
(Arte visuale di Milan Nápravník)
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Caro Giorgio,
più di una decina di anni fa, contattai una ventina di artisti/pensatori/scrittori/ecc. di varia nazionalità e chiesi loro di rispondere alla domanda su cosa fosse il surrealismo, secondo loro, lasciando volontariamente aperta la modalità della risposta. Alcuni preferirono una risposta testuale (saggistica, poesia o prosa breve) altri visuale (fotografia, stampa, ecc.).
Nell’attesa di pubblicare un giorno questo materiale, ti allego il testo “La triade” di Milan Nápravník, la risposta dell’autore alla domanda in questione.
Saluti da una Finlandia già un po’ freddina,
(Antonio Parente)
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Nessun oggetto surrealista, nessuna immagine, anche se estremamente sorprendente per il nostro desiderio del miracoloso o dell’incantevole, crea l’essenza del surrealismo, ma la concretizza soltanto. Sebbene venga spesso sottolineato come il surrealismo sia ‘nato’ nelle menti dei poeti, anche una poesia surrealista non è che la concretizzazione del principio poetico, degli incontri inaspettati, soddisfacente il naturale desiderio umano del miracoloso, dell’incanto, del provocatorio e della scoperta. Il surrealismo ispira l’immaginazione del poeta, ma esso stesso non ne è requisito o garanzia.
Le chiavi per comprendere il mistero del surrealismo si trovano, per lo più inosservate, proprio accanto alla porta che l’epigono cerca di sbloccare invano con il grimaldello del fantastico speculativo. È la triade surrealista di “Libertà, Amore e Poesia”, le tre pietre angolari del surrealismo, nella cui interazione dialettica è esso stesso in grado di rinascere in ogni momento. Tutte e tre sono fragili: non sono condizioni necessarie per la sopravvivenza biologica degli individui né della comunità. Non solo i celenterati, ma anche le persone della pratica quotidiana possono farne a meno; e quindi esistono non soltanto individui ma intere culture capaci di vivacchiare in condizioni di non libertà, senza amore e sicuramente senza poesia. La triade surrealista la si può esperire come bisogno reale solo laddove il desiderio umano si afferma contro la necessità di sopravvivenza attraverso un’esperienza miracolosa, degna del fatto che l’esistenza umana, spesso fin troppo tormentata, valga la pena di essere vissuta.
È un modo di vivere in cui grande rispetto è assegnato all’intelligenza emotiva dell’essere umano come soggetto pensante e sofferente e non biologico, intellettualmente incapace, eternamente conforme al profitto e al dominio nella lotta competitivamente inferiore del tutti contro tutti. È una vita che oltrepassa coscientemente il suo livello evolutivo biologico, controllato solo dagli istinti elementari della necessità della semplice sopravvivenza, livello da cui derivano i bisogni primitivi di conquista e accumulo di proprietà materiale, di appropriazione delle femmine e, in definitiva, la necessità di massacri ritardati di guerre concorrenziali; tutto ciò attraverso una negazione estremamente pericolosa e totale dei risultati positivi della cultura dell’intelligenza appresa. In questo modo, sovrapponendosi al livello delle profonde esperienze emotive, con le quali i prodigi dell’essere vivente si trasformano in prodigi dell’essere creativamente libero, la vita può diventare Eros, storia concreta e voluttuosa della coscienza che riflette su se stessa e, in un contesto più generale, della fase evolutiva, consapevole dei valori umani e culturali, della specie dotata delle capacità di pensiero e sentimento più complesse.
La “libertà” è oggi, all’inizio del XXI secolo, una parola alla moda che, a causa del costante abuso pubblicitario, è diventata talmente banale da perdere qualsiasi contenuto e significato. Nemmeno un fascista dozzinale, che apertamente raccomanda, approva e pratica la tortura dell’uomo sull’uomo, dimentica di sottolineare che lo fa per salvare o in favore della presunta, succitata libertà. Il surrealismo, tuttavia, considera la cosiddetta “libertà” di affari, dominio, usurpazione e sfruttamento come un concetto vergognoso. Pertanto, nemmeno per un attimo rinuncia al significato originale ed emancipatorio del termine “libertà”, ed è pronto a difenderla sempre e ovunque.
L’“Amore”, parola che a partire almeno dall’inizio della civiltà cristiana si è dissolta nei diluenti dei falsi contenuti, per il surrealismo significa solo l’amore tra due soggetti che nel reciproco fascino e stupore sublimano il congiungimento sessuale di fusione erotica degli amanti, nel piacere estatico, insostituibile, dell’abbandono. Da questa sorgente poi sgorga l’acqua viva di ogni creatività umana.
E infine, la “Poesia” – il membro più esoterico ma allo stesso tempo meno sfruttabile della triade surrealista, poiché fortunatamente si trasforma immediatamente nel suo opposto quando si cerca di farne uno strumento di sfruttamento delle emozioni e delle idee umane, un mezzo di manipolazione utilitaristica e condizionamento della coscienza sociale.
