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Intervista a  Iana Boukova a cura di Ewa Tagher, con Poesie  di Mimmo Pugliese, Francesco Paolo Intini, Ewa Tagher, Marie Laure Colasson, un compostaggio di Mauro Pierno, La poesia si occupa delle illusioni ottiche del nostro pensiero, delle imperfezioni del nostro sguardo mentre cerchiamo di leggere il mondo: ciò che vediamo e ciò che immaginiamo di vedere, e ciò che facciamo tutto il possibile per non vedere. La rigorosa critica del presente che mette in atto la poesia delinea i problemi del futuro.

Domanda: La pandemia di Covid 19 e la crisi climatica hanno messo a confronto l’umanità con la dura verità che non importa quanto ci proviamo e comunque la scienza progredisca, non possiamo essere totalmente immuni dalle malattie e dalla morte. Il risultato è una ferita narcisistica per l’io umano, simile alle altre che ne hanno minato la centralità, a cominciare da Copernico (non siamo al centro dell’universo), per arrivare a Darwin (siamo il mero prodotto dell’evoluzione e non immagine divina), e a Freud (l’io non è padrone in casa propria ma è governato dall’inconscio). Secondo te, come può oggi la poesia affrontare questo ridimensionamento?

Risposta: Credo che la poesia abbia affrontato questo tipo di ridimensionamento per tutto il XX secolo e fino ad oggi: guerre, totalitarismi, un generale senso di delusione su come il progresso scientifico interagisce con la giustizia sociale. Il lavoro della poesia è sentire le crepe nelle costruzioni razionali di ogni epoca, scoprire le debolezze di ogni costrutto narcisistico del nostro ego personale o collettivo. La poesia percepisce le crisi ancor prima che appaiano. Non per un dono profetico, ma per l’ipersensibilità della percezione. La poesia si occupa delle illusioni ottiche del nostro pensiero, delle imperfezioni del nostro sguardo mentre cerchiamo di leggere il mondo: ciò che vediamo e ciò che immaginiamo di vedere, e ciò che facciamo tutto il possibile per non vedere. La rigorosa critica del presente che mette in atto la poesia delinea i problemi del futuro. In questo senso, in questa particolare crisi a cui stiamo assistendo, non credo che la poesia abbia bisogno di un nuovo approccio. Deve solo continuare a funzionare come sempre, ad es. essere tagliente, intransigente e irritante. In altre parole, non permettere il sonno. A proposito, la vulnerabilità umana e la morte non hanno mai smesso di essere uno dei suoi temi principali.

Domanda: In un’intervista con Athina Rossoglou hai detto “Penso che al giorno d’oggi non abbiamo altra scelta che imparare a usare il sentiero della poesia per camminare nel mondo”. Quanto è necessario e perché, oggi, scrivere e leggere poesie?

Risposta: Considero la poesia come un metodo per studiare il mondo, come una strategia cognitiva. In un’epoca in cui tutto è fluido e non esistono sistemi filosofici indiscutibili, nessuno può darti una visione del mondo. Devi costruire la tua visione del mondo. La poesia ti offre gli strumenti per farlo. Ti educa a rilevare le connessioni tra i pezzi, ad articolare frasi in mezzo al rumore generale. In altre parole, ti allena a mantenere l’equilibrio su un terreno che è tutt’altro che stabile.

Domanda: La tua è una poesia che non ha un manifesto dichiarato, né un intento preciso, hai detto più volte che le tue poesie non sono mai le stesse. Ed è vero, ogni tua poesia è diversa dalle altre. Ciò che li accomuna, però, è il tuo tentativo di usare il linguaggio al massimo, giocando con le infinite possibilità che offre, in senso estetico e contenutistico. La poetessa bulgara Silvia Choleva parla di te come di “un’autrice di tipo borgesiano” che “predilige i giochi, i riferimenti, gli enigmi, i colpi di scena inaspettati, l’ironia e la drammaturgia del verso”. Da quale necessità ti fai guidare quando scrivi poesie?

Risposta: Ogni poesia inizia per me come una sorta di ricerca (o indagine). Un’immagine, un fatto o una frase mi pone una domanda, mi dà un punto di partenza. Il labirinto di connessioni, scoperte e colpi di scena nella ricerca di una risposta crea il testo. Questo è un percorso che non so mai dove porterà. Se riesco a sorprendermi, se finisco in un posto che non mi aspettavo, il testo ha funzionato.

