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Antonio Sacco, Lo haiku nei poeti occidentali, Federico Garcia Lorca, Pound, Allen Ginsberg, Paul Eluard, Pierre-Albert Birot, Paul Claudel, Andrea Zanzotto, Jorge Luis Borges, Tomas Tranströmer, Jorge Luis Borges, Mario Chini,  Edoardo Sanguineti, Rilke, Octavio Paz

Gif Paesaggio urbano colored

Prendiamo qui in esame il rapporto fra lo haiku e i grandi poeti occidentali del XX secolo, più in particolare questo breve scritto vuole essere un excursus storico – poetico che mira a focalizzare l’attenzione sulle modalità con cui i grandi poeti occidentali sono entrati in contatto con questo genere letterario e, inoltre, desidererei porre enfasi come, essi stessi, si siano cimentati in questo genere citandone alcuni esempi.
Le prime traduzioni di haiku in Occidente furono pubblicate agli inizi dell’900 in Francia e in Inghilterra, esse esercitarono un influsso sugli imagisti anglo-americani a cui si legò Ezra Pound (1885-1972). Pound fu tra i primi ad avvicinarsi allo stile haikai e fu un grande studioso del giapponese, sostenne, fra l’altro, che:

“L’immagine è di per sé il discorso. L’immagine è la parola al di là del linguaggio formulato”.
E questo è importante perché, come sappiamo, lo haiku ci propone delle immagini suggerendo al lettore più che dire esplicitamente. Pound stesso, nel 1913, pubblicò una breve poesia simile agli haiku molto famosa, In a Station of the Metro:

The apparition of these faces in the crowd;
Petals on a wet, black bough.
*
L’apparire di questi volti nella folla,
petali su un umido, nero ramo.

Come possiamo notare abbiamo, nel componimento testé citato, una poesia di due versi, quattordici parole totali e nessun verbo che descrivono un momento nella stazione della metropolitana.

*
Alba

As cool as the pale wet leaves
of lily-of-the-valley
She lay beside me in the dawn.

Alba

Fresca come le pallide umide foglie
dei mughetti
Giaceva accanto a me nell’alba.

(tratta dalla raccolta Lustra, 1916)

Oltralpe è al poeta Paul-Louis Couchoud che si deve la nascita del movimento dello haikai francese: nel 1905 egli pubblica l’opuscolo anonimo Au fil de l’eau a cui fa seguito, un anno dopo, Epigrammes lyriques du Japon. Lo stesso Couchoud si cimentò nella scrittura di componimenti haiku pubblicando i propri scritti sull’Esagono, egli si convinse che le caratteristiche dello haiku quali la brevità, il potere suggestivo evocato, l’emozione lirica immediata, la rarefazione dei legami logici e, soprattutto, l’assenza di spiegazione potessero rappresentare un’importante innovazione per tutta la poesia francese. Seguendo questa linea tracciata da Couchoud nel 1920 Jean Paulhan dà alle stampe un’antologia di haiku sulla rivista «Nouvelle Revue Française»: il suo scopo è di render noto e far attecchire in Francia questo genere poetico al fine di rinnovare e dare nuova linfa vitale alla produzione lirica francese. Questa antologia conobbe un buon successo negli anni Venti e nei decenni successivi dovuta anche alla presenza di autori come Paulhan, Paul Eluard e Pierre-Albert Birot, tanto che si può dire che con esso lo haiku viene legittimato oltralpe. Paul Eluard (1895-1952) in particolare fa suo lo stile dello haiku riproponendo a più volte, in raccolte successive, gli undici haiku pubblicati nella Nouvelle Revue Française: questo a significare quanto lo colpì questa forma poetica che fa del linguaggio rarefatto e spoglio, privo di orpelli la sua peculiare caratteristica.

Le coeur à ce qu’elle chante
elle fait fondre la neige
la nourrice des oiseaux

Cantando con il cuore
fa sciogliere la neve
la nutrice degli uccelli

(P. Eluard)

Gif ballerina

Cent Phrases pour éventails (“Cento frasi per ventaglio”, 1927) è la raccolta di Paul Claudel (1868-1955), un altro grande nome della poesia francese del Novecento, di componimenti in stile haiku. Il movimento haikai francese suscita l’interesse anche di Paul Valéry, che non si cimenta con questa forma poetica ma che nel 1924 cura la prefazione a una raccolta di haiku tradotti in francese di Kikou Yamata.
Lo stesso Paul-Louis Couchoud diventa il tramite attraverso il quale anche Rainer Maria Rilke, che visita e soggiorna a Parigi più volte, entra in contatto con il fermento artistico e letterario in Francia, anche Rilke in tal modo si avvicina al genere haiku. Il poeta dei Sonetti a Orfeo, soprattutto nell’ultima sua produzione, mira ad una progressiva riduzione dell’Io, ad un distacco dell’Io poetante dalla realtà rappresentata, è molto colpito dal modo di comporre dello haijin. Ebbene anche Rilke sperimenta, cimentandosi, componimenti in stile haikai scrivendone ben ventinove:

Tra i suoi venti trucchi
cerca una boccetta piena:
è diventata pietra

(R.M. Rilke) Continua a leggere

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Paradigma dello Specchio – Quindici poesie e prose per quindici poeti a cura di Gino Rago – Poesie e prose di Silvana Baroni, Gino Rago, Ghiannis Ritsos, Guido Galdini, Giuseppe Talia, Mario Gabriele, Zbigniew Herbert, Donatella Costantina Giancaspero, Jorge Luis Borges, Francesco Lorusso, Mauro Pierno, Francesca Dono, Giuseppe Gallo, Lorenzo Pompeo, Lidia Are Caverni, con un Commento di Giorgio Linguaglossa

