
Vasko Popa,
Vasko Popa è uno dei poeti più tradotti ed apprezzati della ex Jugoslavia ed anche oggi è uno dei poeti serbi più tradotti e riconosciuti nel mondo. Le sue poesie in inglese apparvero già nel 1969 curate ed introdotte da Ted Hughes (Selected Poems, Penguin Books), il quale più tardi pubblicò e scrisse l’introduzione per un’ampia scelta di poesie del Popa scritte tra il 1943 ed il 1976. Tradotto in una ventina di lingue, oltre a Hughes tra i suoi traduttori o tra quelli che ne hanno scritto troviamo, Charles Simic (inglese), Alain Bosquet (francese), Octavio Paz (spagnolo), Gun Bergman, Artur Lundkvist ed altri di rilevanza internazionale.
In Italia Popa ha avuto una qualche attenzione appena vent’anni dopo la morte, quando la rivista “In forma di parole” pubblicò un’ampia scelta di sue poesie intitolata: “Vasko Popa, Poesie”, curata e tradotta da Lorenzo Casson, con una postfazione scritta da Dan Octavian Cepraga.
Vasko Popa nasce il 29 giugno 1922 nel villaggio di Grebenac presso Bela Crkva come Vasile Popa, di origine etnica rumena. Frequenta la scuola elementare ed il liceo a Vršac. Nel 1940 iscrive la Facoltà di filosofia a Belgrado, continuando poi gli studi universitari a Bucarest e a Vienna. Durante la seconda guerra mondiale viene internato nel lager tedesco a Bečkerek, oggi Zrenjanin. Nel 1949 si laurea in lingue neolatine alla Facoltà di filosofia di Belgrado.
Pubblica le sue prime poesie nella rivista „Književne novine“ e nel giornale „Borba“.

Vasko Popa u svom domu
La sua prima collezione di poesie, “Kora“(La corteccia) vede la luce nel 1953 a Belgrado; seguono i libri: „Nepočin polje“ (Il campo del non-riposo,1956), „Sporedno nebo“ (Cielo secondario, 1968), „Uspravna zemlja“ (La terra verticale, 1972), „Vučja so“ (Il sale dei lupi,1975), „Kuća nasred druma“ (La casa in mezzo alla strada, 1975), „Živo meso“ (La carne viva, 1975), „Rez“ (Il taglio, 1981) nonché il ciclo di poesie „Mala kutija“ (La piccola scatola, 1984), parte della collezione incompiuta „Gvozdeni sad“ (Il giardino di ferro).
Dal 1954 al 1979 lavora come redattore presso la casa editrice Nolit di Belgrado. Ha curato le antologie: “Od zlata jabuka” (Mela d’oro, 1958.), che mette in nuova luce la poetica della saggezza popolare; “Urnebesnik” (Strepitio, 1960.), il mondo dell’umorismo poetico; e Ponoćno sunce (Il sole di mezzanotte, 1962.), sulle chimere poetiche. Ha fatto traduzioni dal francese.
A Vršac, il 29 maggio 1972 costituisce il Comune letterario di Vršac (KOV) e avvia un’insolita biblioteca su cartoline intitolata “Fogliame libero”.
È stato membro dell’Accademia serba delle scienze e delle arti ed ha conseguito numerosi premi e riconoscimenti serbi, jugoslavi e mondiali. È morto a Belgrado il 5 gennaio 1991 ed è sepolto nel Viale degli emeriti al cimitero “Novo groblje”.

Autografo Vasko Popa
Dopo la sua morte è stata trovata tra le sue carte la collezione incompiuta di poesie „Gvozdeni sad“ (Il giardino di ferro), un testo incompiuto intitolato „Lepa varoš V“ (Il bel borgo di V) ed un ciclo di cinque poesie dal titolo comune “Ludi Lala” (Il “Lala” matto – dove Lala è il nomignolo che si da agli abitanti di Vojvodina). Tra le sue carte si trovano anche 19 poesie ed un libro di saggi sull’arte e artisti intitolato „Kalem“ (Bobina).
