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Venerdì 13 novembre 2015 alle ore 19.00, presso l’Ambasciata della Repubblica di Serbia in Roma via dei Monti Parioli, 20 Presentazione della Antologia di Duška Vrhovac Quanto non sta nel fiato. Farà gli onori di casa l’ambasciatore S.E. Sig.ra Ana Hrustanovic. Saranno presenti Duška Vrhovac, Ennio Cavalli, Giorgio Linguaglossa, Plinio Perilli, il curatore del volume Ugo Magnanti. Prevista la partecipazione di Dejana Peruničić, addetto culturale dell’Ambasciata INTERVISTA ALLA POETESSA SERBA DUŠKA VRHOVAC “ALLARGANDO I CONFINI LA SOCIETA’ MODERNA RESTRINGE LE PROSPETTIVE” a cura di Giorgio Linguaglossa con alcune Poesie di Duška Vrhovac, Traduzione dal serbo: Cvijeta Jakšić

Venerdì 13 novembre 2015 alle ore 19.00, presso l’Ambasciata della Repubblica di Serbia in Roma via dei Monti Parioli, 20 Presentazione della Antologia di Duška Vrhovac Quanto non sta nel fiato. Farà gli onori di casa l’ambasciatore S.E. Sig.ra Ana Hrustanovic. Saranno presenti Duška Vrhovac, Ennio Cavalli, Giorgio Linguaglossa, Plinio Perilli, il curatore del volume Ugo Magnanti. Prevista la partecipazione di Dejana Peruničić, addetto culturale dell’Ambasciata INTERVISTA ALLA POETESSA SERBA DUŠKA VRHOVAC “ALLARGANDO I CONFINI LA SOCIETA’ MODERNA RESTRINGE LE PROSPETTIVE” a cura di Giorgio Linguaglossa con alcune Poesie di Duška Vrhovac, Traduzione dal serbo: Isabella Meloncelli e Cvijeta Jakšić

Duska Vrhovac Typewriters

Duska Vrhovac Typewriters

Duška Vrhovac, poeta, scrittrice, giornalista e traduttrice è nata nel 1947 a Banja Luka (Bagnaluca), nell’attuale Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina, e si è laureata in letterature comparate e teoria dell’opera letteraria presso la Facoltà di filologia di Belgrado, dove vive e lavora come scrittrice e giornalista indipendente, dopo aver lavorato per molti anni presso la Televisione di Belgrado (Radiotelevisione della Serbia).

Con 20 libri di poesia pubblicati, alcuni dei quali tradotti in 20 lingue (inglese, spagnolo, italiano, francese, tedesco, russo, arabo, cinese, rumeno, olandese, polacco, turco, macedone, armeno, albanese, sloveno, greco, ungherese, bulgaro, azero), è fra i più significativi autori contemporanei di Serbia e non solo. Presente in giornali, riviste letterarie, e antologie di valore assoluto, ha partecipato a numerosi incontri, festival e manifestazioni letterarie, in Serbia e all’estero.

È autrice di tre volumi di racconti per bambini e per la famiglia dal titolo Srećna kuća (La casa felice) e anche ha pubblicato sei libri in traduzione serba: due libri di prosa e quattro libri di poesia. Membro, fra l’altro, dell’Associazione degli scrittori della Serbia, e dell’Associazione dei traduttori di letteratura della Serbia, è attuale vicepresidente per Europa del Movimento Poeti del Mondo e ambasciatore in Serbia. Ha ricevuto premi e riconoscimenti importanti per la poesia, tra cui:

Majska nagrada za poeziju – Maggio premio per la poesia – 1966, Yugoslavia;
Pesničko uspenije – Ascensione di Poesia – 2007, Serbia;
Premio Gensini – Sezione Poesia 2011, Italia;
Naji Naaman’s literary prize for complete works – Premio alla carriera – 2015, Libano e il Distintivo aureo assegnato dal massimo Ente per la Cultura e l’Istruzione della Repubblica di Serbia.
Ha pubblicato i seguenti libri di poesia:
San po san (Sogno dopo sogno), (Nova knjiga, Beograd 1986)
S dušom u telu (Con l’anima nel corpo), (Novo delo, Beograd 1987)
Godine bez leta (Anni senza estate) (Književne novine i Grafos, Beograd 1988)
Glas na pragu (Una voce alla soglia), (Grafos, Beograd 1990)
I Wear My Shadow Inside Me (Forest Books, London 1991)
S obe strane Drine (Sulle due rive della Drina), (Zadužbina Petar Kočić, Banja Luka 1995)
Žeđ na vodi (Sete sull’acqua), (Srempublik, Beograd 1996)
Blagoslov – stošest pesama o ljubavi (Benedizione, centosei poesie d’amore), (Metalograf, Trstenik 1996)
Knjiga koja govori (Il libro che racconta), (Dragoslav Simić, Beograd 1996)
Žeđ na vodi (Sete sull’acqua) edizione ampliata, (Srempublik, Beograd 1997)
Izabrane i nove pesme (Le poesie scelte e nuove), (Prosveta, Beograd 2002)
Zalog (Il pegno), (Ljubostinja, Trstenik 2003)
Zalog (Il pegno), edizione bibliofilo (Ljubostinja, Trstenik 2003)
Operacija na otvorenom srcu (L’ operazione a cuore aperto), (Alma, Beograd 2006)
Za sve je kriv pesnik (La colpa è di poeta), (elektronsko izdanje 2007)
Moja Desanka (Lа mia Desanka), (Udruženje za planiranje porodice i razvoj stanovništva Srbije, Beograd 2008)
Postoje ljudi (Ci sono persone), edizione dell’autore (Belgrado 2009)
Urođene slike / Immagini innati (edizione bilingue), (Smederevo, 2010)
Pesme 9×5=17 Poems (poesie scelte in 9 lingue), (Beograd 2011)
Savrseno ogledalo (Lo specchio perfetto), (Prosveta, Beograd 2013)
Quanto non sta nel fiato, poesie scelte, (FusibiliaLibri 2014)

Duska Vrhovac Allen Ginsberg Belgrado

Duska Vrhovac Allen Ginsberg Belgrado

1) Domanda: Cara Duška Vrhovac, riprendiamo il filo del discorso. Ti porrò alcune domande sulla tua poesia e, in generale, sulla poesia che si fa in Europa; credo che per un lettore italiano sia interessante il pensiero di una poetessa serba che ha vissuto a lungo in Italia. Qual è stata, a tuo avviso, l’influenza della rivoluzione mediatica sulla tua poesia? Intendo dire che nell’ultimo decennio del Novecento si è avvertita, almeno qui in Italia, una certa stanchezza di idee e di proposte, la poesia europea sembrerebbe essersi stabilizzata al livello della poesia del privato, del quotidiano, del corpo, della cronaca, della protesta, del ritorno all’elegia, insomma, sulla misura della Crisi della Ragione Poetica. Però, paradossalmente, proprio questa Crisi ha provocato in questi ultimi anni il risveglio della poesia e una nuova fioritura di poesia. In tal senso, sarei propenso ad inquadrare anche la tua Antologia “Quanto non sta nel fiato” edito in Italia da Fusibilialibri nel 2015. Che poi è lo stesso discorso che tu porti avanti con la tua poesia quando scrivi:

Gli esegeti dei movimenti d’arte odierni,
di quelli poetici in particolare,
hanno già detto che la poesia è tutto,
performance, gioco per gioco,
e multimedialità da gradire molto.
La poesia è di per sé già tentativo
che l’uomo, di cui tutto è stato detto,
abbia lui stesso a dire qualcosa,
di sé naturalmente.
Non è forse questo il tempo ideale per la poesia?

Duska Vrhovac Sobe strane Drine (Sulle due rive della Drina), (Zadužbina Petar Kočić, Banja Luka 1995)

Duska Vrhovac Sobe strane Drine (Sulle due rive della Drina), (Zadužbina Petar Kočić, Banja Luka 1995)

Risposta: ALLARGANDO I CONFINI LA SOCIETA’ MODERNA RESTRINGE LE PROSPETTIVE

Il mondo è globalizzato ed il diavolo ha già fatto la maggior parte del suo lavoro, questo è sicuro. Ma è anche sicuro che da quando il mondo è mondo il bene sopprime il male e dopo la pioggia comunque viene il sole. Per quanto sembri out, è quello che, malgrado tutti gli evidenti motivi di pessimismo, continua a spronare l’ottimismo insito, benché ce ne siano pochi di motivi. La cosa peggiore sta sicuramente nel fatto che la nostra società moderna purtroppo restringe le prospettive mentre sta allargando i confini. Paradossale, ma è proprio così.

La comunicazione oggi, in qualsiasi settore si svolga, per essere visibile ed efficiente richiede la provocazione. Vuol dire che sono passati i tempi del lento e quieto rialzare della coscienza e che per qualsiasi tipo di successo ci vuole un’azione veloce ed efficace i cui effetti saranno immediati. È però difficilissimo evitarne le conseguenze negative nella cultura, nell’arte, nella letteratura ed in particolare nella poesia, a proposito della quale si parla degli stessi problemi nelle varie parti del mondo. Sta morendo oppure si trova sul punto zero e cerca un nuovo inizio? È sprofondata indecentemente in basso invece di salire sempre più in alto? Come liberare la poesia (da che cosa)?