Gif La noia

Nota di Gino Rago

Gran parte delle ragioni che mi hanno spinto a indagare nella poesia contemporanea, e di questa [per me la più avanzata] dei poeti scelti e antologizzati, il confronto lirico-dialettico con il paradigma dello specchio è condensata nella missiva a me diretta da Giuseppe Talia, che riporto:

«Caro Gino Rago, è molto interessante questa indagine sullo specchio che stai conducendo in queste pagine. Che cosa è lo specchio se non la storia delle generazioni che si succedono nel corso del tempo. E’ impossibile esprimere – scrive Tarkovskij – la sensazione finale che questo tipo di ritratto produce su di noi. Secondo Lacan, attraverso lo specchio il bambino arriva, attraverso varie fasi, a riconoscere se stesso separato dagli altri e di conseguenza prende coscienza di sé. Ciò che si verifica davanti allo specchio è la costituzione del proprio Io. Il riflesso speculare ricopre per il bambino il ruolo che il Doppio assume per il conflitto narcisistico nell’adulto. Questo testo che ti sottopongo è interamente calato nell’odierno narcisismo, nella doppiezza in cui però la costruzione del proprio Io porta con sé una malattia: la metafora di Nietzsche sul cammello, per esempio. La passione per la libertà, la passione per la creatività, come afferma Massimo Recalcati, non è la passione fondamentale, la passione fondamentale che orienta la vita umana è la passione per le catene. Ecco che allora il set del mio testo è in una palestra, luogo di fatica, di costruzione di un corpo che non è il corpo, quanto, invece, l’idea di corpo. Un luogo di tortura medievale, almeno così io l’ho inteso, con il mio stile».Altre ragioni non meno urgenti a sostegno della idea di indagare la Poesia verso il paradigma dello specchio derivano direttamente dalla domanda che Giorgio Linguaglossa pone alla filosofia:
«C’è una differenza ontologica fra l’immagine allo specchio e l’immagine che sta nella mia testa?», partendo dalla Dialettica negativa [pag.68] di Adorno:«Lo specchio è un concetto aporetico per eccellenza, perché converte il più concreto nel più astratto, e quindi il più vero nel più falso. In ciò lo specchio è l’esatto contrario dell’essere, concetto anch’esso aporetico in sommo grado, perché quest’ultimo «trasforma il più astratto in più concreto e quindi più vero».

I quindici poeti antologizzati hanno in comune una cifra che nella scelta operata è stata per me decisiva: la tensione metafisica, se non mistica, che emerge dai loro versi. Cifra che induce questi poeti a confrontarsi con il mondo visto da uno specchio attraverso il quale scorre la vita, esprimendo o anche soltanto accennando l’indicibile, senza la pretesa di possederne le risposte. Sotto lo sciame degli aerei da bombardamento, il lettore continui a tagliare il suo cocomero.

1- Silvana Baroni

Persa e ritrovata

Semplice, più che semplice
si tratta di allontanarsi e tornare
che non è altro che attraversare – di questo si tratta.
Sul bordo dello specchio schivo il taglio
un colpo di reni e libera! carne igienica finalmente!
Così da non rispondere all’insistente centralino
e smetterla d’appassire nella solita poltrona
a dire al gatto che il filosofo è un disperato assassino
d’omicidi ininterrotti.
Oh vitreo viso! Alveo di buio da cui risorgere!
Certo che mi vedo! Ho la faccia dei miei morti
sono il sosia d’una comunità di conclusi.
Eppure esito, che il sentimento è un lusso
preferisco negarmi, farmi vedova d’oscura innocenza
tornare all’immagine sbaciucchiata, persa
e ritrovata da labbra settembrine
che nel fascio di luce dello specchio ancora son gesti
a garanzia d’accoglienza, giusto il tempo
di stringermi ad ogni loro dettaglio.
Scivolo nei bulbi, attraverso il diametro delle sfere
mi perdo nel tempo perso dalla luna, nel riflesso di lei
che ancora vuole che io sia.

 

2 – Gino Rago

il Vuoto, lo specchio

Cara Signora Jolanda W. ,

[…]
Il mio amico [di Roma]*, quello che si occupa del Signor Nulla,
litiga di nascosto con lo specchio.

Lo fa tutti i giorni, non dategli molto credito,
dice che fa i conti con il Vuoto,

Il Vuoto che capta altro Vuoto.
Il tempo cade sotto forma di polvere, opacizza l’immagine,

sbiadisce le fotografie, scontorna il presente, il futuro e il passato,
il mio amico se la prende con il Signor K.

Una donna, la sgualdrina di Vivaldi, fa un valzer con il primo che passa,
Mario Gabriele mangia una Sacher con panna,

lo vedo attraverso la vetrata della Gebäck der Prinzessin Sissi.
Che volete, i miei amici, quelli della nuova ontologia estetica,

hanno un debole per le pasticcerie.
Adesso lo vedo allo specchio mentre si rade la barba e fischietta.

Una risata da dietro i gerani.

