
Saul Steinberg, woman in bath, 1949 – L’attesa
Ermeneutica di Giorgio Linguaglossa
Non è Aristotele che nel De memoria sostiene che gli umani sono: «coloro che percepiscono il tempo, gli unici, fra gli animali, a ricordare, e ciò per mezzo di cui ricordando è ciò per mezzo di cui essi percepiscono [il tempo]»? – Dunque, possiamo dire che la Memoria sarebbe una funzione della coscienza del tempo. Anzi, dopo Heidegger si dovrebbe parlare di una funzione della temporalità nel suo rapporto con l’esserci, la nostra esistenza si situerebbe negli interstizi tra le temporalità dell’esserci. La temporalità immaginaria e quella empirica. Il «vuoto» non è affatto una esperienza, non si può fare espereinza del «vuoto», il «vuoto» avviene e basta, avviene nel linguaggio come mancanza di linguaggio, infatti la nuova poesia della nuova fenomenologia del poetico intende il «vuoto» come distanza dai propri contenuti personali, dalle fraseologie giustificazioniste dell’io.
La poesia esistenzialista del modernismo novecentesco si situa nella zona di congiunzione tra temporalità e memoria. Quella zona opaca, insondabile dove hanno luogo gli eventi opachi e porosi, quei momenti di lacerazione dell’esistenza che noi percepiamo distintamente attraverso la lente della memoria. Là sono situati i momenti significativi dell’esistenza di cui noi stessi nulla sappiamo, ma che cosa sia quella lacerazione e che rapporti abbia con la memoria, è davvero un mistero. L’esperienza dell’esserci heideggeriano è fondamentalmente ubiqua: abita la memoria e la temporalità.
Bene illustrano questa condizione spirituale i tropi adottati dalla nuova poesia della nuova ontologia estetica, in particolare i concetti di disfania e di diafania, in una certa misura, concetti gemelli che indicano il «guardare attraverso» della diafania e il «guardare tra» della disfania. Guardare attraverso i linguaggi. La parola poetica si situerebbe dunque «tra» due manifestazioni (Phanes è il dio della manifestazione visibile, la luce,) e «attraverso» esse perspicere due modi diversi di sondare la memoria. È in questo guardare obliquo, in diagonale che si situa il discorso poetico della «nuova ontologia estetica», dove il tempo dello sguardo indica la temporalità dell’esserci. La metafora è il non identico sotto l’aspetto dell’identità.
Descending man, Jason Langer
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La poesia lavora incessantemente attorno ad alcune poche metafore, ma per giungere alle metafore fondamentali occorre un pensiero poetico che speculi intorno alle cose fondamentali, ecco perché soltanto il pensiero mitico riesce ad esprimersi in metafore, perché nel mito la contraddizione e la metafora sono di casa e tra di esse non c’è antinomia e una medesima legge del logos le governa. Ad esempio, in questa a quartina di Zbigniew Herbert è rappresenta una metafora fondamentale:
il proiettile che ho sparato
durante la grande guerra
ha fatto il giro del globo
e mi ha colpito alle spalle
La poesia del modernismo di Herbert istituisce la metafora assoluta che collima con il pensiero intuitivo. Nella metafora viene immediatamente ad evidenza l’eterogeneo e il contraddittorio che permeano l’esistenza quotidiana degli uomini. «Veri sono solo i pensieri che non comprendono se stessi»,1] scrive Adorno in Dialettica negativa. «Ciò che nel linguaggio si rispecchia, il linguaggio non lo può rappresentare».2] È questa l’aporia del linguaggio. La tautologia e la contraddizione mostrano che esse si trovano, convergono, nella metafora, la quale contiene in sé sia la tautologia (il non-identico è lo stesso che l’identico) che la contraddizione (il non-identico non è l’identico). Da ciò se ne può dedurre che nella metafora convergono tutte le aporie del linguaggio, il lato effabile e il lato ineffabile, il dicibile e l’indicibile. Talché voler estromettere la metafora dal discorso poetico è come voler aggiustare Procuste mettendolo sul letto di Procuste.
