Maria Rosaria Madonna (1942-2002)
(Poco prima dell’approdo all’Isola dei morti)
La tassa per il soggiorno terreno
«Se vengono a riscuotere la tassa
per il soggiorno terreno – disse
un signore vestito in abito scuro, “una specie di
esattore delle imposte”, pensai –
pagherò con questa moneta, con
una moneta fuori corso».
Era lì, sulla soglia della porta. E qui mi mostrò
un soldo antico, probabilmente un sesterzio
del quarto secolo dopo Cristo con l’effigie
di un imperatore romano sul verso
e una bilancia sul retro.
«Una lega d’argento con poco argento
e tanto metallo povero!»
chiosò con ironia il convenuto ammiccando…
– la fessura nel mento ebbe un sussulto –
«Vuol dire che pagherà con questa patacca?»
– chiesi allibita –
«Nient’affatto, intendo pagare con una moneta
stabile, la moneta dell’Impero,
perché stabilmente consegnata all’oblio»,
replicò l’interlocutore lisciandosi il mento
con un gesto sordido del pollice.
«Ma non era nei patti», tentai di obiettare.
«Appunto perché non era nei patti»,
rispose l’ombra alla mia destra
mentre svoltava lo stipite della porta d’ingresso
e si dileguava nella strada buia…
Ermeneutica di Giorgio Linguaglossa
Nella poesia di Maria Rosaria Madonna abbiamo la tematica metafisica per eccellenza: il viaggio nell’Oltretomba, il viaggio di Dante nell’Inferno, il viaggio verso l’Isola dei morti; c’è Caronte che richiede il pedaggio, ma il pedaggio viene pagato da un «signore vestito in abito scuro» con delle «patacche», con dei sesterzi manifestativamente «una moneta fuori corso», di qui la stupefazione della voce narrante (Maria Rosaria Madonna) che si chiede: colui che si appresta al viaggio vuole pagare con una «patacca»?. È possibile pagare con una «moneta fuori corso»?, si chiede la voce narrante, cioè con la moneta della «falsa coscienza» come giustificazione?, chi è questo «signore vestito in abito scuro» che vuole gabbare Caronte? È un «signore» che si presenta sotto le sembianze di «una specie di esattore delle imposte», pensa la voce narrante. Così, ponendo questa semplice Domanda, Madonna stravolge e ribalta la convinzione teologica e politica che si possa arrivare all’Isola dei morti sbandierando la propria «falsa coscienza» come giustificazione delle malefatte compiute nell’esistenza storica. È questa la grande problematica che Maria Rosaria Madonna solleva: il giudizio sulle azioni della propria esistenza storica: ma la Domanda cade nel vuoto, nel vuoto di risposta della storia d’Italia e dell’Europa, perché è soltanto osservando retrospettivamente la storia d’Italia e dell’Europa che possiamo rintracciare la Risposta alla Domanda.
E la Domanda posta da Madonna è: È possibile fare poesia dopo la fine della metafisica? Come e con quale moneta pagare per il viaggio? E quale poesia è possibile scrivere dopo questo cataclisma che ci ha investito tutti? Domanda gigantesca di cui nessuno in Italia si è accorto e che Maria Rosaria Madonna lascia per coloro che verranno, cioè noi postumi abitatori del presente storico.
Si può allora vedere nella questione dell’evento il momento centrale di questo genere di poesia, una estrema radicalizzazione della problematica fenomenologica dell’apparire delle parole nel dis-ordine del discorso poetico; si tratta di un dis-ordine che squassa le parole e l’ordine del discorso e che investe la «giusta coscienza» secondo la quale giunti al termine della vita storica, abbiamo o no il diritto di pagare Caronte con una falsa moneta?, con una «patacca»?.
La Domanda di Madonna mette a nudo lo scollamento che è avvenuto tra la coscienza e le sue azioni, tra le parole e le azioni, tra le parole e le cose. Le parole diventano allora varie e eventuali, eventuali in quanto gratuite, varie in quanto arbitrarie. E allora non resta che fare poiesis con le parole arbitrarie e con le «patacche». Le «imago» sono strettamente intrecciate con il dialogo, le immagini sono dialogizzate, personalizzate tra il morto che chiede di entrare nell’Isola dei morti mediante una «patacca», mediante un raggiro, e i pensieri della poetessa che problematizzano il dialogo stesso. La bellezza della poesia è in questa idea di fare una poesia che consta di un dialogo metafisico che Madonna trae ovviamente dalla Commedia dantesca. Una poesia anti-moderna per eccellenza questa di Madonna.
La parola la si trova nel registro basso. Nella poesia di Madonna è evidente che il registro basso ospita le sue domande; in Madonna il registro del triviale convive con il registro culto, il sublime ormai con i suoi connessi e le sue adiacenze è stato definitivamente estromesso dalla dicibilità dalla dizione poetica. Le parole di Madonna si presentano con il vestito consueto di tutti i giorni, ma in realtà sono nuove, risuonano al massimo del diapason.
La parola è evento e, insieme, il luogo nel quale si mostra l’evento. Come dire che l’evento è la parola che lo indica.
La parola ci guarda, ci osserva, sta lì da sempre, attende un nostro cenno, un cenno di accoglimento, ma c’è una resistenza (conscia e inconscia) che noi opponiamo con pervicacia e supponenza, la resistenza dell’inerzia del linguaggio condiviso, del linguaggio sociale, del linguaggio della normologia.
Allora dobbiamo chiederci: si dà un evento senza la parola che lo nomina? La risposta è NO. È la parola che chiama l’evento in quanto lo indica. È perché siamo «guardati» dall’evento che siamo anche «guidati», condotti dalla parola che non ci aspettavamo.
A fine 1991 Maria Rosaria Madonna (Palermo, 1942, Parigi, 2002) mi spedì il dattiloscritto contenente le poesie che sarebbero apparse l’anno seguente, il 1992, con il titolo Stige con la sigla editoriale Scettro del Re. Con Madonna intrattenni dei rapporti epistolari per via della sua collaborazione, se pur saltuaria, al quadrimestrale di letteratura “Poiesis” che avevo nel frattempo messo in piedi. Fu così che presentai Stige ad Amelia Rosselli che ne firmò la prefazione. Era una donna di straordinaria cultura, sapeva di teologia e di marxismo. Solitaria, non mi accennò mai nulla della sua vita privata, non aveva figli e non era mai stata sposata. Sempre scontenta delle proprie poesie, Madonna sottoporrà quelle a suo avviso non riuscite ad una meticolosa riscrittura e cancellazione in vista di una pubblicazione che comprendesse anche la non vasta sezione degli inediti. La prematura scomparsa della poetessa nel 2002 determinò un rinvio della pubblicazione in attesa di una idonea collocazione editoriale. È quindi con sedici anni di ritardo rispetto ai tempi preventivati che trovano adesso la luce le poesie di uno dei poeti di maggior talento del Novecento italiano. Alcune sue poesie inedite sono apparse nella Antologia da me curata: Come è finita la guerra di Troia non ricordo (2016). Nel 2018, sempre con Progetto Cultura di Roma, esce Stige, Tutte le poesie (1990-2002).
(Giorgio Linguaglossa)