
la generazione I-pod
Edoardo Maspero ha 22 anni e studia linguaggi dei Media all’università Cattolica del Sacro cuore di Milano.
Un ritratto brutale e vero della realtà giovanile contemporanea, noiosa e annoiata da un nichilismo perverso e distruttivo alimentato da alcol e droghe varie. L’opera di Edoardo Maspero fotografa senza ipocrisie la decadenza interminata d’una generazione eternamente rinchiusa nelle gabbie dell’adolescenza.
(Roberta Barone – 12 ottobre 2016)
La generazione tumblir dei ventenni di oggi, il buco nero di instagram, twitter, FB, I like, gif, emoj, il successo, la ricchezza, il vuoto…
Sinossi
Nero catrame è il racconto di una generazione ossessionata dall’apparenza. Un’ apparenza plasmata dall’approvazione dell’altro, unica garante della costruzione del Sé. La storia di Adam, il diciannovenne protagonista del romanzo, si delinea tra serate, soldi, prostituzione minorile e ostentazione necessaria del proprio benessere quale status symbol del successo. Adam è intrappolato in un mondo del quale non si sente parte, ma dal quale gli sembra impossibile uscire. Un mondo scandito dalla noia, dal pettegolezzo, dalla televisione quale unico sbocco salvifico per i ragazzi, e dall’invidia reciproca quale unico punto di contatto tra i suoi coetanei. L’idea fasulla che i ragazzi protagonisti del romanzo devono dare di loro stessi, la necessità di apparire, il vizio, il lusso, l’arrivismo a qualunque costo sono la cornice che colora il grido disperato quanto silenzioso del protagonista, immerso nel perimetro di un microcosmo dal quale non riesce ad allontanarsi. Il libro di una parte di generazione che è quel che è, inglobata dall’ammirazione cieca per modelle anoressiche, per la moda che è moda e mai gusto, e per la chiacchiera superficiale degli acquisti fatti dal rapper di turno.
Cocaina che corrode le radici, la storia di Instagram da mille visualizzazioni che desta sollievo, bullismo virtuale e non.
Più che un libro generazionale è un libro sul desiderio di scomparire, come succede ad Adam, che è sereno solo quando chiude gli occhi e si rifugia in un passato che non c’è più e che teme di dimenticare, in cui suo nonno gli insegnava ad andare in bicicletta o il suo migliore amico gli parlava in un parchetto baciato dal bagliore lunare.
Adam chiude gli occhi perché come Said alla fine di “La Haine”, di fronte ad un mondo che viene naturale aberrare e che non si può cambiare, tra i rigogli di una falsità partecipativa al carattere, non si può far altro che rifugiarsi nel buio e ripetersi “Io non sono qui. Io non sono qui”.
1
Tanti piccoli occhi che brillano nell’oscurità.
È questa la prima immagine che mi viene in mente guardando fuori dal finestrino dell’aereo. Tanti piccoli occhi che brillano nell’oscurità. Ti guardano come se ti conoscessero; come se sapessero ogni segreto del tuo passato, presente e futuro. Scrutano lentamente ogni parete della tua anima fino a ricercarne la più acuta e sincera debolezza, e una volta scovatala sembra che questa emerga dall’intestino fino a strozzartisi in gola, come un urlo disperato che nessuno ascolterà mai.
Questi piccoli occhi mi guardano perché sanno che sto tornando da loro, nonostante mi fossi promesso di non tornarci mai più.
Sanno che non posso più scappare da loro.
Il signore seduto alla mia destra sta leggendo un giornale, del quale intravedo la pagina di sinistra.
È una pagina pubblicitaria di un libro. Leggo il titolo: “ IL CASO GIULIA MANDOLFINI: VERITA’ E ORRORE NASCOSTO’’.
Giulia Mandolfini era una ragazza che è stata prima violentata e poi assassinata.
Questo lo so perché mentre ero via ogni tanto compravo qualche giornale italiano e c’erano sempre un paio di articoli su questa ragazza.
Ora ne hanno pubblicato un libro.
Il signore alla mia destra ferma una hostess e le chiede una sprite.
Verità e orrore.
Le parole del libro mi rimangono impresse nella testa, quasi me le avessero innestate nel cervello e tatuate sulla pelle.
