Condivido pienamente questo esame critico sulla poesia di oggi, sempre più asfittica, da reflusso gastro esofageo. Se solo una parte dei poeti, che utilizzano questi collanti abrasivi, sempre più plasticizzati e degradabili, riuscisse a proporre una più significativa difesa della parola poetica, si avrebbe un parlare chiaro e sincero. Restiamo, purtroppo, in un esercizio estetico che non guarda alla riprogettazione della poesia necessaria alla sua sopravvivenza, ma in un cantiere dove i materiali utilizzati franano ad una prima lettura perché onnicomprensivi di tutte le turbe elencate da Giorgio Linguaglossa.
Mauro Pierno
Finita l’epoca dei poppatoi,
la devastazione connetteva girandole e chiodi
d’acciaio, beninteso le sorprese nelle molotov
perfino dai dirimpettai non erano comprese.
Di certo dapprima di stimare le stive con impegno
si erano svuotati i guardaroba e gli armadietti.
La scuola anche quella era finita da un pezzo.
L’orgoglio in polvere venduto da Amazon
e la corrente sfusa, divertente, la si apprezzava
spargendo forte il tasto On.
Elettrico sei, quanto ti diverti o stai seduto, elettrico sei quando dormi, quando mangi, quando sorridi.
La funzione è compatibile con la sostituzione, il terzo verso puoi spostarlo a piacimento
anche abbattere le barriere, spostare muri, salutare, fare ciao ciao, con la manina. Ricostruire.
Mario M. Gabriele
Conservami i sandali Birckenstock,
la borsa K-WAY per i sogni in tribolazione,
le canzoni di Nora Jones su Radio Capital
e la foto di Amy Winehouse nell’ultimo picnic
con gli anni che restano come polvere d’asfalto
prima che le scarpine MEU
mi portino a letto a sognare le Galàpagos.
Scegli tu la vetrina più bella
dove sistemare il passato nel display
con le stories di Pussy Riot a piazza Kazan.
Poetry kitchen
di Mario M. Gabriele, da Horxcrux
Al bar scegliemmo il tavolo esagonale:
tre posti per la famiglia Valpellina
e tre ai figli del filosofo Casella.
Sui muri c’erano versi di Murilo Mendes
e un repertorio fotografico della città.
Accettati i confini di un’isola poetica,
il linguaggio si fece astruso
con tutte le biodiversità estetiche.
Un gatto scambiò le gambe di Meddy per una lettiera.
Ci fu un dialogo sui social networks
sommando alla fine follower e like.
In attesa che lo chef preparasse hamburger e whisky Gin,
un venditore di flaconi e stick,
ci propose Instant Reset di Fenty Skin,
il Sauvage di Dior
e il Rouge H di Hérmes.
Riprendemmo il discorso, serafico e quantistico,
citando il lume di Diogene.
-Habemus vitam- disse uno dei figli di Casella,
ricercatore all’Artemisia.
-Allucinanti- esclamò la signora Valpellina
-sono le centurie e le abrasioni-.
C’era una richiesta di pertinenza
affidata a Giusy De Luca,
esperta di advocacy e digital strategy.
Solinas riferì i dati in laboratorio
su Emoglobina e Linfociti del piccolo Larry.
Il Memorial finì quando un cigno nero
entrò nella stanza con le finestre aperte
e i lumi spenti.
Chiamati a rapporto Kant e San Tommaso
ordinammo cioccolatini Pomellato.
Essendo dei flâneurs preferimmo l’albergo All Right
dove Jean Russell esibiva un altro Premio Pritzker
mentre il gourmet passava da un tavolo all’altro.
caro Mario,
la poesia di super nicchia che è stata fatta in Italia e in Occidente da alcuni decenni, si è rivelata altrettanto invasiva nell’epoca Covid che ha registrato un altissimo tasso di pseudo poesia considerata come demanio privato delle strutture psicologiche dell’io, con le conseguenti malattie esantematiche e psicosomatiche e compiacente fibrillazione della malaise dell’io.
Il mio giudizio su questa pseudo poesia non può che essere severamente negativo. Si tratta nel migliore dei casi di episodi, di sintomi psicanalitici che registrano un malanno psicologico e di sfruttarlo come pseudo tematica del disagio esistenziale. Si tratta di una miserabile e regressiva strategia di sopravvivenza alla crisi politica delle democrazie de-politicizzate dell’Occidente con un superpiù di auto lacerazione e di auto flagellazione dei lacerti di un io posticcio e positivizzato.
Riassumo qui i punti principali della malattia pandemica che ha attinto la poesia contemporanea:
– Si fa consapevolmente una poesia da supernicchia;
– La pseudo poesia positivizzata ed edulcorata che si fa oggi in Italia la si fa avendo già in mente un certo indirizzo dei destinatari e un calcolo di leggibilità e di comunicabilità privatistica;
– Si circoscrive il microlinguaggio poetico a misura delle dimensioni lillipuziane dell’io;
– Si rinuncia del tutto alla questione del ruolo della poesia e della letteratura nel mondo storico di oggi;
– Ritorna in vigore una certa mitologia del «poeta» visto come depositario di saggezza, seriosità, tristezza, pensosità ombelicale;
– Ritorna in auge il mito di una «poesia» vista come luogo neutro della ambiguità e della astoricità in una posizione di involucro dell’anima ferita e malata ( ingenuo alibi ideologico e smaccata mistificazione culturale);
– Nessuna capacità e volontà di rinnovamento del linguaggio poetico visto come un che di separato dai linguaggi della comunicazione delle emittenti linguistiche;
– Moltiplicazione delle tematiche private, privatistiche e quotidiane opportunamente devalutate in chiave privatistica e de-politicizzata;
– Moltiplicazione di forme narrativizzate ad imitazione della prosa;
– Moltiplicazione del taglio narrativo, diaristico, quotidiano e prosastico;
– Moltiplicazione di un super linguaggio de-politicizzato e lucidato;
– Adozione delle pratiche onanistiche, auto assolutorie e regressive confezionate in forma poetica.