In sostanza, tutte le risposte si potrebbero ridurre in poche frasi. Come sempre, la poesia anche oggi nasce in date circostanze, nella realtà politica, ideologica, sociale e culturale del proprio tempo ed è soggetta a tutte le sue malattie. Perciò, possiamo dire che la crisi della scrittura non esiste da nessuna parte e che il problema è piuttosto l’iperproduzione e la mancanza di criteri di valore, che già da un bel po’ vengono stabiliti dai più idonei (politicamente) e dai più abili (nel senso del commercio e marketing). Inoltre, la possibilità di pubblicare è molto grande, il che favorisce l’iperproduzione e la selezione negativa, ammesso che una selezione che non sia negativa esista.

Non è neanche vero che oggi la poesia non sia letta, anche se è vero che i libri di poesia si vendono molto meno di quelli di narrativa e degli opuscoli che spiegano come diventare ricco, come essere felice, come scegliere quello/a giusto/a, come curarsi in modo veloce ed economico da malattie incurabili, e così via. Ma anche qui tutto è abbastanza chiaro, una pubblicità imponente ed un buon marketing riescono a vendere un cattivo libro di qualsiasi genere. Perché allora non vendere anche un libro di poesia? Si trascura che, comunque, un testo poetico richiede un maggiore impegno di tutti i partecipanti: scrittori, curatori, editori, marketing e, infine, l’utente. E questi sono i tempi della velocità (fast food, viaggi veloci, relazioni sbrigative, arricchimenti veloci, consumi veloci, e persino veloci arrivi ad un vuoto che poi viene riempito dalle stesse cose che l’hanno causato, dalla “merce” priva di spirito). Allora, come “imporre” la poesia? Unicamente istituendo criteri di valore, facendo una pubblicità buona ed imponente, essendo disponibili e – inevitabilmente – investendo. Il solo problema è che gli investimenti in spiritualità, e la buona poesia è necessariamente spiritualità, oggi più che mai comportano il grande rischio di non vedere mai un ritorno. Ed è un rischio che nessuno più vuole. Arriviamo così alla questione dell’atteggiamento della società e dello stato verso la cultura e verso l’arte in genere, quindi anche verso la poesia, la vera regina di tute le arti, per quanto sembri patetico dirlo. Quale Paese oggi ha una strategia culturale? I Paesi che ci tengono alla cultura ed all’arte tengono conto del futuro culturale della propria nazione, della lingua, della società in genere, hanno una strategia culturale.

Io vengo dallo spazio “buio” dell’Europa dove ad ogni generazione è garantita almeno una guerra ogni 20-40 anni; tutto il resto è incerto. E quindi la cultura è agli estremi margini. Per questa ragione anche il rapporto con la cultura era migliore in quello stato marcio e ormai distrutto, inadeguato e chiamato “comunista”, di quanto non lo sia in questo stato democratico che si sta arrampicando sugli specchi per raggiungere gli standard europei che l’Europa ha già superato, distruggendo se stessa nel senso culturale e culturologico.

Duska Vrhovac Alaetin Tahir, Fazıl Hüsnü Dağlarca Struga, Macedonia 1986

Duska Vrhovac Alaetin Tahir, Fazıl Hüsnü Dağlarca Struga, Macedonia 1986

2) Domanda: Quale è stato, a tuo avviso, il ruolo che il modernismo europeo (da Mandel’stam ed Eliot passando per Auden, Milosz, Rozewicz, Herbert, Vasko Popa, Kikuo Takano fino ai giorni nostri) ha avuto sulla tua poesia?

3) Domanda: Qual è la tua opinione sulle poetiche dello sperimentalismo che dagli anni Sessanta e Settanta ha invaso la poesia europea? Voglio dire: è stata una esperienza utile quella dello sperimentalismo europeo per la tua poesia?

4) Domanda: Piccolo popolo quello serbo, poesia grande?

Duska Vrhovac I Wear My Shadow Inside Me, Forest Books, Londra, 1991.Risposta: POPOLI PICCOLI E POESIA GRANDE

Isidora Sekulić (1877-1958), una delle donne più sagge nella storia della letteratura serba, romanziera, saggista, traduttrice, poliglotta, per educazione professoressa di matematica, scriveva delle sorti dei popoli piccoli e delle lingue piccole. Nel 1932 ha scritto anche quanto segue:

“Nei popoli piccoli, dal regnante al pastore – cantante, su ogni punto trema e si spezza qualcosa che sta tra due equilibri, uno che si perde e l’altro che si viene a creare. Nei piccoli popoli è in atto quello che la storia dell’arte chiama Rinascimento e che invece le scienze naturali chiamano molto meglio: elementi degli eventi. I popoli piccoli, infatti, sono materiale più cosmico che europeo, il quale per volontà divina può entrare in un attimo in nuovi eventi, diventare nuovo mondo; ovviamente, per volontà divina può anche essere sospinto più in profondità tra gli elementi. È un gioco sul filo di lama, è un risplendere e spegnersi in una goccia di rugiada. È la poesia del popolo piccolo, dappertutto e quindi anche nella pittura.” (Isidora Sekulić, Balkan, Plavi jahač, Beograd, 2003).

Forse tutti quelli che in qualsiasi modo si occupano dei Balcani, ed  in particolare quelli che studiano la poesia di questi territori, dovrebbero prima leggere questo saggio di Isidora. Voglio credere che leggerlo faciliterebbe la comprensione di alcune cose e renderebbe possibile cognizioni più profonde. Una di queste cognizioni probabilmente sarebbe che spesso nell’intimo di questi artisti, nel loro carattere, c’è qualcosa che tende al surreale, all’incredibile, nonché qualcosa di profondamente atavistico. Per questo motivo molti di loro credono che niente succeda per caso ma che oltre al visibile ed al comprensibile ci sono sempre significati e sequenze di eventi più profondi. Neanch’io sono un’eccezione. Quindi espongo qui un dato apparentemente poco importante sul mio popolo piccolo (che una volta era più grande ed aveva una cultura maggiore, cosa che oggi si può intuire e provare nella lingua e nella scrittura, più ricchi e più perfetti di quanto non lo sia la nostra odierna cultura). I serbi sono un popolo molto talentuoso. Rispetto al numero degli abitanti hanno dato un gran numero di artisti riconosciuti nel mondo, scrittori, pittori, poeti e scienziati. Uno di questi grandi poeti è Vasko Popa.

Duska Vrhovac, photo by Lisa Bernardini

Duska Vrhovac, photo by Lisa Bernardini

5) Domanda: Oggi tutto è ecologia. Forse anche la poesia dell’Occidente di oggi sembrerebbe rientrare nel concetto di ecologia. Qual è il tuo pensiero?

 Risposta: NON BASTA L’ALIMENTAZIONE SANA PER UNA VITA SANA

Oggi tutto è ecologia. Forse il maggior simbolismo che potrebbe riferirsi alla poesia, sebbene riguardi la sopravvivenza, sta proprio nel tentativo di coltivare alimenti sani sul suolo che ha generato Nikola Tesla, Mihajlo Pupin, il premio Nobel Ivo Andrić e tanti altri personaggi importanti, sul suolo chiamato Europa dell’est oppure Balcani occidentali, su questo suolo permanentemente inquinato da materiali tossici provenienti dalla demolizione di grandi complessi industriali e chimici e l’uso di armi con uranio impoverito durante i bombardamenti della NATO della Jugoslavia nel 1999! E noi coltiviamo questi alimenti sani. E li compriamo. E li vendiamo ai paesi che hanno preso parte ai bombardamenti, perché niente può sostituire la vita. E niente può sostituire la poesia che quindi sopravvive in tutti i tempi e sopravvivrà finché l’uomo possiede i sentimenti, finché non passa in uno stadio successivo che inevitabilmente cambierà tutto. I sentimenti precedono tuttora la ragione. La poesia sopravvivrà anche perché per la vita non è sufficiente la sola alimentazione sana.

Duska Vrhovac Chantal - Duska, ritratto di poetessa, Parigi 84

Duska Vrhovac Chantal – Duska, ritratto di poetessa, Parigi 84

6) Domanda: Un autore modernista di alto livello come Vasko Popa risulta poco tradotto in Italia. Ti chiedo: come mai?

 Risposta: A PROPOSITO DI VASKO POPA Commento di Duška Vrhovac. Traduzione dal serbo: Cvijeta Jakšić

Mentre nella mia vita ero collegata all’Italia da un’amicizia giovanile che mi ha regalato un’altra famiglia incrementando il mio amore per la cultura, l’arte ed il popolo italiano, nella mia casa di Belgrado ci sono due cose che da qualche tempo mi ricordano Roma: il libro delle mie poesie scelte in italiano, Quanto non sta nel fiato e serigrafia ritoccata a mano, del maestro Ezio Farinelli, sulla parete del mio soggiorno. Perché parlo del mio libro? Perché la nascita di quel libro mi ha arrecato molta gioia, ma anche un attimo di disagio. Fu all’Isola dei poeti Tiberina, quando mentre ne tenevo in mano commossa la seconda edizione mostrandola al pubblico, ho saputo che a Vasko Popa, il poeta sul quale avevo scritto la mia tesi agli esami di maturità, uno dei maggiori poeti serbi del Novecento, non è mai stato pubblicato un libro in italiano. Poco dopo ho letto un articolo di  Giorgio Linguaglossa che diceva che avrebbe volentieri visto la poesia di Vasco Popa edita da qualche grande casa editrice italiana. La raccomandazione mi ha fatto sentire riconoscente perché l’unico modo di conoscere un poeta è che sia tradotto e pubblicato, quindi accessibile.

