
foto del Governatore della Lombardia Fontana con un suo fedelissimo
Guardo la foto del governatore della Lombardia e del suo fedelissimo ascaro e provo sgomento, mi accorgo che è terribile. La foto che avrebbe dovuto essere decorativa e ornamentale, con le due figure con il vestito di cerimonia tirato a lucido, è invece terribile. Perché?
Perché mette a nudo la figura del re e del suo serviciattolo. In realtà, la foto ritrae i due figuri nudi di fronte al destino. Le loro espressioni sono anch’esse nude, esprimono falsa coscienza e falsi pensieri, false azioni, ignominia, servitù e tracotanza… esprimono la dissimulazione a cui sono abituate da sempre.
La foto è un capolavoro involontario.
Le figure appaiono isolate, e come recisi gli illusori rapporti dell’immagine col resto del mondo. («La forma illustrativa rivela immediatamente, attraverso l’intelletto, che cosa rappresenta, mentre la forma non illustrativa passa prima per la sensazione, e solo in un secondo momento, lentamente riporta alla realtà»).
Come nei monumentali Baigneur di Cézanne, isolare la figura è il primo passo per abolire il rapporto illustrativo tra immagine e oggetto, per concentrarla nella sua fissità, per trasportarla dal piano simbolico alla sordità imperturbabile della «cosa» bruta, per operare una specie di fossilizzazione coatta e inverosimilmente accelerata della umanitas.
(g.l.)
Giorgio Linguaglossa
Storia italiana del Covid19
➡Marie Laure Colasson telefona al poeta Gino Rago.
«Non c’è più posto nelle mie “Strutture dissipative”!*», grida allarmata.
Tatarkiewick litiga con il filosofo Žižek, dice che “Brillo box”
è una scatola di detersivo e basta.
Robert Redford e Jane Fonda.
Backstage sul set del film The Chase (1966).
Lui indossa una tuta da operaio, un bicchiere di plastica.
Lei sorride, sta fumando.
Ha un impermeabile grigio, ma forse no, è la foto in bianco e nero.
Che confonde.
Sembrano gentili e sorridenti.
Un selfie della putiniana deputatessa Olga Kamjenska in monokini sulla spiaggia
finisce su facebook.
Un ammiratore le scrive: «Das Nichts nichtet».
➡Piazza del Plebiscito. Milano. Giugno 2020.
La deputatessa Santanchè va in piazza a gridare contro i Dpcm del governo Conte.
Scarpe con tacco a spillo da 350 euro.
Leggings da 750 euro con lista laterale argentata.
Permanente con meches, 250 euro.
Gilet, 650 euro.
Giacca, 3000 euro.
Occhiali Ray ban da sole ottagonali, 500 euro.
T-shirt. 700 euro.
Mascherina Trussardi, 180 euro.
La deputatessa Santanchè, “Fratelli d’Italia”,
con la borsetta Birkin n. 21
Urla:
«Il popolo ha fame!».
➡Giugno 2020, post-Covid.
Una tavola rotonda di aspiranti poeti su Zoom.
La showgirl Wanda Osiris svestita da cow boy brucia il perizoma in pubblico.
Passeggia sulla passerella per il quarto d’ora di celebrità.
L’agente 007 bacia Ursula Andress sul set del film Licenza di uccidere (1962).
Ha inizio la saga cinematografica di James Bond,
agente segreto di Sua Maestà britannica.
Renzi attua in Parlamento la tattica della «opposizione al pop-corn»
contro il governo Lega-5Stelle.
L’Ombra delle Parole lancia la poetica della top-pop-poesia,
la poesia pop-corn, o soap-poesia.
Gino Rago invia “Storia di una pallottola n. 14” al poeta Giorgio Linguaglossa
all’Ufficio Informazioni Riservate di via Pietro Giordani
con un biglietto: «caro Linguaglossa, Lei è in pericolo».
Marie Laure Colasson è in atelier per un’ultima “Struttura dissipativa”.