*[Il mio Amico [di Roma] è Giorgio Linguaglossa]

 

3 -Ghiannis Ritsos

Quarta dimesione [da Crisotemi ]

” […] In una grande stanza disabitata era appeso da anni
un antico specchio dalla cornice d’oro. In quella stanza
non entrava nessuno. Là dentro gettavano alla rinfusa
tutto il vecchiume inutile – lampade, poltrone, candelieri, tavolini,
ritratti di antenati e altri di generali deposti, di poeti, filosofi,
vasi di cristallo dalle forme strane, treppiedi, bracieri di bronzo,
grandi maschere di gesso o di metallo, e altre piccole di velluto nero,
teste imbalsamate di cervi e fiere, uccelli
multicolori impagliati, azzurri e d’oro, dai becchi adunchi-
di cui ignoravo il nome-
attaccapanni, armature, consolle e tende pesanti,
di solito color porpora o verde scuro. Quello era il mio rifugio.

C’era un odore di stoffa tarlata, di polvere e frescura. Dunque,
lo specchio, appeso in alto sul muro, concentrava tutta quanta la luce-
era l’occhio
della stanza cieca piena di anfratti.
Quell’occhio
regnava calmo e intramontabile sull’inservibilità e la desolazione,
anzi le immortalava; – memoria sacra nell’oblio profondo.
Una sera,
salii su un baule e mi guardai allo specchio; – non vidi niente –
niente, soltanto luce – una luce oscura, come fossi io stessa
tutta quanta di luce – e lo ero veramente. Compresi, allora,
(o forse ricordai) ch’ero sempre stata luce. Un ragno
passeggiava sul chiarore dello specchio e sul mio viso. Non
mi spaventai affatto” […]

 

4- Guido Galdini

Specchio

è uno specchio per le allodole
o sono allodole per lo specchio
o le allodole sono lo specchio?

Tiziano Scarpa

Pagina del nuovo libro di poesia di Tiziano Scarpa uscito da Einaudi – Ecco qui un mio commento:
parafrasando Charles Simic:
La storia letteraria è un libro di ricette. Gli editori sono i cuochi. I filosofi quelli che scrivono il menu. I preti sono i camerieri. Gli scrittori sono gli operatori ecologici. I critici letterari sono i buttafuori. Il canto che sentite sono i poeti che lavano i piatti in cucina.

5 – Giuseppe Talia Continua a leggere

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Sulla differenza tra oggetti e cose – Poesie e Commenti di Osip Mandel’štam, Eugenio Montale, Adam Zagajewski, Jorge Luis Borges, Gino Rago, Carlo Livia, Guglielmo Peralta, Luigina Bigon, Rossana Levati, Giuseppe Talia, Giorgio Linguaglossa

 

Gif Saturno

La questione è invece di capitale importanza, perché o si fa una poesia di oggetti (ricordate la formula di Anceschi per una «poesia degli oggetti»?), o si fa una poesia di «cose»

Giorgio Linguaglossa

Sulla differenza tra «oggetti» e «cose»

sulla differenza tra «oggetti» e «cose» ho già scritto un appunto poco tempo fa. Quando un «oggetto» cessa di essere mero oggetto e quanto esso oggetto diventa una «cosa»? – L’ermetismo italiano non ha mai avuto sentore di questa problematica, e neanche la poesia post-ermetica del dopo guerra, tantomeno la poesia dell’incipiente sperimentalismo ne ha avuto cognizione, come non ne ha mai avuto cognizione la poesia lombarda degli «oggetti». La questione è invece di capitale importanza, perché o si fa una poesia di oggetti (ricordate la formula di Anceschi per una «poesia degli oggetti»?), o si fa una poesia di «cose», la differenza è di capitale importanza ma bisogna ragionarci sopra, bisogna sapere di che cosa si parla. Per esempio, Saturno, che vediamo nel gif, è un «oggetto» o una «cosa»?

Ad esempio, la guerra di Troia (che entra prepotentemente nella poesia di Gino Rago) è un «oggetto» o una «cosa»? Quella «nomenclatura» che si rinviene nella poesia di Anna Ventura, quei «brillanti di bottiglia», dal titolo del libro di esordio della poetessa abruzzese del 1978, quelle povere cose che stanno come brillanti nella bottiglia, sono «oggetti» o sono «cose»? Ad esempio nella poesia di Adam Zagajevski ci sono «oggetti» o «cose»?

È inutile tentare di dribblare la questione, non se ne esce. Il problema in verità è antico, già all’inizio del Novecento era stato messo a fuoco da Osip Mandel’štam nel saggio Sulla natura della parola degli anni Dieci di cui cito un brano particolarmente significativo. Sostituite il riferimento al «simbolismo» con la nostrana «poesia degli oggetti» e troverete gli argomenti di Mandel’stam calzanti e acutissimi, in specie riguardo all’«ellenismo» del «vasellame» (leggi «cose» in linguaggio moderno) che usiamo tutti i giorni e alla polemica contro il «laboratorio di impagliatura» dei simbolisti:

[«Cose» dipinte da apprendisti pittori allievi di Lucio Mayoor Tosi durante un corso di apprendistato alla pittura]