Il Comune letterario di Vršac ha pubblicato nel 2002 il libro „Rumunske i druge pesme“ Poesie rumene ed altre) dove sono apparse per la prima volta alcune poesie del Popa scritte in gioventù. La sua eredità letteraria è oggi custodita dalla biblioteca dell’Accademia serba delle scienze e delle arti.
Nel 1995 è stato istituito il premio “Vasko Popa”, per il miglior libro di poesie scritto in serbo, che viene conferito il giorno della nascita del poeta, il 29 giugno di ogni anno.
Da anni, per la verità da decenni, mi chiedevo ogni tanto, senza trovare una risposta plausibile, come mai l’ editoria italiana (compresa l’ Enciclopedia della Letteratura Garzanti, ancora nell’ edizione del 2000) ignorasse completamente un poeta del rilievo come Vasko Popa (1922-1991). Non è stato né un autore clandestino né una figura appartata, ma il poeta nazionale della Serbia, che ha anche rivestito cariche ufficiali, ad onta di un’opera che, considerata in se stessa, non solo non si accordava con i canoni del realismo socialista, ma ne rappresentava un’assoluta antitesi. Romeno della Vojvodina, Popa, che nella sua opera abbandonò presto la lingua materna per adottare quella serba, dopo aver studiato lingue e letterature romanze nelle Università di Belgrado, Vienna e Bucarest, aver partecipato alla Resistenza ed essere anche stato internato per alcuni mesi in un campo di prigionia tedesco, aveva pubblicato tra il 1953 e il 1980 otto raccolte poetiche. Già nel 1969 era apparsa in inglese una scelta introdotta da Ted Hughes ( Selected Poems , Penguin Books), a cui seguì l’anno dopo un’altra selezione tradotta da Charles Simic, compatriota di Popa ( The Little Box , The Charioteer Press). Un’ampia antologia dei versi scritti fra il 1943 e il 1976 era poi stata pubblicata, sempre con la prefazione di Hughes, nel 1978 ( Collected Poems , Carcanet New Press). Tradotto in una ventina di lingue (in francese da Alain Bosquet, in spagnolo per merito di Octavio Paz, che scrisse anche versi in suo onore), Popa in ambito italiano non ha ricevuto la minima attenzione, se si eccettua il caso di poche liriche tradotte nella rivista di Fiume «La battana» all’ inizio degli anni Settanta. È dunque un vero merito della rivista «In forma di parole» e del suo fondatore-direttore, Gianni Scalia, offrire in un recente numero monografico (pp. 292, 30) la traduzione integrale di tre raccolte poetiche di Popa: Il campo del non-riposo (1956), Terra verticale (1972), Il sale dei lupi (1975), coraggiosamente curate da Lorenzo Casson e accompagnate da un’ottima postfazione di Dan Octavian Cepraga. La scelta esemplifica una poesia che si insedia con grande potenza fantastica in un singolare continente posto fra il surreale, la storia e il mito, o il folclore popolare, serbo. L’apertura dell’orizzonte di Popa è cosmica, oltre che surreale, come denunciano immediatamente alcuni incipit: «Una testa tagliata/ Fiore tra i denti/ gira intorno alla Terra» oppure: «Un pugnale nudo e vivo/ giace sulla Via Lattea» ( Il cielo secondario , raccolta del 1968). Ma la scena poetica allestita da Popa ricorda non di rado Beckett: solo che si tratta di un Beckett risospinto e sprofondato nell’inorganico e nell’anonimo. Protagonisti non sono più esseri umani, sia pure ridotti alla condizione di fantocci o di relitti, ma frammenti smembrati di corpi – teste, occhi, lingue, braccia, ossa, fiamme, astri, pietre. Si direbbe che Popa raffiguri la condizione diagnosticata da Benn: che non esiste più l’uomo, ma vi sono soltanto i suoi sintomi. In una poesia del Campo del non-riposo due ossi colloquiano tra loro con disperata, affabulante ironia fino a negare la più lontana forma di appartenenza:
«Per noi ora è facile/ Ci siamo liberati dalla carne/ Ora faremo quel che faremo/ Dimmi qualcosa/ Vuoi essere/ la spina dorsale della folgore/ Dimmi ancora qualcosa/ Che vuoi che ti dica/ Forse l’ osso iliaco della burrasca/ Dimmi qualcos’ altro/ Altro non so/ Forse la costola dei cieli/ Noi non siamo le ossa di nessuno/ Dimmi qualcos’ altro ancora».