Vasko Popa è senza dubbio un poeta di formato internazionale e la sua opera già durante la sua vita ha superato tutti i confini, geografici, nazionali, generazionali, ideologici e linguistici. Durante la sua vita, nonostante fosse stato pure contestato da alcuni autori, ha ottenuto gloria, riconoscimenti e premi. Il mondo gli ha dato anche di più: il poeta che ha pubblicato 8 collezioni (circa 400 poesie) ed è stato scelto in circa 30 antologie ha visto durante la vita la stampa di 54 libri con il suo nome in giro per il mondo, libri per i quali ha avuto elogi da alcuni dei poeti più riconosciuti, e voluminosi studi sulla sua poesia sono stati pubblicati in Inghilterra, Germania, Francia, gli USA.

È vero che Popa non è completamente sconosciuto al pubblico letterario italiano, anche se la prima presentazione è avvenuta appena 20 anni dopo la sua morte. Il merito della prima presentazione importante della poesia del Popa in Italia va alla rivista „In forma di parole”, che ha pubblicato un’ampia scelta di poesia con traduzione a fronte curata da Lorenzo Casson. La postfazione è firmata da Dan Octavian Cepraga, il quale rileva che si tratta davvero di un poeta di eccezionale rilievo. Una recensione molto ispirata del numero della rivista „In forma di parole” dedicato a Popa, intitolata “Il poeta-mago che cantò la liberazione dei Balcani”, è firmata da Rigoni Mario Andrea nelle pagine culturali del „Corriere della Sera“ (30 luglio 2011, pagina 53).

Credo di dover dire che questo non è sufficiente e che una pubblicazione delle poesie di Popa in italiano sarebbe sicuramente utile e farebbe la gioia del pubblico letterario italiano e degli amatori della buona poesia. Ecco alcuni fatti che lo confermano.

Duska Vrhovac Miami Airport 2008

Duska Vrhovac Miami Airport 2008

Con il suo primo libro di poesie, Kora (La corteccia), un libro caratterizzato da sintassi, contenuto e forma insoliti, Vasko Popa – insieme a Miodrag Pavlović (1928-2014) con il suo libro 87 poesie, ha creato un’importante svolta nella poesia serba dei primi anni cinquanta. Con la sua espressione poetica moderna, liberata da tutti i dogmi dell’epoca, la poesia di Popa rinnovava la freschezza poetica del mondo ed è diventata subito vicina alle generazioni giovani che influenzerà diventando non solo il precursore della poesia serba moderna ma anche il personaggio chiave della poesia contemporanea che ha segnato l’epoca definendo sicuramente le direzioni dell’ulteriore sviluppo della poesia.
L’espressione poetica di Popa è affine all’aforisma, al proverbio, è ellittica e concisa, la lingua è essenziale e lapidaria. Scrive in versi brevi senza rima e punteggiatura, versi molto vicini alla metrica della poesia popolare serba. La caratteristica della poesia di Popa è una “ricchezza linguistica e rigorosità sintattica”. Una relazione particolare, complessa ed essenziale con la tradizione, un patriottismo sano senza cariche ideologiche o nazionalistiche, ma con piena conoscenza della storia e della cultura, con la capacità di dimostrare l’insieme e la particolarità con un dettaglio, dimostrano una sua sublime capacità di tradurre tutte le cose, gli oggetti ed i fenomeni in motivi poetici. I contrasti ed i conflitti universali, tutto l’esistente, si incontrano nel suo campo del non-riposo rendendo la sua poesia filosofica e metafisica. Parco con le parole, Popa spalanca le porte ai pensieri ed ai significati. È un grande poeta anche perché la sua poesia rappresenta un fermo nesso tra le accezioni più larghe della tradizione e del nostro tempo. È un’opera che “per unicità di metodo e significato quasi non trova pari, un’opera che con diversi e singoli progetti, artisticamente realizzati e ritrovati nella realtà poetica … ascende verso significati universali”.

Per Vasko Popa, come ha detto lui stesso in un’intervista, “la Poesia in verità è la personificazione dell’armonia senza la quale in fin dei conti non è possibile vivere… Con la mia poesia desidero esprimere esattamente quello che ho scritto. Se sapessi esprimerlo in altro modo, probabilmente non scriverei…”

In un altro discorso, parlando di tradizione, dice: „Le nostre poesie sulla battaglia del Kosovo ed il nostro mito del Kosovo rappresentano una miniera di diamanti. Senza fine né fondo!… Io ne ho tolto solo alcuni grumi. Varrebbe la pena spendere una vita intera a portare alla luce queste preziosità…“

Quando fu pubblicata nella biblioteca eccezionale Rukom pisano (Scritto a mano – Milan Rakić, Valjevo), la sua collezione di poesie Lontano dentro di noi, scritta a mano da lui stesso, Popa scrisse nell’introduzione: „Le poesie che scrivo creano cerchi, i cerchi creano libri. Per la biblioteca. Scritto a mano dal poeta ho scelto il circolo Daleko u nama (Lontano dentro di noi).

Daleko u nama consiste di trenta poesie, il numero dei giorni di un mese. Il mese si è protratto a otto anni interi dato che le poesie sono state scritte nel periodo 1943-1951. Il ciclo di poesie Lontano dentro di noi è pubblicato nel mio primo libro La corteccia del 1953. Anche queste poesie sono dedicate a Haša…“

Haša era il primo amore di Vasko e la sua moglie fino alla fine. Si sa poco della loro vita privata.

Duska Vrhovac in the beginning is the word

Duska Vrhovac in the beginning is the word

7) Domanda: A tuo avviso, vedi un futuro per la poesia nel mondo che si sta costruendo? Quale è la linea di orientamento e di sviluppo della tua poesia?

Risposta di Duška Vrhovac

 A trovare la mia parola

Tanti poeti hanno già cantato già
come nel granello di sabbia si veda il mondo intero,
sul palmo l’infinito, nell’occhio la volta celeste
e come in un giorno ci può stare l’eternità.

Quanti hanno esaltato l’amore,
maledetto la sofferenza, la tristezza e il dolore,
descritto la morte, inferno, casa felice e paradiso,
invocato l’immortalità dell’opera e del proprio nome.

Tutto detto, visto,
intuito, tutto cantato,
nulla che non sia stato.
Allora io che ci sto a fare qui,
come la prima donna e il primo uomo,
come Dio stesso?

A dire quanto già detto?
A descrivere quanto già descritto?
A trovare la mia parola.

Cercando il titolo

Da giorni le parole mi perseguitano,
grandi, policrome e sonore,
ubique; in ciò che ho desiderato
o che non ho saputo dire,
gradevoli, aggressive,
chiare, sfuggenti,
quelle a tre facce
o del tutto comuni, ingannatrici.
Cerco di inventarmene una nuova,
per forgiarla come filo d’oro,
incandescente, ardente, tagliente, grave,
che da sola penetri memoria e senso.
inseguo e perseguo questa parola
che possa contenere tutto questo libro chiuso,
tutto questo caos e questo grido,
ma dal primo attimo,
dal primo brivido e dal primo
verso, e ancora prima.
Solo una batte in mezzo alla fronte
anzi dentro,
sporge dalle tempie,
vaga attraverso la mia insonnia,
scambia i nomi dei piatti che ordino
e delle strade che percorro,
i nomi degli amici che chiamo,
dei conoscenti che saluto mentre passo,
dei momenti preziosi di cui ho memoria,
impressi bene in mente,
dell’amante che desidero.
Ecco che lei, implacabile e brillante,
prevale su di me; si scrive da sé
e subito si accresce all’infinito,
battente come pioggia torrenziale,
come neve fatale o funerei banchi di nebbia,
fino a inondarmi tutta, a pervadermi e assorbirmi,
questa sola e unica parola, come una bandiera,
come fosse in lei tutto racchiuso: Resistenza.

Giorgio Linguaglossa Duska Vrhovac, Steven Grieco e Rita Mellace Roma giugno 2015, Isola Tiberina

Giorgio Linguaglossa Duska Vrhovac, Steven Grieco e Rita Mellace Roma giugno 2015, Isola Tiberina

Poeti

I poeti sono una banda
di presuntuosi vagabondi,
interpreti ingannevoli
del quotidiano e dell’eterno
ricercatori vani,
smodati amanti,
cacciatori di parole perdute
inseguitori di strade e mari.

I poeti sono giardinieri superbi
di intricati giardini regali,
precursori di deviazioni stellari,
messaggeri di navi affondate,
violatori di sentieri segreti,
magistrali riparatori
di Carri Grandi e Piccoli,
raccoglitori di polvere astrale.

I poeti sono ladri di visioni,
scopritori di utopie scartate,
ciarlatani di ogni specie,
degustatori di piatti avvelenati,
figli degeneri e di professione seduttori,
cavalieri che volontariamente
alla ghigliottina offrono la loro testa
eseguendo da se stessi la condanna.

