
Antonioni, fotogramma di film La notte, 1961
Marina Petrillo
Esiste un’attitudine al Vuoto… Inebriato istante cancellato in spazio a-dimensionale, geometria sacra. Parrebbe avanzare ciò che indistintamente non lascia traccia. Ma, l’addensarsi plastica di un tempo consapevole, abita forse quel Vuoto. Ne è dinamica costante, come fosse non variabile l’umano approcciarsi al cammino evolutivo se non per quella esperienza unica, imprescindibile che è il vivere. Sottratti ad essa, vaghiamo in una interlinea assente, posta in ombra da incombente abisso. In un ‘nulla’ divagato a metamorfosi continua, incessante. Battito del cuore, metronomo in universo dilatato pur se indicibile. Per quale profilo avanzi il Tutto in assenza di sé, non è dato comprendere se non per brevi intuizioni. Sprazzi celesti in accordo all’ottava superiore. Scesi agli inferi, procediamo a tentoni, ciechi vati, Tiresia nell’ambiguità del sesso.
Appartiene al passaggio, l’Essere, in quel vuoto relativo poiché l’Assoluto richiede altra forma e il limite posto è contagio di infinito.
*
Indefinita verso altra sponda radiosa
la caligine sovrana della fiera estate.
Attratta dal ferroso magnete a polo inverso
detiene prigionieri gli stantii ospiti
del cui vero monito non conosce tregua
l’ondulare vago delle ignote sere.
Stridio invoca il cicalare nel moto lento
di un richiamo colto a convesso lato.
In epifanico strascico, orienti stelle
tacciono a paradigma il buco nero imploso.
Esodo di lamine argentee in turbine improvviso
come fosse vacuo pianto la fatuità graffiata a sorte.
Giorgio Stella
privato del vaso non si perde nessun fiore.
le federe del letto sono state cambiate da poco e ricambiate.
[…]
oggi fa caldo domani farà freddo, il calendario vanta il marchio della
[farmacia.
è inoltrato un sollecito di pagamento già saldato.
chissà se il nuovo supermercato rispetterà i turni del precedente se nei
[nuovi reparti si riconosceranno i vecchi ambienti […], se lo sconto sul tonno
verrà praticato.
[…]
sotto casa un signore si chiede a quale indirizzo è rimandato … si risponde quasi scusandosi, che è tutta la vita che abita in quella zona,
ma davvero non sa come aiutarsi… forse dovrebbe chiedere al macellaio
ma si morde la lingua, non si ricorda neppure dove si trovi il macellaio.
Carlo Livia
From Nowhere to Nothing
Attraverso la notte sacramentale, nuda, trascinando l’anima del bambino morto. Un vecchio mi vede da lontano e grida. Vuole uccidermi, ma diventa di marmo.
Cado nel groviglio francese. E’ piacevole. Divento Auschwitz. Con le cosce dell’uragano Gloria, e un sesso vermiglio con precipizi in fiore. Ritorno nel parco giochi. Un cipresso cieco, furioso, mi sbarra la strada. Ha tutti i morti in mano.
La rugiada delle fanciulle è spesso viola. Segue le croci verso il buco nero, senza domande.
La veste vergine si affaccia dall’incesto, spargendo protoni mortali. Sul davanzale intermedio decompongono la vertigine in minuscoli istanti ciechi.
Dall’Amplesso centrale cade un si minore. Biondissimo. Inestricabile dai lunghi serpenti del profondo. Si staglia nel cielo lastricato di Dei. Sul viale ormonale appena risorto.
Nell’aria un uccello infelice. Cadendo diventa un peccato. O un flauto celeste, troppo sottile. Mi trafigge il cuore. Per fortuna mi addormento. In sogno attraverso le cascate.
Entro nel bacio indicibile. Umido di morte scampata.
Francesco Paolo Intini
“Boîte-en-valise” con neutroni
Cubi solcati dagli ascensori. Accessoriati
Non consoni a una sosta di riflessione.
Uno squarcio è sempre possibile, un addotto planetario,
toro all’equatore.
Ci passa la Forza, si arrotonda gli occhi.
“Boîte-en-Valise” con Neutroni.
Il viaggio verso Marte fu delirante
Doveva dormire per un altro secolo ma le Baccanti fermarono Roma.
L’aeroporto volò nel vasto panorama con i suoi programmi
un secolo negava l’ altro perchè suonava la cetra con la bocca.
Transitano orologi, il ritardo è punibile con la morte.
Nel cambio merci si gioisce per il netto di acquasantiere.
Se si è capito troppo vuol dire
Che bisogna accelerare la rotazione terrestre.
Il radiologo non scova Marx tra le sinapsi.
Asciutta anche la zona santa dell’ipotalamo.
Il dopo ammette solo cenere.
Pura estasi refrattaria alle domande.
Californio, Organesson alcune ragioni per trattare con Galassie.
Strategia a martello contro
un valzer intorno al buco nero.
Giorgio Linguaglossa
Il linguaggio di Livia si muove lungo una dorsale di tracce visuali, gestuali, grafiche e sonore di antiche metafore che sono state dimenticate e rimosse dalla coscienza dell’uomo civilizzato, conserva ancora qualcosa del linguaggio animistico e auratico che collegava le cose più disparate tra di loro in un fluido, in un mana. Più che un erede del surrealismo, Livia vuole fondare un nuovo linguaggio, e lo fonda davvero, un linguaggio che vuole essere una presenza vivente, attuale di ciò che è trascendentale; un linguaggio-aura, un linguaggio auratico del quale sarebbe ozioso ricercarne dei significati, la poesia liviana non insegue dei significati ma li crea attraverso simbiosi e collegamenti quasi telepatici, erede del trasferimento di voci che sono andate perdute lungo il processo di incivilimento dell’umanità; conserva qualcosa di ingenuo e di infantile, qualcosa di quella commistione e confusione di quell’alba della coscienza tipica dell’età della prima infanzia quando ancora il linguaggio degli adulti non ha attecchito alla coscienza linguistica, qualcosa di quei frammenti che sono andati dispersi lungo il processo di incivilimento dell’umanità occidentale. Carlo Livia ha trovato una propria singolarissima vocabologia che non assomiglia a nessun’altra della poesia europea del novecento. Trovo anzi che in queste ultime prove il suo tessuto metaforico e metamorfico si sia arricchito, prova evidente della bontà della ricerca portata avanti dal poeta romano in questi ultimi anni. Continua a leggere