
Laboratorio di Poesia L’Ombra delle Parole, Roma, Libreria L’Altracittà l’8 marzo 2017, in primo piano, Donatella Bisutti
Donatella Bisutti è nata e vive a Milano. È giornalista professionista. Ha collaborato in particolare alla collana I grandi di tutti i tempi (Mondadori) con volumi su Hoghart Dickens e De Foe e ha tenuto per otto anni una rubrica di poesia sulla rivista Millelibri (Giorgio Mondadori editore). Nel 1984 ha vinto il Premio internazionale Eugenio Montale per l’inedito con il volume Inganno Ottico (Società di poesia Guanda,1985). Nel 1990 è stata presidente della Association Européenne pour la Diffusion de la Poésie a Bruxelles. Di poesia ha poi pubblicato Penetrali (ed.Boetti & C 1989), Violenza (Dialogolibri, 1999), La notte nel suo chiuso sangue (ed. bilingue, Editions Unes, Draguignan, 2000), La vibrazione delle cose (ed. bilingue, SIAL, Madrid, 2002), Piccolo bestiario fantastico,(viennepierre edizioni , Milano 2002), Colui che viene (Interlinea, Novara 2005, con prefazione di Mario Luzi). È in via di pubblicazione a New York l’antologia bilingue The Game tradotta da Emanuel di Pasquale e Adeodato Piazza Nicolai (Gradiva Publications, New York). La sua guida alla poesia per i ragazzi L’Albero delle parole, è stata costantemente ripubblicata e ampliata dal 1979 e attualmente edita nella collana Feltrinelli Kids (2002). Il saggio La Poesia salva la vita pubblicato nei Saggi Mondadori nel 1992 è negli Oscar Mondadori dal 1998. Nel 1997 ha pubblicato presso Bompiani il romanzo Voglio avere gli occhi azzurri. Fra le traduzioni il volume La memoria e la mano di Edmond Jabès (Lo Specchio Mondadori 1992), La caduta dei tempi di Bernard Noel (Guanda 1997) e Estratti del corpo sempre di Bernard Noel (Lo Specchio Mondadori 2001).Il suo testo poetico “L’Amor Rosa” è stato rappresentato come balletto al Festival di Asti con musica del compositore Marlaena Kessick. Ha curato per Scheiwiller l’edizione postuma delle poesie di Fernanda Romagnoli, dal titolo Il Tredicesimo invitato e altre poesie (2003). È nel comitato di redazione della rivista «Poesia» di Crocetti per cui cura la rubrica «Poesia Italiana nel Mondo», nella redazione delle riviste «Smerilliana» e «Electron Libre» (Rabat, Marocco), tiene una rubrica di attualità civile, «Il vaso di Pandora», sulla rivista «Odissea» e una rubrica di interviste «La cultura e il mondo di oggi» sulla rivista di Renato Zero «Icaro». Collabora a diversi giornali e riviste, tra cui l’Avvenire, Letture e Studi Cattolici, Fonopoli, Leggendaria, La Clessidra, Semicerchio. È membro dell’Associazione Culturale Les Fioretti a Saorge in Francia. Tiene corsi di scrittura creativa per adulti, corsi di aggiornamento per insegnanti anche a livello universitario e laboratori di poesia per le scuole. Ha ideato e dirige la collana di poesia autografata “A mano libera” per le edizioni Archivi del ‘900 in cui sono apparsi finora testi di Luzi , Spaziani e Adonis. È tra i soci fondatori di “Milanocosa”.

Donatella Bisutti
Donatella Bisutti
AMBIGUITA’/ ENIGMATICITÀ/IMPOSSIBILITA’ DELLA CONOSCENZA
La mia poesia si muove in diverse direzioni, temi esistenziali che comprendono:
poesie d’amore
poesia ispirata alla natura, agli animali, agli oggetti
poesia civile
poesia mistica
ma dietro c’è una visione comune: la poesia come mezzo per raggiungere una zona psichica profonda dove conscio e inconscio si possono incontrare. Questa è soprattutto la zona dell’inconscio collettivo junghiano e quindi dei simboli: è qui che il significato di una poesia può diventare universale.