Autografo
Un ciclo di liriche all’ interno della stessa raccolta narra il cuore, il sogno e l’ innamoramento del ciottolo, altro oggetto-emblema della poesia di Popa: alla fine due ciottoli, lacrime di pietra, si guardano ottusamente per riconoscersi soltanto «vittime di una beffa innocente/ una beffa insipida senza beffatore». Che cosa anima e riscatta, oltre alla serpeggiante vena ironica, questo desolato paesaggio metafisico? Il fatto che esso «si apre attraverso occhi di una semplicità infantile e di una lunatica stranezza» e che «il filosofo sofisticato è anche un primitivo, gnomico mago» (Hughes). Questo secondo aspetto si vede bene anche quando l’ oggetto della poesia di Popa diventa la storia dei Serbi, caratterizzata dalla resistenza e dalla ribellione al dominio ottomano e miticamente ricondotta alla discendenza da un dio-lupo primordiale. Se la vocazione surrealista aveva preso la via dell’ immanenza nell’ inorganico, lo sguardo storico sfocia pur sempre nel favoloso e nell’arcaico, avvolto da una medesima e trasfigurante fiamma epico-lirica: «Muovi lo sguardo verso di me/ Lupo zoppo/ E ispirami col fuoco delle fauci/ Perché io canto in tuo nome/ nella lingua ancestrale dei tigli». Come nota opportunamente Cepraga, l’opera di Popa (che non manca di rapporti né con la poesia romena, né con la ricerca di Eliade né con la scultura di Brancusi) consente di «misurare non solo la frattura che ci ha divisi, ma anche la distanza ancora da colmare per ricollocare, a pieno titolo, in un comune orizzonte intellettuale e spirituale la grande poesia dell’Europa dell’Est di questi ultimi sessant’ anni».

A PROPOSITO DI VASKO POPA Commento di Duška Vrhovac. Traduzione dal serbo: Cvijeta Jakšić
Mentre nella mia vita ero collegata all’Italia da un’amicizia giovanile che mi ha regalato un’altra famiglia incrementando il mio amore per la cultura, l’arte ed il popolo italiano, nella mia casa di Belgrado ci sono due cose che da qualche tempo mi ricordano Roma: il libro delle mie poesie scelte in italiano, Quanto non sta nel fiato e Don Chisciotte, una serigrafia ritoccata a mano, del maestro Ezio Farinelli, sulla parete del mio soggiorno. Perché parlo del mio libro? Perché la nascita di quel libro mi ha arrecato molta gioia, ma anche un attimo di disagio. Fu all’Isola dei poeti – Tiberina, quando mentre ne tenevo in mano commossa la seconda edizione mostrandola al pubblico, ho saputo che a Vasko Popa, il poeta sul quale avevo scritto la mia tesi agli esami di maturità, uno dei maggiori poeti serbi del Novecento, non è mai stato pubblicato un libro in italiano. Poco dopo ho letto un articolo di Giorgio Linguaglossa che diceva che avrebbe volentieri visto la poesia di Vasco Popa edita da qualche grande casa editrice italiana. La raccomandazione mi ha fatto sentire riconoscente perché l’unico modo di conoscere un poeta è che sia tradotto e pubblicato, quindi accessibile.
