Video di Gianni Godi, voci di Alice e Pilar Castel ispirato alle “Strutture dissipative” di Marie Laure Colasson, Domanda: Quale poesia scrivere nell’epoca della fine della ♫metafisica☼? Nel mondo «storiale» ci può essere soltanto una poiesis «storiale», cioè non-storica, che non abita più un orizzonte storico. La nuova fenomenologia del poetico è la fenomenologia di una poiesis storializzata che si presenta incubata e intubata in una duplice cornice, se così possiamo dire, una cornice esterna al quadro e una cornice interna ad esso, Discorso della Montagna, poesie kitchen di Giorgio Linguaglossa, Marie Laure Colasson, Mimmo Pugliese

Video di Gianni Godi voci di Alice e Pilar Castel ispirato alle “Strutture dissipative” di Marie Laure Colasson

.

Oggi, nel 2023, non si può porre mano ad alcuna ermeneutica dell’arte a seguito della Fine della poiesis, di quella che un tempo si chiamava «arte» nel tempo della storia lineare e progressiva; oggi, nel tempo della storialità (cioè della storia non-progressiva), la fine dell’«arte» trascina con sé anche la fine della critica d’arte. E qui il discorso si chiude. La poiesis kitchen è l’espressione artistica più consapevole alla domanda della posizione dell’«arte» in un mondo «storiale»; ovvero, in un mondo «storiale» ci può essere soltanto una poiesis «storiale», cioè non-storica, che non abita più un orizzonte storico. La nuova fenomenologia del poetico è la fenomenologia di una poiesis storializzata che si presenta incubata e intubata in una duplice cornice, se così possiamo dire, una cornice esterna al quadro e una cornice interna ad esso. La poiesis possibile sarà soltanto quella che si situi all’interno tra le due cornici, nell’intercapedine tra le due cornici là dove si apre uno spazio vuoto, vuoto di significazione. Si tratta di una poiesis ovviamente priva di «essenza» e di qualsivoglia «interiorità».
Quelle interiorità ridotte a palline luminescenti, sfere che rimbalzano e galleggiano all’interno di una macchina celibe dove majorette in reggicalze ballano con scheletri redivivi il tutto accompagnato da spezzoni di triviali musichette marziali e acuti di un melodramma soporoso…

.

(Giorgio Linguaglossa)

.

Domanda

–  Quale poesia scrivere nell’epoca della ♫ fine della storia ☼?
–  Quale poesia scrivere nell’epoca della fine della ♫ metafisica ☼?
–   Quale è il compito della poesia dinanzi a questi ♫ eventi epocali ☼?

Promenade notturna 1, Collage 30x40 2023

Marie Laure Colasson, Promenade notturna, collage, 40×40, 2023

.

Marie Laure Colasson

Rispondo in breve alla prima domanda di Giorgio Linguaglossa

perché è quella che ritengo fondamentale, le altre sono domande di contorno di cui mi sarà lecito rimandare ad altra occasione l’onere di una risposta.
Con la parola «♫metafisica ☼» di cui si parla nella domanda penso si intenda la legislazione del linguaggio a cui noi tutti storicamente sottostiamo: la grammatizzazione della voce orale che ha fondato la nostra civiltà occidentale con tutti i suoi innumerevoli tropi e figure retoriche. Ma la «metafisica» è l’opera di una gigantesca grammatizzazione, non è un corpo unitario e infrangibile, la si può infrangere togliendo alle parole la loro destinazione di legalità e di utilità, sospendendo, con un atto di deposizione, le parole dal loro significato ordinario.

Nel pensiero di Walter Benjamin la verità si dà solo nei «cocci del pensiero», nelle parole depositate sul fondale marino del dimenticato, sottratte al rimosso e all’oblio dalla rete del «pescatore di perle» e del «pescatore di stracci». Benjamin aveva escogitato una precisa strategia in grado di infrangere l’incantesimo di una tradizione che considerava alla stregua del «bottino di guerra» dei «vincitori della storia». Si tratta di una straordinaria collezione di citazioni, minuziosamente appuntate sui suoi taccuini e della quale il filosofo faceva il contenuto fondamentale della sua speculazione.
La citazione, come forma del nominare, se sradicata dal suo contesto semantico e sintattico originario, consente di ricongiungersi alla potenza del dire prima che intervenga la legislazione del senso e del significato. Le citazioni organizzate dalla tecnica del montaggio recidono i vincoli che le tenevano avvinte alla ♫metafisica☼ del «significato»; qui il principio di autorevolezza dell’enunciato viene soppiantato da quello di libera individualità delle parole liberate dalla sottomissione al significato ordinario socialmente condiviso.

