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UNDICI POESIE di Tomas Tranströmer – LA COSTRUZIONE DELLE IMMAGINI IN MOVIMENTO Commento di Giorgio Linguaglossa traduzioni di Enrico Tiozzo e Maria Cristina Lombardi

Tomas Tranströmer, premio Nobel per la Letteratura nel 2011, è morto a 82 anni venerdì 27 marzo 2015.
Poeta, quando vinse il Premio dell’Accademia era da undici anni stato colpito da un ictus che gli aveva inibito la capacità di parlare. A riferire della scomparsa è stato il suo editore, Bonniers.”Psicologo di professione, era il massimo esponente della generazione di intellettuali che si è affermata dopo la Seconda Guerra mondiale e punta a suggerire che l’esame poetico della natura offre intuizioni sull’identità umana e sulla sua dimensione spirituale, entrando spesso in territori metafisici.”L’esistenza di un essere umano non finisce dove terminano le sue dita“, ha scritto un critico svedese della sua poesia, definendo i suoi lavori “preghiere secolari”.
“La sua notorietà nel mondo anglofono derivava dalla sua amicizia con il poeta americano Robert Bly, che ha tradotto gran parte del suo lavoro dallo svedese all’inglese, una delle 50 lingue in cui le sue poesie sono apparse.
Notizie sull’autore

Tomas Tranströmer, unanimemente ritenuto il maggiore poeta svedese contemporaneo, più volte candidato al Premio Nobel, è nato a Stoccolma nel 1931. Di professione psicologo, dopo aver lavorato alcuni anni all’Università, nonostante il successo della sua poesia, ha continuato a svolgere attività terapeutiche in centri di riabilitazione di varie città svedesi. Pianista di notevole talento, ha spesso composto i suoi testi ispirandosi a ritmi e forme musicali. Benché una grave malattia gli abbia provocato una dolorosa paralisi, non ha smesso di scrivere, come testimonia la sua ultima opera Sorgegondolen (La gondola a lutto), del 1996, e il volume di traduzioni di poeti europei e americani Tolkingar (Interpretazioni), del 1999. Ha pubblicato sinora dodici brevi raccolte: 17 Dikter (17 Poesie), 1954; Hemligheter på vägen (Segreti sulla vita), 1958; Den halvfärdiga himlen (Il cielo incompiuto), 1962; Klanger och spår (Echi e tracce), 1966; Mörkerseende (Colui che vede nel buio), 1970; Ur stigar (Fuori dai sentieri), 1973; Östersjöar (Mari Baltici), 1974;Sanningsbarriären (La barriera della verità), 1978; Det vilda torget (La piazza selvaggia), 1983; För levande och döda (Per vivi e morti), 1989; Minnena ser mig (I ricordi mi vedono), 1989; Sorgegondolen (La gondola a lutto), 1996.

Tomas-Transtromer

Tomas-Transtromer

 Leggere la sua poesia non è un percorso lineare: è come entrare in una labirintica chiocciola. La concentrazione dei concetti in immagini conduce alla contrazione degli elementi connettivi, dei passaggi logico-sintattici, alla prevalenza dei sintagmi nominali. La capacità di realizzare densità poetica non è in Tranströmer tanto imputabile alla parola, al singolo lessema semanticamente pregnante, ma alla rete capillare di nessi che vengono a stabilirsi tra le parole. Tale sottile interazione, non facile a cogliersi immediatamente, dà spazio alla molteplicità interpretativa, alla pluralità del senso, lasciando spesso misteriosi i referenti delle metafore. Questa “oscurità”, comune a molta poesia contemporanea, in Tranströmer nasce dalla volontà di fuggire ai vuoti schemi della comunicazione massificata, di contrapporsi ai linguaggi pubblicitari, rifuggendo dall’univocità e proclamando la “polivocità” della parola.

