SISIFO
Terminato il tempo degli anatemi
Scorrazzo nel campo in cui i verbi fioriscono
Errare, vagabondare, vagare…
ogni frutto trascina nel tempo
torturandomi con immagini scolpite nel nulla
Invano ne cerco le origini,
gelatine nel magma libinale
sbavano lacrime e sconfitte
Chiudendo gli occhi, respiro quei profumi aspri
vacillanti
tastando ancora quelle pelli sature, umide
baciando quelle occhiaie complici
Eppure, l’infausto procedere m’impone di aprirli
di nuovo
E, ancora una volta
quei dolci sussurri migrano lontano
Flussi dolenti s’approssimano
mi chiamano per nome,
succube
La mia dimora è la Morte
le grida fucilate
le facce d’ombra
gli assensi metallici
Quel campo ha strattonato il mio sangue,
ora in me pulsa stremata
l’eterna domanda
giace, la roccia immonda
ed io scivolo ancora nella mia sorte
ARTIN BASSIRI TABRIZI è nato ad Assisi il 1992; frequenta Filosofia all’Università degli studi di Perugia e anche il conservatorio F. Morlacchi della stessa città, come studente di pianoforte. Attualmente svolge studi all’Université Paris Pantheon-Sorbonne; a breve si iscriverà all’Università Statale di Milano per la specialistica. È uscito nell’antologia Umane transumanze (deComporre Edizioni).
BSA
ALIENATION
Nazioni e Tempi il galateo
eleggono, Male e Bene nei costumi.
Scorre il succedersi, secoli e secoli.
Cambia il culto delle colte culture,
Yin e Yang s’invertono. Se ti sottrai alieno
sarai additato dai violenti scribi,
censori e critici, di coscienza
obiettori. Nichilista, relativista
sarà il tuo nome, sofista. Relativo non è il mio
bensì il vostro mutevole mondo.
Nichilista non chi non crede
ai vostri primitivi dogmi, loro sì
disfattisti pan-cidi.
Artista, dall’anonimo Kabbalista a Rumi,
da Krishnamurti a Baudelaire,
da Gibran a Mishima,
da Pelevin a Jodorowsky.
Periodi lontani più dei luoghi.
Connessi tutti alla più alta,
sempiterna Energia. Lei consiglia,
chiamata dio, allah, termodinamica od insight, un tema
sempre uguale, lodevole, amorevole.
Se l’abbracci rischi, dagli abitanti
della Caverna riceverai i fischi opprimenti,
poi niente pane, come indisciplinato cane
bastonate sui denti, corone d’alloro
in spine tramutate.
Nasconditi, o vero artista,
finchè sei in tempo!
BSA, Oudeis, Anam sono tre nomi usati dal “poeta”. Classe 1989, mai laureato, ha pubblicato i suoi scritti nella raccolta Viaggi diVersi (Poeti e Poesia), e varie volte con deComporre edizioni, in diverse antologie a cura di Ivan Pozzoni.
ERICA GAZZOLDI
INCUBO RICORRENTE
Spesso m’abbacina un sogno sardonico
di luci tintinnanti in una fiera
o, meglio, un party –nel galateo tonico
di chi infioretta una qualunque sera.
Io scivolo sola nel gorgo cronico
di figure parate a primavera,
gale, orecchini –e un che di malinconico
imbeve tavole e vesti qual cera.
Un’ombra palpita oltre quel mare,
col canto nitido e muto d’un faro:
amore o nulla –così è, se pare.
Da quel richiamo abbagliante ed avaro
è diretto il risucchio del mio andare:
quest’è sostanza del mio cuore amaro.
ERICA GAZZOLDI è nata a Manerbio (BS) l’8 settembre 1989; ha conseguito la maturità scientifica all’istituto di istruzione superiore “Blaise Pascal” (Manerbio, BS). È stata allieva dell’Università degli studi di Pavia, del collegio S. Caterina da Siena e della Scuola Superiore IUSS. Il 7 dicembre 2011, ha conseguito la laurea triennale in Antichità classiche e orientali, con una tesi dal titolo Hellenism and the Seleucids in the Book of Daniel. Il 18 febbraio 2014 ha conseguito la laurea magistrale in Filologia, letterature e storia dell’antichità, con una tesi dal titolo The Additions to the Book of Esther: Historical Background. Ha collaborato per anni col mensile studentesco Inchiostro (http://inchiostro.unipv.it). Coltiva la passione della scrittura fin dalla prima adolescenza; si è cimentata con diversi generi: il romanzo, il racconto breve, la lirica, il libretto d’opera. Talvolta, ama creare personalmente le illustrazioni. Gestisce un blog miscellaneo: Il filo di Erica (http://erica-gazzoldi.blogspot.it). Ha al proprio attivo una raccolta poetica: La tessitrice di parole (Brescia, 2011, Marco Serra Tarantola Editore).