Vasko Popa è senza dubbio un poeta di formato internazionale e la sua opera già durante la sua vita ha superato tutti i confini, geografici, nazionali, generazionali, ideologici e linguistici. Durante la sua vita, nonostante fosse stato pure contestato da alcuni autori, ha ottenuto gloria, riconoscimenti e premi. Il mondo gli ha dato anche di più: il poeta che ha pubblicato 8 collezioni (circa 400 poesie) ed è stato scelto in circa 30 antologie ha visto durante la vita la stampa di 54 libri con il suo nome in giro per il mondo, libri per i quali ha avuto elogi da alcuni dei poeti più riconosciuti, e voluminosi studi sulla sua poesia sono stati pubblicati in Inghilterra, Germania, Francia, gli USA.

Vasko Popa Dusan Simic, Ilustracije za pesme Vaska Pope
E’ vero che Popa non è completamente sconosciuto al pubblico letterario italiano, anche se la prima presentazione è avvenuta appena 20 anni dopo la sua morte. Il merito della prima presentazione importante della poesia del Popa in Italia va alla rivista „In forma di parole”, che ha pubblicato un’ampia scelta di poesia con traduzione a fronte curata da Lorenzo Casson. La postfazione è firmata da Dan Octavian Cepraga, il quale rileva che si tratta davvero di un poeta di eccezionale rilievo. Una recensione molto ispirata del numero della rivista „In forma di parole” dedicato a Popa, intitolata “Il poeta-mago che cantò la liberazione dei Balcani”, è firmata da Rigoni Mario Andrea nelle pagine culturali del „Corriere della Sera“ (30 luglio 2011, pagina 53).
Credo di dover dire che questo non è sufficiente e che una pubblicazione delle poesie di Popa in italiano sarebbe sicuramente utile e farebbe la gioia del pubblico letterario italiano e degli amatori della buona poesia. Ecco alcuni fatti che lo confermano.
Con il suo primo libro di poesie, Kora (La corteccia), un libro caratterizzato da sintassi, contenuto e forma insoliti, Vasko Popa – insieme a Miodrag Pavlović (1928-2014) con il suo libro 87 poesie, ha creato un’importante svolta nella poesia serba dei primi anni cinquanta. Con la sua espressione poetica moderna, liberata da tutti i dogmi dell’epoca, la poesia di Popa rinnovava la freschezza poetica del mondo e diventava subito vicina alle generazioni giovani che influenzerà diventando non solo il precursore della poesia serba moderna ma anche il personaggio chiave della poesia contemporanea che ha segnato l’epoca definendo sicuramente le direzioni dell’ulteriore sviluppo della poesia.
L’espressione poetica di Popa è affine all’aforisma, il proverbio, è ellittica e concisa, la lingua è essenziale e lapidaria. Scrive in versi brevi senza rima e punteggiatura, versi molto vicini alla metrica della poesia popolare serba. La caratteristica della poesia di Popa è una “ricchezza linguistica e rigorosità sintattica”. Una relazione particolare, complessa ed essenziale con la tradizione, un patriottismo sano senza cariche ideologiche o nazionalistiche, ma con piena conoscenza della storia e della cultura, con la capacità di dimostrare l’insieme e la particolarità con un dettaglio, dimostrano una sua sublime capacità di tradurre tutte le cose, gli oggetti ed i fenomeni in motivi poetici. I contrasti ed i conflitti universali, tutto l’esistente, si incontrano nel suo campo del non-riposo rendendo la sua poesia filosofica e metafisica. Parco con le parole, Popa spalanca le porte ai pensieri ed ai significati. E’ un grande poeta anche perché la sua poesia rappresenta un fermo nesso tra le accezioni più larghe della tradizione e del nostro tempo. E’ un’opera che “per unicità di metodo e significato quasi non trova pari, un’opera che con diversi e singoli progetti, artisticamente realizzati e ritrovati nella realtà poetica … ascende verso significati universali”.