Osip Mandel’štam

«L’ellenismo è il circondarsi consapevole dell’uomo di vasellame al posto di oggetti indifferenti, la metamorfosi di questi oggetti in vasellame, la personificazione del mondo circostante, il riscaldamento del suo sottilissimo teologico calore. L’ellenismo è ogni stufa vicino alla quale l’uomo siede apprezzandone il calore, come consanguineo al suo calore interno. Infine, l’ellenismo è il monumento sepolcrale dei defunti egiziani nel quale si mette tutto il necessario per il proseguimento del pellegrinaggio terrestre dell’uomo fino alla brocca per i profumi, allo specchietto, al pettine. L’ellenismo è il sistema, nel senso bergsoniano del termine, che l’uomo dispiega intorno a sé, come un ventaglio di avvenimenti liberati dalla dipendenza temporale e subordinati ad un legame interno attraverso l’io umano. Nella concezione ellenistica il simbolo è vasellame e, perciò, ogni oggetto coinvolto nel sacro circolo dell’uomo può diventare vasellame e, di conseguenza, anche un simbolo. Ci si chiede: dunque, è forse necessario uno speciale e premeditato simbolismo nella poesia russa? Non appare esso come un peccato di fronte alla natura ellenistica della nostra lingua che crea forme come vasellame al servizio dell’uomo? In sostanza, non c’è alcuna differenza tra la parola e la forma. La parola è già forma chiusa; non si può toccare. Essa non serve per la vita quotidiana così come nessuno si metterà ad accendere una sigaretta da una lampada. Anche queste forme chiuse sono assai necessarie. L’uomo ama il divieto, e persino il selvaggio mette una interdizione magica, un «tabù» negli oggetti noti. Ma, d’altra parte, la forma chiusa, sottratta all’uso, è ostile all’uomo, è nel suo genere un animale impagliato, uno spaventapasseri.

Tutto il contingente è soltanto immagine. Prendiamo ad esempio la rosa ed il sole, la colomba e la fanciulla. Per il simbolista nessuna di queste forme è di per sé interessante ma la rosa è immagine del sole, il sole immagine della rosa, la colomba immagine della fanciulla, la fanciulla immagine della colomba. Forme sventrate come animali impagliati e riempite di contenuto estraneo. Al posto del bosco simbolista, un laboratorio di impagliatura.

Ecco dove porta il simbolismo professionale. La percezione demoralizzata. Nulla di autentico, originale. Una terribile controdanza di «corrispondenze» che si ammiccano l’un l’altra. Un eterno strizzarsi d’occhio. Nessuna parola chiara, soltanto allusioni, reticenze. La rosa ammicca alla fanciulla, la fanciulla alla rosa. Nessuno vuole essere se stesso».

Cose Bricco

Un nuovo sguardo è già una nuova idea. Le idee le prendiamo dalle «cose». Le mutazioni del gusto già in sé sono nuove idee e le nuove idee sono le «nuove cose». Dal modo in cui usiamo gli oggetti nella nostra vita quotidiana, possiamo trarre un fascio di luce che illumina il nostro modo di utilizzare le parole, giacché le parole sono «cose» in senso fisico, spaziale. Gli oggetti, gli utensili, il vasellame si trovano nel mondo per servire l’uomo, possiamo vivere in un appartamento ammobiliato oppure in un appartamento ricco di suppellettili, di vasellame, di «cose» che abbiamo scelto e che ci accompagnano nella nostra vita quotidiana. La differenza è di vitale importanza. Quando una «cosa» ci parla o riprende a parlarci, ecco, il quel momento si ha una trasmutazione degli «oggetti» in «cose», e gli oggetti indifferenti diventano nostri consanguinei, i nostri compagni significativi. Le nuove «cose» innescano un nuovo sguardo, e noi vediamo il mondo come per la prima volta. Gli «oggetti» morti sono diventati all’improvviso vivi e significativi, sono diventati «cose».

L’«ellenismo – di cui parla Osip Mandel’štam nel saggio Sulla natura della parola – «è il circondarsi consapevole dell’uomo di vasellame al posto di oggetti indifferenti, la metamorfosi di questi oggetti in vasellame…».

Cose teiera

Gino Rago

Dopo Lilith
[Dio presenta Eva ad Adamo]

“[…]
ti sento solo, Adamo, quindi ho deciso, ecco l’altra compagna;
ma non superare la soglia,
stai molto attento…
lei esce dalla tua costola non dai tuoi piedi,
esce dal tuo fianco, un po’ più in basso del braccio
ma dal lato del cuore, un po’ più in alto,
per essere amata.
Questo ti comando
[…]” Continua a leggere

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Jorge Luis Borges (1897-1986)  CINQUE POESIE METAFISICHE «L’arte vuole sempre irrealtà visibili» con un Commento di Giorgio Linguaglossa

L'Ombra delle Parole Rivista Letteraria Internazionale

Jorge Luis Borges Jorge Luis Borges

Jorge Luis Borges Jorge Luis Borges

Jorge Francisco Isidoro Luis BorgesAcevedo nasce a Buenos Aires il 24 agosto 1899 e muore a Ginevra il 14 giugno 1986. Nonostante sia stato uno dei più importanti scrittori del ventesimo secolo, ed abbia ricevuto importanti riconoscimenti, non gli fu mai conferito  il Premio Nobel. Più volte il suo nome è apparso nella lista dei candidati ma le sue idee politiche conservatrici e filo-occidentali gli hanno alienato i favori dei membri della giuria svedese.

Borges è famoso per i suoi racconti nei quali  ha saputo coniugare idee filosofiche e metafisiche con i classici temi del fantastico (quali: il doppio, le realtà parallele del sogno, i libri misteriosi e magici, la contemporaneità del tempo).

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Molti sono gli scrittori che sono stati influenzati dalle sue opere: Cortazar, Philip K. Dick, Umberto Eco, Leonardo Sciascia, Italo Calvino. Oggi l’aggettivo «borgesiano» definisce una concezione dell’arte…

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IL DIALOGO TRA JORGE LUIS BORGES E ERNESTO SABATO REALIZZATO DA ORLANDO BARONE NEL 1975 – Inedito, tradotto da Giorgio Linguaglossa

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Non ci può essere migliore dono della trascrizione di questo discorso che Orlando Barone ha eseguito in un lontanissimo 15 marzo 1975, con il quale si chiude la serie di incontri tra i due scrittori tenutisi nella città di Buenos Aires. Il dialogo è una meditazione sullo statuto del sogno e dell’arte.  Sia Sabato che Borges attraversano i grandi topoi dell’umanità: malinconia, ricordi, follia e, naturalmente, la morte.