MATTIA MACCHIAVELLI
L’ULTIMO RITRATTO DI GÉRICAULT
L’indovino del villaggio preferisce l’Isola dei Pioppi
è una fenarete premurosa Madame de Warens
solo i flauti d’ambrosia costringono alla libertà:
Salomè deve lasciare cadere tutti e sette i veli
sinolo d’inchiostro e promessa è quel contratto
Volontà Generale esige riverente genuflessione.
L’archimandrita di Boudry è un pifferaio di ratti:
Urras o Anarres?
Philosophiae nullam operam impendit
autoerotismi d’una teleologia allo specchio:
uno e trino è il parto dell’infelice coscienza
vi è un labirinto d’alterità nel ventre di Gea
ritorna sempre in sé il volo della nostalgica nottola.
tanto peggio per i fatti se Napoleone reinventa l’Assoluto
in neolingua scriviamo un eterno presente
Le porcellane di Löw sono un eden di riflessione
non sigillare ermeticamente il sistema
fuori dal tempo vi sono solo le statue dell’indifferenza:
è fragranza di desiderio l’ontologia di Dio
catene di Es ci avviluppano a fantasmatiche proiezioni
Libertà indossa un provocante sensualismo.
Che cosa hai mangiato oggi?
Astolfo ha assunto tre grammi di soma.
Spira da Treviri un vento rosso
– francamente, io odio tutti gli dèi –
nessuna lepre marzolina trasformerà il mondo:
le mani senza figli sono madri orfane di futuro
Charlot continua ad avvitare i seni delle donne
conosce la gravità il masso di Sisifo
ogni altro è sempre un mezzo, mai un fine.
Si è smarrito lo spettro per l’Europa:
i pompieri hanno bruciato ogni volume.
Anche Kripke ha una sola dimensione
la caverna platonica è un linguaggio senza codice
oggi ho venduto l’ultimo abbonamento
trimestrale, a rate, tre euro per la cauzione del badge:
sono venuto bene nel ritratto di Géricault
MATTIA MACCHIAVELLI è nato a Bologna nel 1988; si è diplomato in Scienze Sociali al Liceo Laura Bassi di Bologna ed è iscritto alla facoltà di Filosofia presso l’Alma Mater Studiorum. Eterno studente, ex receptionist, attualmente salumiere, da sempre appassionato di letteratura e poesia. Nel 2010 pubblica la sua prima silloge poetica: Orgasmi di fata (Albatros-Il Filo). Nel 2012 inizia una collaborazione con la rivista on line “Clamm Magazine” (www.clammmag.com) dove pubblica una serie di articoli incentrati sull’analisi fenomenologica della cultura pop. Nel 2013 è tra gli ideatori e i soci fondatori dell’associazione culturale bolognese Metro-Polis (www.metropolisbologna.it), di cui è a tutt’oggi Presidente. Nel 2014 pubblica due poesie (Ombra e Biston Betularia) nell’antologia Homo Eligens, a cura di Ivan Pozzoni, con deComporre Edizioni; sempre nel 2014 pubblica altre due poesie (Il sesso delle stelle e Cenere vogliosa) nell’antologia Forme liquide, a cura di Ivan Pozzoni, con deComporre Edizioni.
MARIANO MENNA
ALIENAZIONE
I passanti sono ombre indistinte:
avanzano incessanti nelle notti
senza fine,
osservando le vetrine dei negozi
che nutrono la sete di possesso.
Ho stracciato il solerte calendario
che si diverte a smuovere le ore,
ma non c’è sipario
al suo rumore prolungato.
Mi manca il fiato spesso
-i giornali mi soffocano –
i giorni sono guerre mai reali.
La casa mi protegge dal progresso,
è un bunker ed io confesso:
il cuore è una granata nel petto
e aspetto l’esplosione, inerte.
Lo specchio riflette un uomo nudo:
sono io -ho creduto-
ma non mi riconosco.