Nel surrealismo, tuttavia, il termine “poesia” non comprende solo l’area della poesia scritta, ma anche, e in particolare, la poetica dell’esperienza e la filosofia della vita. La poesia di pensieri ed emozioni crea il mondo nel quale riusciamo miracolosamente a vivere, a meno che non si sia vincolati da un attaccamento al bisogno materiale o spirituale, guidati dalla timidezza conformista o persino da avidità ed egoismo inferiori. A meno che non si vedano negli alberi della foresta solo potenziali assi da ricavare dai loro tronchi devastati per profitto, invece che organismi viventi di pari diritti e valore, grazie alla cui bellezza e proprietà simbiotiche possiamo respirare liberamente e svilupparci sbigottiti dalla nostra percezione, cognizione e comprensione.
Il surrealismo continua ad esistere pur nella certezza di non essere principalmente letteratura o arte, poiché è soprattutto un invito ad una vita onesta, intelligente e che onora la libertà. È un impegno per l’inalienabilità della creatività e dell’intelligenza del pensiero e dell’azione umana, un fermo impegno per una vita che valorizzi i valori dello spirito indipendente. André Breton in questo senso ha incluso nelle fondamenta del surrealismo, per il dispiacere di ogni essere distorto, un imperativo morale che era e rimane valido: Non sottomettersi mai ai miserabilismi del tempo. Il suo amico, Marcel Duchamp, in seguito commentò: “Breton era un ammiratore dell’amore in un mondo che crede nella prostituzione”. Senza la regola di una ferma integrità, il Surrealismo autentico è impossibile.

(Arte visuale di Milan Nápravník)
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«L’unione inversa di parti bilateralmente simmetriche di una singola struttura è uno dei principi morfologici fondamentali della natura, l’archetipo organizzatore del macro e del microcosmo. In quel momento mi fu chiaro il contenuto magico del messaggio che mi aveva raggiunto in quella nebbiosa giornata autunnale. Soltanto allora mi fu evidente che la forza numinosa di quella mia visione non era il risultato della crisi soggettiva, quantunque sconvolgente. Il suo effetto ammaliante prendeva origine dal contatto magico del subconscio con l’archetipo dell’universo, dal cogliere, sul campo irrazionale, uno dei segreti più profondi della realtà. La demonizzazione animistica di quest’attimo fu, poi, conseguenza della percezione magica, che registra sempre la realtà interiore come una parte integrante della realtà psichica. Solo allora la mia vista interiore si rischiarì. Come in una sintesi onirica mi resi conto del principio simmetrico delle formazioni cosmiche, dei poli magnetici, delle strutture cristalline e biologiche. Nei giorni e nelle notti seguenti, in preda ad una trance superficiale, passai in rassegna ciò che mi circondava, riconoscendo all’improvviso dei e demoni di antiche religioni, i volti assorti, indagatori, beffardi e malevoli della realtà, privati delle maschere civilizzatrici dell’utilità e dell’applicabilità immediate. Arrivare alla decisione di usare questo potenziale magico per tracciare immagini col metodo della visione inversa fu quindi un breve passo.
Per far risaltare la sua forza magica, non era possibile usare nessun altro mezzo se non quello delle tecniche fotografiche capaci di riprodurre l’impressione della realtà con fedeltà naturalistica. Tecniche a metà tra macchina fotografica e laboratorio, che riorganizzai in cucina di alchimista, dove creavo una nuova realtà partendo dagli ingredienti che trovavo. Il fatto di trasfondere vitalità spirituale in alberi, pietre, micro e macrostrutture che di solito nel mondo reale passavano inosservati, elevava l’attività creativa al rango di reale creaturazione del mondo. Ciò produceva l’identificazione con animali, piante e minerali, processo questo favorito dalla magia e represso dalla civilizzazione: nel momento in cui la natura si psicologizza, l’essere umano ne diviene parte.
Per caratterizzare questo metodo nella maniera più precisa possibile, lo chiamai inversaggio, parallelamente alla denominazione dei metodi creativi surrealisti più antichi introdotti da Max Ernst. Questa mia scoperta l’ho connotata con la seguente definizione:
L’inversaggio è un metodo surrealista di creazione della realtà magica attraverso l’unione di due o più immagini inverse di oggetti reali, delle loro parti o di strutture immateriali, superficiali. Il principio dell’inversione non è basato su tendenze estetiche del conscio, ma preesiste come archetipo morfologico dominante nel subconscio, vale a dire nella realtà irrazionale. Il carattere archetipico dell’inversione dà luogo all’inversaggio, che origina dalle immagini fotografiche della realtà creata dall’azione di acqua, fuoco, ghiaccio, calore, erosione, corrosione, gravità, divisione cellulare, crescita ecc., con una implicita forza numinosa. Il significato extra-estetico dell’inversaggio non può essere altro che il rivolgere la nostra attenzione verso una percezione alternativa, magica e, in questo modo, sconvolgere il monopolio della repressiva visione ottica cosiddetta “oggettiva” della costruzione unilateralmente razionalistica del mondo.»