Il discorso poetico del modernismo tende «naturalmente» alla metafora e alla metonimia. Nella poesia modernista classica l’assurdo e il derisorio si fondano sul reddito di cittadinanza della storia, nient’altro che un titolo di borsa, gli uomini sono i titolari di questo titolo a scadenza fissa, titoli trimestrali, decennali e ventennali che valgono fin che valgono, fin quando lo stato non dichiara default. La storia, che dopo il 1989 è stata destituita in storialità, aveva senso per il modernismo proprio perché ha un significato e la poesia modernista aveva il compito specifico di presentare il falso e il similoro, da Eliot al primo Montale fino a Herbert. La nuova poesia della nuova fenomenologia del poetico invece parte dal concetto opposto: la storialità non richiede più l’ausilio della memoria e del tempo, la memoria e il tempo si sono frantumati e il linguaggio poetico assume l’opzione sospensiva, sospende il tempo e lo spazio, i suoi frasari sfiorano sempre il corrimano dell’assurdo e delll’ultroneo, scoprono il «fuori significato» e il «fuori senso», il «fuori tempo» e il «fuori spazio».
1] T.W. Adorno, Dialettica negativa, Verlag, 1966, trad. it. Einaudi di Carlo Alberto Donolo, 1970 p. 42
2] L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, Einaudi, 1979 p. 33
Lucio Mayoor Tosi, Untitled, acrilico su legno 80×80, 2022
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Due poesie di Vincenzo Petronelli
Il vuoto come spazio creativo
Affinando sempre più il proprio percorso, la Nuova ontologia estetica ha individuato la sua dimensione valorizzante nella poetica delle sedimentazioni della parola, partendo dalla raccolta differenziata dei residui, dai reflui depositati tra le macerie dei discorsi e delle scritture, per giungere alla ricostruzione delle tessere affastellate nel vuoto della nostra epoca, tratteggiandone, ma con la peculiarità di un’attitudine quasi pre-analitica, la filogenesi stessa. Il concetto di vuoto, più volte ripreso da Giorgio Linguaglossa su L’Ombra delle Parole è illuminante nel rappresentare epistemologicamente la poetica della Noe. La nuova ontologia estetica, in fondo, si caratterizza per il suo impegno verso una ridefinizione critica della poiesis e, conseguentemente, di una sua palingenesi, che non può non partire, come sempre del resto, nelle fasi di ri-generazione dell’uomo, da un’iniziale deflagrazione, che disarticoli le impalcature del “sistema”.
Del resto si tratta di una riflessione ben nota ai filosofi, agli antropologi e storici delle religioni, agli studiosi di psicanalisi: «In ogni chaos c’è un cosmo, in ogni disordine un ordine segreto» così suona un aforisma di Carl Gustav Jung.
Il vuoto, come sottolinea Giorgio Linguaglossa, che nella visione materialistica dominante nella nostra società, viene inteso come nulla, come dissoluzione di spazi pieni (semplicemente perché lo spazio vuoto non è contemplato nella cultura del “riempimento”, dello sfruttamento intensivo dei contorni) è in realtà l’anfratto in cui si cela lo spazio vitale, l’energia creativa del cosmo.
Si sa che le scienze suddette (filosofia, antropologia, storia delle religioni, psicanalisi) fondano proprio sulle contrapposizioni binarie, le spiegazioni delle teorie della vita e del cosmo: esattamente come evidenziato nell’aforisma di Jung, chaos e cosmos.
La ricerca antropologica ha da tempo messo in evidenza come alla base di vari sistemi e modelli culturali, sia antichi che contemporanei, si trovino teorie e credenze che ripropongono tale classificazione dualistica della realtà, fondate ad esempio sulla polarità sessuale, oppure su opposizioni proprie della sfera spirituale: basti pensare ad esempio alla contrapposizione sacro/profano, puro/impuro. Come ha evidenziato la filosofa Francesca Gambetti, lo stesso logos, il ragionamento, la matrice della riflessione filosofica, nasce come tentativo di sottrazione ordinante delle vicende umane dal caos. I grandi miti cosmogonici della Teogonia esiodea si basano proprio sulla narrazione della nascita dell’universo, a partire dallo spazio del chaos primigenio, del kosmos, come verrà definito dai Pitagorici.
La teogonia, a partire dalle vittorie di Kronos e di Zeus, ritrae cosmicamente il trionfo dell’ordine sovrano sulla natura, per poi successivamente, quando tempo cosmico, tempo religioso e tempo degli uomini finalmente si integrarono, a partire dal VI secolo a.C., sostituire alle genealogie divine quelle umane, che fondandosi sugli stessi schemi, raccontano colonizzazioni, fondazioni di città ed esplorazioni, per approdare dalle cosmogonie alle cosmografie, ed essere infine traslate verso le narrazioni dei primi filosofi.