MARIANO MENNA è nato a Benevento nel 1994. Ha conseguito la maturità scientifica presso l’istituto Polispecialistico Gandhi di Casoria. È iscritto al primo anno del corso di laurea in Filosofia presso l’Università Federico II di Napoli. Nel 2012 è risultato vincitore del Concorso Nazionale “Scrittura attiva” di Tricarico, nella sezione giovani, con la poesia “La ballata del vagabondo”. Nel 2013: ha pubblicato due raccolte di poesie La grande legge e La pagina bruciata, entrambe edite da Marco Del Bucchia rispettivamente a maggio e novembre; è risultato secondo classificato nella sezione “Giovani” del concorso Nazionale “Città di San Giorgio a Cremano” con la lirica“Iris”. Nel 2014: si è classificato al 3°posto nella 5^ edizione del premio letterario internazionale “Le parole dell’anima” Città di Casoria (NA) con il libro di poesie La pagina bruciata; al 2° posto alla IX edizione del Premio Artistico – Letterario Internazionale Napoli Cultural Classic con l’inedita “Il crepuscolo”. È stato inserito nelle antologie Poesia per Dio, curata dalla casa editrice “La Ziza” con la poesia inedita “La scelta” (marzo 2014) e Fondamenta instabili, curata da deComporre Edizioni. Alcune sue poesie sono apparse su blog e riviste online come “L’ombra delle parole” di Giorgio Linguaglossa, “Alla volta di Leucade” di Nazario Pardini, “La distensione del verso” di Sandra Evangelisti, “Le Reti di Dedalus” di Marco Palladini e “Poetrydream” di Antonio Spagnuolo. È membro cofondatore della corrente artistico-letteraria del Labirintismo, il più grande movimento d’avanguardia del 2000 con più di 200 iscritti.
VALERIO PEDINI
ALIENO LIQUIDO-SGRETOLAMENTO DEL SE’ IN STATUS INDIVIDUALISTA (IN CONFRONTO IL CONCETTO DI ALIENAZIONE DI MARX E’ UNA SIMPATICA BEFFA)
Non poter cominciare in un modo armonico
Questo è il principio della rarefazione della Persona:
termine sporco, posticcio, insignificante:
termine liquidato.
Le feritoie della galera oltrumana si sono spezzate,
l’oltre è ridicola macchinazione di un Nietzsche letto ormai troppo male:
l’uomo si è disintegrato in una brutale abnegazione,
il Sé è morto in un lancio, privo di qualsivoglia belligeranza, del Sé.
Una saetta non incenerisce, una saetta non illumina, una saetta non è:
una “saetta” è una parola, la mia decostruzione è una Saetta
che s’insinua nelle fenditure di un Universo aspro:
sordità di un moto vacuo-non vi è luogo- non vi è poesia- poiché non vi è luogo,
non vi è sé- non vi è poeta poiché non vi è sé.
Non vi è uomo poiché non vi è sé.
Incenerito in un individuo vacante, l’uomo non si muove,
non più alieno sociale, ma alieno corporale, alieno intellettuale, alieno psicologico, alieno linguistico, alieno politico, alieno ideologico, alieno artistico, alieno storico, alieno urbano, alieno sub urbano!
Alieno della menzogna delle sue imprecazioni,
si sfilaccia in un continuo scodinzolio.
Latra- latra- un cane che non è nemmeno amico di se stesso-figurarsi dell’uomo
Che si strizza come una spugna marina,
senza comprendere di chi sia quel sangue leucemico che inonda il globo.
Incastonato nella sua ininterezza non può far altro che ridere goliardicamente alla propria – non del tutto propria- inappartenenza alla Natura, che scricchiola sotto il peso di un corpo inesistente.
Ma estraniato da tutto, da tutti, l’Antisé, grida: “Non rimpiangere ciò che hai lasciato alle spalle, ciò che sei è ciò che desideravi essere, perciò ora muori- e non sarà un Tramonto”
Non vi è catastrofismo nelle mie parole, non confesso e non sconfesso nulla,
quando il dolore attecchisce,
allora il mio sguardo si scioglie.