I poeti sono custodi incoronati
dell’essenza risposta nella lingua,
amanti dei misteri insolubili
ammaliatori e provocatori,
sono i prediletti degli Dei,
assaggiatori di bevande portentose
e dissipatori vani
delle proprie vite.

I poeti sono gli ultimi germogli
della specie più sottile di esseri cosmici,
coltivatori di fiori bianchi interiori
e falsi creatori di mondi insostenibili.
I poeti sono interpreti dei segni perduti,
portatori di messaggi essenziali
e di avviso che la vita è inesauribile,
e l’universo un progetto mai finito.

I poeti sono lucciole sull’aia del cosmo,
conquistatori della grande fascia
di colori che fa l’arcobaleno
esecutori della musica sacra
da cui è nato l’universo.
I poeti sono invisibili interlocutori
nel silenzio sul senso e sul non senso
di tutto ciò che si vede e non si vede.
I poeti sono i miei soli veri fratelli.

da Quanto non sta nel fiato, poesie scelte, (trad. Isabella Meloncelli Viterbo, FusibiliaLibri, 2014 pp. 126 € 13)

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Archiviato in interviste, Poesia serba contemporanea

Vasko Popa (1922-1991) CINQUE POESIE Traduzione di Ibolja Cikos, Presentazione a cura di Duška Vrhovac

Vasko Popa,

Vasko Popa,

Vasko Popa è uno dei poeti più tradotti ed apprezzati della ex Jugoslavia ed anche oggi è uno dei poeti serbi più tradotti e riconosciuti nel mondo. Le sue poesie in inglese apparvero già nel 1969 curate ed introdotte da Ted Hughes (Selected Poems, Penguin Books), il quale più tardi pubblicò e scrisse l’introduzione per un’ampia scelta di poesie del Popa scritte tra il 1943 ed il 1976. Tradotto in una ventina di lingue, oltre a Hughes tra i suoi traduttori o tra quelli che ne hanno scritto troviamo, Charles Simic (inglese), Alain Bosquet (francese), Octavio Paz (spagnolo), Gun Bergman, Artur Lundkvist ed altri di rilevanza internazionale.

In Italia Popa ha avuto una qualche attenzione appena vent’anni dopo la morte, quando la rivista “In forma di parole” pubblicò un’ampia scelta di sue poesie intitolata: “Vasko Popa, Poesie”, curata e tradotta da Lorenzo Casson, con una postfazione scritta da Dan Octavian Cepraga.

Vasko Popa nasce il 29 giugno 1922 nel villaggio di Grebenac presso Bela Crkva come Vasile Popa, di origine etnica rumena. Frequenta la scuola elementare ed il liceo a Vršac. Nel 1940 iscrive la Facoltà di filosofia a Belgrado, continuando poi gli studi universitari a Bucarest e a Vienna. Durante la seconda guerra mondiale viene internato nel lager tedesco a Bečkerek, oggi Zrenjanin. Nel 1949 si laurea in lingue neolatine alla Facoltà di filosofia di Belgrado.

Pubblica le sue prime poesie nella rivista „Književne novine“ e nel giornale „Borba“.

Vasko Popa u svom domu

Vasko Popa u svom domu

La sua prima collezione di poesie, “Kora“(La corteccia) vede la luce nel 1953 a Belgrado; seguono i libri: „Nepočin polje“ (Il campo del non-riposo,1956), „Sporedno nebo“ (Cielo secondario, 1968), „Uspravna zemlja“ (La terra verticale, 1972), „Vučja so“ (Il sale dei lupi,1975), „Kuća nasred druma“ (La casa in mezzo alla strada, 1975), „Živo meso“ (La carne viva, 1975), „Rez“ (Il taglio, 1981) nonché il ciclo di poesie „Mala kutija“ (La piccola scatola, 1984), parte della collezione incompiuta „Gvozdeni sad“ (Il giardino di ferro).

Dal 1954 al 1979 lavora come redattore presso la casa editrice Nolit di Belgrado. Ha curato le antologie: “Od zlata jabuka” (Mela d’oro, 1958.), che mette in nuova luce la poetica della saggezza popolare; “Urnebesnik” (Strepitio, 1960.), il mondo dell’umorismo poetico; e Ponoćno sunce (Il sole di mezzanotte, 1962.), sulle chimere poetiche. Ha fatto traduzioni dal francese.

A Vršac, il 29 maggio 1972 costituisce il Comune letterario di Vršac (KOV) e avvia un’insolita biblioteca su cartoline intitolata “Fogliame libero”.

È stato membro dell’Accademia serba delle scienze e delle arti ed ha conseguito numerosi premi e riconoscimenti serbi, jugoslavi e mondiali. È morto a Belgrado il 5 gennaio 1991 ed è sepolto nel Viale degli emeriti al cimitero “Novo groblje”.

Autografo Vasko Popa

Autografo Vasko Popa

Dopo la sua morte è stata trovata tra le sue carte la collezione incompiuta di poesie „Gvozdeni sad“ (Il giardino di ferro), un testo incompiuto intitolato „Lepa varoš V“ (Il bel borgo di V) ed un ciclo di cinque poesie dal titolo comune “Ludi Lala” (Il “Lala” matto – dove Lala è il nomignolo che si da agli abitanti di Vojvodina). Tra le sue carte si trovano anche 19 poesie ed un libro di saggi sull’arte e artisti intitolato „Kalem“ (Bobina).

Il Comune letterario di Vršac ha pubblicato nel 2002 il libro „Rumunske i druge pesme“ Poesie rumene ed altre) dove sono apparse per la prima volta alcune poesie del Popa scritte in gioventù. La sua eredità letteraria è oggi custodita dalla biblioteca dell’Accademia serba delle scienze e delle arti.

Nel 1995 è stato istituito il premio “Vasko Popa”, per il miglior libro di poesie scritto in serbo, che viene conferito il giorno della nascita del poeta, il 29 giugno di ogni anno.

VASKO POPA - copertinaDa anni, per la verità da decenni, mi chiedevo ogni tanto, senza trovare una risposta plausibile, come mai l’ editoria italiana (compresa l’ Enciclopedia della Letteratura Garzanti, ancora nell’ edizione del 2000) ignorasse completamente un poeta del rilievo come Vasko Popa (1922-1991). Non è stato né un autore clandestino né una figura appartata, ma il poeta nazionale della Serbia, che ha anche rivestito cariche ufficiali, ad onta di un’opera che, considerata in se stessa, non solo non si accordava con i canoni del realismo socialista, ma ne rappresentava un’assoluta antitesi. Romeno della Vojvodina, Popa, che nella sua opera abbandonò presto la lingua materna per adottare quella serba, dopo aver studiato lingue e letterature romanze nelle Università di Belgrado, Vienna e Bucarest, aver partecipato alla Resistenza ed essere anche stato internato per alcuni mesi in un campo di prigionia tedesco, aveva pubblicato tra il 1953 e il 1980 otto raccolte poetiche. Già nel 1969 era apparsa in inglese una scelta introdotta da Ted Hughes ( Selected Poems , Penguin Books), a cui seguì l’anno dopo un’altra selezione tradotta da Charles Simic, compatriota di Popa ( The Little Box , The Charioteer Press). Un’ampia antologia dei versi scritti fra il 1943 e il 1976 era poi stata pubblicata, sempre con la prefazione di Hughes, nel 1978 ( Collected Poems , Carcanet New Press). Tradotto in una ventina di lingue (in francese da Alain Bosquet, in spagnolo per merito di Octavio Paz, che scrisse anche versi in suo onore), Popa in ambito italiano non ha ricevuto la minima attenzione, se si eccettua il caso di poche liriche tradotte nella rivista di Fiume «La battana» all’ inizio degli anni Settanta. È dunque un vero merito della rivista «In forma di parole» e del suo fondatore-direttore, Gianni Scalia, offrire in un recente numero monografico (pp. 292, 30) la traduzione integrale di tre raccolte poetiche di Popa: Il campo del non-riposo (1956), Terra verticale (1972), Il sale dei lupi (1975), coraggiosamente curate da Lorenzo Casson e accompagnate da un’ottima postfazione di Dan Octavian Cepraga. La scelta esemplifica una poesia che si insedia con grande potenza fantastica in un singolare continente posto fra il surreale, la storia e il mito, o il folclore popolare, serbo. L’apertura dell’orizzonte di Popa è cosmica, oltre che surreale, come denunciano immediatamente alcuni incipit: «Una testa tagliata/ Fiore tra i denti/ gira intorno alla Terra» oppure: «Un pugnale nudo e vivo/ giace sulla Via Lattea» ( Il cielo secondario , raccolta del 1968). Ma la scena poetica allestita da Popa ricorda non di rado Beckett: solo che si tratta di un Beckett risospinto e sprofondato nell’inorganico e nell’anonimo. Protagonisti non sono più esseri umani, sia pure ridotti alla condizione di fantocci o di relitti, ma frammenti smembrati di corpi – teste, occhi, lingue, braccia, ossa, fiamme, astri, pietre. Si direbbe che Popa raffiguri la condizione diagnosticata da Benn: che non esiste più l’uomo, ma vi sono soltanto i suoi sintomi. In una poesia del Campo del non-riposo due ossi colloquiano tra loro con disperata, affabulante ironia fino a negare la più lontana forma di appartenenza:

«Per noi ora è facile/ Ci siamo liberati dalla carne/ Ora faremo quel che faremo/ Dimmi qualcosa/ Vuoi essere/ la spina dorsale della folgore/ Dimmi ancora qualcosa/ Che vuoi che ti dica/ Forse l’ osso iliaco della burrasca/ Dimmi qualcos’ altro/ Altro non so/ Forse la costola dei cieli/ Noi non siamo le ossa di nessuno/ Dimmi qualcos’ altro ancora».

