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Boris Sluckij (1919-1986) e Iosif Brodskij (1940-1996) – Una lontana familiarità – di P. Gorlik e N. Eliceev – Sluckij, quasi da solo, ha cambiato il suono della poesia russa del dopoguerra – traduzione di Donata De Bartolomeo e Kamila Gayazova

 

Iosif brodskij 5

Iosif brodskij a Venezia

Negli anni ’60 Sluckij conosce i versi di Brodskij. Riguardo ai tempi della loro conoscenza personale ci sono due testimonianze.
Di una ricorda Lev Losev: “Nell’aprile del 1960 Brodskij andò a Mosca per conoscere Sluckij e, evidentemente, Sluckij gli disse qualcosa di molto favorevole. La poesia “Meglio di ogni dove/si dormiva nella stazione Saviolovskij“ (1960) finisce con parole di gratitudine verso il poeta:

Arrivederci, Boris Abramic.
Arrivederci. Per le parole – grazie.

Un’altra testimonianza della loro amicizia si trova nell’intervista concessa da Evgenij Rejn a Tatiana Bek nel 1992.

T.B.: Brodskij conosceva Boris Abramovich? So che Sluckij era forse l’unico poeta “sovietico” che Brodskij valutava positivamente.
E.R.: Si,li ho presentati io.

…Sluckij ha sempre straordinariamente interessato Brodskij, straordinariamente. Non so perché ma lo chiamava alle spalle in un modo tra il familiare e l’ironico “Boruch” e, essendo una persona molto perspicace, vedeva più lontano e più profondamente degli altri. Ad esempio, egli era certo che Sluckij aveva una natura estremamente ebrea, da cui deriva il suo essere democratico e la fedeltà agli ideali rivoluzionari e la franchezza. Vedeva in lui un profondo e forte carattere ebreo. Un carattere biblico, profetico, messianico, comprendi? Forse era il ‘71 o il ‘ 72, Brodskij aveva già una grande notorietà, addirittura la fama. Ogni volta che mi incontravo con Sluckij (di regola, casualmente – a volte nella Casa del Letterati, a volte ospite di amici) egli mi chiedeva con attenzione di Brodskij. Una volta gli dissi: “La prossima volta che Iosif verrà, vi farò conoscere”: Iosif venne, Sluckij lo chiamò al suo strano telefono – attraverso il centralino interno, ricordi? – e ci fissò un appuntamento alla Casa Centrale dei Letterati al mattino prestissimo. Arrivammo, Sluckji fu molto ospitale, ci incontrò senza nessuna formalità sovietica: comprò dei viveri al buffet, molte bottiglie di birra, venti panini al formaggio, dieci dolcetti. Non come un abituale frequentatore che avrebbe consumato cognac e caffè nero ma come uno zio buono che desiderava sfamare i giovani.
Li presentai. Sedemmo. Ed ecco… un tragico dettaglio. Egli all’improvviso se ne uscì: “Prima che cominciamo a parlare, voglio subito dirvi che sono stato allora sul palco per due minuti e mezzo in tutto”.

T.B.: Non può essere. Si ritiene che Boris Abramovich non abbia mai parlato con nessuno dei suoi interlocutori del fatto che aveva preso parte alla persecuzione di Pasternak.
E.R.: Giuro solennemente che disse all’improvviso questa frase – è la pura verità.

Forse è la testimonianza del fatto che avvertiva Brodskij in modo particolare e con molta emotività. Io addirittura non mi resi subito conto di cosa si stesse parlando, solo dopo alcuni secondi capii. E allora compresi quale impatto avesse avuto su tutta la sua vita questa storia e che ne era ostaggio vita natural durante”.
Brodskij non nascondeva che Sluckij era stato l’unico poeta sovietico che non solo apprezzava e stimava profondamente ma era anche quello da cui aveva preso molto. Alla domanda di Solomon Volkov: “Quale è stato l’impulso che vi ha stimolato a comporre versi?” Brodskij rispose: “Il primo è stato quando qualcuno mi ha mostrato la Literaturnaja Gazeta dove erano stati pubblicati i versi di Sluckij. Avevo forse sedici anni allora. A quei tempi ero autodidatta, andavo per biblioteche … Mi piaceva da morire ma non scrivevo nulla di mio e addirittura non pensavo di farlo. Ed ecco, mi mostrarono i versi di Sluckij che mi produssero una impressione molto forte”.

iosif brodskij sulla scrivania

Brodskij ripetè questo altre volte: “In generale penso che ho iniziato a scrivere versi perché lessi le poesie di un poeta sovietico abbastanza dotato, Boris Sluckij.
K.K. Kuzminskij ricorda quando mostrò a Brodskij le sue prime poesie. Invece di apprezzamenti e consigli Brodskij gli lesse “La fossa di Colonia” di Sluckij: ecco come si doveva scrivere.

Partecipando nel 1975 al simposio “Letteratura e guerra” Brodskij disse esattamente:

“Proprio Sluckij, quasi da solo, ha cambiato il suono della poesia russa del dopoguerra. Il suo verso era pieno di burocraticismi, di gergo di guerra, di espressioni popolari e slogan. Con pari leggerezza utilizzava assonanze, rime dattiliche e visuali, un ritmo traballante e cadenze popolari. La percezione della tragedia nei suoi versi spesso si spostava, suo malgrado, dal concreto e lo storico verso l’esistenzialismo – fonte finale di tutte le tragedie. Questo poeta parla con la lingua del ventesimo secolo … il suo tono – crudele, tragico ed imperturbabile – è lo strumento grazie al quale un sopravvissuto racconta pacatamente, se ne ha voglia, quello che ha vissuto.”

Lev Locev osserva: “Come fosse un inchino deferente al maestro, che gli ha insegnato ad usare il verso giocoso per compiti seri e non giocosi, si pose l’inizio del poema di Brodskij “Isacco e Abramo” (giugno 1962). Là si sfrutta la differenza tra il nome biblico Isacco e la sua variante russificata. (Allora, come non ricordare la famosa poesia di Sluckij “Abramo, Isacco e Giacobbe”…). Tuttavia, l’aspetto più sostanziale che Brodskij ereditò da Sluckij o, almeno, da quello che Brodskij vide in Sluckij, è la comune tonalità del verso, quel dominante stilistico, che documenta la posizione assunta dall’autore come atteggiamento nei confronti del mondo”.

Brodskij ricordò Sluckij per tutta la vita. Lo stesso Lev Locev scrive che, come regola, quando si parlava di Sluckij, Iosif recitava a memoria “La musica sul bazar”.
Sono interessanti e sintomatici i ricordi di Tatiana Bek, che aveva incontrato Brodskij in America: Continua a leggere

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