VALERIO PEDINI nasce il 16 giugno del 1995. Esattamente 18 anni dopo, Valerio, divenuto Gaio, senza onorificenze, decide di patrocinare il suo primo evento culturale da sé, per sé, ma Artiamo lo festeggia male, con la gastrite e l’epilessia e quasi nessuno ad ascoltare, a vedere il frutto del suo lavoro e di quello della sua allora amata pittrice-poetessa Sofia Bollini e della cantante Arianna Meda. Nell’intermezzo ha iniziato a recitare, preferendo l’espressività del teatro di ricerca rispetto al metodismo popolare che comunque gli è utile per i suoi lavori sul movimento; a scrivere, pubblicando in collaborazione col circolo narrativo AVAS Gaggiano, nelle antologie Tornate a casa se potete, Rigagnoli di consapevolezza, Ma tu da dove vieni? (in collaborazione con Mambre). Nell’ottobre del 2013 inizia il progetto Non uno di meno Lampedusa, insieme alle poetesse Agnese Coppola, Rossana Bacchella, Savina Speranza e alla narratrice Aurelia Mutti, con lo scopo di dare una voce poetica e artistica alla tragedia di Lampedusa. Ha contribuito ad un progetto artistico diretto da Agnese Coppola, che tratta del doppio nell’arte e sta facendo studi teorici sulla poesia intesa come caos. Inoltre sta lavorando ad un libro di filosofia, che tratta della mediazione della paura di massa e ad una silloge poetica (Maggiorminore: la disperazione dei diversi uguali). A maggio è uscita la sua prima raccolta poetica, con IrdaEdizioni: Cavolo, non è haiku ed è stato inserito nell’antologia Fondamenta Instabili (deComporre Edizioni) e successivamente sempre con deComporre Edizioni nelle antologie Forme Liquide, Scenari Ignoti, Glocalizzati.
AMBRA SIMEONE
cercando il significato di alienazione su wikipedia
sarà almeno da qualche secolo che l’hanno scoperta, l’alienazione
e poi ce l’hanno spiegata una serie di grandi filosofi della rivoluzione,
infatti se cerchi la parola su wikipedia, ti danno una serie di significati
che sono tutti un po’ uguali ma tutti un po’ diversi, il primo parte dal greco,
che vuol dire straniero, cioè uno che è diverso da te, uno diverso dal resto,
il secondo è chi decide di allontanare qualcosa da sé, di prendere tutto a distanza
il terzo invece è simile a essere folli, dei veri disadattati, fuori dalla comunità,
come uno che vive ai margini della società, insomma non proprio fuori del tutto,
il quarto dice che essere disagiato è molto simile all’essere alienato,
e poi c’è il quinto che sei proprio così, se vivi nell’era moderna e industriale,
sarà che se hai un lavoro, un lavoro qualunque, uno poi si aliena per questo,
che stare a fare la coda in tangenziale uno si sente come un po’ impazzito
o anche entrare in tram che tutti stanno a toccare uno schermo luminoso,
e che ascoltano musica in cuffia, è davvero alienante; loro non esistono, sono
fuori dal mondo, come se avessero deciso di allontanarsi da sé e dagli altri,
insomma se uno si sveglia e beve sempre lo stesso thè, bacia sempre la stessa
persona, guida sempre la stessa macchina, entra sempre nello stesso ufficio,
guarda sempre lo stesso capo, le stesse persone, la stessa città, la stessa tv,
allora è proprio un tizio alienato dal mondo, perciò credo che dovrei
aggiornare le mie convinzioni, che quelli che il lavoro non ce l’hanno
non dovrebbero essere alienati come gli altri, ma neanche mi sembrano felici,
e saranno alienati anche loro oppure no, non lo so, così ho letto su wikipedia,
che dice questa è l’alienazione, ma a me lo psicologo, ha detto che è solo vita.
AMBRA SIMEONE è nata a Gaeta il 28-12-1982 e attualmente vive a Monza. Laureata in Lettere Moderne, ha conseguito la specializzazione in Filologia Moderna con il linguista Giuseppe Antonelli e una tesi sul poeta Stefano Dal Bianco. Collabora con l’Associazione Culturale “deComporre”. La sua prima raccolta di poesie Lingue Cattive esce a gennaio del 2010 per i tipi della Giulio Perrone Editore di Roma. Del 2013 è la raccolta di racconti Come John Fante… prima di addormentarmi per la deComporre Edizioni. La sua ultima raccolta di quasi-poesie esce quest’anno per deComporre Edizioni con il titolo Ho qualcosa da dirti – quasi poesie. È co-curatore de Il Gustatore – quaderni Neon-Avanguardisti che hanno ospitato Aldo Nove, Giampiero Neri, Peppe Lanzetta, Giorgio Linguaglossa, Paolo Nori e molti altri. Alcuni suoi testi sono apparsi su riviste letterarie nazionali e internazionali tra le quali l’albanese Kuq e Zi , la belga Il caffè e l’americana Italian Poetry Review e su antologie; le ultime due per LietoColle a cura di Giampiero Neri e per EditLet a cura di Giorgio Linguaglossa.