Autografo

Autografo

Un ciclo di liriche all’ interno della stessa raccolta narra il cuore, il sogno e l’ innamoramento del ciottolo, altro oggetto-emblema della poesia di Popa: alla fine due ciottoli, lacrime di pietra, si guardano ottusamente per riconoscersi soltanto «vittime di una beffa innocente/ una beffa insipida senza beffatore». Che cosa anima e riscatta, oltre alla serpeggiante vena ironica, questo desolato paesaggio metafisico? Il fatto che esso «si apre attraverso occhi di una semplicità infantile e di una lunatica stranezza» e che «il filosofo sofisticato è anche un primitivo, gnomico mago» (Hughes). Questo secondo aspetto si vede bene anche quando l’ oggetto della poesia di Popa diventa la storia dei Serbi, caratterizzata dalla resistenza e dalla ribellione al dominio ottomano e miticamente ricondotta alla discendenza da un dio-lupo primordiale. Se la vocazione surrealista aveva preso la via dell’ immanenza nell’ inorganico, lo sguardo storico sfocia pur sempre nel favoloso e nell’arcaico, avvolto da una medesima e trasfigurante fiamma epico-lirica: «Muovi lo sguardo verso di me/ Lupo zoppo/ E ispirami col fuoco delle fauci/ Perché io canto in tuo nome/ nella lingua ancestrale dei tigli». Come nota opportunamente Cepraga, l’opera di Popa (che non manca di rapporti né con la poesia romena, né con la ricerca di Eliade né con la scultura di Brancusi) consente di «misurare non solo la frattura che ci ha divisi, ma anche la distanza ancora da colmare per ricollocare, a pieno titolo, in un comune orizzonte intellettuale e spirituale la grande poesia dell’Europa dell’Est di questi ultimi sessant’ anni».

Vasko Popa Vizit-karta Vaska Pope

 A PROPOSITO DI VASKO POPA Commento di Duška Vrhovac. Traduzione dal serbo: Cvijeta Jakšić

 Mentre nella mia vita ero collegata all’Italia da un’amicizia giovanile che mi ha regalato un’altra famiglia incrementando il mio amore per la cultura, l’arte ed il popolo italiano, nella mia casa di Belgrado ci sono due cose che da qualche tempo mi ricordano Roma: il libro delle mie poesie scelte in italiano, Quanto non sta nel fiato e Don Chisciotte, una serigrafia ritoccata a mano, del maestro Ezio Farinelli, sulla parete del mio soggiorno. Perché parlo del mio libro? Perché la nascita di quel libro mi ha arrecato molta gioia, ma anche un attimo di disagio. Fu all’Isola dei poeti – Tiberina, quando mentre ne tenevo in mano commossa la seconda edizione mostrandola al pubblico, ho saputo che a Vasko Popa, il poeta sul quale avevo scritto la mia tesi agli esami di maturità, uno dei maggiori poeti serbi del Novecento, non è mai stato pubblicato un libro in italiano. Poco dopo ho letto un articolo di  Giorgio Linguaglossa che diceva che avrebbe volentieri visto la poesia di Vasco Popa edita da qualche grande casa editrice italiana. La raccomandazione mi ha fatto sentire riconoscente perché l’unico modo di conoscere un poeta è che sia tradotto e pubblicato, quindi accessibile.

Vasko Popa è senza dubbio un poeta di formato internazionale e la sua opera già durante la sua vita ha superato tutti i confini, geografici, nazionali, generazionali, ideologici e linguistici. Durante la sua vita, nonostante fosse stato pure contestato da alcuni autori, ha ottenuto gloria, riconoscimenti e premi. Il mondo gli ha dato anche di più: il poeta che ha pubblicato 8 collezioni (circa 400 poesie) ed è stato scelto in circa 30 antologie ha visto durante la vita la stampa di 54 libri con il suo nome in giro per il mondo, libri per i quali ha avuto elogi da alcuni dei poeti più riconosciuti, e voluminosi studi sulla sua poesia sono stati pubblicati in Inghilterra, Germania, Francia, gli USA.

Vasko Popa Dusan Simic, Ilustracije za pesme Vaska Pope

Vasko Popa Dusan Simic, Ilustracije za pesme Vaska Pope

E’ vero che Popa non è completamente sconosciuto al pubblico letterario italiano, anche se la prima presentazione è avvenuta appena 20 anni dopo la sua morte. Il merito della prima presentazione importante della poesia del Popa in Italia va alla rivista „In forma di parole”, che ha pubblicato un’ampia scelta di poesia con traduzione a fronte curata da Lorenzo Casson. La postfazione è firmata da Dan Octavian Cepraga, il quale rileva che si tratta davvero di un poeta di eccezionale rilievo. Una recensione molto ispirata del numero della rivista „In forma di parole” dedicato a Popa, intitolata “Il poeta-mago che cantò la liberazione dei Balcani”, è firmata da Rigoni Mario Andrea nelle pagine culturali del „Corriere della Sera“ (30 luglio 2011, pagina 53).

Credo di dover dire che questo non è sufficiente e che una pubblicazione delle poesie di Popa in italiano sarebbe sicuramente utile e farebbe la gioia del pubblico letterario italiano e degli amatori della buona poesia. Ecco alcuni fatti che lo confermano.

Con il suo primo libro di poesie, Kora (La corteccia), un libro caratterizzato da sintassi, contenuto e forma insoliti, Vasko Popa – insieme a Miodrag Pavlović (1928-2014) con il suo libro 87 poesie, ha creato un’importante svolta nella poesia serba dei primi anni cinquanta. Con la sua espressione poetica moderna, liberata da tutti i dogmi dell’epoca, la poesia di Popa rinnovava la freschezza poetica del mondo e diventava subito vicina alle generazioni giovani che influenzerà diventando non solo il precursore della poesia serba moderna ma anche il personaggio chiave della poesia contemporanea che ha segnato l’epoca definendo sicuramente le direzioni dell’ulteriore sviluppo della poesia.
L’espressione poetica di Popa è affine all’aforisma, il proverbio, è ellittica e concisa, la lingua è essenziale e lapidaria. Scrive in versi brevi senza rima e punteggiatura, versi molto vicini alla metrica della poesia popolare serba. La caratteristica della poesia di Popa è una “ricchezza linguistica e rigorosità sintattica”. Una relazione particolare, complessa ed essenziale con la tradizione, un patriottismo sano senza cariche ideologiche o nazionalistiche, ma con piena conoscenza della storia e della cultura, con la capacità di dimostrare l’insieme e la particolarità con un dettaglio, dimostrano una sua sublime capacità di tradurre tutte le cose, gli oggetti ed i fenomeni in motivi poetici. I contrasti ed i conflitti universali, tutto l’esistente, si incontrano nel suo campo del non-riposo rendendo la sua poesia filosofica e metafisica. Parco con le parole, Popa spalanca le porte ai pensieri ed ai significati. E’ un grande poeta anche perché la sua poesia rappresenta un fermo nesso tra le accezioni più larghe della tradizione e del nostro tempo. E’ un’opera che “per unicità di metodo e significato quasi non trova pari, un’opera che con diversi e singoli progetti, artisticamente realizzati e ritrovati nella realtà poetica … ascende verso significati universali”.

Vasko Popa Ranko Guzina, kar.Per Vasko Popa, come ha detto lui stesso in un’intervista, “la Poesia in verità è la personificazione dell’armonia senza la quale in fin dei conti non è possibile vivere… Con la mia poesia desidero esprimere esattamente quello che ho scritto. Se sapessi esprimerlo in altro modo, probabilmente non scriverei…“

In un altro discorso, parlando di tradizione, dice: „Le nostre poesie sulla battaglia del Kosovo ed il nostro mito del Kosovo rappresentano una miniera di diamanti. Senza fine né fondo!… Io ne ho tolto solo alcuni grumi. Varrebbe la pena spendere una vita intera a portare alla luce queste preziosità…“

Quando fu pubblicata nella biblioteca eccezionale Rukom pisano (Scritto a mano – Milan Rakić, Valjevo), la sua collezione di poesie Lontano dentro di noi, scritta a mano da lui stesso, Popa scrisse nell’intorduzione: „Le poesie che scrivo creano cerchi, i cerchi creano libri. Per la biblioteca Scritto a mano dal poeta ho scelto il circolo Daleko u nama (Lontano dentro di noi)Daleko u nama consiste di trenta poesie, il numero dei giorni di un mese. Il mese si è protratto a otto anni interi dato che le poesie sono state scritte nel periodo 1943-1951. Il cerchio di poesie Lontano dentro di noi è pubblicato nel mio primo libro La corteccia del 1953. Anche queste poesie sono dedicate a Haša…“. Haša era il primo amore di Vasko e la sua moglie fino alla fine. Si sa poco della loro vita privata.

il poeta serbo Vasko Popa (1922-1991), per la prima volta tradotto in italiano.

