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Ewa Lipska Cinque poesie inedite da: Pamięć operacyjna (memoria operativa), Wydawnictwo literackie, Cracovia 2017, Traduzione, Presentazione e fotografie di Lorenzo Pompeo, Nota biobibliografica di Paolo Statuti, con il Punto di vista di Giorgio Linguaglossa

Foto sedie di Cracovia

Lorenzo Pompeo, foto, sedie di Cracovia

Ewa Lipska, poetessa e pubblicista, è nata a Cracovia il 10 ottobre 1945. Nella stessa città si è diplomata presso l’Accademia di Belle Arti. Dal 1970 al 1980 responsabile del settore poesia della casa editrice Wydawnictwo Literackie. Dal 1995 al 1997 direttrice dell’Istituto Polacco di Vienna. Cofondatrice e redattrice di diverse riviste letterarie, tra cui il mensile “Pismo”. Vicepresidente del PEN Club polacco. Ha ricevuto diversi importanti premi per la sua creazione letteraria. Le sue poesie sono state tradotte in molte lingue. Autrice di numerose raccolte poetiche, tra le ultime: Ja (Io, 2004), Pogłos (Rimbombo, 2010), per la quale ha ricevuto il premio “Gdynia”, e Droga pani Schubert… (Cara signora Schubert…, 2012).

Per il suo anno di nascita e per quello del debutto, avvenuto nel 1967 con il volume Wiersze (Poesie), Ewa Lipska appartiene al gruppo di poeti della “Nowa Fala”, in polacco “nuova ondata” o “nouvelle vague”, o detta anche “generazione ‘68”, vale a dire gli autori nati intorno alla metà degli anni ’40, come: Stanisław Barańczak, Adam Zagajewski, Ryszard Krynicki, Julian Kornhauser e Krzysztof Karasek (nato nel 1937). La poetessa tuttavia rifiuta ogni appartenenza a qualsivoglia gruppo  e da anni manifesta coerentemente la propria individualità creativa, sempre peculiare, come peculiari ed espressivi sono la sua dizione poetica, le metafore, la densità di significato, il paradosso. Qualcuno a tale proposito ha detto che la creazione di Ewa Lipska è nella poesia polacca contemporanea, quello che l’ablativo assoluto è nella sintassi latina, cioè un sintagma a sé stante. La sua poesia si concentra sui sentimenti della sofferenza e della paura, sulla fragilità dell’esistenza condannata a morire. Piotr Matywiecki, poeta, critico letterario e saggista scrive:

«La poesia di Ewa Lipska si distingue per la sua immaginazione insolitamente vivace. Con sorprendente disinvoltura nel suo mondo si può paragonare una classe scolastica alla storia dell’umanità, il traffico stradale al moto della mente, una malattia a un avvenimento pubblico. (Questo è anche il “metodo” poetico della Szymborska). Si avrebbe voglia di dire la Lipska è una poetessa sociale nel senso che non c’è per lei niente di intimo che non sia al tempo stesso quotidiano, formulabile sociologicamente».

(Paolo Statuti)

Foto parigi Lorenzo Pompeo

Parigi, cappelli, foto di Lorenzo Pompeo

Nota di Lorenzo Pompeo

Queste cinque traduzioni sono tratte dall’ultima raccolta di Ewa Lipska  Pamięć operacyjna (trad. it.: “memoria operativa”  Wydawnictwo literackie, Cracovia 2017). Il mio primo incontro con  questa poetessa di Cracovia risale al lontano 1994, quando pubblicai sulla rivista «Poiesis» alcune mie traduzioni. Successivamente sono uscite in Italia le sue poesie in volume, nel 2013 (L’occhio incrinato del tempo, per i tipi della Armando Editore) e nel 2017 (Il lettore di impronte digitali, Donzelli). Quella della Lipska è una voce che fortunatamente comincia a farsi sentire anche in Italia. Il suo ultimo lavoro, nel quale mi sono casualmente imbattuto in libreria a Cracovia, è l’ultima tappa di un lungo cammino cominciato nel 1967 con il suo primo tomo di poesia, Wiersze. Dal momento che si tratta di una figura che già dovrebbe essere nota al lettore italiano, il quale per pigrizia magari l’ha già associata alla sua più nota collega e amica Wysława Szymbroska, non ritengo necessario e/o utile ripercorrere tutte le tappe del suo percorso dal debutto fino a quest’ultimo tomo, che cade proprio a cinquanta anni dal debutto. Mi limito quindi ad alcune note al margine: il suo stile rimane immutato negli anni, assolutamente riconoscibile. La sua è una voce chiara e cristallina. Quello della Lipska è un linguaggio semplice, che punta dritto allo scopo. Non una sola parola superflua o ridondante (non offre particolare difficoltà al traduttore, che però deve prestare molta attenzione all’economia della lingua). La sottile ironia è da sempre la sua arma preferita. Con il passare degli anni forse colpisce ancora di più il nesso della sua recente poesia con il rumoroso mondo contemporaneo, per intenderci: quello dei social media e delle Fake News. Ewa Lipska non ha mai smesso di guardare il mondo che la circonda con quel certo scetticismo di chi proviene da un paese nel quale se ne sono viste di tutti i colori. Ed è per questo che la sua poesia appare, oggi come ieri, impermeabile alle retoriche di qualsiasi segno. La sua poesia è universale, ma allo stesso tempo, nel bene e nel male, profondamente radicata nella Polonia. Il tema centrale, intorno al quale ruotano i suoi versi, è il tempo, nella sua doppia valenza storica e metafisica. Questo si avverte chiaramente anche nei versi di queste ultima raccolta. Quando in Oggetto volante la poetessa parla di “passato ristrutturato” sembra riferirsi alla “rilettura del passato” che nel dibattito politico di questi ultimi anni in Polonia sembra assumere uno schiacciante peso specifico. (anche in Gita si ritorna al passato, ma, come ironicamente nota l’autrice, è solo una esercitazione tratta da una commedia). Con la breve poesia La storia la riflessione della poetessa su questo tema trova un punto fermo di eccezionale chiarezza.

Ewa Lipska

Ewa Lipska

Ewa Lipska Cinque poesie inedite da: Pamięć operacyjna (2017)

Trafficavamo con Shakespeare
fin dalla più tenera età.
Il divieto della lirica
non ha avuto alcun effetto.

Il capo di tutti i capi
il padrino
del mio debutto
mi diede le prime istruzioni:

Non c’è arte
senza violenza
senza violentare le parole
e senza il terrore dello stile.

Abbiamo mangiato i cornetti siciliani
dalla cipria della nebbia mattutina.

fino a oggi
mi addormento tra i versi
con la pistola carica.

Colpo fortunato
quando sorge il successo del sole. Continua a leggere

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