Ha scritto Linguaglossa in un commento postato il 28 febbraio 2023:

“Oggi abbiamo a disposizione la «musica» e le «parole» ovunque: non solo nelle sale concerto, ma, nei teatri, nei cinema, nelle sale d’aspetto dei dentisti, nei negozi di alimentari, nei supermarket… come la «musica» anche le «parole»: siamo invasi da parole di tutti i conii, da quelle bicefale a quelle alto allocate, parole insulse, prometeiche, cafonesche, a quelle prive di significato, parole vuoto a perdere… così non solo negli aeroporti ma anche in spiaggia e finanche nel mare a bordo dei pedalò siamo assediati dalle musichette orripilanti e dalle parole dei bagnini… tutto questo ha cambiato il nostro rapporto con la musica e con le parole; innanzitutto, dobbiamo liquidare una volta per tutte l’ideologema mitico della «voce originaria», come se ci fosse una mitica «voce» nella mitica «interiorità» in grado di affiorare in superficie
(con tanto di duende) e di irrorare di bellezza composita il foglio bianco del poeta intonso. Tutto ciò è un mito! In realtà, non c’è nessuna «voce» originaria e tantomeno «narrante», non c’è nessuna «origine» e nessuna «autenticità» da salvaguardare e quindi non c’è nessuna «duende» originaria, nessuna «nostalgia», non c’è nessuna «autenticità» da liberare nella voce dispiegata. Tutti miti di un bel tempo che fu. E con la scomparsa della «voce» originaria del poeta, abbiamo i suoi sostituti: delle «voci» multilaterali che provengono da ogni dove.”

Il poeta di oggi agisce in modo analogo a quello del «collezionista» di Benjamin, le parole intimamente intrecciate all’origine del loro valore d’uso e di scambio si configurano presso la nuova fenomenologia del poetico, una volta liberate dall’origine, in guisa antisistematica; libere di agire in base al principio di libertà, le parole non sono più soggette alla legislazione di quella «metafisica» (la tradizione) che ne irrigidisce il senso e il significato.
Possiamo considerare il collezionismo di oggetti di Benjamin una procedura analoga al collezionismo di frasari nella poetry kitchen, una procedura che consente di sostituire il valore d’uso e di scambio delle parole con un valore dato dal mero piacere disinteressato del poeta. Così, gli oggetti liberati dalla schiavitù dell’utilità e del significato, vengono «riscattati». Si tratta di un’attività rivoluzionaria governata dal kairos che sconvolge l’ordine imposto dal passato e legittimato dalla tradizione.
Le citazioni anonime, i frasari anonimi costituiscono il nucleo centrale della tecnica compositiva della nuova fenomenologia del poetico, nella quale non vige il principio logico-causale ma un intento azionatorio-predicatorio insito nel linguaggio. Verrebbe da pensare, allora, che proprio il kairos rappresenti la categoria portante della poetry kitchen.
Il kairos che governa il rinvenimento di «perle e coralli» (dizione di Benjamin) perduti, il kairos che culla il passeggiatore, il flâneur, nel reticolo delle strade di Parigi.

“C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato.
Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle.
Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta.”.1

1 Walter Benjamin, Angelus Novus. Saggi e frammenti

Giorgio Linguaglossa
Discorso della Montagna

Il Presidente del Globo Terrestre alzò la cornetta del telefono
Urlò:
«Il misuratore dei bidet è andato a prendersi un caffè, ha attaccato un cartello alla vetrina del negozio di ortofrutticolo di via Pietro Giordani con su scritto:
“Torno subito”»
E continuò con questi frangenti:

«È in corso la denazificazione della poetry kitchen!
È in corso la saponificazione della formaldeide!
Non dimenticate di prendere un’aspirina, la sera, e una di Lexotan la mattina e dopo i pasti, vi toglie il mal di stomaco
È vietato fornicare con la vicina di ombrellone
Ai nani è vietato indossare gli shorts
È vietato pomiciare con un LGBT
È vietato chiudere i rubinetti del gas prima di uscire
È vietato chiudere i flow cash dei bancomat
È consentito indossare la canottiera solo d’inverno
Non è permesso immergere i savoiardi nel caffelatte
Non dimenticate di assumere il prolettico dopo pranzo
La penicillina è diventata astemica
La majonese è una combriccola milanese
L’alopecia è una torta Sacher con la Lichtung al centro
Il poliptoto è il nome scientifico della medusa mediterranea
Il maggiordomo Camembert ha deglutito per errore la créme caramel di propietà del poeta Michal Ajvaz
Madame Colasson usa sempre il filo interdentale Colgate Control»

Fu a questo punto che Papa Francesco dal Vaticano interloquì in modo appropriato:

«Spolverate più spesso la piramide di Cheope con lo spazzolino da denti Kukident e poi lucidatela con il lucido da scarpe Nugget
Non fidatevi del Mago Woland, è un malmostoso putleriano, un fidejussore, un profittatore
Ogni evento ha il suo contrario ope legis
Il periplo è analogo al peplo
Il contrattempo è in allestimento
Il contraddittorio è in allestimento
Il collutorio contiene la clorexidina
È in allestimento anche il futuro
Per il passato ci incontreremo domani»

Gli ofidi sono ventriloqui, parlano spesso con i T-Rex
Il Velociraptor ha deglutito il pesce Lavrov
Anassagora beve un bicchierino di vodka in compagnia di Prigožin
Il cateto di Pitagora litiga con l’ipotenusa di Aristarco

Così il Parlamento ha votato la fiducia al Governo di unità nazionale
La legge di stabilità contiene l’autorizzazione al termovalorizzatore dell’Urbe
Il pappagallo Totò ha augurato “Buongiorno!”
Achille ha raggiunto la Tartaruga
Un pesce in marsina si sta lavando i denti con Pepsodent anti placca quando il misuratore dei bidet, il Mago Woland, dopo aver masticato un würstel ha continuato con questi frangenti:
«Dio è diventato impotente! Questa è la migliore prova dell’esistenza dell’Essere e del Dasein, lo stigma della sua impotentia coeundi!»

Nel mondo capovolto Churchill va in bicicletta e Fausto Coppi è il primo ministro del Regno Unito
Lo scolapasta andò a picchiare contro la pentola di Chernobyl in ebollizione
Fa ingresso nell’ologramma il Corvo di Salaparuta il quale spedisce una cartolina alla papessa Giovanna con su scritto “Viva l’Italia!”
Nella circostanza, un nano esce da una poesia di Michal Ajvaz, bussa alla porta della abitazione del critico Linguaglossa e non trova di meglio che radersi la barba con una lametta Bic tripla lama
Si guarda allo specchio, sorride, fa dei versacci, dei cilecca e dei princisbecchi e dice:
«Caro Linguaglossa, Lei è il terrore dei poeti elegiaci!»

Il Segretario di Stato degli Stati Uniti Antony Blinken ha dichiarato al G7:
«We’re not going to tell the russians how to negotiate, what to negotiate and when to negotiate»,
con una postilla significativa:
«They’re going to set those terms for themselves»