VASKO POPA: 5 POESIE

Traduzione: Ibolja Cikos
Il sogno del sasso

Dalla terra si protese una mano
Tirò in alto un sasso

Dov’è il sasso
Sulla terra non è tornato
Su in ciel’ non è arrivato

Cos’è successo al sasso
Forse l’altezza s’ha mangiato
Forse in un uccello s’è trasformato

Eccolo il sasso
Rimasto testardamente in sé stesso
Ne sulla terra ne su in cielo

Ascolta se stesso
Mondo tra i mondi

*

Сан белутка (Serbo)

Рука се из земље јавила
У ваздух хитнула белутак

Где је белутак
На земљу се није вратио
На небо се није попео

Шта је с белутком
Јесу ли га висине појеле
Је ли се у птицу претворио

Ено белутка
Остао је тврдоглав у себи
Ни на небу ни на земљи

Самог себе слуша
Међу световима свет

(http://www.babelmatrix.org/works/sr/Popa,_Vasko-1922/San_belutka/it/45905-Il_sogno_del_sasso)

Vasko Popa & Hasa, London 1969, Photo by Anne Pennington

Vasko Popa & Hasa, London 1969, Photo by Anne Pennington

Due sassi

Si guardano apatico
Si guardano i due sassi
Due confetti ieri
Sulla lingua dell’eternità

Oggi due lacrime di pietra
Sulle ciglia dell’ignoto

Domani due mosche sabbia
Nelle orecchie della sordità
Domani due fossette allegre
Sulle guance del giorno

Due vittime di un piccolo scherzo
Scherzo insipido senza burlone

Si guardano apatico
Si guardano con le natiche fredde
Parlano dal ventre
Parlano al vento

*

Два белутка (Serbo)

Гледају се тупо
Гледају се два белутка
Две бонбоне јуче
На језику вечности

Две камене сузе данас
На трепавици незнани

Две муве песка сутра
У ушима глухоте
Две веселе јамице сутра
На образима дана

Две жртве једне ситне шале
Неслане шале без шаљивца

Гледају се тупо
Сапима се хладним гледају
Говоре из трбуха
Говоре у ветар

(http://www.babelmatrix.org/works/sr/Popa%2C_Vasko-1922/Dva_belutka/it)

Vasko Popa,

Vasko Popa,

La nostra giornata è una mela verde

La nostra giornata è una mela verde
Tagliata in due

Ti guardo
Tu non mi vedi
Tra di noi il sole cieco

Sulla gradinata
Il nostro abbraccio stracciato

Mi chiami
Io non ti sento
Tra di noi v’è l’aria sorda

Nelle vetrine
Le mie labbra
Cercano il tuo sorriso

Sul crocevia
Il nostro bacio calpestato

Ti ho dato la mano
Ma tu neanche la senti
Ti ha abbracciato il vuoto

Sulle piazze
Le tue lacrime cercano
I miei occhi

A sera la mia giornata morta
S’incontra con la tua giornata morta

Solo nel sogno
Percorriamo lo stesso paesaggio

*

Наш дан је зелена јабука (Serbo)

Наш дан је зелена јабука
На двоје пресечена

Гледам те
Ти ме не видиш
Између нас је слепо сунце

На степеницама
Загрљај наш растргнут

Зовеш ме
Ја те не чујем
Између нас је глухи ваздух

По излозима
Усне моје траже
Твој осмех

На раскрсници
Пољубац наш прегажен

Руку сам ти дао
Ти је не осећаш
Празнина те је загрлила

По трговима
Суза твоја тражи
Моје очи

Увече се дан мој мртав
С мртвим твојим даном састане

Само у сну
Истим пределом ходамо

(http://www.babelmatrix.org/works/sr/Popa%2C_Vasko-1922/Na%C5%A1_dan_je_zelena_jabuka/it)

Vasko Popa,

Vasko Popa,

Canta piccola scatoletta

Non permettere che ti vinca il sonno
Tutto il mondo dentro di te veglia

Nella tua vacuità quadrata
Trasformeremo la lontananza in vicinanza
E l’oblio in rimembranza

Non permettere che ti si allentino i chiodi

Attraverso il tuo buco della serratura
Guardiamo per la prima volta
I paesaggi ultraterreni

La tua chiave gireremo nella nostra bocca
E deglutiamo le lettere e i numeri
Delle tue canzoni

Non permettere che ti salti via il coperchio
Che ti si stacchi il fondo

Canta piccola scatoletta

*

Певај мала кутијо (Serbian)

Не дај да те савлада сан
Цео свет бди у теби

У твојој четвртастој празнини
Претварамо даљину у близину
Заборав у сећање

Не дај да ти попусте ексери

Кроз твоју кључаоницу
Први пут гледамо
Пределе изван света

Твој кључ окрећемо у устима
И гутамо слова и бројке
Из твоје песме

Не дај да ти одлети поклопац
Да ти отпадне дно

Певај мала кутијо

(http://www.babelmatrix.org/works/sr/Popa%2C_Vasko-1922/Pevaj_mala_kutijo/it/45903-Canta_piccola_scatoletta)

Vasko Popa,

Vasko Popa,

La storia di una storia

C’era una volta una storia
Era finita
Prima di iniziare
E iniziava
Dopo che era finita

Gli eroi entrarono in scena
Dopo la propria morte
E ne uscirono dopo
La propria nascita

Gli eroi raccontarono
Di qualche terra o di cielo
Raccontarono di tutto

Non parlarono solo di una cosa
Di cui non sapevano neppure loro
Che erano solo gli eroi della storia

Di una storia che finisce
Prima di iniziare
E che inizia
Dopo che era finita

*

Прича о једној причи (Serbo)

Била једном једна прича
Завршавала се
Пре свог почетка
И почињала
После свог завршетка

Јунаци су њени у њу улазили
После своје смрти
И из ње излазили
Пре свога рођења

Јунаци су њени говорили
О некој земљи о неком небу
Говорили су свашта

Једино нису говорили
Оно што ни сами нису знали
Да су само јунаци из приче

Из једне приче која се завршава
Пре свог почетка
И која почиње
После свог завршетка

(http://www.babelmatrix.org/works/sr/Popa%2C_Vasko-1922/Pri%C4%8Da_o_jednoj_pri%C4%8Di/it)

Duska Vrhovac

Duska Vrhovac

Duška Vrhovac, poeta, scrittrice, giornalista e traduttrice è nata nel 1947 a Banja Luka (Bagnaluca), nell’attuale Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina, e si è laureata in letterature comparate e teoria dell’opera letteraria presso la Facoltà di filologia di Belgrado, dove vive e lavora come scrittrice e giornalista indipendente, dopo aver lavorato per molti anni presso la Televisione di Belgrado (Radiotelevisione della Serbia).

Con 20 libri di poesia pubblicati, alcuni dei quali tradotti in 20 lingue (inglese, spagnolo, italiano, francese, tedesco, russo, arabo, cinese, rumeno, olandese, polacco, turco, macedone, armeno, albanese, sloveno, greco, ungherese, bulgaro, azero), è fra i più significativi autori contemporanei di Serbia e non solo. Presente in giornali, riviste letterarie, e antologie di valore assoluto, ha partecipato a numerosi incontri, festival e manifestazioni letterarie, in Serbia e all’estero.

È autrice di tre volumi di racconti per bambini e per la famiglia dal titolo Srećna kuća (La casa felice) e anche ha pubblicato sei libri in traduzione serba: due libri di prosa e quattro libri di poesia. Membro, fra l’altro, dell’Associazione degli scrittori della Serbia, e dell’Associazione dei traduttori di letteratura della Serbia, è attuale vicepresidente per Europa del Movimento Poeti del Mondo e ambasciatore in Serbia. Ha ricevuto premi e riconoscimenti importanti per la poesia, tra cui:

Majska nagrada za poeziju – Maggio premio per la poesia – 1966, Yugoslavia;
Pesničko uspenije – Ascensione di Poesia – 2007, Serbia;
Premio Gensini – Sezione Poesia 2011, Italia;
Naji Naaman’s literary prize for complete works – Premio alla carriera – 2015, Libano e il Distintivo aureo assegnato dal massimo Ente per la Cultura e l’Istruzione della Repubblica di Serbia.