(dalla prefazione di Maria Cristina Lombardi in Poesia dal silenzio, Crocetti editore, 2011) 

Tomas Transtromer

Tomas Transtromer

Commento di Giorgio Linguaglossa

 Con il Nobel nel 2011 per la poesia a Tomas Tranströmer, i membri dell’Accademia giudicante  lo hanno riconosciuto come il poeta che ha avuto la più grande influenza sulla poesia occidentale.

Nato a Stoccolma nel 1931, dopo studi di psicologia nell’Università della capitale svedese, è entrato nell’amministrazione pubblica della cittadina industriale di Vasteras. Tranströmer è rimasto per lunghi decenni appartato e in solitudine fino al ritratto autobiografico che il poeta ha dato di se stesso nel libro Minnena ser mig  nel 1993, tradotto tre anni dopo in  italiano con il titolo I ricordi mi vedono.

Tranströmer parte sempre da esperienze personali (la casa nel popolare quartiere di Söder a Stoccolma, la figura del vecchio nonno pilota di rimorchiatori etc.) con un dettato essenziale, diretto alle cose, senza giri frastici, anzi abolendo del tutto congiunzioni e filtri letterari. Dal dato biografico Traströmer arriva a tratteggiare  la cornice di un quadro di angoscia esistenziale e di disagio della società occidentale, l’incomunicabilità, la enigmaticità della condizione esistenziale degli uomini concreti posti in una determinata stazione storica: quella della Svezia del Dopo il Moderno, la violenza e la inautenticità nascoste dietro il velo dell’ipocrisia. Si può affermare che tutta l’opera del poeta svedese non è altro che un tentativo di squarciare il velo di perbenismo edulcorato che si nasconde dietro l’apparenza sociale. Tradotto splendidamente da Enrico Tiozzo, è apparsa in italiano Sorgengondolen La gondola a lutto pubblicata da Crocetti nel 1996; opera dettata alla moglie per via dell’ictus che colpì il poeta negli anni ’90 che lo ha ridotto all’afasia ma non alla interruzione della sua attività poetica. Così la moglie ha commentato la notizia del conferimento del Nobel al marito: «Non pensava più di sentire questa gioia un giorno».

Le poesie dell’esordio, con la raccolta 17 dikter 17 poesie  del 1954, gli valsero da parte della critica il nomignolo ironico di «re delle metafore» ma ciò non scalfì la collocazione di tutto rispetto tra i poeti degli anni Cinquanta per l’inconfondibile concentrazione del suo stile.

tomas transtromer

tomas transtromer

Le poesie sono sempre delle occasioni per una riflessione. Il poeta, come un minatore, scende nella profondità che sta celata appena dietro il velo dell’apparenza delle cose. Con uno stile classico e modernista, dietro il vestito metaforico della sua poesia, Tranströmer può essere qualificato, oggi, come uno dei maestri in ombra della poesia europea e occidentale. Il poeta svedese offre al lettore una nuova esperienza degli oggetti. Gli oggetti sono visti come immagini in scorcio,  in collegamento ed in sviluppo; il lettore è chiamato in causa direttamente, a prendere posizione dinanzi alla ambiguità e alla «polisemia» delle «cose» viste da un preciso e determinato angolo visuale. Le «cose» equivalgono alle immagini in movimento ed in collegamento reciproco. Contrario ad ogni ipotesi di poesia sperimentale, Tranströmer ha sempre tenuto ben dritto il timone della sua investigazione poetica mantenendosi a cautelosa distanza da ogni ipotesi di poesia civile, impegnata o sperimentale, concetti da sempre ripudiati dal poeta svedese. C’è una certa distanza tra l’apparato reticolare delle metafore di Tranströmer e le «cose» del reale messe bene in luce in un saggio del critico Kjell Espmark che ha identificato i modelli del poeta in Hölderlin, Dante, Rilke. Alla fine degli anni Ottanta è arrivata per Tranströmer la definitiva consacrazione con la silloge För levande och döda Per vivi e morti  del 1989, concentrata sul tema della presenza della morte nel quotidiano. Tranströmer «fonda» il quotidiano, lo rimette in piedi da dove quel «quotidiano» era stato fatto ruzzolare dalle scaffalature impolverate dei «quotidianisti».

