da https://musashop.wordpress.com del 2 ottobre 2015
Appunto di Giorgio Linguaglossa
“La notte è il tempo migliore per credere nella luce” (Gennadij Ajgi)
Sono particolarmente felice che l’intuizione di Steven Grieco (il quale aveva letto in russo e nella traduzione inglese la poesia di Gennadij Ajgi negli anni novanta), di tradurre e pubblicare in italiano la poesia del ciuvascio Gennadij Ajgi sia stata accolta da Paolo Statuti il quale ha tradotto questi inediti in italiano di un poeta di grande importanza per la storia del modernismo europeo, perché è indubbio che le radici della poesia di Gennadij Ajgi siano moderniste e affondano nell’humus della cultura poetica russa e sovietica. Così, anche in terra sovietica, si è manifestata la crisi della ragione come crisi del soggetto poetante. Gennadij Ajgi prende atto, in specie nelle poesie della maturità degli anni ottanta e novanta, della crisi del punto di partenza che unifica la nostra concezione del mondo, quella crisi che determinerà la frammentazione del logos e della narrazione incentrata sul presupposto dell’io lirico. La ragione occidentale si muove verso la crisi, e Gennadij Aji ne prende atto e la racconta con i suoi mezzi espressivi. Entra in crisi il soggetto cartesiano del Cogito, la cui funzione, ricordiamolo, è di essere il fuori-questione di ogni domanda possibile in quanto è essa stessa, la crisi, ad essere non nominata in quanto fuori-questione del «soggetto». Ma il «soggetto» è in crisi in quanto la crisi costituisce il fuori-questione. Appunto questo determinerà l’approdo alla poesia popolare ciuvascia e udmurti di Gennadij Ajgi, come tentativo di aggrapparsi all’io lirico passando per il «noi» della poesia popolare. Ma saranno gli esiti ultimi di questa crisi a determinare il movimento della poesia di Gennadij Ajgi verso la rappresentanza del «noi» piuttosto che verso quella dell’«io».

Giorgio linguaglossa
Presentazione di Paolo Statuti
Gennadij Nikolaevič Ajgi, il poeta nazionale della Ciuvascia, nacque il 21 agosto 1934 nel villaggio di Šajmurzino nella Repubblica dei Ciuvasci. Trascorsa l’infanzia nella sua terra natale, è rimasto sempre legato alla cultura ancestrale e alla lingua ciuvascia. Fino al 1969 il suo cognome fu Lisin. Uno degli antenati del poeta pronunciava la parola “chajchi” (“quello”) senza la prima lettera, e così si formò il soprannome di famiglia “Ajgi”. Egli cominciò a scrivere poesie in ciuvascio e pubblicò i suoi primi versi nel 1949. Dal 1952 visse stabilmente a Mosca. Dal 1960 cominciò a scrivere poesie anche in russo, grazie soprattutto all’incoraggiamento di Boris Pasternak, da lui conosciuto anni prima e che diventò suo grande amico. Ma per la sua poesia innovativa Ajgi fu accusato di formalismo e dichiarato persona non grata nella sua Ciuvascia, i cui campi e boschi pervadono la sua creazione. Per dieci anni lavorò al Museo Majakovskij, ciò che gli permise di approfondire la sua conoscenza dell’avanguardia russa della prima parte del XX secolo. La moderna poesia francese (soprattutto Baudelaire) ebbe anch’essa su di lui un’influenza determinante, ma il suo personale panteon includeva anche Nietzsche, Kafka, Norwid, Kierkegaard e molti scrittori religiosi.
