
sono portato a credere che un’era geologica della poesia sia finita, irrimediabilmente, e che se ne sia aperta un’altra. È cambiato non solo il paradigma, ma è cambiato il mondo, e forse sarebbe bene prenderne atto.
Giorgio Linguaglossa
cambiamento di paradigma
Tempo fa discettavo intorno alla ipotesi che si stesse profilando nella poesia italiana un cambiamento di paradigma, dizione con cui si indica un cambiamento rivoluzionario di visione nell’ambito della scienza, espressione coniata da Thomas S. Kuhn nella sua importante opera La struttura delle rivoluzioni scientifiche (1962) per descrivere un cambiamento nelle assunzioni basilari all’interno di una teoria scientifica dominante. Possiamo affermare che in Italia c’è ormai da tempo, è ben presente, un cambiamento di paradigma, perché le cose della poesia camminano da sole, si sono rimesse in moto dopo cinque decenni di immobilismo. E questa è senz’altro una buona notizia.
L’espressione cambiamento di paradigma, intesa come un cambiamento nella modellizzazione fondamentale degli eventi, è stata da allora applicata a molti altri campi dell’esperienza umana, per quanto lo stesso Kuhn abbia ristretto il suo uso alle scienze esatte. Secondo Kuhn «un paradigma è ciò che i membri della comunità scientifica, e soltanto loro, condividono” (in La tensione essenziale, 1977). A differenza degli scienziati normali, sostiene Kuhn, «lo studioso umanista ha sempre davanti una quantità di soluzioni incommensurabili e in competizione fra di loro, soluzioni che in ultima istanza deve esaminare da sé” (La struttura delle rivoluzioni scientifiche). Quando il cambio di paradigma è completo, uno scienziato non può, ad esempio, postulare che il miasma causi le malattie o che l’etere porti la luce. Invece, un critico letterario deve scegliere fra un vasto assortimento di posizioni (es. critica marxista, decostruzionismo, critica stilistica) più o meno di moda nei vari periodi, ma sempre riconosciute come legittime. Sessioni con l’analista (1967) di Alfredo de Palchi, invece, invitava a cambiare il modo con cui si considerava il modo di impiego della poesia, ma i tempi non erano maturi, De Palchi era arrivato fuori tempo, in anticipo o in ritardo, ma comunque fuori tempo, e fu rimosso dalla poesia italiana. Fu ignorato in quanto fu equivocato.
Dagli anni ’60 l’espressione è stata ritenuta utile dai pensatori di numerosi contesti non scientifici nei paragoni con le forme strutturate di Zeitgeist. Dice Kuhn citando Max Planck:
«Una nuova verità scientifica non trionfa quando convince e illumina i suoi avversari, ma piuttosto quando essi muoiono e arriva una nuova generazione, familiare con essa.»
Quando una disciplina completa il suo mutamento di paradigma, si definisce l’evento, nella terminologia di Kuhn, rivoluzione scientifica o cambiamento di paradigma. Nell’uso colloquiale, l’espressione cambiamento di paradigma intende la conclusione di un lungo processo che porta a un cambiamento (spesso radicale) nella visione del mondo, senza fare riferimento alle specificità dell’argomento storico di Kuhn.
quando un numero sufficiente di anomalie si è accumulato
Secondo Kuhn, quando un numero sufficiente di anomalie si è accumulato contro un paradigma corrente, la disciplina scientifica si trova in uno stato di crisi. Durante queste crisi nuove idee, a volte scartate in precedenza, sono messe alla prova. Infine si forma un nuovo paradigma, che conquista un suo seguito, e una battaglia intellettuale ha luogo tra i seguaci del nuovo paradigma e quelli del vecchio. Ancora a proposito della fisica del primo ‘900, la transizione tra la visione di James Clerk Maxwell dell’elettromagnetismo e le teorie relativistiche di Albert Einstein non fu istantanea e serena, ma comportò una lunga serie di attacchi da entrambi i lati. Gli attacchi erano basati su dati empirici e argomenti retorici o filosofici, e la teoria einsteiniana vinse solo nel lungo termine. Il peso delle prove e l’importanza dei nuovi dati dovette infatti passare dal setaccio della mente umana: alcuni scienziati trovarono molto convincente la semplicità delle equazioni di Einstein, mentre altri le ritennero più complicate della nozione di etere di Maxwell. Alcuni ritennero convincenti le fotografie della piegature della luce attorno al sole realizzate da Arthur Eddington, altri ne contestarono accuratezza e significato.