Marie Laure Colasson

Das Ereignis ereignet (l’evento avviene, Heidegger), L’ultimo periodo della vita di Heidegger è stato dedicato alla nozione di Evento (Ereignis), ma il filosofo non è riuscito a cavare un ragno dal buco. Il concetto di Evento è sfuggente, imprendibile, se fosse prendibile non sarebbe un Evento. Per esempio, la nuova poesia. Bene, se fosse leggibile non sarebbe più un Evento. Per essere Evento non deve essere né leggibile né prevedibile.
La poesia di Linguaglossa è l’unico discorso che Gesù potrebbe pronunciare se tornasse sulla terra. Che altro potrebbe dire? Non c’è nulla da dire di significativo…
L’Evento è in se stesso una Enteignis, («espropriazione»), ciò che eravamo prima dell’evento ora non siamo più. L’Evento è ciò che rivoluziona il nostro «proprio», ci dispossessa delle nostre proprietà e ci restituisce alla espropriazione di noi stessi. L’Evento non è qualcosa di cui pensare ma qualcosa che avviene, che precede il pensiero e lo trasloca. II pensiero post-metafisico che prende dimora nell’evento, non è un atto di fede ma una presa d’atto, una presa di coscienza dinanzi a ciò che si presenta come irriconoscibile, infatti l’Evento è sempre irriconoscibile, si presenta come nuovo linguaggio di cui appropriarsi. Con lo svanire dell’essere nel rapporto di scambio nasce il «nuovo». Heidegger afferma che dell’Evento non si dà una teoria o una conoscenza, ma un’esperienza, e che «l’esperienza non è qualcosa che mistico […] ma è il raccogliersi che porta a soggiornare nell’evento» e come tale «un accadimento che può e deve essere mostrato»: il «pensiero preparatorio» è già esso stesso esperienza dell’evento.
Al di là dell’alone di mistico che aleggia nelle parole del filosofo tedesco, possiamo tradurre il concetto così: prima della Rivoluzione Francese non c’era nulla tranne l’ancien Régime, nessun Evento, dopo di essa il nuovo evento cambia la storia dell’Europa e del mondo occidentale e le coscienze degli uomini. L’imprevedibile (e l’irriconoscibile) è diventato realtà. Analogamente, una «nuova poiesis» all’inizio è sempre imprevedibile e irriconoscibile, ma dopo di essa la poiesis è cambiata per sempre. Prima del 1954, anno di pubblicazione del libro d’esordio di Tomas Tranströmer, 17 poesie, la poesia europea era diversa, pensava e scriveva ancora in chiave di mimesis, era neoverista nelle sue profondità; dopo quel libro la poesia europea è cambiata, per sempre. Certi Eventi che accadono non tutti li intercettano, e magari i suoi effetti risuonano a distanza di decenni, ma questo risiede nella struttura stessa dell’Evento che si presenta sempre con le caratteristiche della invisibilità e della impredittibilità.

Due parole sul bellissimo video di Gianni Godi. Questo è per me un Evento, inatteso e imprevedibile in quanto Evento. Che Gianni Godi abbia preso lo spunto dalle mie «strutture dissipative» mi dà soddisfazione… le nuoveopere camminano, gli eventi sono in cammino… La nuova poesia è difficile, problematica, irriconoscibile molto più facile è fare le poesie della interiorità e della bellezza sfregiata. Sull’amore non saprei che dire, io che ho molto amato, dinanzi all’amore resto senza parole. E forse questo è la migliore poesia: una poesia senza parole, come una musica senza note… l’ideale per ogni poeta o musicista.

Marie Laure Colasson

da Un masque rouge fait de pétales de coquelicot

1.

Un masque rouge fait de pétales de coquelicot
empeste d’opium les bouches d’égouts de Paris

Un crâne étiré en pain de sucre
boit assidûment le sang des aigles

Un nain et un géant mongol
détectent l’oreille au sol les confessions d’un merle

La blanche geisha cachée derrière un écran de soie noire
entrevoit l’orifice hideux d’un boa chansonnier satirique

Eredia embrasse à coups de poings
et de mitraillette une monstrueuse ventouse

D’une voix timbrée le siège du bus
écrase une meute survoltée dans un étau de charpentier

Des petits riens s’échappent en tous sens
les couronnes des rois flirtent avec le temps

(inedito)

Una maschera rossa fatta di petali di papavero
impesta d’oppio i tombini di Parigi

Un cranio a forma di pane di zucchero
beve con assiduità il sangue delle aquile

Un nano e un gigante mongolo
percepiscono con l’orecchio al suolo le confessioni d’un merlo.

La bianca geisha nascosta dietro uno schermo di seta nera
intravede l’orifizio schifoso d’un boa chansonnier satirico

Eredia bacia a colpi di pugni
e di mitraglietta una mostruosa ventosa

Con una voce altisonante il sedile dell’autobus
schiaccia una muta esasperata nella morsa di un falegname

Piccoli niente scappano in tutte le direzioni
le corone dei re flirtano con il tempo

Mimmo Pugliese

La barca

La barca è finita in cielo
gli elefanti in salopette stordivano tarocchi

Zigomi e seni quadri marciavano in cassaforte
una ruga di cortisone abbraccia pupazzi di neve

Le lampade della sera si inginocchiano alle tonsille
ha fatto boom il promemoria del gelsomino

Le schiene delle bottiglie dirigono il traffico
dalla tana il dentifricio scavalca la cresta dei galli

Sabbia e sale avevano scarpe intrise di occhiali
bighe contromano masticavano aghi

Posacenere demodè inseguivano molluschi
portapenne a transistor affilavano rasoi

Le trame dei tappeti erano aloni di bocche
dal bagnasciuga spuntava la gobba delle piramidi

