:
«Lasciamo almeno aperta una finestra, una possibilità esegetica.
Entriamo dalla porta di servizio!». (G. Linguaglossa)
E’ un primo binario per una futura composizione kitchen.(Rago)
Non continuiamo noi ad usarlo per dire qualcosa d’altro, in una situazione differente?». (M.L. Colasson)
Raffaele Ciccarone
Set 1
…
Adalgisa senza ombrello
incontra una pioggia
vestita d’argento fuligginoso
il cappello a punta nero
montava piume di struzzo
omaggio del suo pappagallo
…
Set 2
…
per abbandonare Alcatraz
Dedalo mette a punto
il volo verticale
Minosse ne è adirato
per il suo drone sparito
…
Set 3
…
gli era difficile trattenere
il taglio delle mezze lune
il sauro montato da Holden
saltava senza posa
il ritmo market movers
gli permetteva di schivarle tutte
…
la pipa di Simenon
sfarfalla banchi di fumo
Toulouse Lautrec cena
con sua bella al ristorante
Modigliani allunga
il collo al suo ritratto
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Mauro Pierno è nato a Bari nel 1962 e vive a Ruvo di Puglia. Scrive poesia da diversi anni, autore anche di testi teatrali, tra i quali, Tutti allo stesso tempo (1990), Eppur si muovono (1991), Pollice calvo (2014); di alcuni ne ha curato anche la regia. In poesia è vincitore nel (1992) del premio di Poesia Citta di Catino (Bari) “G. Falcone”; è presente nell’antologia Il sole nella città, La Vallisa (Besa editrice, 2006). Ha pubblicato: Intermezzo verde (1984), Siffatte & soddisfatte (1986), Cronografie (1996), Eduardiane (2012), Gravi di percezione (2014), Compostaggi (2020). È presente in rete su “Poetarum Silva”, “Critica Impura”, “Pi Greco Aperiodico di conversazioni Poetiche”. Le sue ultime pubblicazioni sono Ramon (Terra d’ulivi edizioni, Lecce, 2017). Ha fondato e dirige il blog “ridondanze”.
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Dopo la fine della Metafisica
La poesia che si scrive oggi avendo in mente un ente ricade nel modello del «vero» e del «verosimile», e quindi del realismo – Pieno di demerito e impoeticamente abita l’uomo su questa terra
Se prendiamo La ragazza Carla di Pagliarani (1960) o anche Laborintus (1956) di Sanguineti, lì vengono trattate (rappresentate) delle cose che realmente esistono; se prendiamo un brano de I quanti del suicidio (1972) di Helle Busacca, lì si tratta di un tema ben preciso: la morte del fratello «aldo» e della conseguente j’accuse del «sistema Italia» che lo ha determinato al suicidio. Voglio dire che tutta la poesia del novecento italiano e quella di questi postremi anni post-veritativi, rientra nel modello del «vero», e del «verosimile». Ebbene, questo «modello» nella nuova ontologia del poetico viene ad essere caducato, messo in sordina; la distinzione tra verosimile e non-verosimile cade inesorabilmente ed entrano in gioco il possibile e l’inverosimile, l’ultroneo e l’erraneo; si scopre che l’inverosimile è della stessa stoffa del possibile-verosimile e che l’ipoverità è il lessico più evoluto della forma-poesia e della forma-romanzo di oggi.
Questa possibilizzazione del molteplice è la diretta conseguenza di una intensa problematizzazione delle forme estetiche portata avanti dalla «nuova ontologia estetica», prodotto dell’aggravarsi della crisi delle forme estetiche tardo novecentesche che ha creato una fortissima controspinta in direzione di un nuovo modello-poesia non più ancorato e immobilizzato ad un concetto di eternità e stabilità del «modello del vero e del verosimile».
Il concetto di «verosimile» della poesia lirica e anti lirica che dir si voglia di questi ultimi decenni poggiava sulla stabilità ed eternità del soggetto che legiferava in chiave elegiaca o antielegiaca.
La poesia che si scrive oggi avendo in mente un ente ricade nel modello del «vero» e del «verosimile», e quindi del realismo in senso lato, ovvero, poesia fatta con il pilota automatico innestato.
La poesia che si scrive senza l’ausilio di alcun pilota automatico, è la sola poesia che è possibile scrivere Dopo la fine della Metafisica.
Il fatto è che l’uomo è «un animale metafisico» (dizione di Albert Caraco) che non può che riprodurre la metafisica anche dopo la fine della metafisica. Si tratta di un meccanismo infernale che non può arrestarsi mai, ma è preferibile esserne consapevoli. Ecco perché la «nuova poesia» assume a proprio tema centrale il perché della poesia, se si debba perseguire il senso e il significato, o si debba perseguire il fuori-senso e il fuori-significato.
Poiché la crisi è in poesia, la poesia reagisce diventando meta poesia, ricusando la vecchia metafisica per una meta ontologia. Il poetico non è uno spazio separato dal non-poetico, quanto che esso è la stessa meta ontologia che diventa nuova metafisica. La meta ontologia verte su ciò che è al di fuori della ontologia, fuori dell’ontico e, precisamente, sul nulla che costituisce le cose, sulla nientificazione che sta all’origine di tutte le cose e determina la nostra esistenza.