Per Vasko Popa, come ha detto lui stesso in un’intervista, “la Poesia in verità è la personificazione dell’armonia senza la quale in fin dei conti non è possibile vivere… Con la mia poesia desidero esprimere esattamente quello che ho scritto. Se sapessi esprimerlo in altro modo, probabilmente non scriverei…“
In un altro discorso, parlando di tradizione, dice: „Le nostre poesie sulla battaglia del Kosovo ed il nostro mito del Kosovo rappresentano una miniera di diamanti. Senza fine né fondo!… Io ne ho tolto solo alcuni grumi. Varrebbe la pena spendere una vita intera a portare alla luce queste preziosità…“
Quando fu pubblicata nella biblioteca eccezionale Rukom pisano (Scritto a mano – Milan Rakić, Valjevo), la sua collezione di poesie Lontano dentro di noi, scritta a mano da lui stesso, Popa scrisse nell’intorduzione: „Le poesie che scrivo creano cerchi, i cerchi creano libri. Per la biblioteca Scritto a mano dal poeta ho scelto il circolo Daleko u nama (Lontano dentro di noi). Daleko u nama consiste di trenta poesie, il numero dei giorni di un mese. Il mese si è protratto a otto anni interi dato che le poesie sono state scritte nel periodo 1943-1951. Il cerchio di poesie Lontano dentro di noi è pubblicato nel mio primo libro La corteccia del 1953. Anche queste poesie sono dedicate a Haša…“. Haša era il primo amore di Vasko e la sua moglie fino alla fine. Si sa poco della loro vita privata.
il poeta serbo Vasko Popa (1922-1991), per la prima volta tradotto in italiano.
VASKO POPA: 5 POESIE
Traduzione: Ibolja Cikos
Il sogno del sasso
Dalla terra si protese una mano
Tirò in alto un sasso
Dov’è il sasso
Sulla terra non è tornato
Su in ciel’ non è arrivato
Cos’è successo al sasso
Forse l’altezza s’ha mangiato
Forse in un uccello s’è trasformato
Eccolo il sasso
Rimasto testardamente in sé stesso
Ne sulla terra ne su in cielo
Ascolta se stesso
Mondo tra i mondi
*
Сан белутка (Serbo)
Рука се из земље јавила
У ваздух хитнула белутак
Где је белутак
На земљу се није вратио
На небо се није попео
Шта је с белутком
Јесу ли га висине појеле
Је ли се у птицу претворио
Ено белутка
Остао је тврдоглав у себи
Ни на небу ни на земљи
Самог себе слуша
Међу световима свет
(http://www.babelmatrix.org/works/sr/Popa,_Vasko-1922/San_belutka/it/45905-Il_sogno_del_sasso)

Vasko Popa & Hasa, London 1969, Photo by Anne Pennington
Due sassi
Si guardano apatico
Si guardano i due sassi
Due confetti ieri
Sulla lingua dell’eternità
Oggi due lacrime di pietra
Sulle ciglia dell’ignoto
Domani due mosche sabbia
Nelle orecchie della sordità
Domani due fossette allegre
Sulle guance del giorno
Due vittime di un piccolo scherzo
Scherzo insipido senza burlone
Si guardano apatico
Si guardano con le natiche fredde
Parlano dal ventre
Parlano al vento
*
Два белутка (Serbo)
Гледају се тупо
Гледају се два белутка
Две бонбоне јуче
На језику вечности
Две камене сузе данас
На трепавици незнани
Две муве песка сутра
У ушима глухоте
Две веселе јамице сутра
На образима дана
Две жртве једне ситне шале
Неслане шале без шаљивца
Гледају се тупо
Сапима се хладним гледају
Говоре из трбуха
Говоре у ветар
(http://www.babelmatrix.org/works/sr/Popa%2C_Vasko-1922/Dva_belutka/it)

Vasko Popa,
La nostra giornata è una mela verde
La nostra giornata è una mela verde
Tagliata in due
Ti guardo
Tu non mi vedi
Tra di noi il sole cieco
Sulla gradinata
Il nostro abbraccio stracciato
Mi chiami