 Di cosa si parlerà oggi?  Non so, forse si può suggerire un argomento.  Tuttavia, essi stanno già parlando senza aspettare.  Grave sonora la voce di Sabato. Ovattata e debole quella di Borges.
 Chiudo gli occhi e senza rendermene conto immagino un teatro di fronte al palco.  C’è una città e sullo sfondo  molte città, Borges e Sabato le stanno contemplando (Borges le ricorda).

 

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Borges
Mentre vivevo negli Stati Uniti. UU. UU.  (Sei mesi in Texas), sapevo che nello stesso condominio dove ho vissuto, ciascuna abitazione aveva caratteristiche che differivano l’una dall’altra.  Tuttavia, se qui se si fanno cinque appartamenti, sono tutti uguali.  Perché gli architetti soffrono di monotonia. E in Svizzera, a Ginevra, non ho mai visto due  edifici uguali.  Ma a Buenos Aires se si bendano gli occhi a una persona, si potrebbe sapere se sta più o meno vicino al centro, ma niente di più. A Ginevra (25 anni ho vissuto lì) non ricordo due edifici uguali.  Lì c’è diversità, non come la tradizione spagnola di mele e scacchiera. Nella nostra città è un’eccezione un luogo chiamato Five Corners, per esempio, e anche i nomi delle strade sono le stesse a Buenos Aires e in tutte le città dell’interno.  In ogni città c’è una strada San Martin, in un’altra Belgrano, ecc. Questa cattiva abitudine di mettere i nomi delle persone che viene dal francese è un errore. Non mi ricordo ci sia in Inghilterra una via chiamata via Shakespeare.  Questa distinzione è accettabile per quattro o cinque uomini eminenti.  E questo che dice molto poco alla nostra immaginazione, è in contraddizione con il fatto che l’Argentina è attualmente uno dei paesi dove si fa la migliore letteratura fantastica. Altrove in America quello che si scrive sono romanzi di costumi o di argomenti di carattere sociale, ma romanzi di pura fantasia penso che si facciano quasi esclusivamente qui o magari in Messico. Mi rallegra che la gente non si accontenta della sola testimonianza, perché altrimenti la letteratura diventa giornalismo.

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(Sabato  ascolta e  scrive qualcosa su carta. Borges ha monologato con entusiasmo, come gli piace, sapendo che lo si ascolta con la certezza che molte delle cose che ha detto saranno considerate o discusse con Sabato. Ma non ha ancora finito. Una piccola pausa di Borges e poi una annotazione sulla realtà).

 Ma qual è la realtà?  Che cosa è la realtà?  E il sogno non è la realtà?  Che tema interessante da trattare, no?  La notte scorsa ho sognato molto. Stavo lavorando fino a tardi a correggere due libri: uno di poesie e altre storie di quest’anno.  Beh, almeno è qualcosa che mi giustifica per continuare a vivere … (Ora è calato il silenzio. Non è triste, ma riflessivo e non tralascia di volgere gli occhi verso il luogo dove sta Sabato. Scorre un tempo durante il quale i due prendono una pausa. Lancio in tralice un’occhiata al pezzo di carta dove Sabato ha scritto e leggo fugacemente: massificazione,  letteratura, identificazione e altre parole che non riesco a decifrare).

 

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Sabato
Sono molto interessato al problema del sogno, ma prima vorrei dire qualcosa sulle città,  (Borges muove la mano in segno di assenso e ride, con franchezza). Già, non ridere, ti chiedo di farmi finire, perché so che alla prima occasione mi vuoi confutare. (Borges nega con la testa, sorridendo.) Per ora, non credo che sia un problema di immaginazione da parte loro e di mancanza di immaginazione da parte degli spagnoli.  Se fosse così, non si spiega perché gli svizzeri che non hanno sprecato gli edifici non hanno invece inventato il Chisciotte. (Borges vuole interrompere, ma Sabato gli ricorda la Promessa, e poi accetta Borges sorridente, ma senza occultare la sua ansia). Offriamo questo paradosso: architettura monotona, ma una delle migliori letterature fantastiche.

Ciò dimostra che se si ripetono i nomi delle strade, ci deve essere qualche altro motivo.  Cominciamo perché in ogni grande città moderna tende a dominare l’identificazione.  Sono costruite in un tempo nel quale la tecnica massifica le cose dell’arte, gli oggetti e i costumi.  E finisce per fare delle città identiche e astratte identità. Tu mi dici che negli Stati Uniti hai trovato una casa molto particolare. Ma deve essere in un angolo molto riposto, perché è precisamente il paese della massificazione.

borges

borges

Borges
Beh, non accade nei piccoli centri, ci sono radici, tradizioni. . . . .

sabato 3Sabato
È proprio perché  le piccole e antiche città conservano determinati attributi concreti e caratteristici.  Questo accade non solo nelle città inglesi ma anche in Spagna, nelle piccole città.  Anche a Madrid, ricordo dei nomi di strade come “Dei coltellai” e così via.  Quanto a noi, Borges, tieni in conto come qui ci fossero civiltà ricche e potenti prima della conquista, e le città sono state costruite sul nulla, o da quel tipo di metafora che è il deserto. Così hanno fatto queste città monotone e reticolate.  In ogni caso, forse questo ha i suoi vantaggi o contribuito ad alcune caratteristiche non trascurabili.  Tu sai che le tre grandi religioni occidentali sono sorte nel deserto.  E qui il nostro contadino, il nostro gaucho, è diventato ritirato e tranquillo, con uno spirito malinconico e religioso tra quelle vaste solitudini. Chissà se non si debba cercare qui la prima radice di questa nostra propensione alla letteratura fantastica.  E su quei deserti queste megalopoli crescono, come Buenos Aires, dove tutto sembra uguale.  Una sorta di labirinto. (Borges è inquieto e la parola labirinto finisce per entusiasmarlo, e dice che questa idea gli sembra buona).