Il mio metodo di lavoro consiste nello scrivere solo quando mi viene la cosiddetta “ispirazione” cioè un incontenibile spinta interiore verso la scrittura, e nel non forzarla mai: è la condizione necessaria per raggiungere questa zona profonda. Successivamente, dopo un intervallo di tempo anche molto lungo, lavoro sul testo per portarlo a una possibile perfezione. In una poesia come Oedipica l’inconscio viene affrontato di petto. Ma anche qui il linguaggio è fortemente simbolico:
Oedipica
Ancora oggi voglio un uomo diverso da te:
non credi all’ondeggiare dello Spirito
sulla punta della fiamma, ad ogni soffio
che l’inclina
come una foglia di luce, più salda
delle ombre,
più
testarda.
Invecchiando – più frivolo, più
infantile.
Ormai privo di doveri, giochi.
I tuoi occhi azzurri
che vedono meno bene
ritornano a stupirsi,
interrogano.
A desso non so cosa fare con te.
Non ti odio più.
Ti accarezzo la mano come a quel figlio maschio
che non ho avuto.
Forse sono diventata un po’ tua madre.
Ma siamo stati mai negli anni
semplicemente e solo
padre e figlia?
Oppure inevitabile
quell’affollato palcoscenico
quella patetica tragedia?
La fiamma è qui concretamente quella di una candela (e si riferisce in realtà a una circostanza reale, la morte di mia madre), ma è anche uno dei simboli più forti dello Spirito, che si contrappone all’Ombra che, per parte sua, è un altro archetipo. La fiamma secondo varie tradizioni esoteriche simboleggia lo Spirito divino, la fiamma verticale della candela che tende all’al di là è uno dei maggiori simboli della trascendenza Ma simboleggia anche l’anima. Anche la speranza. È d’altra parte anche la fiamma dell’eros, o la fiamma del rogo che brucia le streghe. È dunque qui un simbolo fortissimo, posto subito all’inizio, doppio e ambiguo: Dio e Diavolo insieme. Così l’opposizione edipica si configura anche come opposizione fra spirituale e il terreno. La seconda strofa rappresenta questo spazio del terreno.

Laboratorio di poesia dell’8 marzo 2017, da sx Giorgio Linguaglossa, Salvatore Martino, Gabriele Pepe
Laboratorio di Poesia L’Ombra delle Parole, Roma, Libreria L’Altracittà l’8 marzo 2017
La poesia si costruisce in particolare su una serie di opposizioni:
invecchiando/infantile: opposizione sottolineata anche dalla doppia in iniziale che collega le due parole;
e anche: frivolo/infantile; dovere/gioco ;stupirsi(passivo)/interrogare(attivo); odio/accarezzo ;figlio/madre ; padre/figlia; figlio/non avuto.
In particolare, è da osservare la doppia opposizione incrociata : figlio/madre e padre/figlia.
Inoltre, sono frequenti gli accenti sdruccioli (sempre nella mia poesia) che imprimono un ritmo al tempo stesso rapido e come di sottrazione, di fuga.: spirito, frivolo, interrogano, inevitabile, palcoscenico
Ci sono poi suoni aspri, che richiedono uno sforzo di pronuncia: maschio madre accarezzo
C’è un ripetersi della sillaba ma: che unisce e ribatte l’unione maschio/madre, poi anche mano mai ma assonanze anagrammate: siamo stati mai; percussività: te /più; altre assonanze con la t e il ta: diventata stati e in generale una presenza molto tagliente della t: te ti avuto diventata stati semplicemente inevitabile affollato patetica
È tutto un linguaggio simbolico: la t tagliente indica la frattura, le sdrucciole e le altre gli altri suoni aspri indicano la difficoltà del rapporto.
Anche un verso come: “oppure inevitabile” è altamente percussivo.
