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Quale poesia scrivere nell’epoca della fine della storia? Quale poesia scrivere nell’epoca della fine della metafisica? Quale è il compito della poesia dinanzi a questi eventi epocali? Risposta alla Domanda di Francesco Paolo Intini

Promenade notturna 9 40x40 collage 2023

Marie Laure Colasson, foto, 2022

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Domanda

Quale poesia scrivere nell’epoca della fine della storia?

Quale poesia scrivere nell’epoca della fine della metafisica?

Quale è il compito della poesia dinanzi a questi eventi epocali?

 

Risposta di Francesco Paolo Iintini
5 marzo 2023 alle 10:37 

Caro Giorgio, rispondo volentieri e “a modo mio” alla domanda che mi hai posto anche se la filosofia è per uno non specialista come me, un campo difficilissimo da calpestare e in ogni angolo mi è quasi impossibile schivare le mine sotto i piedi. Parto perciò da ciò che abbiamo sotto gli occhi. “Invaso \invasore” non mi sembra un mantra qualsiasi o uno slogan. Contiene, secondo me, la valenza di ’Io penso dunque sono”, ha l’ambizione cioè di fondare ogni ragionamento su questo conflitto. Non per niente chiunque si accinga a parlare sull’argomento è obbligato a dare testimonianza di verità a questo fatto evidentissimo da cui sembra che non ci siano vie di uscite praticabili. Non lo sono tutte quelle vie che sbucano in una trattativa di pace che non prevedano un ritorno allo statu quo originario dell’ Ucraina. Non lo sono perché se ci si affida al ferro della logica si sottintende di escludere ogni ricorso alla fiducia reciproca. E tra i contendenti sembra proprio che non ce ne sia in maniera assoluta. Per questo, l’unica regola praticabile è la guerra “fino alla fine”, per conclusione necessaria, come si trattasse di una somma di addendi. Già! il problema però è capire cosa si intende per “fine “e se questo sia davvero coerente, per forza di sillogismo, con il punto di partenza che si sposa perfettamente con un altro e cioè se il principio: “salviamo l’umanità dalla sua autodistruzione” abbia la stessa valenza del principio di “autodeterminazione dei popoli” e se tra i due principi debba prevalerne solo uno di fronte a una loro impossibile conciliazione. Come uomo libero, odio e disprezzo ogni forma di dispotismo, di sopraffazione e qualunque forma di guerra, la risposta però non dipende da me, ma da una partita tra due squadre, l’una di bambini l’altra di adulti. Se i nomi della prima sono sconosciuti, quelli degli altri sono noti a tutti. Quei Pipistrelli nel finale di Venerea stanno in attesa sul bordo campo sentendosi investiti di un ruolo cosmico nella storia dell’universo.
Lo scenario fisico però ne impone un altro di natura metafisica che riguarda il Bene ed il Male. Mentre il primo scenario ci sembra lontano questo ci fa cadere subito in noi stessi gettandoci in un’unica partita senza durata perché i giocatori si avvicendano continuamente in ruoli variabili indipendenti dal tempo.
Come non riconoscere una tela di Bosch in un campo Ucraino?
In parallelo il nostro inconscio non fa che generare mostri, mischia vigliaccherie ad eroismi, simula in piccolo l’assenza di giustizia mentre ne invoca, cerca un perdono che non gli sarà concesso, parla una lingua che sembra familiare ma che invece è incomprensibile perché ridotto a singhiozzo e balbuzie. Il “terror mortis” regna ovunque e probabilmente costituisce il nastro di Mobius che unisce interno ed interno, di cui tu parli. La poesia, a parer mio, risponde a questo estremo bisogno di ordine che ci arriva sotto forma di paura e che riempie gli spazi tra parola e parola, tra un fotogramma ed il successivo. Cosa sono le grandi costruzioni da Omero a Dante e Shakespeare, Leopardi passando dai greci se non un tentativo di mettere ordine, fissare in una narrazione ordinata e tollerabile il brutto, l’orrido, l’assurdo e il nulla in cui la vicenda umana si scioglie? Come tutte le costruzioni ordinate esse rappresentano entropia che si congela in versi concatenati l’uno all’altro secondo un senso, si pietrifica in regole sintattiche e armoniche, in ritmo che fa vibrare corde interiori e sconosciute.
Tutto ciò andava bene in una società che non aveva prospettive cosmiche e assegnava centralità alla figura umana intorno a cui, come un germe in un’ostrica, cresceva la perla delle grandi opere artistiche, delle scoperte scientifiche, l’ottimismo delle magnifiche sorti e progressive.
Difficile immaginare l’asimmetria di fondo del nostro tempo per cui il futuro non è altro che un cambio radicale di prospettive in cui la proiezione della mente diventa più intelligente di chi l’ha creato e ne assume il ruolo in forma di persona cosciente. Quello che si prospetta non è difficile immaginarlo in termini di rapporto tra pensiero libero e potere. In questo contesto stare nell’oggi significa scottarsi della lava del vulcano che cresce di potenza sotto i piedi. La stessa che frantuma le costruzioni e le seppellisce per conservarne lacerti, illustrazioni, citazioni da museo, versi per ogni occasione, orme di dinosauri ad uso e consumo della stanza della regina delle api.
Quale allora il ruolo della poesia nel periodo di mezzo? Come chiedere di costruire un diamante e affidarlo al fiume incandescente. Meglio non farne o corazzarlo in maniera da renderlo refrattario, indigeribile, impresentabile e improponibile come un virus che abbia come unica chance di entrare nel sistema.