Domanda: Come ci si orienta in un mondo che produce informazioni in eccesso, attraverso mezzi informativi che ne amplificano i toni, a volte perentori, poi sensuali, ricattatori, e ancora scandalosi, sempre più allarmisti, e che producono una massa di linguaggi ibridi, di rumori di fondo, di nuovi fonemi?

Risposta: In effetti, la poesia, come ho detto sopra, aiuta molto in questo. Mi insegna a essere costantemente vigile e a rimanere concentrata. Allena la mia memoria a tenere traccia delle informazioni importanti per me e a seguire una narrazione, non importa quanto  frammentata. Leggo spesso anche articoli scientifici: il linguaggio pacato, equilibrato e allo stesso tempo pieno di passione per la conoscenza del linguaggio della scienza mi aiuta a mantenere un senso di scala rispetto alla piccolezza dei temi mediatici, a estirpare il significativo dall’insignificante . Credo che qualcosa di estremamente importante oggigiorno sia creare silenzio per se stessi e per i propri pensieri. Ho creato nel tempo, per me, un filtro insonorizzante molto ben costruito. D’altra parte, tutto questo spreco di informazioni di cui parli può anche essere materiale per la poesia. (Tutto potrebbe essere materiale per la poesia.) Nel mio ultimo libro, ho ripetutamente incorporato nei miei testi frammenti di storie, notizie, trame cospirative e opinioni popolari. Anche questi fanno parte dell’inquietante ricchezza del mondo e dei nostri tempi, hanno il loro valore simbolico. Trovo significativa la loro assurdità.

Domanda: Hai scritto la tua ultima raccolta di poesie Notes of the Phantom Woman (Sofia, 2018) / Drapetomania (Atene, 2018) in due lingue diverse, il bulgaro, la tua lingua madre, e il greco, la tua lingua di adozione. Una vera sfida! È forse la dimostrazione che i linguaggi sono solo strumenti, materie plastiche da utilizzare per compiere un percorso di ricerca poetica?

Risposta: In questo libro  particolare,  lavoro più con le idee e lo sviluppo di situazioni di pensiero, che con il peso e l’aura delle parole. In pratica, questo significava per me che tutto poteva essere detto in modo altrettanto chiaro e convincente in entrambe le lingue con cui lavoro. Lascio che la lingua mi guidi solo nei dettagli. Ma questo non è il mio unico metodo di lavoro. I miei ultimi due progetti di poesia, ad esempio, sono interamente orientati al linguaggio. Uno, la “S”, che è stata pubblicata in Grecia lo scorso dicembre, è una scommessa per definire in modo metaforico e fantasioso tutti i nomi greci che iniziano con questa lettera. Si basa sul “contorto”,  un gioco di associazioni libere in lingua greca che è la mia lingua di adozione. Il secondo “Le paure che portano alla follia” (di prossima pubblicazione) si basa su “testo trovato” in bulgaro e tratta l’incapacità della persona moderna e della lingua in particolare di affrontare il tema della morte. Entrambi sono abbastanza intraducibili. Quindi nella mia opera  a volte la lingua è solo uno strumento, a volte una “collega” di lavoro, a volte lascio che sia lei a comandare, dipende dal mio istinto del momento e dall’idea del progetto.

Domanda: Oltre a scrivere poesie, traduci i versi dei più grandi poeti del mondo greco e romano, da Saffo a Catullo. Qual è il tuo rapporto con i testi antichi?

Risposta: Il contatto con gli autori antichi ha ampliato i miei orizzonti sulla letteratura contemporanea. Ho imparato a guardare alla letteratura nel contesto del tempo profondo, al di fuori di ogni teoria letteraria corrente, spesso dogmatizzata, imposta nel quadro del presente. Ho imparato a osservare più somiglianze che differenze tra i testi poetici, indipendentemente dalla loro lontananza nel tempo (o culturale o geografica). È sempre emozionante scoprire la vicinanza nei metodi con cui poeti separati da millenni o migliaia di chilometri da noi parlano della condizione umana. Naturalmente, non è stato un caso che ho scelto Saffo e Catullo per la traduzione. Hanno questa rara fortuna nella letteratura di essere completamente traducibili – emotivamente, mentalmente e come poetica per il lettore di oggi. Suonano come i nostri contemporanei.

Domanda: Lo scrittore Gore Vidal diceva: “l’intellettuale è come il canarino nella miniera”. Che aria tira nella tua miniera?

