solo una fessura in un muro / attraverso la quale la vita si sta infiltrando sempre / altrove
George Nina Elian (Costel Drejoi). Poeta, saggista, traduttore, giornalista. Nato il 13 novembre 1964, Slatina (Romania). Esordio: 1985, sulla rivista ”Cronica” di Iași (Jassy)..
Libri originali: Lumina ca singurătate La luce come solitudine (poesie) – 2013; „Toamna, când vine sfârșitul lumii… Nell’autunno, quando viene la fine del mondo… (microsaggi poetici) – 2014; Nu prin viață, ci prin moarte am trecut!. Cinci mărturii din temnițele comuniste Non la vita, ma la morte abbiamo attraversato!. Cinque testimonianze dalle carceri comuniste – 2015; Lumina ca singurătate. Secvențial 2: Ninsoarea se întorsese în cer… La luce come solitudine. Sequenziale 2: La neve era tornata in cielo…- 2017.
Traduzioni: Silvina Vuckovic, A iubi și a dărui suflet (titolo originale: ”Amar y almar”) – poesie, 2015; Cleopatra Lorințiu, El paisaje en el que falto”/ „Peisajul din care lipsesc (edizione bilingue romeno-spagnola) – poesie, 2017
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Dichiarazione di poetica? Una. Possibile. „La poesia è una confessione in assenza del prete.”
(George Nina Elian)
solo una fessura in un muro
attraverso la quale la vita si sta infiltrando sempre
altrove
George Nina Elian (Costel Drejoi)

Giorgio Linguaglossa
Commento impolitico di Giorgio Linguaglossa
L’atto dello scrivere, corre sempre il rischio di porsi come invasione dello spazio della scrittura da parte del soggetto, corre sempre il rischio di trasformarsi in scrittura intransitiva, positiva, autoreferenziale, di risolversi in quella che siamo soliti chiamare: retorizzazione del soggetto.
Dinanzi a questi «pensieri», a questa «confessione in assenza del prete», espressi come «in vitro» di George Nina Elian, potremmo parlare di un pensare scrivendo, con la consapevolezza che in ogni scritto si celano due testi: uno esplicito e l’altro segreto, due inseparabili dimensioni: il testo «in chiaro» e la dimensione «nascosta».
Aristotele ha sostenuto che i segni scritti sono immagine di ciò che «è nella voce», Platone invece, come ha rilevato Derrida, ha presentato il discorso orale come rifrazione di una inattingibile archi-scrittura al di qua della voce sensibile, una archiécriture che è la poesia stessa nell’atto del suo prendere forma. Per contro, la scrittura che «appare» non può che agire quale «comunicazione del comunicabile», come affermò genialmente Walter Benjamin, ossia corre sempre il rischio di essere mera trasmissione e pubblicizzazione di significati attraverso i suoi segni pubblici.
L’immediatezza di certa scrittura poetica di oggi pensa ancora possibile e attingibile la scrittura mediante uno sguardo frontale. È qui, a mio avviso, in questa impostazione categoriale aporetica, che sussulta e frigge la posizione della poesia contemporanea, in questa oscillazione tra una archiscrittura (celata) e una scrittura dell’immediatezza (manifesta). La poesia contemporanea più matura si muove, a mio avviso, nell’ambito di questa antinomia, nella quale non c’è alcuna soluzione compromissoria.
La forza della scrittura poetica di Nina George Elian è qui: nella decisione con la quale lascia trasparire questa insanabile divaricazione.
È vero il contrario: il discorso «manifesto» non può comunicare pubblicamente i suoi messaggi se non si è già attivata la misteriosa danza dell’invisibile archiscrittura. Ogni poesia non può non tendere l’orecchio dell’ascolto nei riguardi del segreto di quella danza nascosta. Ogni poesia è un porre in atto mediante parole ciò che in atto non è.
Cito da La vita delle parole studiata nei loro significati di Arsène Darmester, 1886.
Così, nella formazione del nome che da oggettivo passa allo stato di sostantivo; nelle restrizioni di significato che assorbono il determinante nel determinato: nelle metonimie, che trasferiscono il nome da un oggetto a un oggetto vicino unito al precedente da un rapporto costante; nelle estensioni e nelle metafore che fanno sì che si dia il nome di un primo oggetto, ben presto perso di vista, a un secondo oggetto che può essere della stessa natura ma, più generalmente di natura diversa; ovunque, condizione del cambiamento è il fatto che la mente oblia un primo termine e non considera più che il secondo.
A questo oblio i grammatici hanno dato il nome di “catacresi”, vale a dire “abuso”…

felice / come un uomo / che non ha più nulla da perdere
BEATITUDINE
da solo, abbandonato dalle parole (come davanti a un
quadro bianco su bianco
esposto in una stanza vuota) Continua a leggere