Steven Grieco
Il pensiero di Eco è sempre geniale, ricchissimo, una meravigliosa fortezza con tantissime porte per chi entra e chi esce.
Rimane però che ci sono domande che non hanno risposta. E’ questo a cui dobbiamo abituarci, volenti o nolenti, finita da tempo la stagione delle Grandi Certezze, ma anche la stagione della Grande Negazione delle certezze. Sarà pur vero che ci troviamo nella fase postmoderna, dubbiosa, della riflessione filosofica, ma ho l’impressione che il vecchio, ferreo pensiero binario sia ancora in ottima salute.
Forse sarebbe meglio che ci rendessimo conto umilmente, che, ahimè, ciò che sembra vero oggi, forse non lo sarà domani, ma potrebbe esserlo di nuovo dopodomani. Altre grandissime civiltà l’hanno sempre saputo: guai a cercare di legare ciò che è sovranamente libero, di cercare di immobilizzare il resto irriducibile delle cose. Questa semplicissima verità (sì, uso questa parola, “verità”) vale ancora oggi e ovunque nel mondo per l’artista (e forse anche per l’astrofisico) nel momento in cui inizia in lui un certo processo immaginativo e, subito dopo, quando egli tenta in qualche modo di dare espressione a quel processo. La fase creativa del pensiero, insomma. In cui egli deve dimenticarsi di tutto.
Infatti, in arte, ogni costruzione può, anzi deve, essere distrutta.
Nel mondo della teoria, della riflessione critica, invece, la costruzione logica è certamente importante, essenziale, imprescindibile. Ma comunque persiste, lo ripeto, la brutta abitudine che hanno le idee di slegarsi l’attimo dopo che qualcuno ha deciso di annodarle.
Malgrado ciò, e contraddicendo quello che ho appena detto, dico che il Realismo Negativo di Eco rimane il miglior modo di pensare la realtà del nostro mondo contemporaneo. In questo senso, egli ha lasciato che la domanda rimanesse domanda, e non posso che essere pienamente d’accordo. Se poi tutto ciò ha il sapore del classico bicchiere mezzo vuoto, ebbene, in questo tempo viviamo, e di questo ci dobbiamo accontentare.
Anche perché – non ce lo scordiamo! – il nostro mondo acefalo, così amaro e irriducibile, è anche strapieno di folgoranti sorprese (che non arrivano quasi mai con preavviso).
Giorgio Linguaglossa IL SUICIDIO DELLA FILOSOFIA. UN APPUNTO PER IL NUOVO «REALISMO (NEGATIVO)»
Giorgio Linguaglossa
Il dibattito filosofico sul «new realism» è stato avviato da Maurizio Ferraris, autore del «Manifesto del Nuovo Realismo» (Laterza, pagine 126, € 15).
Sandro Modeo nell’articolo Il suicidio della filosofia il «new realism», contenuto ne “La Lettura” (supplemento Corriere della Sera) 1 aprile 2012, richiama la discussione innescata dal libro di Maurizio Ferraris (Manifesto del Nuovo Realismo) e la serie di convegni sul «new realism», rileva come ciò potrebbe indurre qualcuno a pensare che il «reale» sia finalmente rientrato nel discorso filosofico.
Maurizio Ferraris
“In questa prospettiva – continua Modeo – il ruolo centrale viene assunto dal cervello e dal sistema nervoso: nei termini di Lorenz, «l’altra faccia dello specchio», che è però metafora suggestiva ma impropria, perché i substrati neuronali che ci permettono di accendere delle «scene» sul mondo non agiscono come superfici passive, ma come strutture attive e creative, già a livello percettivo. Lo vediamo in tutti i sistemi nervosi che hanno preceduto il nostro. Proseguendo una distinzione tra «sé» e «non sé» avviata dalle cellule — grazie alla membrana — 3 miliardi e mezzo di anni fa, l’evolversi di tali sistemi è una sequenza di «modelli interni del mondo esterno», via via più complessi secondo le variazioni climatiche, il mutare dell’ambiente, la crescente competizione tra specie: si va dai proto-sistemi nervosi di certi vermi (302 neuroni con schemi basici di orientamento) a quelli di pesci, anfibi e rettili, fino ai paleo-mammiferi (già capaci di emozioni e memoria episodica) e ai neo-mammiferi (in cui la corteccia consente di percepire la profondità e i neuroni-specchio di provare empatia). Continua a leggere →
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