Promenade notturna 8 40x40 acrilico 2023

Marie Laure Colasson, Promenade notturna, collage 30×40 cm, 2023

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Tre poesie di Francesco Paolo Intini

ROBA DA AUMENTO DELLA CIODUE.

Anche il cloro dice la sua
e l’immagine si dissolve nel corridoio.

Il sole irrompe con le stampelle
Fa Enrico Toti ma poi ritorna nel monumento
ogni tanto meraviglia la luce di una cometa
e la via lattea risente dei saluti al fronte.

Tutte le volte che si risalì dalle Marianne
Bevemmo un sorso di vetriolo.

Un inciampo chiuso in uno scaffale
e tra acidi una fiala di ammoniaca
Compare all’improvviso:

-Non mettere in inventario le malefatte
E del ghiacciaio ignora le bare.

Ninfe e satiri si rincorsero nei mortai.
Rubini e smeraldi a bordo campo.

Parve evidente il cambiamento epocale
ma tacemmo accanto agli abstract del 43.

I floppy gli hippy i falchi nella PS,
il più potente cadde da un grattacielo o si suicidò
Come un Rockefeller in disgrazia.

Si conserva la bara, gli eredi depongono chip ai suoi piedi.

Una mantide si raccoglie in preghiera
Divora ruggine e scarta vinile.
Maledizioni partono aspettando il turno.

LIGHTNING ACCOUNTS

Se ne stette immobile tra nuvole di gesso.
Perché voleva Giove alla lavagna ma di fronte ebbe un sussulto
Una scappatoia accelerata da uno sbadiglio.

L’equazione si restrinse a una matrice:
calcolo e nessun elettrone.

Nascono così i carri armati? Ma perché caricarli
Di lupara e jumbo sui piccioni?

Da qualche parte farà zig zag
Sotto la cattedra celeste, tra le gambe di Giunone
Su una barca che si sfracella a destra e manca

Mira a Capaneo tra figure della Panini
Angelillo e poi Rivera un calcio all’arbitro
Un altro a Sivori con l’aria di Beatrice.

Non era un fulmine nemmeno un calcolo di bile
Qualcosa che deborda stratosfera e di sotto
Un plasma col vestito d’arlecchino.

Neanche un albero che esponga i suoi protoni
Un gesto misero come dire matto al Re. Continua a leggere

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