Io non ti sento
Tra di noi v’è l’aria sorda
Nelle vetrine
Le mie labbra
Cercano il tuo sorriso
Sul crocevia
Il nostro bacio calpestato
Ti ho dato la mano
Ma tu neanche la senti
Ti ha abbracciato il vuoto
Sulle piazze
Le tue lacrime cercano
I miei occhi
A sera la mia giornata morta
S’incontra con la tua giornata morta
Solo nel sogno
Percorriamo lo stesso paesaggio
*
Наш дан је зелена јабука (Serbo)
Наш дан је зелена јабука
На двоје пресечена
Гледам те
Ти ме не видиш
Између нас је слепо сунце
На степеницама
Загрљај наш растргнут
Зовеш ме
Ја те не чујем
Између нас је глухи ваздух
По излозима
Усне моје траже
Твој осмех
На раскрсници
Пољубац наш прегажен
Руку сам ти дао
Ти је не осећаш
Празнина те је загрлила
По трговима
Суза твоја тражи
Моје очи
Увече се дан мој мртав
С мртвим твојим даном састане
Само у сну
Истим пределом ходамо
(http://www.babelmatrix.org/works/sr/Popa%2C_Vasko-1922/Na%C5%A1_dan_je_zelena_jabuka/it)

Vasko Popa,
Canta piccola scatoletta
Non permettere che ti vinca il sonno
Tutto il mondo dentro di te veglia
Nella tua vacuità quadrata
Trasformeremo la lontananza in vicinanza
E l’oblio in rimembranza
Non permettere che ti si allentino i chiodi
Attraverso il tuo buco della serratura
Guardiamo per la prima volta
I paesaggi ultraterreni
La tua chiave gireremo nella nostra bocca
E deglutiamo le lettere e i numeri
Delle tue canzoni
Non permettere che ti salti via il coperchio
Che ti si stacchi il fondo
Canta piccola scatoletta
*
Певај мала кутијо (Serbian)
Не дај да те савлада сан
Цео свет бди у теби
У твојој четвртастој празнини
Претварамо даљину у близину
Заборав у сећање
Не дај да ти попусте ексери
Кроз твоју кључаоницу
Први пут гледамо
Пределе изван света
Твој кључ окрећемо у устима
И гутамо слова и бројке
Из твоје песме
Не дај да ти одлети поклопац
Да ти отпадне дно
Певај мала кутијо
(http://www.babelmatrix.org/works/sr/Popa%2C_Vasko-1922/Pevaj_mala_kutijo/it/45903-Canta_piccola_scatoletta)

Vasko Popa,
La storia di una storia
C’era una volta una storia
Era finita
Prima di iniziare
E iniziava
Dopo che era finita
Gli eroi entrarono in scena
Dopo la propria morte
E ne uscirono dopo
La propria nascita
Gli eroi raccontarono
Di qualche terra o di cielo
Raccontarono di tutto
Non parlarono solo di una cosa
Di cui non sapevano neppure loro
Che erano solo gli eroi della storia
Di una storia che finisce
Prima di iniziare
E che inizia
Dopo che era finita
*
Прича о једној причи (Serbo)
Била једном једна прича
Завршавала се
Пре свог почетка
И почињала
После свог завршетка
Јунаци су њени у њу улазили
После своје смрти
И из ње излазили
Пре свога рођења
Јунаци су њени говорили
О некој земљи о неком небу
Говорили су свашта
Једино нису говорили
Оно што ни сами нису знали
Да су само јунаци из приче
Из једне приче која се завршава
Пре свог почетка
И која почиње
После свог завршетка
(http://www.babelmatrix.org/works/sr/Popa%2C_Vasko-1922/Pri%C4%8Da_o_jednoj_pri%C4%8Di/it)

Duska Vrhovac
Duška Vrhovac, poeta, scrittrice, giornalista e traduttrice è nata nel 1947 a Banja Luka (Bagnaluca), nell’attuale Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina, e si è laureata in letterature comparate e teoria dell’opera letteraria presso la Facoltà di filologia di Belgrado, dove vive e lavora come scrittrice e giornalista indipendente, dopo aver lavorato per molti anni presso la Televisione di Belgrado (Radiotelevisione della Serbia).
