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248 GIORNI – Dramma in tre atti di Donatella Costantina Giancaspero, dal romanzo omonimo di Giorgio Linguaglossa

 

bello Une femme mariée di Jean-Luc Godard

fotogramma da Une femme mariée di Jean-Luc Godard

Per un Nuovo Anno ricco di «cose» che la redazione augura a tutti i lettori dell’Ombra

Personaggi
(in ordine di apparizione)

ELY, la spogliarellista
MASSIMO, lo scrittore
L’EDITORE
MAGISTRI, l’impresario di porno star

ATTO PRIMO

Primo quadro
                                                                                                                                                 
La scena si svolge in una stanza, nella notte di fine anno 1999.

Il sipario si apre sul palcoscenico immerso nel buio. Lentamente si rischiara, fino a una mezza luce. Al pari della luce si diffonde un suono di musica da ballo, insieme a un rumore di stoviglie e alle voci, allo scalpiccio degli ospiti, che immaginiamo affollare un salone attiguo, dove si svolge la festa di fine e principio d’anno.

Al centro della scena, sopra un tappeto sdrucito, è un divano rosso, illuminato dall’alto da una luce più intensa e fredda. Sin dall’inizio, già nel buio, esso accoglie seduti i due protagonisti, Ely e Massimo. Dietro al divano, sul fondo, un poco a destra (guardando il palcoscenico), una finestra: ai due lati scendono le tende, rosse come il divano. I vetri sono illuminati a tratti da bagliori esterni, che simulano fuochi d’artificio. Al loro rumore ovattato, si unisce quello continuo, ma ovattato anch’esso, di una pioggia battente, insieme a scoppi di bottiglie stappate, grida festose di brindisi…

Sulla parete grigia, di lato alla finestra, come fossero quadri, alcuni specchi appesi, di varie dimensioni, con bizzarre e vistose cornici. Sulla sinistra, un grande orologio a muro segna la mezzanotte.

I protagonisti, seduti l’uno accanto all’altro, fissi come manichini, stanno fumando. Le volute di fumo volteggiano nell’aria. La biondissima ELY: ha il volto esile e ben truccato. Il suo corpo sensuale è stretto in un abito nero, lungo e scollato, con un ampio spacco che mostra due splendide gambe accavallate, fino al pizzo delle calze nere autoreggenti. Massimo, capelli brizzolati, indossa un elegantissimo completo da sera.

Tutti i suoni e i rumori di fondo a un tratto tacciono. Resta solo quello della pioggia.

 

bello angelo androgino

Ci sono molte cose che possono accadere…

MASSIMO: (guardando davanti a sé) Cade molta pioggia, stasera.

(dopo una breve pausa): Ci sono molte cose che possono accadere…

ELY: (guardando anch’essa davanti a sé, in tono neutro, quasi inespressivo) Ma non tutte le cose accadono… Accadono veramente soltanto le cose che noi non vogliamo. Anzi, le cose che non vogliamo, quelle sì, irrimediabilmente, accadono.

MASSIMO: (con tono affabile) Un filosofo tedesco del Novecento ha detto che il mondo è tutto ciò che accade, ma ha dimenticato un particolare: che noi non sappiamo quasi mai ciò che accade e quando accade.

ELY: (come in uno stato di apnea) Ciò che non vogliamo, ciò che non siamo…

Massimo sfiora con la mano il ginocchio di Ely, vi si sofferma. Poi, la sua carezza sale su, fino al pizzo delle calze. Sale ancora e le tocca i fianchi. Ely resta immobile, come una bambola o un manichino. Ma, a un tratto, un brivido lungo la schiena la risveglia dal proprio stato di apnea.

MASSIMO: (in un ironico fraseggiare, ammirandola) Sei una donna indiscutibile, con delle gambe indiscutibilmente inoppugnabili ed eleganti… Ed io ho un debole per le donne indiscutibili…

ELY: (a bruciapelo) Che cosa significa per te “indiscutibile”?

MASSIMO: Significa che la tua bellezza non si può discutere: è un dato, un evento che bisogna accettare così com’è. Se fossi in te, non correrei il rischio di perdere un’occasione così ghiotta per fare la mia conoscenza. (dopo una pausa, con humour): Vedi, potrei cambiare idea e fumarmi un’altra sigaretta… Sai, il velodromo di Monza contiene meno curve del tuo abito leggero… ed io amo appassionatamente prendere le curve in velocità!

 Dopo un silenzio gelido, Ely, all’improvviso, getta la testa indietro e prorompe in una fragorosa risata, che cessa di colpo. Fissa gli occhi sulla tappezzeria. Poi, nel momento in cui li distoglie, incontra di sfuggita quelli di Massimo. Ely appare smarrita in una inafferrabile inquietudine, che dissimula in finta allegria.

 ELY: (guardando davanti a sé) Tu vivi senza scandalo.

MASSIMO: (rivolto ad Ely, in contropiede) E tu vivi per lo scandalo.

ELY: (dopo un attimo di esitazione, nello stesso modo diretto di Massimo, guardando i suoi capelli brizzolati) Tu vivi sul filo del rasoio.

MASSIMO: E tu vivi in bilico, come dentro l’ovatta e sull’orlo di un precipizio.

ELY: (con l’intento di sorprendere, meravigliare Massimo) Io, invece, non cambierei il mio precipizio per un semplice rasoio.

MASSIMO: (come a voler chiudere il dialogo, lasciando Ely sospesa, perplessa): Ciascuno ha il suo modo di stare sul filo del rasoio o del precipizio. È il nostro modo di essere interlocutori: si scelgono uno o due oggetti, una o due metafore… e si continua per tutta l’esistenza  a parafrasare quegli oggetti, quelle metafore…

Ely alza gli occhi sul volto di Massimo. Ritorna da lontano la musica udita all’inizio. I due si guardano e, all’improvviso, si baciano: Massimo in modo affannoso, appassionato, Ely, invece, altera, come assente. E continuano a baciarsi, anche quando, lentamente, cala la luce sul palcoscenico, insieme alla musica.

Buio.

  

Secondo quadro

Le lancette dell’orologio a muro segnano le 3,20 circa: è pomeriggio. Una luce piena illumina la scena. Il divano rosso si trova un po’ più a destra, in prossimità della finestra, aperta sul cielo sereno. Le stesse tende rosse, ai lati. Alle pareti, gli stessi specchi. Sulla sinistra un tavolo con le sedie.

Ely è semidistesa sul divano, con la schiena appoggiata al bracciolo. Fuma pigramente e indossa una vestaglia di seta e pizzo nero che le lascia intravedere le gambe vestite dalle calze autoreggenti. Ai piedi, delle pantofole con un piumino di struzzo e tacchi alti. I capelli vaporosi sono raccolti disordinatamente dietro la nuca.

Massimo indossa dei pantaloni di velluto e una giacca di tweed marrone su una maglia chiara girocollo. Appoggiato alla finestra, fuma anche lui.

Le note di una canzone risuonano per un attimo, insieme ai rumori della strada. Poi, si perdono.

MASSIMO: (con aria leggera, divertita) Ah, lo sai, Ely!, il mio amico Raf… Raf Vallone (ridendo), come lo chiamo io… quello scrittore mancato peggio di me… beh, era proprio pazzo, lo sai? pazzo di te! Ti trovava portentosa quando lo portavo al locale e tu cantavi… La tua voce profonda e roca, diceva che era strascicata come se ti trascinassi dietro una borsa piena di pietre… (e ride di nuovo). Continua a leggere

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