Nel rapporto col padre l’immagine centrale è dunque il fuoco, che rappresenta insieme lo spirito e l’amore, il sacrifico e la ribellione; mentre in quella della madre in Anniversario dei morti sarà la neve, che è simbolo di morte.
Questa simbologia (involontaria, scaturita direttamente dall’inconscio) è per me una riprova della validità della poesia in questione.
Anniversario dei morti è tutta giocata sulla i:come una serie di singhiozzi. È una poesia che per molto tempo mi sconvolgeva leggere in pubblico. Anche qui i ruoli si invertono e la madre diventa la bambina. C’è l’evocazione di un corpo vivo le cui parti vengono nominate: braccia piedi labbra mano
Anche qui simboli: la falce delle labbra e la falce della morte.
Anniversario dei morti
Tu che con braccia severe
mi allontanavi
e mi atterrivi con storie di fantasmi
ora t’affacci timida da sopra il muro
per timore di essere scacciata.
Nevica
e i tuoi piedi freddi in una
vaga foschia lasciano impronte.
Inconsolata mi tendi
la mano, ché la speranza è anche dei morti.
Così madre bambina percorri i viali
tu che dominavi, incerta,
finalmente un sorriso
sulla chiusa falce delle labbra.
Ma nevica e la giornata
volge alla sua fine – nemmeno questa volta
apportando il perdono
o l’oblio.

Laboratorio di Poesia L’Ombra delle Parole, Roma, Libreria L’Altracittà l’8 marzo 2017
Enigmaticità degli oggetti
Un tema che mi ha sempre affascinato è quello degli oggetti e della loro enigmaticità. Gli oggetti, gli esseri inanimati, ma anche le piante, gli animali – non tanto per ritrovare in loro una dimensione antropologica, quanto al contrario per individuare attraverso di essi una zona altra rispetto alla nostra umanità, il loro margine enigmatico di realtà altra. Da questa realtà altra ci vengono dei segnali che la poesia deve cercare di decifrare.
Esempio: La sfera (da Inganno ottico):
La sfera
La sfera ci insegna questo:avere
Il proprio centro in sé,
nel punto
da cui ogni altro punto
– galassia –
Si allontna.
Questa enigmaticità si ritrova nel Lo Sguardo del gatto (Rosa Alchemica):
Lo sguardo
Il gatto
apparve dal fondo del giardino
leccò un po’ dalla ciotola
poi sedette immobile
lo sguardo diritto fisso
le sue pupille nelle mie pupille
senza ringraziare né chiedere
solo guardare.
Ed io fui intera nelle sue pupille
interamente dentro quello sguardo
senza giudizio senza attesa
quietamente fui.
Ma questa realtà altra non credo che la poesia debba pretendere di raggiungerla: fondamentale per me la grande lezione di Jabès, che ho tradotto: quello che è importante è la domanda, non la risposta.
In questa direzione per esempio va la serie dedicata alla Luna (Divagazioni sulla luna – Rosa Alchemica): “a che tu non m’afferri” e “si provarono in tanti a disegnarla”.
Tuttavia per me la poesia rappresenta soprattutto uno strumento di conoscenza. Conoscenza un po’ particolare: cfr. la Conoscenza in Inganno ottico:
Conoscenza
La conoscenza avviene per semplificazione. Non è un
aggiungere, ma un togliere, fino alla perfetta trasparenza.
Lasciare depositare in fondo al vaso i detriti, il pulviscolo
inutile che si è mescolato all’acqua trasportando il vaso da
una parte all’altra dell stanza, Anche vivere non è aggiun-
gere tempo al tempo accumulato, ma sottrarre l’ecceden-
za del tempo fino alla perfetta consumazione. Anche in
questo caso il pulviscolo inutile viene depositato in un
vaso.
C’è nella mia poesia un’influenza molto forte dello zen, che è stata notata per esempio dal critico Paolo Lagazzi il quale mi ha definito tempo fa l’unico poeta zen italiano. Nei miei testi si possono trovare molti riferimenti allo zen per esempio questo: il macrocosmo è contenuto nel microcosmo come in Briciola (Inganno ottico):
Briciola
Una briciola contiene il pane.