(Maggio 1977, Milan Nápravník)
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cari amici,
a proposito di ‘vuoto’ vi sottopongo una poesia (kitchen) di nuovo conio, è la prima volta che tento un’opera siffatta, che adotta il verosimile (quasi un testo narrativo con degli a-capo) per introdurre in esso un clinamen, un inverosimile, un ultroneo, un personaggio illogico che finisce per destabilizzare l’ordine del discorso del verosimile cangiandolo in inverosimile e ultroneo. Ho tratto lo spunto iniziale da un testo di Milan Nápravník dal quale ho ripreso alcune frasi liberamente da me interpolate. È stato il mio modo di rendere omaggio al poeta ceco e di sviluppare il suo testo surrealista in direzione di una poesia italiana kitchen. In fin dei conti, è vero ciò che dice Nápravník, che «la poesia non è altro che una disciplina della magia». Seguono altre 2 Kitsch poem. (g.l.)
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Giorgio Linguaglossa
Il 6 aprile 1958
Il 6 aprile 1958, poco dopo la mezzanotte,
passeggiavo con la pittrice Zlata Adamová
per un viale alberato in direzione del cimitero ebraico
e invece, non so come, sbucammo
davanti all’insegna luminosa del wine bar “V Zátiší” in piazza Betlémské
Praga a quell’ora è silenziosa e deserta
Sul lato sinistro di via Liliová
al primo piano di una finestra aperta era appesa
una gabbia con un canarino
Giunti nei pressi
l’uccello improvvisamente si risvegliò dal torpore
prese a cantare
o meglio, a singhiozzare in modo bizzarro
I nostri passi echeggiavano nel vuoto di Malá Strana
“il silenzio di questa città totalitaria è così opprimente”
– pensai –
Zlata allora viveva in via Všehrdova
ma deviammo per via Platnéřská e quindi via Kaprova,
lungo gli alberi,
prima di dirigerci verso il Rudolfinum al di là del ponte Mánes
Forse non intendevamo tornare a casa,
o forse sì,
i nostri passi sembravano guidati da smisurate forze inconsce.
Giunti che fummo nella piazza davanti al Rudolfinum
lungo il marciapiede
ma sul lato opposto della strada
barcollando si faceva strada verso di noi
un Signore altissimo e magrissimo con un cilindro liso e sdrucito
appoggiandosi ad un bastone da passeggio
con il pomo d’avorio
e un ombrello trafugato dallo studio di Magritte
«La giraffa non è figlia dello scimpanzé
ma neanche lo scimpanzé è il padre della giraffa!
Kafka ha falsificato il romanzo!
– gridò in preda al furore –
il Signor K. è una invenzione stolida!»
In quel frangente
davanti a noi si materializzò una giraffa
la quale si sedette graziosamente su un soggolo
del bar di piazza Rudolfinum
inghiottì un caffè dopo aver litigato con un punto e virgola,
e deglutito un sandwich
«Non c’è usucapione per la speranza
ma c’è il cordoglio per l’Agenzia dell’Erario»
– disse con accento securitario –
Detto ciò la giraffa saltò alla guida di un monopattino
e si avviò
in direzione del vuoto di Malá Strana
«La lobotomia è il tocco finale
di un grande parrucchiere», aggiunse
e sparì nella foschia
receipt n. 57521
It’s Your Lucky Day – Open for $50!
In data odierna il gatto Carneade ha spedito un podcast
al Presidente Biden
V’è registrato: «una pillola di Betaprotene
ogni 12 ore toglie il mal di gola»
il triangolo scaleno è la figura geometrica
che il Presidente Mattarella predilige
il Signor Posterius invia un sms al mago Mandrake
c’è scritto:
«Il Signor Prius stasera va alla prima della Scala
con l’abito di gala e una gardenia»
Wanda Osiris a cavallo con il frustino ammorbidisce
la groppa ad un fantino renitente alla coscrizione
Apre la porta e gli dice:
«No Campari, no party»
poi ci ripensa e dice:
«It’s wonderful to kiss you»
dal baldacchino dei saltimbanchi esce un avatar
su un monopattino
prende l’ombrello dall’attaccapanni
e un cappello a cilindro
e spara un colpo di revolver ad uno struzzo che passava di lì
senza ragione
un topo di fogna improvvisamente prese ad abbaiare
Il pappagallo Totò ha spedito una lettera
tramite il Politburo al poeta russo Brodskij
con su scritto:
«I like you, bijou»
Il poeta russo dall’al di là manda un sms a Putin,
c’è scritto:
«Il Green Pass è pronto per la presa della Bastiglia
fissata per il 14 luglio 1789»
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