
Grafiche di Lucio Mayoor Tosi
Giorgio Linguaglossa
Il «frammento» è il luogo privilegiato in cui si mostra la modernità
Il frammento è l’Estraneo. Il dio che è morto ha prodotto una gigantesca esplosione di frammenti dall’Uno originario dove l’identità coincideva con il senso. Il capitalismo con il suo sviluppo tumultuoso ha decretato la morte di dio. Il mercato, il nuovo Moloch, ha sostituito dio ed è diventato la nuova fede post-moderna. Il nuovo Moloch con le sue leggi autoregolantesi ha fatto sloggiare dio dal mondo.
Walter Benjamin intuisce acutamente che il filosofo e l’artista devono diventare dei «pescatori di perle», devono soffermarsi su oggetti apparentemente non degni di attenzione, sugli «stracci», su aspetti generalmente ritenuti trascurabili e negletti dallo sguardo ufficiale degli addetti alla cultura. Questi oggetti, questi luoghi privilegiati sono i frammenti che la metropoli moderna mette in mostra nelle sue vetrine e nei suoi passages capaci di investire i passanti con continui choc percettivi. Il mondo moderno è un mondo di frammenti impazziti che sostituiscono la contemplazione statica da un punto di vista esterno con la «fruizione distratta» di un punto di vista in movimento.
Per Walter Benjamin l’immagine è dialettica nell’immobilità. Le immagini si danno soltanto in “costellazioni”
Scrive Walter Benjamin:
«Non è che il passato getti la sua luce sul presente o il presente la sua luce sul passato, ma immagine è ciò in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’ora in una costellazione. In altre parole: immagine è dialettica nell’immobilità. Poiché, mentre la relazione del presente con il passato è puramente temporale, continua, la relazione tra ciò che è stato e l’ora è dialettica: non è un decorso ma un’immagine discontinua, a salti. – Solo le immagini dialettiche sono autentiche immagini (cioè non arcaiche); e il luogo, in cui le si incontra, è il linguaggio».1]
Il concetto di «costellazione» è importantissimo anche per la NOE., le immagini si danno soltanto in “costellazioni”, in mosaici. Alessandro Alfieri in un saggio afferma acutamente che l’immagine dialettica si oppone alla epoché fenomenologica, è una diversa modalità di percepire gli oggetti attraverso la «fruizione distratta». La «contemplazione» del soggetto eterodiretto, e la «percezione distratta» sono fenomeni tipici della modernità che la poesia di Baudelaire tenne ben presente all’alba della poesia del Moderno.
Dal punto di vista della NOE, il ripristino e la valorizzazione delle benjaminiane «percezione distratta» e della immagine come «dialettica della immobilità», sono elementi concettuali importantissimi per comprendere un certo tipo di operazione estetica della poesia e del romanzo moderni: Salman Rushdie, OrhanPamuk, Mario Gabriele, Tomas Tranströmer, Kjell Espmark e, più in generale la poesia della NOE, non sarebbero comprensibili senza tener conto della rivoluzione molecolare della percezione in atto dall’alba del Moderno ad oggi.
Tanto più oggi che viviamo in mezzo ad una rivoluzione molecolare permanente (quella della proliferazione delle emittenti linguistiche… anche le immagini sono percepite dall’occhio come icone segniche, immagini linguistiche, lampegggiamenti segnici e semaforici…), oggi la percezione distratta è diventata il nostro modo normale di interagire con il mondo, anzi, il mondo si dà a noi sub specie di immagine in movimento, frammento, processualità di dettagli… con buona pace di chi pensa ancora la poesia con schemi concettuali pre-baudeleriani…
Così commenta Alessandro Alfieri:
«I frammenti sono da un lato prodotti della cultura del consumo, della moda, della meccanizzazione dell’agire, ma su un altro livello sono anche promessa di futuro, possibilità offerta agli uomini di scardinare la storia dei vincitori e il tempo mitico del sempre-uguale.
La frammentarietà che caratterizza il mondo moderno, oltre ad essere il contenuto ovvero il tema di gran parte della produzione benjaminiana, è al contempo anche fondmento formale e stilistico; Benjamin non ha più alcuna fiducia per il trattato esauriente e per il sistema, ed è la sua stessa produzione a essere espressione della medesima frammentarietà di cui parla, prediligendo per esempio la scrittura saggistica su determinati argomenti o autori. Ma è soprattutto nella sua ultima grande opera, rimasta incompiuta, che tale frammentarietà assurge alla sua più piena espressione, ovvero i Passages, un “montaggio” di impressioni, idee, citazioni, “stracci” appunto, che nel loro accostarsi fanno emergere significati inediti, elementi che contribuiscono a sconfiggere quella fantasmagoria seduttiva in grado di anestetizzare il pensiero critico».2]
Stante quanto sopra, non è chi non veda la stretta attinenza di questa problematica con il metodo compositivo della poesia di Mario Gabriele, la sua strategia compositiva è più simile al mosaicista che sistema con tenacia e pazienza le singole tessere di un mosaico-puzzle piuttosto che ad un amanuense che scrive i suoi endecasillabi sonori e i suoi ipersonetti. Gli «stracci» e i «tagli», le citazioni,, le faglie, le schisi e i titoli da cartellone pubblicitario di Gabriele sono tessere iconiche e semantiche di un mondo frammentato e frammentario abitato non già da una nicciana «verità precaria» ma dalla stessa precarietà della nozione di verità e della sua umbratile condizione ontologica nel moderno avanzato.
1] W. Benjamin I “passages” di Parigi, Einaudi, Torino 2007, p. 516
2] Alessandro Alfieri In Aperture, n. 28, 2012
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