Ha pubblicato i seguenti libri di poesia:

San po san (Sogno dopo sogno), (Nova knjiga, Beograd 1986)
S dušom u telu (Con l’anima nel corpo), (Novo delo, Beograd 1987)
Godine bez leta (Anni senza estate) (Književne novine i Grafos, Beograd 1988)
Glas na pragu (Una voce alla soglia), (Grafos, Beograd 1990)
I Wear My Shadow Inside Me (Forest Books, London 1991)
S obe strane Drine (Sulle due rive della Drina), (Zadužbina Petar Kočić, Banja Luka 1995)
Žeđ na vodi (Sete sull’acqua), (Srempublik, Beograd 1996)
em>Blagoslov – stošest pesama o ljubavi (Benedizione, centosei poesie d’amore), (Metalograf, Trstenik 1996)
Knjiga koja govori (Il libro che racconta), (Dragoslav Simić, Beograd 1996)
Žeđ na vodi (Sete sull’acqua) edizione ampliata, (Srempublik, Beograd 1997)
Izabrane i nove pesme (Le poesie scelte e nuove), (Prosveta, Beograd 2002)
Zalog (Il pegno), (Ljubostinja, Trstenik 2003)
Zalog (Il pegno), edizione bibliofilo (Ljubostinja, Trstenik 2003)
Operacija na otvorenom srcu (L’ operazione a cuore aperto), (Alma, Beograd 2006)
Za sve je kriv pesnik (La colpa è di poeta), (elektronsko izdanje 2007)
Moja Desanka (Lа mia Desanka), (Udruženje za planiranje porodice i razvoj stanovništva Srbije, Beograd 2008)
Postoje ljudi (Ci sono persone), edizione dell’autore (Belgrado 2009)
Urođene slike / Immagini innati (edizione bilingue), (Smederevo, 2010)
Pesme 9×5=17 Poems (poesie scelte in 9 lingue), (Beograd 2011)
Savrseno ogledalo (Lo specchio perfetto), (Prosveta, Beograd 2013)
Quanto non sta nel fiato, poesie scelte, (FusibiliaLibri 2014)

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Archiviato in Poesia serba

POESIE SCELTE di Duška Vrhovac dalla Antologia “Quanto non sta nel fiato” (Fusibilialibri, 2015, pp. 126 € 13) – “Viaggi”, “Di innumerevoli domande”,Cantico di colei che è amata” e altre poesie  – Traduzione dal serbo di Isabella Meloncelli con un Commento di Giorgio Linguaglossa

 guerra

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Duška Vrhovac, poeta, scrittrice, giornalista e traduttrice è nata nel 1947 a Banja Luka (Bagnaluca), nell’attuale Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina, e si è laureata in letterature comparate e teoria dell’opera letteraria presso la Facoltà di filologia di Belgrado, dove vive e lavora come scrittrice e giornalista indipendente, dopo aver lavorato per molti anni presso la Televisione di Belgrado (Radiotelevisione della Serbia).

Con 20 libri di poesia pubblicati, alcuni dei quali tradotti in 20 lingue (inglese, spagnolo, italiano, francese, tedesco, russo, arabo, cinese, rumeno, olandese, polacco, turco, macedone, armeno, albanese, sloveno, greco, ungherese, bulgaro, azero), è fra i più significativi autori contemporanei di Serbia e non solo. Presente in giornali, riviste letterarie, e antologie di valore assoluto, ha partecipato a numerosi incontri, festival e manifestazioni letterarie, in Serbia e all’estero.

È autrice di tre volumi di racconti per bambini e per la famiglia dal titolo Srećna kuća (La casa felice) e anche ha pubblicato sei libri in traduzione serba: due libri di prosa e quattro libri di poesia. Membro, fra l’altro, dell’Associazione degli scrittori della Serbia, e dell’Associazione dei traduttori di letteratura della Serbia, è attuale vicepresidente per Europa del Movimento Poeti del Mondo e ambasciatore in Serbia. Ha ricevuto premi e riconoscimenti importanti per la poesia, tra cui:

Duska Vrhovac

Duska Vrhovac

Majska nagrada za poeziju – Maggio premio per la poesia – 1966, Yugoslavia; Pesničko uspenije – Ascensione di Poesia – 2007, Serbia; Premio Gensini – Sezione Poesia 2011, Italia; Naji Naaman’s literary prize for complete works – Premio alla carriera – 2015, Libano e il Distintivo aureo assegnato dal massimo Ente per la Cultura e l’Istruzione della Repubblica di Serbia.

Ha pubblicato i seguenti libri di poesia:

San po san (Sogno dopo sogno), (Nova knjiga, Beograd 1986); S dušom u telu (Con l’anima nel corpo), (Novo delo, Beograd 1987); Godine bez leta (Anni senza estate) (Književne novine i Grafos, Beograd 1988); Glas na pragu (Una voce alla soglia), (Grafos, Beograd 1990); I Wear My Shadow Inside Me (Forest Books, London 1991); S obe strane Drine (Sulle due rive della Drina), (Zadužbina Petar Kočić, Banja Luka 1995); Žeđ na vodi (Sete sull’acqua), (Srempublik, Beograd 1996); Blagoslov – stošest pesama o ljubavi (Benedizione, centosei poesie d’amore), (Metalograf, Trstenik 1996); Knjiga koja govori (Il libro che racconta), (Dragoslav Simić, Beograd 1996); Žeđ na vodi (Sete sull’acqua) edizione ampliata, (Srempublik, Beograd 1997); Izabrane i nove pesme (Le poesie scelte e nuove), (Prosveta, Beograd 2002); Zalog (Il pegno), (Ljubostinja, Trstenik 2003); Zalog (Il pegno), edizione bibliofilo (Ljubostinja, Trstenik 2003); Operacija na otvorenom srcu (L’ operazione a cuore aperto), (Alma, Beograd 2006); Za sve je kriv pesnik (La colpa è di poeta), (elektronsko izdanje 2007); Moja Desanka (Lа mia Desanka), (Udruženje za planiranje porodice i razvoj stanovništva Srbije, Beograd 2008); Postoje ljudi (Ci sono persone), edizione dell’autore (Belgrado 2009); Urođene slike / Immagini innati (edizione bilingue), (Smederevo, 2010); Pesme 9×5=17 Poems (poesie scelte in 9 lingue), (Beograd 2011); Savrseno ogledalo (Lo specchio perfetto), (Prosveta, Beograd 2013); Quanto non sta nel fiato, poesie scelte, (FusibiliaLibri 2014)

Herbert List

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Commento di Giorgio Linguaglossa

 La poesia di Duška Vrhovac ha ancora il coraggio di porre domande, come quella dei grandi poeti serbi Vasko Popa e Desanka Maksimovic. È una poesia che non  ha attraversato il mare dello scetticismo e dell’ironisme come qui da noi nell’epoca del Dopo il Moderno, ma ha dovuto attraversare da presso l’onda di guerre tra popoli vicini, odi sanguinari, incomprensioni feroci, dissoluzione dell’unità statuale; ma, paradossalmente, nonostante tutte queste vicissitudini, la poesia serba ha saputo salvaguardare il proprio patrimonio di voci poetiche di grande valore e riconoscibilità, e quella di Duška Vrhovac è una di esse. Anche nella sua voce c’è  il ricordo di un domandare che, qui da noi, è stato reso obsoleto dalla intervenuta razionalizzazione del discorso poetico. Duška Vrhovac è  una poetessa figlia della Crisi della Ragione poetica del Novecento, ma alla maniera in cui può esserlo un poeta serbo, cioè della pars orientale dell’Impero occidentale. La Vrhovac cerca sempre di mantenere il contatto con la «terra», pone domande alla «terra»; la sua poesia proviene dalla «terra» e ritorna ad essa. E questo è il suo modo personale di rimanere in ascolto con la sua Lingua e la sua «terra».

Non a caso Duška Vrhovac è una poetessa serba, una autrice ad Oriente dell’Occidente e, come tale, istintivamente aliena dalla percezione della poesia che si ha in Occidente come quel tipo di discorso assertorizzato (assertorio e interlocutorio) che può interrogarsi su tutto, tranne che sulla propria costituzione di «verità», di «soggetto», di «realtà». Duška Vrhovac prende le distanze dalla derubricazione del discorso poetico a discorso minimale e superficiario intorno agli oggetti e al mondo. Il «soggetto» della Vrhovac è un operatore dell’interrogazione, potremmo dire, che tenta di problematizzare la débacle dell’ontologia poetica, del suo rango e del suo ruolo così come si è venuta a configurare nel corso del secondo Novecento e in questi ultimi anni nell’Occidente delle democrazie parlamentari. Il punto di partenza è: ma se non c’è più domanda, a che pro il domandare?; e se non c’è più il domandare, a che pro il rispondere?. Che è poi il dilemma entro il quale una certa poesia che si fa in Occidente rifiuta di porsi dicendo che intorno alla poesia si è detto tutto, che la poesia deve discorrere di altro, che è una esternalizzazione di un soggetto (altro) che si è venuto a trovare de-territorializzato, e quindi è un soggetto debole che ha a che fare con un proposizionalismo poetico altrettanto debole e via dicendo.

Che è un bel discorrere in termini di riduzione al minimo comun denominatore di ciò che è possibile dire senza l’onere di dirlo, un dire senza assumersi l’onere della relativa responsabilità estetica di ciò di cui si dice (pur senza dirlo). Che il «soggetto» della poesia di Duška Vrhovac sia un operatore dell’interrogazione penso non vi sia margine di dubbio, e che esso debba sottoporsi alla severa disciplina dell’interrogazione, anche qui penso non ci sia dubbio alcuno; un soggetto che totalizza il locutorio (non quindi un soggetto interlocutorio), un soggetto comunque forte abbastanza per riformulare le domande fondamentali alle quali il discorso poetico non può rinunciare, pena la sua perdita di credibilità e di solvibilità, è questa, credo, la posizione di partenza della poesia di Duška Vrhovac. «Di innumerevoli domande sapevo la risposta / e intuivo molte cose. / Conoscevo divisione e moltiplicazione / nel tempo e nello spazio / le parole della speranza e della dedizione», è rimasto soltanto il ricordo di una domanda dopo la débacle di tutte le risposte. Ma è pur sempre un nuovo inizio dell’interrogazione, già riprendere il filo del discorso dal ricordo di una domanda è un impegno e un imperativo, una petizione di principio e una posizione di partenza. O, come dicono alcuni, una posizione etica. La poesia di Duška Vrhovac riprende daccapo l’interrogazione dopo la caduta del Dopo il Moderno, è questo il segreto della sua forza.