Una goccia
l’acqua della ciotola
. Non
viceversa.
Per me è importante in ogni caso che la poesia colga una rispondenza fra microcosmo e macrocosmo: ritengo che questa sia la nostra verità psichica. La mia poesia è ricerca, domanda, relatività: l’assoluto della poesia è non può essere che un assoluto relativo: anche in questo c’è una forte influenza zen. Molto importante come dichiarazione di poetica è la poesia Eternità (Rosa Alchemica), in cui si fa tra l’altro allusione all’aneddoto zen del coltello: il bravo macellaio è quello che non consuma mai la lama del suo coltello perché lo infila nell’impercettibile spazio vuoto fra l’osso e la carne: è questo un invito alla passività attiva, cioè all’armonizzarsi con la direzione della vita, del divenire, senza farvi opposizione, ma trovando in esso gli spazi per la propria realizzazione. Un adattamento che l’uomo deve avere nei confronti delle energie cosmiche. Ma il tema di questa poesia,.oltre a questa passività attiva, è proprio quello della relatività dell’assoluto: le faville sono altrettanto eterne, o non eterne, che le stelle, ma entrambe hanno nell’attimo una loro eternità, di diversa lunghezza secondo la nostra misura del tempo, ma di uguale valore rispetto all’assoluto: microcosmo e macrocosmo condividono una stessa eternità dell’attimo, che per me è quella stessa della poesia.
Eternità
Tu sarai il coltello che affonda
nei bui interstizi del cielo.
Io sarò la tua notte silenziosa
affinché tu penetri
negli interstizi del silenzio e accenda
un alfabeto di faville.
Aperto dal coltello il frutto del cocco
gocciola il suo denso latte.
Una stessa luna racchiude falce e frutto,
ma guarda alla docilità del coltello.
Una stessa docilità accomuna
la lingua della mite candela che divora il buio
e la favilla che si affida.
E’ il cielo che si spoglia per la luna
o è nuda la luna per il cielo?
Albero della mia nave
la tua punta squassata infilza il vento.
Nell’oscurità del legno il fuoco sale
fino alla fredda luce quieta delle stelle.
Non ricomporrai il filo
delle perle che la notte ha sparso,
a quella sempiterna, a quella chiara
luce ordinando il cosmo.
L’inquieto sciame ogni notte divora
il madido frutto della luna.
Sii legna e taglialegna.
dalla circoncisione del tronco
alto si leva lo sciame delle lettere.
Più vicino – per questo solo più ardente alfabeto
firmamento più effimero
di quello delle stelle.
Sola
eternità è la docilità che si consuma.

Laboratorio di Poesia L’Ombra delle Parole, Roma, Libreria L’Altracittà l’8 marzo 2017, Donatella Bisutti
Da tutto questo, e da altri testi, si può concludere che attraverso la poesia io vado scoprendo e confermando una visione metafisica, esoterica, e anche mistica della realtà che è poi quella in cui credo nella mia vita. Tutto il contrario del nichilismo, ma piuttosto qualcosa che si rifà, oltre che allo zen e allo yoga, alle varie correnti esoteriche più o meno sotterranee che si sono avute anche in Occidente nel corso dei secoli: dai misteri di Eleusi all’ermetismo, al neoplatonismo , alla ricerca alchemica.
In questa poesia Eternità ci sono alcuni simboli archetipi che vengono alla superficie, del Maschile e del Femminile : la luna e il cielo/ l’albero e la nave: questo è anche un altro aspetto della mia ricerca: cercare di fare affiorare glia archetipi, i simboli nascosti profondamente nel nostro inconscio. Per questo sono molto affascinata dagli studi di Hillman: cerco di fare con la mia poesia l’esperienza della scoperta di una simbologia del profondo che di solito mi è ignota e viene alla luce solo dopo , anche molto tempo dopo, la scrittura. Si tratta spesso di simboli che proprio non conoscevo affatto, come per Ireos (Inganno ottico):
Ireos
Intrepidi
finché il colpo luttuoso della spada
non penetri lo squarcio delle foglie.