 Borges (semi scherzoso)
Ma ho pensato che i labirinti fossero una creazione dei Greci!

Sabato
Ma non dovrebbe essere casuale che tu che non sei greco hai scritto molto sui labirinti.

Borges
Il mio è più di un plagio (ride).

Sabato
Sì, ma si plagia ciò che si sente, quello che ci necessita.  Inoltre, tutto è plagio e nulla, rigorosamente, lo è. Perché ognuno mette il proprio spirito, la propria tonalità.

borges 5Borges
Accetto l’impossibilità del plagio. Se Menard scrive il Chisciotte, non riscrive il Chisciotte ma un’opera del XX secolo.  A Cervantes, tuttavia, non sarebbe mai venuto in mente di prendere un precedente lavoro e ricrearlo.

Sabato
Non ne sono sicuro. Shakespeare ha ripreso molte storie.

Borges
Ho una storia personale che è fuori di questo argomento, ma vorrei raccontarla … (La sua voce vacilla un po ‘, ma Sabato lo incita a proseguire). Si riferisce a mia madre, che sta per morire … e il giorno prima mi ha detto qualcosa, non è divertente, certo, ma è divertente perché parte da una donna prostrata quasi paralitica, che ha chiesto a Dio come ultimo favore di consentirle di muovere un poco la mano destra.  Lei mi ha detto, quando ero accanto al letto, “Sono troppo vecchia, Dio è ancora più vecchio, quindi è naturale che si dimentica di tutto. Quando mi ha dato il biglietto di andata si è dimenticato di darmi quello del ritorno … Ed eccomi qui, a 98 anni. “(Borges abbozza una sorta di sorriso mentre agita fortemente il bastone. Io e Sabato ci guardiamo impressionati. Forse perché l’aneddoto grava sull’ambiente e comincia a parlare di morte e del valore che  alcuni hanno per affrontarla. Quasi affascinato involontariamente mi inserisco nel dialogo, e ricordo come in un film avevo visto dei vecchi che in qualche parte in Oriente, li portano a morire da soli lontano dalle loro famiglie. Segue un altro silenzi,o fino a che è Borges che parla).

borges 4Borges
In alcuni luoghi li lasciano nella neve i vecchi dove muoiono senza dolore.  E poi c’è una storia di Jack London in cui il bambino porta suo padre a morire e lo abbandona sperando in quel tipo di sogno.  Penso che se mi dicessero che devo morire stanotte e che non ci sarà alcun dolore fisico rimarrei tranquillo e non farei nulla di diverso da quello che faccio ogni giorno.

sabato 2Sabato
Divertente, molto è stato scritto circa l’uomo condannato a morte come un essere eccezionale … Ma se siamo tutti condannati e tu sei già morto … Ed è indifferente la quantità di anni in cui si vive.  Che cosa significa questo per l’eternità?  E a proposito della lunghezza di una vita, mi sembra che si possa fare un lavoro straordinario: qualcosa con il tempo come Swift ha fatto per le dimensioni spaziali.  Modificando le scale assisteremmo a scene grottesche. Un uomo che ha vissuto un giorno, per esempio, per lui un’ora, sarebbe importantissima.  Invece della Guerra di 30 anni, per esempio, la guerra delle 14 ore … (Borges annuisce).

Borges
Swift … sul punto di morire, pazzo, in quella grande casa di Dublino, ripeteva: “Io sono quello che sono” … C’è qualcosa, un’essenza …

sabato 5Sabato
Ho sempre amato alla follia.  Diverse volte sono andato in quella soffitta dove è morto Van Gogh. Anche la casa di Holderlin.  Che cosa sappiamo della follia?  Chi sa se ciò che abbiamo fatto finora è semplicemente sopravvalutare la sanità mentale, che spesso è semplice mediocrità?  Chi lo sa, Borges. E i sogni, che sono la cosa più profonda che abbiamo, a che servono se non sono folli?

Borges
Avevo trovato un libro inglese del XVII secolo e mi sono detto che era molto bello avere scoperto il libro, ma poi ho pensato che se stavo sognando l’altro giorno non avrei avuto la possibilità di trovarlo. Allora ho detto, metto il libro in un luogo sicuro, e lo misi in un cassetto in biblioteca.  Così  sarei stato in grado di individuarlo quando mi fossi svegliato.

 Sabato (con lieve ironia)
Un sogno borgesiano.

Borges
Vorrei chiedere una cosa, Sabato, qualcosa che accade a mio nipote e a me, ma io non so se capita a tutti. Ad esempio, sto per addormentarmi e comincio a sognare.  Ma so che sono a letto e che  in un minuto o due finirò per addormentarmi.  Ma so che sto sognando.  Mio nipote mi ha detto che a lui accade lo stesso.  Io non so se capita così a tutti.