CINQUE POESIE E CINQUE POETI SUL TEMA DELLA MORTE – GLI ARRABBIATI Valerio Gaio Pedini, Matteo De Bonis, BSA, Ambra Simeone, Mariano Menna a cura di Ambra Simeone e Commento di Giorgio Linguaglossa
Escher Maurits Cornelis Drago
Il tema della morte è un classico della riflessione poetica e filosofica. Ne Il mito di Sisifo Camus dice che una filosofia che non sa liberarci dalla paura della morte è una filosofia inutile. Heidegger ontologizza la morte e ne fa una destinazione dell’esserci, la sua forma costitutiva. Adorno, Ortega y Gasset e molti altri filosofi hanno violentemente protestato contro questa invasione dell’ontologia ed hanno parlato dell’essere per la vita quale forma costitutiva dell’ente umano, quell’ente che progetta, getta i ponti dei propri progetti sopra l’abisso della morte e là costruisce la città della vita.
Che il gruppo dei giovani Arrabbiati scriva poesie sul tema della morte era quasi inevitabile, da sempre i giovani hanno un rapporto privilegiato con la morte, la considerano con condiscendenza, anche con sarcasmo, con ironia, spazzano il campo dall’analogia morte-immortalità, dichiarano la loro aperta diffidenza verso ogni teoria che addomestichi la morte in ideologia per essere utilizzata contro i vivi e la vita.
(Giorgio Linguaglossa)
valerio gaio pedini
Valerio Gaio Pedini
Gloria teo morte: monologo mortuario
Asfissia: una parola complessa, penso: ché poi mica tanto complessa è
La NATURA del mio precipizio UMANO:
ora, non è per fare il filosofo: la filosofia è un’accozzaglia di ipocriti: di uomini soli:
di uomini e basta: LA CRITICA DELLA RAGION PURA: ma quale RAGION PURA.
“Gloria Teo Morte!”
Riecheggia nell’Alba, che è solo un Tramonto, nel tramonto, che è solo un’alba!
Sfiorire è nascere, nascere è sfiorire:
perire lentamente.
No, no, no, no, no, no, no, no, no, no, merda, merda, merda, merda, merda
Non credete alla sanità delle parole! Alla ragione!
La terra è rimpianto, pianto isterico: nostalgia: i fiori appassiscono nascituri
Com’io mi sgretolo nella mia tirannia psicologica:
fatto, disfatto
Mai cercai Morte
Gloria Teo Morte
È la morte che vive dentro di me, di noi, di tutto: là dove c’è vita c’è morte: è solo il principio di un equilibrio cosmico:
“Non incontrerai mai la morte” profetizza Epicuro, filosofo del giardinaggio.
Nooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo! La morte vi è poiché esisto, poiché nacqui, poiché fui generato: senza la vita, non vi è morte, senza la morte non vi è vita
È tutto uno sfiorire lento
Calpestato dai nostri piedi:
l’uomo? È un suicidio: un suicidio permanente che deve essere terminato, perché io sono uomo che supera l’uomo e che non vuole esserlo
come nessuno mai, consapevole delle proprie debolezze, del proprio dolore, della propria disarmonia!
Assuefatti a scomparire siamo cadaveri mangiati dai vermi, ma almeno nutriamo i vermi:
dalla cenere può nascere ancora qualcosa, oh uomo:
ascolta Eraclito, era più profeta di Cristo: Tutto Scorre, Tutto Muta: un sasso sarà pur un’altra vita, perché darà vigore alla Terra: finalmente.
Dove sarà quell’unico corpo di VITA, lì troverò SPERANZA nella FINE DEL TEMPO: la fine del VACUO.
matteo de bonis
Matteo De Bonis
Morte di un lirico ideale
a Salvatore Toma
Attraverso
le diroccate rovine di un
ponte carnale a voi
fluiscono ora,
purché siano rigonfie,
coorti di rose immaginose che
auliscono.
Mentre
la penna danzante avanza
su fogli puntellati col sangue,
piombavano
e vincevano nerborute
fisicità.