Il petto sudava tricicli
sulla cima del ventaglio pioveva

Cornicioni resettano metri di caffè
la catapulta diventa dirigibile

Al centesimo mese dell’anno il sirtaki vomita inchiostro
vetri distopici scarnificano la risacca

Gianni Godi  è nato a Monte Porzio nel ’37 (Pesaro-Urbino). GG è artista transmediale. Per esprimere l’arte in genere sperimenta i nuovi mezzi che la scienza e la tecnologia mettono a disposizione e questo vale anche per l’arte della scrittura. In un momento di debolezza ha pubblicato a proprie spese il libro di poesie, Memorie di Automi, nel 1986 con “Forum Quinta Generazione”. Nel 1994 ha edito, una sola copia e in proprio, il libro Viaggio Cilindrico nella Materia.  (Date le dimensioni da lui richieste, 160 x220 cm, non ha trovato un editore). Verso la fine degli anni ’90 ha costruito il modello del libro Viaggio Sferico nella Materia ed ha proseguito e prosegue con molti lavori di Videopoesia. È convinto di fare cose bellissime e complicate dalla confusione ed è per questo che da un po’ di tempo ha deciso di dare un taglio sferico alla sua vita museale dove ha finora esposto tutte le sue opere. Alcuni eventi trascorsi: 1985 – Lavatoio Contumaciale – Roma – Sorrisi e Canzoni non stop………2009 – Onishi Gallery – New York – XX WOMEN MADE IN SOUTH OF ITALY- Video e Foto di Donne di San Luca (RC)…2012 Roma – RO.MI. – Videoart – Contamination 5. 2006 FESTA NAZIONALE DELL’UNITÀ – Pesaro – Arti Elettroniche a cura di MM Gazzano – Video-installation Piciedroquadro per single. 2007 Danon Gallery – NY, – THE FLOWER OF BUDDHA Silk and metal carpets from the Forbidden City. Proiezione su parete scura del videoclip Fiore di Loto. 2012 Castelvecchio di Monte Porzio – Pu – 3 GIORNI DI CENERE – rassegna di parole e forme – agosto 2012 – Installazioni e performance in piazza –

2014  Teatro del Lido – Ostia Lido – Con l’Associazione Spazi all’Arte – Proiezione del Cortometraggio TRASH SPLENDOR – https://youtu.be/Y3dswdnVfTM
2015. Un Video inserito nella rappresentazione TEATRALE dell’opera RED ROSES AND DOMESTIC ACID,  di Pilar Castel (Quarzell) andata in scena  nell’agosto 2015 a New York.

Marie Laure Colasson nasce a Parigi nel 1955 e vive a Roma. Pittrice, ha esposto in molte gallerie italiane e francesi, sue opere si trovano nei musei di Giappone, Parigi e Argentina, insegna danza classica e pratica la coreografia di spettacoli di danza contemporanea. Nel 2022 per Progetto Cultura di Roma esce la sua prima raccolta poetica in edizione bilingue, Les choses de la vie. È uno degli autori presenti nella Antologia Poetry kitchen e nel volume di contemporaneistica e ermeneutica di Giorgio Linguaglossa, L’Elefante sta bene in salotto, Ed. Progetto Cultura, Roma, 2022.

Mimmo Pugliese è nato nel 1960 a San Basile (Cs), paese italo-albanese, dove risiede. Licenza classica seguita da laurea in Giurisprudenza presso l’Università “La Sapienza” di Roma, esercita la professione di avvocato presso il Foro di Castrovillari. Ha pubblicato, nel maggio 2020, Fosfeni, Calabria Letteraria-Rubbettino Editore, una raccolta di n. 36 poesie. È uno degli autori presenti nella Antologia Poetry kitchen e nel volume di contemporaneistica e ermeneutica di Giorgio Linguaglossa, L’Elefante sta bene in salotto, nonché nella Agenda Poesie kitchen 2023 edite e inedite Ed. Progetto Cultura, Roma, 2022.