Sabato
No, ciò accade solo in coloro che portano il cognome Borges.

Borges
Una volta ho sognato che cercavo di leggere manoscritti indecifrabili.  Ero preoccupato e mi sono svegliato il giorno dopo e i manoscritti mi hanno tenuto compagnia per qualche minuto, anche se sapevo che era un incubo.

 (Sabato tace, scarabocchiando qualcosa su un foglio sul tavolo, fissando il volto di Borges).

borges 3Borges
Coleridge ha detto che la differenza è che durante la veglia le nostre emozioni sono causate dalle impressioni.  Ma che nell’incubo si comincia a sentire l’angoscia e quindi si ha la tendenza a pensare.

Sabato
Penso che sia scientista. (Borges lo riconosce) Comunque, l’uomo che sogna è un grande poeta e quando si sveglia torna ad essere  un povero uomo.  In generale, almeno.

Borges
Una persona che sogna è sia il teatro, attore, autore e decorato. (Sabato annuisce).

Barone
Ma perché i sogni sono così spesso angoscianti?  Più angosciosi che felici?

Sabato
Perché non hanno via d’uscita.  Arte e sogno hanno un principio comune, a mio parere. Ma nell’arte c’è una uscita, nel sogno no. L’artista si immerge, in un primo momento, nel mondo dell’inconscio, che è quello della notte, e che in ciò si apparenta al dormire. Ma poi torna nel mondo di fuori, è il momento dell’espressione.  Questo è quando l’uomo si libera. Nel sogno tutto resta dentro.

borges 1Borges
Vedo che Sabato è uno specialista dei sogni.

Sabato
Tutti lo sono.

Borges (Ironico)
Ma so di persone così sfortunate che non hanno mai sognato.

Sabato
È quello che credono.  Noi tutti sogniamo, quasi tutto il tempo.  Ci sono stati alcuni esperimenti. Si fa addormentare una persona.  Quando  inizia a sognare, e ciò lo si sa tramite l’elettroencefalogramma, la si sveglia. Poi la si fa dormire di nuovo, e la si sveglia di nuovo quando i sogni cominciano. Dicono che ciò ha portato quella persona sull’orlo della follia.  Ciò dimostra che il sonno serve a non impazzire nella vita quotidiana.  Penso che l’arte è lo stesso, che l’arte è per la comunità ciò che il sogno è per l’individuo. Essa può contribuire a salvare la comunità dalla follia. E questo sarebbe la grande missione dell’arte.

Borges
Nel Viaggio intellettuale, Groussac dice che è raro per noi essere più o meno sani di mente, considerando che passiamo una buona parte del tempo nel mondo illogico dei sogni.

Sabato
Non vedo perché Groussac si sorprende: è per questo motivo che possiamo rimanere sani di mente.

Barone
E il pazzo, poi cosa sarebbe?

Sabato
Un individuo che sogna ad occhi aperti.  Gli accessi di follia devono essere come gli incubi della veglia.

Barone
E l’artista, non è anche lui sull’orlo della follia?

borges 7

Sabato
Direi, piuttosto, che è all’inizio.  Il punto di partenza dell’arte è l’inconscio, la notte. Ma l’artista torna sempre alla notte: alla follia, ai mostri dominanti delle loro opere d’arte.  Il folle però non ritorna.  Forse è  questa la ragione della riverenza della società per artisti e anche pubblicamente.  Altrimenti sarebbe strano e inspiegabile. I personaggi di Shakespeare, Shakespeare cioè, assassinano, tradiscono, torturano, stuprano, si suicidi, impazziscono.  Per molto meno in società si otterrebbe la galera o il manicomio. Bizzarro, non è vero?  L’unica spiegazione è che, anche in modo cosciente, i sospetti criminali folli  ci preservano da tutti i crimini e dalla follia.  Quanto a coloro che non possono essere Shakespeare, sognino di notte.

Borges
Ti dirò un sogno che ho usato in una storia.  Ma posso plagiare, no? ( sorride).  Sogno che mi  incontro con una persona.  Questa persona ha una mano dentro la manica.  Gli parlo. Gli faccio notare che è molto tempo che non ci vediamo.  E lui dice: “Sì, ho cambiato molto.”  Poi tira fuori la mano dalla manica e vede che in realtà è un artiglio… Ma tutto questo è stato preparato fin dall’inizio, credo. La sensazione di orrore che sento di vedere che invece di una mano ha un artiglio, me l’aspettavo dall’inizio del sonno.  Intuivo che la mano  non era una mano. (Restiamo ensierosi. Dopo un po’ mi chiedo a Sabato perché non ci racconta un sogno).

Sabato
Nel complesso, i miei sogni non possono essere raccontati. No sé contarlos. Non li so raccontare. Alcuni sono scritti.

 (Intanto accade un dialogo confuso, parole sovrapposte, che non si riescono a decifrare e  parole disordinate per l’ ansia, l’entusiasmo e la voglia. Finché poi ecco un argomento affascinante. Magia, divinazione, la credenza nei fatti soprannaturali).

Borges
Un mio amico, un uomo di città, il dottor Nestor Ibarra, ansiosamente chiesto un mandriano: E ‘vero che si ritiene che ci sono persone che al chiaro di luna il sabato sera a prendono la forma di un lupo?  L’altro uomo di campo poi gli dice intanto .. non crederci, amico, queste cose sono favole. (Risate) Così il mandriano, primitivo e ignorante e non crede e il mio amico della città, invece ha molta voglia di credere.