Con 20 libri di poesia pubblicati, alcuni dei quali tradotti in 20 lingue (inglese, spagnolo, italiano, francese, tedesco, russo, arabo, cinese, rumeno, olandese, polacco, turco, macedone, armeno, albanese, sloveno, greco, ungherese, bulgaro, azero), è fra i più significativi autori contemporanei di Serbia e non solo. Presente in giornali, riviste letterarie, e antologie di valore assoluto, ha partecipato a numerosi incontri, festival e manifestazioni letterarie, in Serbia e all’estero.
È autrice di tre volumi di racconti per bambini e per la famiglia dal titolo Srećna kuća (La casa felice) e anche ha pubblicato sei libri in traduzione serba: due libri di prosa e quattro libri di poesia. Membro, fra l’altro, dell’Associazione degli scrittori della Serbia, e dell’Associazione dei traduttori di letteratura della Serbia, è attuale vicepresidente per Europa del Movimento Poeti del Mondo e ambasciatore in Serbia. Ha ricevuto premi e riconoscimenti importanti per la poesia, tra cui:
Majska nagrada za poeziju – Maggio premio per la poesia – 1966, Yugoslavia;
Pesničko uspenije – Ascensione di Poesia – 2007, Serbia;
Premio Gensini – Sezione Poesia 2011, Italia;
Naji Naaman’s literary prize for complete works – Premio alla carriera – 2015, Libano e il Distintivo aureo assegnato dal massimo Ente per la Cultura e l’Istruzione della Repubblica di Serbia.
Ha pubblicato i seguenti libri di poesia:
San po san (Sogno dopo sogno), (Nova knjiga, Beograd 1986)
S dušom u telu (Con l’anima nel corpo), (Novo delo, Beograd 1987)
Godine bez leta (Anni senza estate) (Književne novine i Grafos, Beograd 1988)
Glas na pragu (Una voce alla soglia), (Grafos, Beograd 1990)
I Wear My Shadow Inside Me (Forest Books, London 1991)
S obe strane Drine (Sulle due rive della Drina), (Zadužbina Petar Kočić, Banja Luka 1995)
Žeđ na vodi (Sete sull’acqua), (Srempublik, Beograd 1996)
em>Blagoslov – stošest pesama o ljubavi (Benedizione, centosei poesie d’amore), (Metalograf, Trstenik 1996)
Knjiga koja govori (Il libro che racconta), (Dragoslav Simić, Beograd 1996)
Žeđ na vodi (Sete sull’acqua) edizione ampliata, (Srempublik, Beograd 1997)
Izabrane i nove pesme (Le poesie scelte e nuove), (Prosveta, Beograd 2002)
Zalog (Il pegno), (Ljubostinja, Trstenik 2003)
Zalog (Il pegno), edizione bibliofilo (Ljubostinja, Trstenik 2003)
Operacija na otvorenom srcu (L’ operazione a cuore aperto), (Alma, Beograd 2006)
Za sve je kriv pesnik (La colpa è di poeta), (elektronsko izdanje 2007)
Moja Desanka (Lа mia Desanka), (Udruženje za planiranje porodice i razvoj stanovništva Srbije, Beograd 2008)
Postoje ljudi (Ci sono persone), edizione dell’autore (Belgrado 2009)
Urođene slike / Immagini innati (edizione bilingue), (Smederevo, 2010)
Pesme 9×5=17 Poems (poesie scelte in 9 lingue), (Beograd 2011)
Savrseno ogledalo (Lo specchio perfetto), (Prosveta, Beograd 2013)
Quanto non sta nel fiato, poesie scelte, (FusibiliaLibri 2014)