Ora i piccoli occhi sembra che stiano parlando. Immobili nell’oscurità continuano a ripetere : “Verità e orrore, verità e orrore, verità e orrore’’.
Lo gridano squarciando la notte.
La hostess torna con la sprite e il signore la ringrazia, poi si sistema gli occhiali, gira la pagina del giornale e continua a leggere.
Il capitano annuncia che fra dieci minuti atterreremo a Milano Malpensa.
Le hostess ci fanno segno di allacciare le cinture.
Io me le allaccio e penso a come sarà tornare a casa, come sarà rivedere Arianna, la mia amica che mi deve venir a prendere all’aeroporto, e come sarà rincontrare tutti gli altri.
Continuo a pensare alle parole Verità e orrore.
Mi accorgo che la manovra di atterraggio sta per iniziare. Guardo per l’ultima volta fuori dal finestrino e poi… chiudo gli occhi.
Quando vedo Arianna mi abbraccia. Mi dice che le sono mancato e incomincia a chiedermi com’è andato il viaggio.
Le dico che è andato tutto bene, e sorrido.
Indossa una canottiera dalla quale le si scorge il top e un paio di jeans attillati, ai piedi porta un paio di All Star nere basse, con delle piccole borchie ai lati.
La trovo uguale a quando l’avevo salutata sei mesi fa.
Gli occhi marroni sono uguali a sempre, ma non so perché non mi siano mai mancati. I capelli le cadono lisci sulle spalle, con quel colore castano chiaro che sembra danzare nell’aria.
Mi prende per mano e mi bacia la guancia, abbracciandomi di nuovo.
Sento il suo corpo contro il mio e avverto una sorta di peso sinistro addosso, ma non le dico niente.
Ripete che le sono mancato, e io sono costretto a risponderle: “Anche tu’’.
-Mi dovrai, cioè…ci dovrai raccontare un sacco di cose immagino!-dice.
-Nemmeno cosi tante…-rispondo.
-Non si hanno avute più tue notizie, perché non hai messo foto del viaggio su Facebook?-chiede, sorridendo perplessa.
-Boh…cosi-rispondo, scrollando le spalle.
-Ma Adam, cosi nessuno saprà che sei andato via!-ribatte lei, scuotendo la testa.
Scrollo di nuovo le spalle e non rispondo.
Mi tiene ancora per mano, e io continuo a camminare seguendola.
-Gli altri non vedono l’ora di rivederti- mi sussurra.
Le rispondo che anche io voglio vederli, chiedendomi se stia dicendo la verità o no.
Fuori dall’aereoporto una lunga scia di taxi. Le loro insegne illuminate trafiggono l’oscurità della notte. Davanti a noi un signore sulla cinquantina, a fianco di una donna decisamente più giovane di lui dall’ accento sud- americano che indossa un vestitino verde, gambe lunghe. Due taxisti, al suo passaggio, si scambiano un’occhiata furtiva e una risata.
-Bene, bene, abbiamo parlato molto di te! –riprende Arianna.
-Mi fa piacere-rispondo, sapendo che sta mentendo.
-E poi, insomma, sei stato via tanto, non ti è proprio mancato niente?
-Qualche cosa.
Usciamo dal parcheggio dell’ aeroporto e lei apre la macchina. Audi Q5 Bianca.
-Salta su- dice, spalancando la portiera.
Metto le mie valigie nel bagagliaio ed entro, sedendomi davanti, vicino a lei.
-Sai Adam- dice, accendendo la macchina- Ti trovo un po’ freddo…
-No, è solo il fuso orario.- rispondo.
Lei non replica, si sistema i capelli e partiamo.
E per tutto il viaggio, in attesa di imboccare la strada per tornare nel centro di Milano, Arianna continua a parlare e io annuisco ripetutamente ; a volte cerco di fingermi sorpreso e lei riesce anche a credere a qualche mia falsa quanto improvvisata risata.
Poi mentre mi accendo una sigaretta guardo fuori dal finestrino e penso che su una cosa abbia ragione: mi sento freddo.
Alla radio passano “come as you are’’ dei Nirvana.
Ascolto le parole:
Take your time, hurry up
The choice is yours, don’t be late.
Take a rest, as a friend, as an old memoria Continua a leggere