Risposta: Abbastanza insolita e fuori moda, sono ottimista. Sento l’aria nella mia miniera né più pesante né più pulita che in altri tempi della storia. Non è facile essere umani e non è facile vivere tra le persone. Ma anche nei momenti più difficili di stupidità o crudeltà che invadono il mondo, credo profondamente nella capacità delle persone – prima o poi, anche dopo tanti errori – di trovare soluzioni. L’aria nella mia miniera è del tutto imprevedibile, come nella vita. A volte sembra stagnare fino alla morte e proprio quando meno te lo aspetti qualcosa cambia, anche una leggera brezza e puoi respirare di nuovo.

NOTA BIOGRAFICA

Iana Boukova è una poetessa e scrittrice bulgara. Nata a Sofia nel 1968, si è laureata in Lettere Classiche all’Università di Sofia. È autrice di quattro libri di poesie, tra cui I palazzi di Diocleziano (1995), La barca nell’occhio (2000), Le note della donna fantasma (2018) e S (2021); due raccolte di racconti; e il romanzo In viaggio nella direzione dell’ombra (2009). La sua raccolta di poesie Notes of the Phantom Woman ha ricevuto il Premio nazionale Ivan Nikolov per il libro di poesie più eccezionale nel 2019. Una versione in lingua greca è stata pubblicata anche nel 2018 ad Atene con il titolo Drapetomania. Le sue poesie e racconti sono stati tradotti in numerose lingue, tra cui inglese, greco, spagnolo, francese, tedesco e arabo.
Boukova è anche editore e traduttore in bulgaro di oltre dieci raccolte e antologie di poesia greca moderna e antica, tra cui Frammenti di Saffo (Premio dell’Unione dei traduttori bulgari nel 2010), la raccolta di poesie di Catullo e le Odi pitiche di Pindaro (Il Premio Nazionale per la Traduzione nel 2011).
Boukova vive in Grecia dal 1994, dove è membro della piattaforma Greek Poetry Now e del comitato editoriale di FRMK, una rivista semestrale di poesia, poetica e arti visive.

Ewa Tagher

RISONANZE

Nave in arrivo da sud

La sirena di bordo gracida appena.

Nella sala macchine un fuori sinc

senza rimedio.

Dalla banchina l’onda di un coro

miagolii e dita peste.

Nebbia.

Anche strizzando gli occhi

la voce rimane a mezz’aria.

“Tuo nonno, un disertore”

giù per un vallone

al confine con la Francia.

Guadato il fiume restò

solo un paio di occhiali rotti in mano.

“Hai ancora sete?”

Dalle mie parti col sole d’agosto

orti e giardini si arrendono.

Solo il fico a dispetto

gonfia mammelle piene di latte. Continua a leggere

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Iana Boukova, poetessa bulgara nata a Sofia nel 1968, Poesie scelte a cura di Ewa Tagher, Prima traduzione in Italia, traduzione dall’inglese, Ermeneutica di Giorgio Linguaglossa, Le procedure della de-figurazione e della de-localizzazione in opera nel linguaggio poetico, Tra il pensiero e la sua traduzione in parole si stabilisce uno spazio vuoto di significazione, ed è in questo spazio che opera il linguaggio poetico: nello spazio della de-figurazione iconica e della delocalizzazione frastica entro i quali sono inscritte ed operano forze linguistiche e extra linguistiche disgiuntive, contrastive e divisive, come appare chiaro da queste poesie dove l’espressione che mira al referente viene ad essere sostituita da enunciati referendari, cioè in libera uscita espressiva, appunto, referendaria. Il referendum ha sostituito il referente.