Giorgio Linguaglossa è nato nel 1949 e vive e Roma. Per la poesia esordisce nel 1992 con Uccelli (Scettro del Re), nel 2000 pubblica Paradiso (Libreria Croce). Nel 1993 fonda il quadrimestrale di letteratura “Poiesis” che dal 1997 dirigerà fino al 2006. Nel 1995 firma, insieme a Giuseppe Pedota, Maria Rosaria Madonna e Giorgia Stecher il «Manifesto della Nuova Poesia Metafisica», pubblicato sul n. 7 di “Poiesis”. È del 2002 Appunti Critici – La poesia italiana del tardo Novecento tra conformismi e nuove proposte (Libreria Croce, Roma). Nel 2005 pubblica il romanzo breve Ventiquattro tamponamenti prima di andare in ufficio. Nel 2006 pubblica la raccolta di poesia La Belligeranza del Tramonto (LietoColle).

Per la saggistica nel 2007 pubblica Il minimalismo, ovvero il tentato omicidio della poesia in «Atti del Convegno: “È morto il Novecento? Rileggiamo un secolo”», Passigli. Nel 2010 escono La Nuova Poesia Modernista Italiana (1980–2010) EdiLet, Roma, e il romanzo Ponzio Pilato, Mimesis, Milano. Nel 2011, per le edizioni EdiLet pubblica il saggio Dalla lirica al discorso poetico. Storia della Poesia italiana 1945 – 2010. Nel 2013 escono il libro di poesia Blumenbilder (natura morta con fiori), Passigli, Firenze, e il saggio critico Dopo il Novecento. Monitoraggio della poesia italiana contemporanea (2000–2013), Società Editrice Fiorentina, Firenze. Nel 2015 escono La filosofia del tè (Istruzioni sull’uso dell’autenticità) Ensemble, Roma, e una antologia della propria poesia bilingue italia-no/inglese Three Stills in the Frame. Selected poems (1986-2014) con Chelsea Editions, New York. Nel 2016 pubblica il romanzo 248 giorni con Achille e la Tartaruga. Nel 2017 escono la monografia critica su Alfredo de Palchi, La poesia di Alfredo de Palchi (Progetto Cultura, Roma), nel 2018 il saggio Critica della ragione sufficiente e la silloge di poesia Il tedio di Dio, con Progetto Cultura di Roma.  Ha curato l’antologia bilingue, ital/inglese How The Trojan War Ended I Don’t Remember, Chelsea Editions, New York, 2019. Nel 2002 esce  l’antologia Poetry kitchen che comprende sedici poeti contemporanei e il saggio L’elefante sta bene in salotto (la Catastrofe, l’Angoscia, la Guerra, il Fantasma, il kitsch, il Covid, la Moda, la Poetry kitchen). È il curatore della Antologia Poetry kitchen e del volume di contemporaneistica e ermeneutica di Giorgio Linguaglossa, L’Elefante sta bene in salotto, Ed. Progetto Cultura, Roma, 2022. Nel 2014 ha fondato e dirige tuttora la rivista telematica lombradelleparole.wordpress.com  con la quale, insieme ad altri poeti, prosegue la ricerca di una «nuova ontologia estetica»: dalla ontologia negativa di Heidegger alla ontologia meta stabile dove viene esplorato  un nuovo paradigma per una poiesis che pensi una poesia delle società signorili di massa, e che prenda atto della implosione dell’io e delle sue pertinenze retoriche. La poetry kitchen, poesia buffet o kitsch poetry perseguita dalla rivista rappresenta l’esito di uno sconvolgimento totale della «forma-poesia» che abbiamo conosciuto nel novecento, con essa non si vuole esperire alcuna metafisica né alcun condominio personale delle parole, concetti ormai defenestrati dal capitalismo cognitivo.

12 commenti

Archiviato in poetry-kitchen

12 risposte a “Video di Gianni Godi, voci di Alice e Pilar Castel ispirato alle “Strutture dissipative” di Marie Laure Colasson, Domanda: Quale poesia scrivere nell’epoca della fine della ♫metafisica☼? Nel mondo «storiale» ci può essere soltanto una poiesis «storiale», cioè non-storica, che non abita più un orizzonte storico. La nuova fenomenologia del poetico è la fenomenologia di una poiesis storializzata che si presenta incubata e intubata in una duplice cornice, se così possiamo dire, una cornice esterna al quadro e una cornice interna ad esso, Discorso della Montagna, poesie kitchen di Giorgio Linguaglossa, Marie Laure Colasson, Mimmo Pugliese