In Italia l’opera di Tranströmer è stata pubblicata da Crocetti che nel 1996 ha dato alle stampe alcune poesie nella Antologia della poesia svedese contemporanea e, nel 2008, il volume Poesia dal silenzio.  Con il medesimo editore è uscito Il grande mistero l’ultima opera del poeta svedese, una raccolta di 45 haiku per 45 punti di vista. Alcune poesie del poeta svedese erano apparse nell’Almanacco dello Specchio Mondadori del 2007.

tomas transtromer

tomas transtromer

da 17 Poesie (1954)

Sotto il quieto punto volteggiante della poiana
avanza rotolando il mare fragoroso nella luce,
mastica ciecamente il suo morso di alga e soffia
schiuma sulla riva.
La terra è celata dalle tenebre frugate dai pipistrelli.
La poiana si ferma e diventa una stella.
Il mare avanza rotolando fragoroso e soffia
schiuma sulla riva.

*

L’albero della luna è marcito e si sgualcisce la vela.
Il gabbiano volteggia ebbro lontano sulle acque.
È carbonizzato il greve quadrato del ponte. La sterpaglia
soccombe all’oscurità.
Fuori sulla scala. L’alba batte e ribatte sui
cancelli granitici del mare e il sole crepita
vicino al mondo. Semiasfissiate divinità estive
brancolano nei vapori marini.

.
Storia fantastica

Ci sono giorni d’inverno senza neve quando il mare s’imparenta
con i tratti montuosi, accucciandosi in grigie vesti di piume,
un breve attimo blu, lunghe ore con onde che invano
come pallide linci cercano un appiglio sulla riva ghiaiosa.

In giorni come questo esce il relitto dal mare in cerca dei
suoi armatori, seduti al chiasso delle città, e gli equipaggi
annegati soffiano verso terra, più sottili del fumo di pipa.

(Nel nord vagano le vere linci, con artigli affilati
e occhi sognanti. Nel nord dove il giorno
vive in una caverna giorno e notte.

Dove il solo sopravvissuto può sedere
alla fornace dell’aurora boreale e ascoltare
la musica dei morti assiderati.)

.
Meditazione agitata

Un temporale fa girare all’impazzata le ali del mulino
nel buio della notte, macinando nulla. – Ti
tengono sveglio le stesse leggi.
Il ventre dello squalo è la tua fioca lampada.

Soffusi ricordi calano sul fondo del mare
e là si irrigidiscono in statue sconosciute. – Verde
di alghe è la tua gruccia. Chi va
al mare torna impietrito.

.
Elegia (1973)

Apro la prima porta
È una grande stanza soleggiata.
Un’auto pesante passa per la strada
e fa tremare il vasellame.
Apro la porta numero due.
Amici! Avete bevuto il buio
e siete diventati visibili.
Porta numero tre. Una
stretta camera d’albergo.
Vista su una strada secondaria.
Un lampione che scintilla sull’asfalto.
La bella scoria delle esperienze.

Oct. 6, 2011, Swedish poet Tomas Transtromer poses for a photograph at an unknown location

Oct. 6, 2011, Swedish poet Tomas Transtromer poses for a photograph at an unknown location

Volantini (1989)

La silenziosa rabbia scarabocchia sul muro in dentro.
Alberi da frutto in fiore,
il cuculo chiama.
È la narcosi della primavera. Ma la silenziosa rabbia
dipinge i suoi slogan all’inverso nel garage.
Vediamo tutto e niente,
ma dritti come periscopi
presi da una timida ciurma sotterranea.
È la guerra dei minuti. Il bruciante sole
è sopra l’ospedale, il parcheggio della sofferenza.
Noi chiodi vivi conficcati nella società!
Un giorno ci staccheremo da tutto.
Sentiremo il vento della morte sotto le ali
e saremo più dolci e più selvaggi che qui.*