si è concluso il Post-moderno
Possiamo dire che quell’epoca che va da l’Opera aperta di Umberto Eco (1962) a Midnight’s children (1981) e Versetti satanici di Salman Rushdie (1988) si è concluso il Post-moderno e siamo entrati in una nuova dimensione. Nel romanzo di Rushdie il favoloso, il fantastico, il mitico, il reale diventano un tutt’uno, diventano lo spazio della narrazione dove non ci sono separazioni ma fluidità. Il nuovo romanzo prende tutto da tutto. Oserei dire che con la poesia di Tomas Tranströmer finisce l’epoca di una poesia lineare (lessematica e fonologica) ed inizia una poesia topologica che integra il Fattore Tempo (da intendere nel senso delle moderne teorie matematiche topologiche secondo le quali il quadrato e il cerchio sono perfettamente compatibili e scambiabili e mi riferisco ad una recentissima scoperta scientifica: è stato individuato un cristallo che ha una struttura atomica mutante, cioè che muta nel tempo!) ed il Fattore Spazio. Chi non si è accorto di questo fatto, continuerà a scrivere romanzi tradizionali (del tutto rispettabili) o poesie tradizionali (basate ancora su un certo concetto di reale e di finzione), ovviamente anch’esse rispettabili; ma si tratta di opere di letteratura che non hanno l’acuta percezione, la consapevolezza che siamo entrati in un nuovo «dominio» (per dirla con un termine del lessico mediatico).
La poesia all’Epoca del Covid19
Leggendo la poesia di Mario Gabriele, sono portato a credere che un’era geologica della poesia sia finita, irrimediabilmente, e che se ne sia aperta un’altra. È cambiato non solo il paradigma, ma è cambiato il mondo, e forse sarebbe bene prenderne atto. E con esso anche la poesia, ovviamente.
È come andare in trattoria, chiedere un fritto misto di paranza e, invece, il cameriere ti porta un usufritto di oloturie, ologrammi e orologi da tasca. Qui c’è qualcosa di irriconoscibile e di inaspettato. E, davanti ad una materia irriconoscibile e inaspettata che cosa ha da dire una ermeneutica? Niente, penso proprio niente.
Mario M. Gabriele
Caro Giorgio,
mi sto indirizzando verso un nuovo paradigma poetico, come eccezione propositiva, senza rinnegare la NOE e i Distici.
Per quanto tempo potrò andare avanti su questa forma? Non lo so!. Ma mi piace assecondare ciò che qui dici con il titolo “cambiamento di paradigma”… “Possiamo affermare che in Italia c’è ormai da tempo, e ben presente, un cambiamento di paradigma, perché le cose della poesia camminano da sole, si sono rimesse in moto dopo cinque decenni di immobilismo”. Spero proprio, ma lo avverto che questo testo ne indichi qualcosa. Grazie di questo nuovo post.
*
Dalle cinque alle sei del mattino
sempre in dormiveglia. Perché?
All’alba ci muoviamo per la caccia ai lupi mannari
e ai sacchetti di speranza e di Lou Rossignon.
Ce la fai da solo?
Grazie! Fammi solo compagnia.
Vedo immagini passare come Mary Poppins.
E’ quanto di più raro mi rimane del tempo passato.
In questi agglomerati urbani non puoi chiedere
a nessuno la strada di un nuovo battesimo.
Il Naprosyn mi toglie la sindrome radicolare
simile ad una stagione all’inferno.
Beata te, Vanessa, che cogli le rose e i tulipani
nella serra di Nonno Vincent.
La nostra questione
rimane un olifante senza voce.
Maglie, camiciole, pezzetti di hamburger,
terreni seccati che tornano ad essere vivi.
Forse hai dimenticato qualcosa. Che cosa?
La brunetta che ti adocchiava come in un outlet.
Era la cucitrice di sogni in bianco e nero.
Questione di opinione!
Ciò non spiega l’allume di Rocca,
la barba di Marx e Senofonte!
Vivere a caso ci fa star bene
come un torroncino a Natale.