Marie Laure Colasson Compostage acrilic 30x30 2022

 Marie Laure Colasson, Compostage, acrilic, 30×30 cm, 2022

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Iana Boukova è nata nel 1968 a Sofia. Ha studiato lettere classiche all’Università di Sofia. Dal 1994 vive stabilmente in Grecia. Ha pubblicato due raccolte di poesie: I palazzi di Diocleziano (1995) e La barca nell’occhio (2000), una raccolta di racconti: A As Anything (2006) e un romanzo: Viaggio verso l’ombra (2009).
Lavora come traduttrice ed editrice di testi poetici e filosofici dal greco moderno, dal greco antico e dal latino. Ha compilato e tradotto dieci raccolte e antologie di poesia greca moderna. Le prime edizioni bulgare di tutti i frammenti di Saffo e le poesie di Gaio Valerio Catullo sono state pubblicate nel 2009 nella sua traduzione.
Ha pubblicato in numerose edizioni letterarie e culturali in Bulgaria e in Grecia. Nel 2006 la casa editrice di Atene Ikaros ha pubblicato la traduzione greca del suo libro di poesie The Minimal Garden. È membro del comitato di redazione di FRMK, rivista semestrale di poesia, poetica e arti visive. Le sue poesie e racconti sono stati pubblicati in antologie e riviste in Albania, Argentina, Cile, Croazia, Francia, Gran Bretagna, Grecia, Ungheria, Messico, Serbia, Svezia e Stati Uniti.
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Boukova riesce a trasfondere la tradizione balcanica in mezzi espressivi contemporanei, a trasformare l’esperienza interiore in manifestazione estroversa, comodamente in equilibrio al confine tra moderno e postmoderno. Immagini originali nella concezione e nell’esecuzione e una forza poetica che soggioga il sentimentalismo, queste sono poesie che qualsiasi poeta contemporaneo aspirerebbe a scrivere.
Stavros Zafeiriou, (poeta)
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La poetessa bulgara Iana Boukova con il suo libro Il giardino minimale, in un’ottima traduzione in greco di Dimitris Allos, si è guadagnata facilmente un posto nella poesia greca contemporanea, trapiantando memoria in tutte le cose, onorando con affetto ciò che è ferito o cacciato, saper guardare oltre il futuro nell’avventura dell’uomo.
Dino Siotis, (poeta)
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Giorgio Linguaglossa

Le procedure della de-figurazione e della de-localizzazione in opera nel linguaggio poetico

«……..Il trucco è l’arte di mostrarsi dietro una maschera senza portarne una» (Charles Baudelaire)

«………….. è diventando assolutamente niente che si può diventare uno scrittore» (Agota Kristof)

Nel suo Éloge du maquillage (1863), Baudelaire accenna alla necessità di utilizzare i mezzi della trasfigurazione per ricercare una bellezza che possa diventare artificio, mero artificio prodotto da un homo artifex, ultima emanazione dell’ homo Super Faber, o Super Sapiens.

La «defigurazione» è la procedura poetica  adottata da Iana Boukova. Pensare lo «spazio poetico» oggi significa applicare ai testi la de-figurazione e la dis-locazione in quanto gli spazi interamente de-politicizzati delle società moderne ad economia glocale interamente dipendenti dai pubblicitari e logotecnici, sono caratterizzati dalla de-figurazione e dal disallineamento significazionale.

È il linguaggio pubblicitario che impone al linguaggio poetico le sue regole, si tratta di una modificazione del linguaggio che è avvenuta nelle profondità. Oggi la politica estetica la fa la pubblicità. Il discorso poetico che voglia tornare a fare della politica estetica non può fare a meno che ri-appropriarsi delle procedure già adottate in amplissima  misura dal linguaggio pubblicitario e mediatico.

La de-figurazione  è una procedura retorica che consente di prescrivere una «figura» linguistica mediante una de-localizzazione frastica sistematica, introducendo nel testo proposizioni liberamente dis-locate, spostate, liberate dalla cogenza del referente, non appropriate quindi non corrispondenti al referente; ciò vuol dire che si registra uno scarto del pensiero dal referente che corrisponde alla parola che non gli corrisponde; tra il pensiero e la sua traduzione in parole si stabilisce uno spazio vuoto di significazione, ed è in questo spazio che opera il linguaggio poetico: nello spazio della de-figurazione iconica e della delocalizzazione frastica entro i quali sono inscritte ed operano forze linguistiche e extra linguistiche disgiuntive, contrastive e divisive, come appare chiaro da queste poesie dove l’espressione che mira al referente viene ad essere sostituita da enunciati referendari, cioè in libera uscita espressiva, appunto, referendaria. Il referendum ha sostituito il referente.