Ecco, la potenza del vuoto è nella sua immensa forza creatrice, ma c’è bisogno di uno sconvolgimento tellurico per valorizzarla, essendo ormai la nostra società imballata comodamente nei suoi depositi ingombranti, nei quali è ormai scaffalata anche buona parte della produzione della cosiddetta intelligencija, protesa esclusivamente ad una concezione dell’impegno intellettuale intesa come perpetuazione del proprio scranno.
Guardandosi bene ovviamente, dai rischi insiti in qualsiasi forma di “ordinamento” post rivoluzionario, la Noe si pone precisamente come detonatore di tale forza tellurica, in grado di ristabilire non tanto un nuovo modello poetico in sé per sé, quanto una nuova visione del mondo, per il tramite della poesia, che rifletti realmente la condizione dell’uomo di oggi.
Fragmenta historica 2
Lady D’Ardboe legge poesie di Proust al sabato nel suo salone sul Donegal.
Suo marito cura la scabbia con lo spritz ed alleva vitelli via internet.
Dall’uscio, la ragazza vede gli animali inginocchiati: in fondo
anche la figlia di un pastore può sfiorare le costole del Signore.
Il carico di droga è già sbarcato a Brandon Bay.
In quest’esercizio non si fa credito. Non si accettano resi sul venduto.
Al confine orientale, i contadini nell’afterhour scattano selfies.
Rifugiati di etnìa Pashtun accucciati in primo piano, implorano la grazia.
La donna avrà cinquant’anni, forse novanta. Cerca pezzi da rivendere
il carburatore, forse lo spinterogeno: sputa in terra con la bocca impastata.
Joseph Ward combattè contro gli inglesi nell’Easter Riding.
Suo nipote ha fatto carriera, assicurando carichi d’armi verso lo Zimbabwe.
Hic et nunc: qui ed ora, in saecula saeculorum.
Le insegne già spente oltre l’ora del coprifuoco. “Avete il green pass?”
Il cameriere serve spezzatino in zuppa e filetto Stroganoff.
“Volodymyr, per il giorno dell’Apocalisse pensavo di indossare il nuovo tailleur”.
“Gli Yankees peggiori sono proprio quelli di sangue irlandese.
Ormai preferiscono gli spaghetti all’Irish stew”.
“Padre, mi ha appena sfiorata. Sono impura?”.
Nella sua camera del Metropolitan, Artemidora ha una flebo nel braccio.
Una macchia di limone si allarga sul suo letto.
Dopo pranzo arriva il “cessato allarme” via mail.
Fragmenta historica 3
I piemontesi entrarono in casa nostra a cavallo sotto la neve di febbraio.
“Qu’est qu’il y à dans cet enfer?”. Le truppe distribuivano pasticcini al vaiolo.
Questa mattina il generale Cialdini sorseggia un tè, nel caffè Francesco II.
Chamberlain ordina sushi formula all you can eat tramite whatsapp
dopo aver scongiurato la guerra. A tavola con lui, Breton legge Il capitale.
Ivan Ilič discute con il fornaio dal braccio anchilosato ed i baffi
asimmetrici; si scambiano gli elmetti e le croci sul petto.
Si accede dall’entrata di servizio, al porto di Barcelona nel 1937.
I proletari surrealisti cantano melodie in minore: “Adios Guernica y que será, será”.
L’Uruguay ha un capezzolo turgido ed il grembo dilatato.
Sigarette, whisky y coño: “what a wonderful world!”
La poltrona shiatsu davanti al fonte battesimale.
L’ultima volta che hanno visto Tanya offriva bottiglie molotov in piazza.
I soldati decifravano la guepière, contando i denti tra le dita.
“Perché non cucini per i nostri difensori, non lavori calzini a maglia?”
“Buon Dio! Perché non vieni a riprenderti i guerrieri?”
Era il sesto giorno della creazione dell’Ucraina ed era primavera.
L’arcangelo Gabriele era il fantasma dell’opera al teatro di Kyiv.
Al mattino, si torna come sempre a lavorare
Sotto la coperta livida di Cork.
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