Il Corriere dell’Inferno scorrazza da New York
ai ghiacciai dell’Antartide.
Mondo sii buono!
E’ questo il mese della primavera!
Gino Rago
Storia di una pallottola 3
Il commissario:
«Madame Colasson, dalla sua pistola è partito un colpo.
che si è allungato lungo via Merulana,
ha colpito di striscio un signore che leggeva il giornale,
– qualcuno ha insinuato trattarsi di Barabba –
e invece si trattava di un modesto poeta di Mediolanum.
Madame, la accuso di infedeltà alla narrativa
e la sbatto in gattabuia!».
Marie Laure scende dal camion. È irritata. Prende un taxi,
si reca all’Opéra di Parigi,
getta un guanto in faccia al commissario Ingravallo,
afferra dalla sua borsa Birkin il revolver con il manico di madreperla
e spara un colpo che,
come al solito, sbaglia traiettoria e attinge
un aquilone il quale precipita in via Gaspare Gozzi
attigua alla abitazione del poeta Giorgio Linguaglossa…
Intanto, fiocchi di neve, chicchi di riso, uno scolapasta,
una stella di latta, un catecumeno con la tonsura,
le Poète noir Antonin Artaud con i guanti bianchi a testa in giù,
una tovaglia ricamata e la bandiera tricolore
precipitano dal quinto piano del balcone di via Gaspare Gozzi,
comprese delle mascherine, dei volantini della Lega lombarda,
una matrioska dipinta a mano,
e un piffero…
«Tutto questo per una pistola a tamburo con il manico di madreperla…»,
pensa Madame Colasson…
«Ah…les choses de la vie», commenta la parigina
mentre fa ritorno a cavallo al Beaubourg.
«Sont les choses de la vie»
Giuseppe Gallo
On/Off
la notte è in piedi
a volte sono io… la porta trasparente, la spia di controllo: accesa/spenta
: verde/bianca. La questione è che non sono ancora del tutto… On/off
Cos’è un P R O B L E M A?
“L’analista era spento”* poi “si tirò su, sorrise…” *
perché nelle sue parti esistono entrambi: la nascita e la morte…
ma le idee non vivono nel vuoto… sono un po’… come intermittenze sonore
o conchiglie infantili depositate sull’arenile.
Il quid è negli interstizi dei vuoti a rendere.
Entra. Siediti. C’è qualcuno che non hai mai visto?
A volte sei anche tu… On/off
è che non sei ancora del tutto… sei un po’… come la trasparenza di una parete,
il controllo di una spia: spenta/accesa: bianca/verde.
Spenta/accesa. Gialla/rossa. Spenta…
* Ph. Dick, The cromium Fence, in Tutti i racconti, 1955-1963, Fanucci Editore, 2012
Lucio Mayoor Tosi
Caro Giuseppe Gallo,
On/Off a me piace moltissimo. Il mix prosa-poesia (prima la prosa, che è cavalier servente) io lo avevo risolto tenendo sul comodino libri di Philip Dick e di Tomas Tranströmer. La prosa di Dick va spedita ma tutto sommato è prosa ordinaria, quel che colpisce è la sua magnifica inventiva. C’è un punto in cui la prosa deve lasciare il posto alla poesia, avviene per una sorta di suo svenimento… lo stop! dopo il quale i motori dell’astronave possono procedere in autonomia. Lo avrai sperimentato chissà quante volte anche tu.
Accensione e spegnimento non dipendono da noi. O raramente. Facciamo tutto in automatico: dal mattino, quando alzandoci dal letto tocchiamo con i piedi il pavimento, a sera nel chiudere gli occhi. Il punto del sonno. Penso che siamo niente. Solo spettatori.
Nemmeno le parole ci appartengono. E ci infiamma il pensiero. Tra poeti ci si legge per vedere chi sa infiammarsi meglio, e porre a confronto le qualità dei fuochi. Se stringiamo questa visione sul verso, ecco vediamo che brucia e finisce. Poi ne brucia un altro. Nella stessa poesia è morire tante volte. Chi non muore è lo spettatore, colui o lei che scrive: nella pausa vive, nell’ozio è se stesso. Dal che se ne deduce che la società non è a misura d’uomo. Nessun tipo di società può essere a misura d’uomo. Mi sa che tornerò a leggere Kierkegaard.