La globalizzazione, come sappiamo, è un processo ancipite, glocale, in cui agiscono vettori anche contrastanti ma divergenti: non vi è solo sconfinamento e apertura dei linguaggi al globo, in questo processo macro storico operano anche dinamiche di collocazione e glocalizzazione; ci si muove nel quadro di smottamenti linguistici globali e glocali, uno spazio impensabile fino a qualche tempo fa, ma è in questo spazio che si muovono le forze linguistiche che operano all’interno dei linguaggi: le linee di convergenza e di divergenza tra le varie tradizioni letterarie diventano complessificazioni di una realtà in sé complessa. In questa accezione una «poesia europea» che fa della complessificazione e del dis-allineamento dei linguaggi il proprio motore di ricerca è già in atto nei più sensibili e ricettivi poeti europei, oggi una poesia europea che non  abbia qualche cognizione di questa problematica macro storica dei linguaggi è destinata a fare operazioni epigoniche.  Pensare ancora con le categorie della poesia del novecento: «poesia lirica» e «post-lirica», sperimentalismo e orfismo, linee regionali e linee circondariali sono, permettetemi di dirlo, blablaismi. La globalizzazione e la glocalizzazione sono processi macro storici che non possono non attecchire anche alla forma-poesia, modificandola in profondità al suo interno.

È impellente pensare la ri-concettualizzazione del paradigma del politico e del poetico, è viva l’esigenza di fuoriuscire da quelle formule dicotomiche che hanno caratterizzato la poesia del novecento: lo schema classico: avanguardia-retroguardia, poesia lirica poesia post-lirica; siamo andati oltre: occorre ri-concettualizzare e ri-fondamentalizzare il campo di forze denominato «poesia» come un «campo aperto» dove si confrontano e si combattono linee di forza fino a ieri sconosciute, linee di forza linguistiche ed extra linguistiche che richiedono la adozione di un «Nuovo Paradigma» che metta definitivamente nel cassetto dei numismatici la forma-poesia dell’io panopticon della poesia lirica e anti-lirica, avanguardia-retroguardia; da Montale a Fortini è tutto un arco di pensiero poetico che occorre dismettere per ri-fondare una nuova Ragione dello spazio poetico. Dopo Fortini, l’ultimo poeta pensante del novecento, la poesia italiana è rimasta orfana di un poeta critico in grado di orientare le categorie del pensiero poetico. Quello che oggi occorre fare con urgenza è riprendere a riparametrare e ri-concettualizzare le forme del pensiero poetico, anche perché dopo Fortini, la resa dei conti stilistica del «poetico» è rimasta in sospeso e attende ancora una soluzione.

Iana_Boukova_pic

(Iana Boukova)

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S [excerpts]*

String, a straight line straining to prove itself useful.
Soup, a way of loving things.
Sentiment, an ointment for beginners.
Savannah what I see on my body lying down.
Slogan, a thought’s wooden leg.
Soap, guarantees you will at least be clean when you slip.
Set of plates, parade of militant porcelain.
Spinach, Santa’s younger cousin.
Slave, every unbroken mirror.
Sex, a neon sign.
Shit, above all not a childhood illness.
Sponsor, someone who never remembers his name.
Salami, section of symbiosis.
Stage, the usefulness of every smooth surface.
Sandwich, a tango with mustard.
Scuba suit, a joke among crabs.
Symmetry, a highly contagious disease.
Sack, a landed balloon.
Seismograph, someone busy describing solely big events.
Skeleton, a trapped percussion orchestra.
Stool, an oppressed coffee-table.
Sickle-and-hammer, history’s knife-and-fork.
Sardine, a fish displaying human-like behaviour in contained spaces.
Striptease, an act that bores the X-ray specialist.
Schizophrenia, mind’s wide open embrace.
Stalactite, child of water-drop torture.
Spur, Morse code of divine love.
September, a middle-aged April.
Sternum, something like Pandora’s box in pink (and purple).
System, a sieve that also has large holes.
Snail, time’s steed.
Sowing, burial in the manic phase.
Station, gradation of the end.
Sophist, a wise man who’s insured.
Scrabble, an English gentleman lacking a few vowels.
Shock, good to carry on oneself in case of cramps.
Show, when Aristotle cried.
Shaman, impresario of the dead.
Seraphim, the only church banner that isn’t a dragon.
Sword, a shining that leaves things half.
Salsa, a hot dance.
Statistics, the philological abuse of mathematics.
Sauce, a suspect hatred against the simplicity of things.