* da Poeti svedesi contemporanei a cura di Enrico Tiozzo, Göteborg, 1992

.
Epilogo

Dicembre. La Svezia è una nave malandata
in missione. Contro il cielo del tramonto sta
il suo albero aspro. E il tramonto è più lungo
di un giorno – la via che porta qui è sassosa:
solo verso mezzogiorno esce la luce
e il colosseo dell’inverno si alza,
illuminato da nuvole irreali. Allora sale d’un tratto
vertiginoso il fumo bianco
dai villaggi. Altissime stanno le nuvole.
Alle radici dell’albero celeste fruga il mare,
distratto, come in ascolto di qualcosa.
(Invisibile viaggia sull’altra metà
dell’anima un uccello che sveglia
chi dorme con le sue grida. Così il telescopio
gira, cattura un altro tempo
ed è estate: mugghiano le montagne, gonfie
di luce e il ruscello solleva lo scintillío del sole
nella mano trasparente… sparito in quell’attimo
come quando la pellicola di un film si spezza al buio.)

Ora l’astro della sera brucia attraverso la nuvola.
Alberi, recinti e case aumentano, crescono
nella silenziosa slavina che precipita nel buio.
E sotto la stella ancor più si suscita
l’altro paesaggio nascosto che vive
la vita dei confini sulla radiografia della notte.
Un’ombra trascina la sua slitta tra le case.
Stanno in attesa.

(da Poesia dal silenzio, Crocetti Editore , 2001, trad. Maria Cristina Lombardi)

*
La coppia

Spengono la lampada e il suo globo risplende
un istante prima di sciogliersi
come una pastiglia in un bicchiere di tenebre. Poi si sollevano.
Le pareti dell’albergo si gettano nel buio del cielo.
I gesti dell’amore si sono acquietati e loro dormono
ma i pensieri più segreti s’incontrano
come quando s’incontrano due colori e l’uno nell’altro fluiscono
sulla carta bagnata di un dipinto infantile.
È buio e silenzio. Ma la città stanotte
si è avvicinata in fretta. A finestre spente. Le case sono qui.
Vicinissime, stanno serrate in attesa,
una folla di volti inespressivi.


Storia fantastica

Ci sono giorni d’inverno senza neve quando il mare s’imparenta
con i tratti montuosi, accucciandosi in grigie vesti di piume,
un breve attimo blu, lunghe ore con onde che invano
come pallide linci cercano appiglio sulla riva ghiaiosa.
In giorni come questo esce il relitto dal mare in cerca dei
suoi armatori, seduti al chiasso delle città, e gli equipaggi
annegati soffiano verso terra, più sottili del fumo di pipa.
(Nel nord vagano le vere linci, con artigli affilati
e occhi sognanti. Nel nord dove il giorno
vive in una caverna giorno e notte.
Dove il solo sopravvissuto può sedere
alla fornace dell’aurora boreale e ascoltare
la musica dei morti assiderati.)

.
Sfere di fuoco

Nei mesi oscuri la mia vita scintillava
solo quando ti amavo.
Come la lucciola si accende e si spegne, si accende e si spegne,
– dai bagliori si può seguire il suo cammino
nel buio della notte tra gli ulivi.
Nei mesi oscuri l’anima stava rannicchiata
e senza vita
ma il corpo veniva dritto verso di te.
Il cielo notturno mugghiava.
Furtivi mungevamo il cosmo e siamo sopravvissuti.
Pagina di libro notturno
Sbarcai una notte di maggio
in un gelido chiaro di luna
dove erba e fiori erano grigi
ma il profumo verde.
Salii piano un pendìo
nella daltonica notte
mentre pietre bianche
segnalavano alla luna.
Uno spazio di tempo
lungo qualche minuto
largo cinquantotto anni.
E dietro di me
oltre le plumbee acque luccicanti
c’era l’altra costa
e i dominatori.

Uomini con futuro
invece di volti.

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