 La poesia di Duška Vrhovac ha, dunque, qualcosa di arcaico, o di «ingenuo» come ben ripreso da Ugo Magnanti autore di una nitida post-fazione, ma è proprio grazie a questa sua arcaicità che la poetessa serba può formulare un discorso poetico intenso e vero, libero, che comprende il reale e il surrazionale, il quotidiano e l’empireo, che unisce la dimensione dell’estensione a quella della intensificazione, la metafora con la perifrasi, il locutorio con l’interlocutorio, la domanda e la risposta, tutto «quanto non sta nel fiato», tutto il dicibile, dunque, come risulta inequivocabile dalla prima poesia presentata, una sorta di resoconto esistenziale della condizione umana che ha conosciuto tutti i «Viaggi».

Duska Vrhovac

Duska Vrhovac

VIAGGI

Non devo più andare da nessuna parte,
tutti i viaggi possono cessare,
le fughe, le ricerche, ogni cammino.
Tutti i paesaggi
si sono trasfusi
nelle mie parole,
i fiumi confluiti nel mio sangue,
il mare l’ho bevuto
e ho preso le montagne,
addomesticati i boschi, contate le valli,
col cielo azzurro e di tempesta
ho cucito i miei abiti festosi.
Non devo più andare da nessuna parte,
tutti i viaggi possono cessare.

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DI INNUMEREVOLI DOMANDE

a Vittoria Tagliani

Di innumerevoli domande sapevo la risposta
e intuivo molte cose.
Conoscevo divisione e moltiplicazione
nel tempo e nello spazio
le parole della speranza e della dedizione.
Il mio passo era inafferrabile
la mano calda e reale.
La voce alto canto di solista
il mattino risveglio d’ambra.
La realtà non aveva bisogno di ricordi
ne gli inganni di lucidità.
Gli anni conoscevano i loro segreti
i frutti l’epoca della maturazione.
Di ogni parola avevo un cambio
e una preghiera per la salvezza dell’anima.
E poi, improvvisamente
parola e pensiero trafitti dal lampo.
Avvenne tutt’altra visione
cadde il frutto maturo
rotolando giù dal palmo.
Ora sto a meta di una storia incompiuta
e di tutto ho sempre meno,
in più solo domande.

Duska Vrhovac Cop

FAME

La mia fame l’ho sempre sostenuta
l’ho cresciuta con le mie cure
dandole bacche infernali
e quei piccoli frutti enigmatici
per cui si dorme male.
Cosi con la fame
s’accese pure l’insonnia
e queste due fatalità benedette
mi resero abbastanza forte.
Ho percepito giochi dimenticati
melodie perdute
parole sottese
e quel parlare d’altre sponde.
Mi forgiai sull’orma,
quadro incorniciato nei tratti
della mia stessa ombra.
Ora la mia fame e cosi insaziabile
che non la sento più
e la notte cosi interminabile
che lungo sonno, mi pare, quest’insonnia.

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VENTITRE FEBBRAIO SETTANTASETTE

Inatteso
come un segreto
o una vendetta
per tutta la notte qualcuno
ha martoriato la mia anima
fredda la mano
ruggine il palmo
gli occhi vuoti
non terreni
come se non intuisse
che non sono morta abbastanza:
non lo sono
e non penso
di aprire gli occhi umidi
anche se e buio
e non si vede
ne quello che sono
ne quello che non sono.

Duska Vrhovac, Giorgio Linguaglossa e Steven Grieco Roma, 25 giugno 2015 Isola Tiberina

Duska Vrhovac, Giorgio Linguaglossa e Steven Grieco Roma, 25 giugno 2015 Isola Tiberina

PENSANDO A TE

Puoi tornare.
Nulla e più come prima.
Diversa l’aria e diversa la foglia
diversamente splende il sole.
Nemmeno l’usignolo canta la stessa canzone
anche se mi sveglio ancora
pensando a te.
Ancora tremo al ricordo
e mi viene di correrti incontro
e di allargarti le braccia.
Mentre leggo il giornale
e bevo la mia limonata pomeridiana
a volte ancora d’impeto mi alzo,
mi avvio leggera verso la finestra
e poi mi fermo.
E cosi rimango a lungo.
Ma puoi tornare, davvero
nulla è più come prima.

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CANTICO DI COLEI CHE È AMATA

Io sono la Regina della primavera.
Il mio abito e bianco e rosso,
cosparso di fiori disparati,
l’anima mite, serena e calda,
pronta a concepire una farfalla in volo,
una musica inebriante di corde non viste
e una vita che è eterna perche dura un giorno.

Mi portarono per la città a braccia aperte,
m’introdussero nella chiesa ricca di violette,
azzurre come la provvidenza,
splendenti come pupille di un bambino;
mi dissetarono col primo latte di tarassaco,
con rugiada attinta alle foglie delle più rare piante,
e mi incantarono la voce col suono di flauti magici.

Il mio piede avanza sopra la via lattea,
le mie mani intessono il chiaro di luna,
i miei fianchi li ha sfiorati solo
il Grande Figlio della Grande Madre,
colui che attraverso i campi del mio sogno
cavalcava Pegaso, ed era più forte
del tuono, e di ogni arma umana.

Le mie mammelle sono due fonti di vita.
Cibo per figlie e figli, dono Divino.
Solo uno sguardo sotto il velo
apre l’altra via, lunare.
Chi avanza per questa via, una volta sola,
sa che il mio letto e benedetto,
il lenzuolo ricamato con mano prodigiosa,
il suo guanciale e riposo per il giorno del giudizio.

Il mio grembo è ampio e caldo.
Profuma di forza e sudditanza,
ma solo al mio Signore dell’anima e del cuore.
C’è un’altalena inondata di sole,
primo approdo e culla ai miei figli,
ai figli dei miei figli e dei miei figli figli e figli.
Rifugio, prima e dopo tutte le battaglie.

Nel mio seno più rapido batteva il Cuore di Lui.
Sul mio petto il sorriso e spilla scintillante.
Quando attraverso la strada abbagliante e luminosa,
mi lascio dietro una traccia, una scia, sorriso di bambino.
Io taccio, ma tutti sanno e vedono, e con la preghiera
si fanno strada verso questa fonte, dove l’arcobaleno
sparge su di me una colorata pioggia primaverile.

Io sono la Figlia più amata del Dio della Soglia Domestica.
Nessuno se ne è andato via da me, ma sono venuti
tutti quelli che il sogno falso ha ingannato.
Dalla mia finestra la luce illumina la via
e il mio portone introduce nella Santa Rocca dei Primordi.

Le figlie di Gerusalemme non conoscevano ciò che so io.
Il mio amato non è venuto a chiedere
la mia mano, ma a costruire un Tempio in me.
Per pregare Dio e accendere il Focolare col mio estro.
Per avere luce dal mio occhio, e dalla mia anima splendore,
poiché nel mio seno e nel mio grembo
dimorano i suoi sogni, la sua forza,
e la fonte segreta di sua perenne giovinezza.

Duska Vrhovac, Giorgio Linguaglossa, Carlo Bordini e Steven Grieco Roma, 25 giugno 2015 p.za Del Drago Al Ponentino

Duska Vrhovac, Giorgio Linguaglossa, Carlo Bordini e Steven Grieco Roma, 25 giugno 2015 p.za Del Drago Al Ponentino

POETI

I poeti sono una banda
di presuntuosi vagabondi,
interpreti ingannevoli
del quotidiano e dell’eterno
ricercatori vani,
smodati amanti,
cacciatori di parole perdute
inseguitori di strade e mari.

I poeti sono giardinieri superbi
di intricati giardini regali,
precursori di deviazioni stellari,
messaggeri di navi affondate,
violatori di sentieri segreti,
magistrali riparatori
di Carri Grandi e Piccoli,
raccoglitori di polvere astrale.

I poeti sono ladri di visioni,
scopritori di utopie scartate,
ciarlatani di ogni specie,
degustatori di piatti avvelenati,
figli degeneri e di professione seduttori,
cavalieri che volontariamente
alla ghigliottina offrono la loro testa
eseguendo da se stessi la condanna.

I poeti sono custodi incoronati
dell’essenza risposta nella lingua,
amanti dei misteri insolubili
ammaliatori e provocatori,
sono i prediletti degli Dei,
assaggiatori di bevande portentose
e dissipatori vani
delle proprie vite.

I poeti sono gli ultimi germogli
della specie più sottile di esseri cosmici,
coltivatori di fiori bianchi interiori
e falsi creatori di mondi insostenibili.
I poeti sono interpreti dei segni perduti,
portatori di messaggi essenziali
e di avviso che la vita e inesauribile,
e l’universo un progetto mai finito.

I poeti sono lucciole sull’aia del cosmo,
conquistatori della grande fascia
di colori che fa l’arcobaleno
esecutori della musica sacra
da cui e nato l’universo.
I poeti sono invisibili interlocutori
nel silenzio sul senso e sul non senso
di tutto ciò che si vede e non si vede.
I poeti sono i miei soli veri fratelli.

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