Ho scoperto solo dopo per caso che l’ireos è per i giapponesi un simbolo della forza virile e questa è simboleggiata dalla spada.
Questo di scoprire che una certa immagine corrispondeva a un simbolo, magari di altre culture, a me sconosciuto, mi è successo diverse volte.
Io cerco sempre di perseguire questo tipo di scrittura ai limiti dell’inconscio e a volte la scrittura è stata un vero e proprio happening come nel caso di Ballata della nascita e della morte (Dal buio della terra)
Ballata della nascita e della morte
Separata da quel ventre
di umori e succhi
che fu la mia casa
e volendo dimenticare mi rifiuta
pezzetto di carne sanguinosa
piombo
nel precipizio oscuro della notte.
Ti capovolgi e ruoti
precipitando fra le stelle
perfori
la chiusa volta celeste
nel cunicolo del sangue e delle feci
pezzetto di carne sporca
ora puoi solo esplorare il buio
e perderti.
La notte non ha appigli
non sai se precipiti o sali
e le tue dita battono sul vetro
quando dal nero abisso d’acqua
affiori a respirare.
Tu non sei nulla.
Proiettata fuori da quel corpo
che ora ad altri si dà
il tuo solo legame è con ciò
che odi.
Ed ora questo grande corpo morto davanti a me
ha lasciato l’ormeggio
allontanandosi immenso
– quella parte di me che è morta.
Aprite questa bara
ancora non ho conosciuto il mondo.
Questo corpo che mi è stato caro
dovrà dunque disfarsi?
I morti
I morti uccidili di nuovo
strappali come male erbe
da dove stanno sospesi
e ci minacciano –
nel tempo sospesi come
vessilli spezzati
i morti ridenti
i morti dai denti lucenti
ci incalzano a nostra volta a morire
così i morti seppelliscono i morti.
Ma tu amore perdonali
e perdonando infilza il coltello
nelle loro gole di vento
strappa loro un grido
come le sirene notturne strappano gridi alla nebbia
e poi strappati gli occhi
guarda finalmente senz’occhi.
A questo proposito ho fatto anche l’esperienza dell’affioramento di quella che vorrei chiamare “memoria genetica” prenatale come in Reticolato (Inganno ottico).
In foto: Steven Grieco Rathgeb e Vincenzo Mascolo
Una lettura di Inganno ottico e oltre
La prosa iniziale, che dà il titolo al libro, può essere letta come un manifesto di poetica. Il suo tema è infatti un rovesciamento della visione che si produce per eccesso di concentrazione visiva sull’oggetto. Non è un ragionamento astratto, ma come sempre una mia personale esperienza: .la realtà appare come uno schermo: quello che consente di passare al di là di esso- al di là di questa realtà per trovarne un’altra, è un capovolgimento improvviso. Ma questo non ha niente a che fare per esempio con quello del dadaismo: capovolgimento della logica nell’assurdo. Qui non esiste un passaggio a una surrealtà, invece il rovesciamento della visione si identifica con il vuoto, il nulla. Questo nulla non è tuttavia quello del nichilismo. A questo proposito ci sono stati dei fraintendimenti sulla mia poesia. Qui il nulla è quello dello zen: un nulla colmo, una nozione positiva anche se non antropocentrica: una nozione che contiene senza volerla definire la complessità e ambiguità del reale e della vita senza inseguire spiegazioni razionali, senza ricondurla a parametri umani, ma piuttosto tentando di ricondurre l’uomo a parametri a lui esterni , se non quasi estranei, non necessariamente trascendenti, ma ignoti. Questo è qualcosa in cui io credo profondamente, la potrei forse definire una specie di metafisica preclusa. Raggiungere questo spazio è in fondo il tentativo che io faccio scrivendo poesia.