Nel 1972 vinse il premio dell’Académie Française per la sua antologia della poesia francese in ciuvascio. Durante gli anni di Brežnev visse in condizioni precarie, mantenendosi con i magri compensi per le traduzioni. Grazie alla perestrojka la sua vita cambiò radicalmente. Gli fu permesso di pubblicare in patria e fu riconosciuto come una figura chiave della neoavanguardia russa. Cominciò a essere tradotto in molte lingue e a partecipare a diversi festival e congressi internazionali di poesia. Visitò quattro volte la Gran Bretagna, sentendo una particolare affinità con la Scozia, dove fece un pellegrinaggio alla tomba di Robert Burns, e con Londra, la città del suo amato Dickens. Sei volumi delle sue poesie sono stati pubblicati in inglese.
Ajgi è rimasto una figura controversa. Scrivendo come tra il sonno e la veglia, egli creò una poesia piena di silenzi, che suggerisce visioni, ansietà e gioie, e che può essere diversamente interpretata. La sua poetica è pacata e semplice, rifiuta la ricchezza del lessico e la retorica di alcuni suoi contemporanei, inoltre è intensamente orale – il pubblico era affascinato dalla sua potente dizione. E’ il poeta del silenzio e della luce. Una delle sue raccolte porta una epigrafe attribuita a Platone: “La notte è il tempo migliore per credere nella luce”.
Tradusse in ciuvascio molta poesia russa, francese, ungherese e polacca e i sonetti danteschi, mentre le sue poesie sono state tradotte nella maggior parte delle lingue europee. Ha ricevuto diversi prestigiosi premi internazionali e nel 2000 è stato il primo a ricevere il Premio Boris Pasternak. Scrive Damiano Rebecchini: “Pur vicina alla lirica francese del Novecento, la poesia di Ajgi è profondamente radicata nella tradizione poetica russa, ispirandosi in particolare all’opera di Osip Mandel’štam e di Boris Pasternak. Caratterizzata da un intenso impressionismo lirico, essa accoglie spesso dalla natura suoni e suggestioni che generano un tessuto fonico e ritmico accentuato dal verso libero, e a volte si muove verso un originale sperimentalismo, in alcuni casi orientato a esplorare la dimensione del sogno”.
“Col passare degli anni è cambiata la mia definizione della poesia, – disse il poeta in una delle interviste. – Prima dicevo: è la gravità della parola, adesso dico: la poesia è il respiro e l’uomo è il respiro. Respiro e ispirazione provengono dalla stessa radice… La poesia è il respiro di Dio. Noi fioriamo / soltanto per un tocco / di un’altra forza benevola e pacata, – ricorda Ajgi, – e l’essenza della poesia è questo tocco… La poesia è eterna… Essa come la neve – esiste dappertutto. Si scioglie, di nuovo cade, ma essa…è. La poesia è la neve. La poesia essenzialmente non cambia. Essa si autocustodisce. Ciò che in essa passa – è un’altra faccenda. E in questo senso la poesia non ha né ieri, né oggi, né domani”.
In italiano alcune poesie di Ajgi sono incluse nelle raccolte Poesia russa contemporanea da Evtušenko a Brodskij, a cura di G. Buttafava (1967) e Antologia ciuvascia. I canti del popolo del Volga, a cura di A. Scarcia (1986). Gennadij Ajgi è morto a 71 anni il 21 febbraio 2006. Come di consueto pubblico qui alcune sue poesie nella mia versione.
Poesie di Gennadij Ajgi tradotte da Paolo Statuti
L’ovario
(Dall’omonimo poema ciuvascio)
Ad R. A.
che io sia tra di voi
come polverosa moneta trovata
tra fruscianti banconote
in una lubrica tasca di seta:
potrebbe risonare a piena voce
ma non ha niente su cui battere
quando rombano i contrabbassi
e quando si rammenta
come nell’infanzia il vento fumava
di pioggia in un mattino autunnale –
che io sia
un’attaccapanni verticale
sul quale si possono
appendere non solo cappotti
ma si può appendere anche qualcosa
più pesante di un cappotto
e quando non crederò più in me stesso
che sia viva la memoria
per ridarmi la tenacia
per sentire di nuovo sul viso
la pressione dei muscoli degli occhi Continua a leggere