Ci stanno dentro Marlon Brando e il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Telefona a Catherine Deneuve nel film “Belle de jour”,
le dice di cambiare il rossetto, di mettere quello rosso de l’Oreal n. 37.
La crossdresser Korra del Rio si fa fotografare nuda
avvolta in una tela di ragno
per la pubblicità di una marca di profilattici.
«Seguite la video-chat erotica di Lilla13», dice una inserzione promozionale
con tanto di pose osé della mitica star.
La poesia è «una questità di stati di cose», afferma il noto critico letterario
Giorgio Linguaglossa.
➡Il filosofo Stavrakakis fa una video-chiamata ad Ewa Kant.
Dice: «Pornostar di tutto il mondo, unitevi!».
La crossdresser esce dall’armadio
svestita di tutto punto: calzamaglia a rete, tacchi a spillo 16, perizoma.
Sta bevendo un caffè bollente.
Dice che presto salirà sul lampadario
e da lì verserà litri di “Aromatique elixir” sulla testa dei piccolo borghesi
con il naso all’in su.
Dice che vuole entrare in una “Struttura dissipativa” della Colasson
e invece si deve accontentare di un Covid garden di Lucio Mayoor Tosi.
La deputatessa Olga Kamjenska, “Forza Italia”,
chapeau a larghe tese Dolce & Gabbana, euro 370,
la invita ad una partouze con il Cavaliere
e l’ultrareazionario Pillon con la farfallina gialla sotto il collo.
Salvini mangia in diretta TV un cesto di ciliegie
e bacia il rosario della santissima Madonna immacolata.
I pronto soccorso in Sicilia da oggi li gestirà la Lombardia.
È stato firmato un protocollo d’intesa tra la regione Lombardia e quella di Sicilia
per una migliore organizzazione del servizio sanitario.
Un paparazzo fotografa l’assessore Gallera che se la spassa
con Korra del Rio,
dice che deve rimettersi dallo stress della pandemia.
Zaia, governatore del Veneto, dice che «i cinesi mangiano i topi vivi;
i pipistrelli invece li cuociono, ci fanno un budino».
«Se qui vi è della cenere, vi deve essere stato anche del fuoco.
Tutti i corvi sono neri», dice il generale Bava Beccaris
che si è risvegliato dalla tomba.
«La poesia è una posizione di significati», dice il critico letterario Linguaglossa.
«Ma anche esposizione di un mondo», aggiunge.
«Nella soap poesia c’è posto per tutti».
«Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., poiché una mattina…
venne arrestato…»
* Serie di quadri della pittrice Marie Laure Colasson intitolati “Struttura dissipativa”.
(fotomontaggio trovato in rete)
Dove ci si trova allora?
Dove trovarsi?
A chi ci si può ancora
identificare per affermare la propria identità
e raccontarsi la propria storia?
A chi raccontarla, in primo luogo?
Bisognerebbe costruire se stessi, bisognerebbe poter
inventarsi
senza modello e senza destinatario garantito. Continua a leggere
Scrive Giorgio Agamben:
«Il pensiero è vicino alla sua cosa solo se si perde in questa latenza, se non vede più la sua cosa. È, questo, il suo carattere di dettato: dev’esserci la dialettica latenza-illatenza, oblio-memoria, perché la parola possa avvenire, e non semplicemente essere manipolata da un soggetto. (Io – è chiaro – non posso ispirar-mi).»
La conoscenza è, per Adorno, questo perdersi à fond perdu negli oggetti. Noi scopriamo gli oggetti solo quando ci avviciniamo alla «cosa» che non vediamo, che non possiamo vedere. La poiesis ha sempre a che fare con la «cosa», non con gli «oggetti». Pur moltiplicando gli oggetti fino all’inverosimile, alla fin fine ci sfuggono, si confondono, si perdono in una nebulosa indistinta.
Oggi una «poetica degli oggetti» dovrebbe tenere presente questa problematica. Gli «oggetti» non sono delle cose che puoi convocare a piacimento sulla pagina bianca con un decreto prefettizio o con un Dpcm del Presidente del Consiglio.
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