Inganno ottico
Se fissi un punto, quello soltanto, e su di esso ti concentri
intensamente, ciò che lo circonda, fosse pure un orizzonte
sterminato, diventerà semplice cornice di quel punto.
Se continui a fissarlo concentrando su di esso tutta la for-
za del tuo sguardo, insensibilmente anche la cornice intor-
no sparirà e quel punto solo rimarrà davanti ai tuoi occhi,
sempre più luminoso anche se su di esso non cade alcuna luce.
Sarai preso allora da amore sempre più intenso per quel
punto, ch è unico, finché sarai capace di vedere il mondo
intero contenuto in esso.
Allora sarai pronto per l’ultima ineffabile rivelazione per-
ché il tuo sguardo si farà confuso e non riuscirai più a
fissarlo, non vedrai più nulla di nitido davanti a te, non
vedrai più nulla.
Questa impossibilità di arrivare alla conoscenza è detta ne Il punto (Inganno ottico). Per la positività del vuoto si può leggere anche Gesti (Inganno ottico). Il vuoto è dunque positivo, e così l’allontanamento: anche l’allontanamento positivo della Sfera (Inganno ottico).È questo il rifiuto di una ricerca consapevole e volontaria, di una progressione come comunemente si intende. Qui il capovolgimento è solo un salto di percezione: cfr. Non ci chiede di avanzare (Inganno ottico). Il modo di arrivare alla verità non solo metafisica ma anche della scrittura poetica è da un lato quello della semplificazione e dall’altro quello della passività: Conoscenza e Corpo e acqua (Inganno ottico):
Corpo e acqua
Più uno lotta contro le onde, più l’acqua gli invade la boc-
ca, gli occhi, se ne appropria, lo incorpora. L’acqua cessa di
essere un fuori, per penetrare dentro, diventare dentro. Ma
questa fusione è apparente: il corpo diventa totalmente
acqua solo per ricostituirsi corpo al termine di ogni ondata.
Mentre se si abbandona, l’acqua cessa di essere ostacolo
per divenire veicolo: gli scorre intorno, lo accarezza, lo
delimita in un disegno, ne fa un’isola che va galleggiando
con dolcezza nel giro infinito dei mari, trasportata dalle
correnti.
Questa idea della passività , o ottusità c’è anche in Su una stampa di Chahine (Inganno ottico) e in Eternità (Rosa Alchemica). Essa unisce l’idea di rischio a quella di vulnerabilità: La cascata (Dal buio della terra):
La cascata
Quello che persuade nella cascata è il coraggio
con cui affronta il vuoto.
Così è generata la bellezza:
nell’assoluta indifferenza dell’economia di sé.
Come tutto ciò che è pronto a perdersi, incute timore.
Al di là dei suoi velari
intravvediamo non più la misura del Tempo
ma la sua sostanza.
Il tema della luna che ricorre spesso rappresenta il femminile, quello di tutti noi in quanto zona inconscia, junghiana. A questa zona si riferisce anche Selbst (Rosa Alchemica):
Selbst
La stanza
la voglio monacale:
una precisa
porzione di infinito.
Ed io
dentro
a risuonare il vuoto.
Ricorre anche il tema della notte .Il mio tentativo è quello di collegare la zona dei significati alla zona inconscia, di operare dei collegamenti, dei passaggi profondamente intessuti nella trama del testo: Plenilunio (Dal buio della terra):. Anche di operare a livello psichico profondo provocando una reazione fra le parole, e anche una semplificazione estrema che però raggiunga insieme la massima profondità e la massima ambiguità.
Plenilunio
Questa è l’ora in cui
il diritto è rovescio
e chiaro ciò che di giorno nasconde
oscure
profondità.
Nere serpi opprimono la notte
gli occhi acceca il pallore del mondo.
Il silenzio scivola
sull’acqua calma.
Ora vivrò della dolcezza immateriale e paurosa
dei cespugli.
Vivrò delle pallide ombre della luna
della silenziosa attesa.