Un lirico ideale è stramazzato in terra,
colpito da ventitre coltellate. Ahimè!
Attraverso le voci singolarmente
affettate per voi
s’impennano ora, che sommuovano
almeno,
coorti di rose immaginose che
occhieggiano.
Bsa
BSA
Morte
Insopportabile sarà
la Vita per colui che
la Morte non ha accolto nel suo cuore.
Nascere, morire, nascere,
morire, nascere. Questa la Natura
dei Vivi. Nascer non puoi senza
Morte, Vita mai sarai così bella
togliendo la precarietà. Zeus stesso
questa c’invidiava.
io io io io io io io io io io
sono Immortale finché non penso.
Ma gl’Immortali sono i soli già morti.
Rinunci a pensare alla Morte,
Rinunci a migliorare ed accettare ciò
che non ti piace. Morto in vita per
la Morte evitare. Ipertrofico l’IO
rende stupido, impreparato e banale.
Finalmente morrò, il mio zainetto
di carne lasciato a biodegradare, finalmente
dopo tanti pasti uno abbondante
lascerò al microscopico
mondo batterico, sempre attivo, sempre cangiante.
Dei rimanenti 21 grammi non so, non m’interessa.
Troppo difficile cercare una risposta, che
se esiste mi sarà data al giusto momento.
Ripeto senza sosta:
Morte ti amo, perché parimenti
amo la Vita.
Ambra Simeone
Ambra Simeone
alcune indicazioni utili da ricordare in caso di morte
in caso di morte violenta per guerre o genocidi sulla striscia di Gaza
ricordarsi di postare su facebook tutte le foto più orribili, così che qualcuno le veda
e rimanga sconvolto un minuto e poi scriva sì mi piace oppure lasci un commento,
in caso di funerale di parente, di amico o conoscente che dir si voglia,
ricordarsi di applaudire e di mettere sulla bara la bandiera della squadra del cuore,
che poi si potrebbero portare anche una o due trombe da stadio, che fanno colore,
in caso di suicidio di poeta sconosciuto ricordarsi di scrivere più articoli sui blog
che parlino di lui, del suo sfortunato destino e di come non se lo cagava nessuno,
perché adesso, adesso ci sta davvero a cuore e quel che scriveva ora ci piace,
in caso di morte dell’autore più noto, ricordarsi quanto meno di ristampare
tutto ciò che lo riguarda, biografie, prime uscite, vecchie lettere e cartoline
poi ricordare a tutti che è stato importante e vendere tutto quel che è possibile,
in caso di morte di muratore o minatore, dirlo in tv una volta sola e poi basta
in caso di morte di dittatore o d’imprenditore ricordarsi di dirlo più volte,
scrivere libri sulla loro vita e ingaggiare opinionisti che ce ne parlino tanto,
in caso di morte di bimbo, investito da ubriaco, ricordarsi di avviare il processo
in caso di morte accidentale di un cane sotto l’auto di uno che non lo aveva visto,
non dimenticare di chiamare un po’ di gente, che ci aiutino a farlo un poco a pezzi,
in caso di morte per droga di un cantante o di un attore, non vogliamo mica non
glorificarlo, si ci facciano su un paio di film, una serie di quadri e tre reportage,
insomma casomai vi doveste scordare, alcune indicazioni utili in caso di morte.
Mariano Menna
Mariano Menna
La ballata del suicida
Troppe, lunghe ore, io passo ad aspettare
la fine di una vita che non ha più altre trame.
Chiuso nel mio buio, nella mia paura,
appeso ad una corda rendo a Dio la sua fattura.
Questo suo regalo che voi chiamate vita,
non è che una bestemmia ormai finita.
Penso ai miei tre figli che sto per lasciare,
perché nel mio corpo l’aria no, non ci può stare!
Diventerò un suicida quando il gallo canterà,
non ho saputo reggere allo stress della città
in cui venuto al mondo, già stanco per natura,
mi sono condannato a tanti debiti d’usura.
Tanti i fallimenti che ho dovuto sopportare,
troppe le ferite che ho tentato di guarire,
ora lascio il mondo e voi lasciatemi morire,
solo, in questa stanza, l’esistenza terminare.
Rido mentre piango, è scoccata la mia ora,
un ultimo consiglio lascio udir dalla mia gola:
“Non ripudiate il mondo perché, pur pentito, adesso
capisco questo errore, ma dovrò morire lo stesso…” Continua a leggere →
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