(translated by Panayotis Ioannidis)

S-tralci

Corda, una linea retta che si sforza di dimostrare di essere utile.
Zuppa, un modo di amare le cose.
Sentimento, un unguento per principianti.
Savana, ciò che vedo sul mio corpo sdraiato.
Slogan, gamba di legno di un pensiero.
Sapone, ti garantisce almeno di essere pulito quando scivoli.
Servizio di piatti, sfilata di porcellana militante.
Spinacio, il cugino più giovane di Babbo Natale.
Schiavo, ogni specchio intatto.
Sesso, un’insegna al neon.
Merda, soprattutto non una malattia infantile.
Sponsor, qualcuno che non ricorda mai il suo nome.
Salame, fetta di simbiosi.
Palcoscenico, l’utilità di ogni superficie liscia.
Sandwich, un tango con senape.
Muta da sub, uno scherzo tra i granchi.
Simmetria, una malattia altamente contagiosa.
Sacco, un pallone atterrato.
Sismografo, qualcuno impegnato a descrivere solo grandi eventi.
Scheletro, un’orchestra di percussioni intrappolata.
Sgabello, un tavolino da caffè sottomesso.
Falce e martello, il coltello e la forchetta della storia.
Sardina, un pesce che mostra un comportamento simile all’uomo in spazi contenuti.
Striptease, un atto che annoia lo specialista dei raggi X.
Schizofrenia, l’abbraccio spalancato della mente.
Stalattite, figlia della tortura della goccia d’acqua.
Sperone, codice Morse dell’amore divino.
Settembre, un aprile di mezza età.
Sterno, qualcosa come il vaso di Pandora in rosa (e viola).
Sistema, un setaccio che ha anche grandi fori.
Lumaca, il destriero del tempo.
Semina, sepoltura nella fase maniacale.
Stazione, progressione della fine.
Sofista, un uomo saggio che è assicurato.
Scarabeo, un gentiluomo inglese privo di alcune vocali.
Shock, buono da portare su se stessi in caso di crampi.
Spettacolo, quando Aristotele pianse.
Sciamano, impresario dei morti.
Serafino, l’unico stendardo della chiesa che non sia un drago.
Spada, uno splendore che lascia le cose a metà.
Salsa, un ballo caldo.
Statistica, l’abuso filologico della matematica.
Condimento, sospetto odio contro la semplicità delle cose.

Neighbors

First they come for a cup
of sugar for a cup of vinegar
for nothing
And you being well brought up
allow your kitchen to fill
with people and your days to shorten
as if winter has suddenly begun
Later all evening through the wall
you hear the muffled blows of bodies the dog’s
bark the ringing of the phone
which nobody answers
Your cigarettes pack up this night
you walk for miles in the room
and then in your dreams (having finally fallen asleep)
In the morning you see them refreshed they water
their flowers wave to you
go out in the open
casting a fourfold shadow
like a footballer’s
in the middle of the park.

Vicinato

Prima vengono per una tazza
di zucchero per una tazza di aceto
per niente
E tu che sei stato educato bene
lasci che la tua cucina si riempia
di persone e le tue giornate si accorcino
come se l’inverno fosse improvvisamente iniziato
Più tardi per tutta la sera attraverso il muro
senti i colpi attutiti dei corpi il cane
abbaiare lo squillo del telefono
cui nessuno risponde
Le tue sigarette rimettono ordine a questa notte
cammini per miglia nella stanza
e poi nei tuoi sogni (essendoti finalmente addormentato)
Al mattino li vedi rinfrescati che annaffiano
i loro fiori ti salutano
escono all’aperto
gettando una quadruplice ombra
come un calciatore
in mezzo al campo.

Balkan Naive Painters

And when they reached the final door
the judges asked them
(simply to amuse themselves)
what is it that
rises with a roar and suffering
flies with delight
and quietly falls
all in flames
Boeing, answered the fireman
My song, answered the silent one
The bird which flew
from end to end of my head and loved me,
answered the third (happy!)
the youngest brother
all in flames.

(The boat in the eye, Ikaros 2005 Translation from Bulgarian, Jonathan Dunne)

Pittori naif balcanici

E quando raggiunsero l’ultima porta
i giudici chiesero loro
(semplicemente per divertirsi)
cos’è quella cosa che
si alza con fragore e sofferenza
vola con gioia
e silenziosamente cade
tutto in fiamme
Un Boeing, rispose il pompiere
La mia canzone, rispose un tizio silenzioso
L’uccello che volò
da un capo all’altro della mia testa e mi amava,
rispose il terzo (felice!)
il fratello più giovane
tutto in fiamme.

(La barca negli occhi, Ikaros 2005 Traduzione dal bulgaro, Jonathan Dunne)

(Ewa Tagher e Giorgio Linguaglossa)

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