Sabato
Tuttavia, Borges, sono nato in una cittadina di campagna e vi posso assicurare che là si crede nei lupi mannari, la vedova, il maiale, la cattiva luce, il malocchio e tutta una serie di eventi soprannaturali presenti in tutto il mondo da parte di chi ignora che cos’è un logaritmo.  E a volte, ancor più quando ci sono troppi logaritmi.

(Borges, che è un credente, mormora qualcosa come “Wow, questo è strano.” Il suo gesto è divertente).

sabato 1Sabato
L’uomo è un essere fatto di dualità: il sonno e la veglia, la follia e sanità mentale, ecc.  E nello spirito dell’uomo c’è una lotta tra forze antagoniste, e quando una di queste forze sembra vincere, le altre cedono e, infine, aumentano con maggiore forza.  Guarda, Borges, quello che è successo in Europa in pieno auge dell’enciclopedismo, quando lo spirito illuminato ha cominciato a ridere dei sogni dei miti e della magia. Allo stesso tempo, non nonostante ma a causa di ciò  si verifica il maggior focolaio di occultismo d’Europa. Società occulte, esoterici come Claude de Saint-Martin e Fabre d’Olivet, spostati come Cagliostro, mistici come Swedenborg… .  .

Borges
Ebbene, nel XVIII secolo fecero apparizione antichissime società che non esistevano il giorno prima.

sabatoSabato
Sì, ma che esistevano secoli fa, quando l’uomo non era ancora stata dissociato dalla scienza e dalla ragione.  Quando la ragione volle ignorare le Furie, quando i filosofi dell’Illuminismo li cacciarono fuori dalla porta, a calci, tra risate, esse rientrano dalla finestra.  Non solo con la magia, anche con il romanzo, che è un fenomeno moderno.  Le Furie sono invincibili.  Si noti che in questo paese dove il razionalismo è diventato una piaga è emerso la più grande emergenza di indemoniati, dal maresciallo Gilles de Rais a Genet, al marchese de Sade.

Borges
Perché la Francia è la ragione. Pero, ¿qué es la razón? Ma cos’è la ragione? La ragione è per esempio il simbolismo? ¿Es Le Blois? È Le Blois?

Sabato
Non ho detto che la Francia è la ragione, ho detto che ha  cercato di esserlo. Certo non credo in quel motto comune della ragione: esprit de mesure. Nitidi esempi dello spirito misurato Rabelais o la Rivoluzione francese …

Borges
Voglio dire che almeno ha avuto due tradizioni.

Sabato
Certo, ce ne sono sempre due. La dualità è tipica dell’uomo, la dualità antagonista.

Borges
Stavo pensando che è un tipico scrittore spagnolo.

Sabato
Barocco, tumultuoso, senza misura. Ciò conferma la dualità.

Borges
Potremmo inventare qualcosa d’altro: che si può scrivere la storia della letteratura basata sulla logica (sorride) e non su mere circostanze geografiche.  Poi Rabelais sarebbe spagnolo e non francese.  Mio padre diceva che quello che conta non è la nascita, ma la generazione a cui si appartiene, come risultato di una vita o di lavoro. Claro, si es que estas cosas tienen importancia. Naturalmente, se queste cose sono importanti…. .

Sabato
Tornando al tema, penso che l’esasperazione di una civiltà tecnica comporta il risorgimento delle potenze  magiche.  Questo è evidente anche nelle cose come minore come il commercio degli oroscopi. Sono fatti privi della minima serietà, ma rivelano una necessità profonda per la gente.

Borges
Non so chi mi ha detto che gli oroscopi li facevano gli amanuensi e colui che li leggeva era il maestro.

Sabato
Seriamente credo negli oroscopi, se fatti correttamente.  Xul Solar fece gli oroscopi per i miei due figli e per molti anni ho resistito a conoscerli.  Ho sempre avuto paura del futuro, perché nel futuro, tra le altre cose, c’è la morte.

Borges
Che, hai paura della morte?

Sabato
La parola esatta sarebbe tristezza.  Trovo molto triste morire.

calvino e J.L. Borges

calvino e J.L. Borges

Borges
Penso che  come non si può essere tristi di non aver visto la guerra di Troia, non vedere più questo mondo può essere triste, giusto? In Inghilterra c’è una superstizione popolare che dice che non sapremo che siamo morti, fino a quando non vediamo che lo specchio non riflette noi.  Non vedo lo specchio. (Il volto di Sabato assume una vaga tristezza. In fondo, il sole di mezzogiorno attraversa una striscia di polvere).

Sabato
Quando morì Xul, Lita, sua moglie è morta, ha insistito più di una volta per vedere questi studi sui miei ragazzi.  Non ho mai voluto vederli, ma Matilde sì.  Sapete che sono state soddisfatte?

 Borges (con stupore)
E come sono?  Cosa prefiguravano?

 Sabato (con una voce intima, quasi verso l’interno)
Un intreccio misterioso di fortuna e disdetta.  Questo, Borges, questo.

Borges debolmente e stringe il bicchiere  e lo porta alle labbra. Sabato se reclina aun más en su silla. Sabato si appoggia sempre di più allo schienale della sedia. Io giochicchio con il ghiaccio che colpisce il vetro della mia tazza. Non riesco a spiegare questa sensazione di silenzio tra Borges e Sabato.  Cosa penseranno adesso? Quali immagini, storie di fantasmi che non si confesseranno? Riconosco che la mia letteratura è povera per descrivere il silenzio.  Ma è questo: due uomini che si piegano e si  avvolgono e ritornano alla propria solitudine.

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