  1. Che cosa viene prima: la catastrofe del Simbolico o la catastrofe del Sensibile?

    Guardando il video di Gianni Godi e leggendo le poesie kitchen degli autori di oggi mi sono chiesto: abbiamo una exit strategy dalla normologia?, abbiamo una exit strategy dalla falsa coscienza? In realtà stiamo tutti come le formiche all’interno di un nastro di Möbius: non c’è via di uscita se la pensiamo come una porta che ci conduca all’esterno, e non c’è via di uscita verso l’interieur perché non c’è nessuna porta che ci conduca all’interno. In realtà, siamo sempre collocati in un Fuori, solo che non ce ne accorgiamo, o in un Interno, solo che non lo sappiamo. È questa la falsa coscienza, da intendere non come lo intendeva la filosofia della Scuola di Francoforte e la teoria marsista ortodossa ma come la intende la topologia, cioè come una «zona di compromissione», una zona grigia (semiotica e semantica) nella quale siamo tutti (indistintamente) coinvolti. E la verità di ciò è che non appena allentiamo la tensione verso una exit strategy, ricadiamo nella normologia della interiorità e della poiesis intimistica, in quell’Interno dove si crede che ci siano tutte le bellezze della interiorità. Ma, come sappiamo dal nastro di Möbius, l’universo è formattato come un gigantesco nastro di Möbiuns, dove non si dà né interno né esterno, né interiorità né esteriorità che sono nostre illusioni, nostre fantasie prodotto della nostra falsa coscienza.
    In realtà, la partita della aistésis si gioca sempre nel campo della semiosis. Stiamo sempre all’interno dei segni e della semantica, non si esce di lì, torniamo sempre al punto daccapo, siamo animali linguistici prigionieri della privata caverna platonica dove vediamo sempre e soltanto dei segni grafici alle pareti, senza alcuna possibilità di uscire fuori dalla prigionia dei segni, dalla prigionia di una semiotica e di una semantica. Ma è solo infrangendo la semiotica e la semantica possiamo sperare di gettare uno sguardo al di là del nastro di Möbius, solo così possiamo vedere che cosa c’è di là.

    La rivoluzione industriale culmina nella rivoluzione tecnologica permanente, fatto che produce una rivoluzione sociale permanente e, fatto eclatante, produce una stagnazione permanente della produzione artistica, vale a dire: proprio quelle società che non cessano di essere in trasformazione permanente finiscono per produrre una poiesis in stagnazione permanente. È ciò che abitiamo nella ipermodernità, una ipercontraddizione del tutto razionale se pensiamo che le istituzioni pubbliche eredi delle istituzioni religiose e che si sono emancipate dal potere religioso, riproducono lo stesso meccanismo di «fede», di «credenze»: è arte tutto ciò in cui «credono» le istituzioni pubbliche deputate all’uopo. Ci troviamo all’interno di una ontologia metastabile, ovvero, in una condizione che contempla e coltiva sia l’equilibrio che lo squilibrio come fattori egualmente determinanti della costituzione ontologica.

    In tal senso, i manichini elettronici di Gianni Godi rendono evidente il macchinismo intrinseco dei rapporti umani e dei rapporti degli uomini con gli oggetti, le merci, l’instabilità permanente del loro dinamismo che diventa foriero di ulteriori sviluppi macchinici. Il video rende evidente che non si dà alcuna emancipazione dell’umano dall’inumano quanto della condivisione e della coappartenenza tra l’umano e l’inumano, il ferale e il cultuale.

  2. Frammenti sulla poesia della nuova fenomenologia del poetico a cura di Giuseppina Palo

    Giorgio Linguaglossa 26 febbraio 2023

    Sulla natura delle formazioni discorsive kitchen

    Il montaggio richiede di comporre la sequenza come una pellicola cinematografica in 3D; una sequenza non è costituita soltanto di immagini o solo di spazi pieni, ma soprattutto di vuoti, di spaziature, di amnesie, di lapsus, di interferenze, di rumori di fondo, di non detti, di sfondi laterali visibili e/o latenti che delimitano il susseguirsi degli enunciati e delle icone. Il lavoro di montaggio va fatto esattamente in quello spazio della percezione che possiede contemporaneamente il compito di separare e unire, di isolare e ricomporre. Quello spazio Warburg lo chiamava «Denkraum», lo spazio tra un pensiero e l’altro, lo spazio dell’intervallo che si configura proprio a partire da quegli spazi vuoti che attendono di venire connessi […]

    INTERVENGO:

    Il discorso poetico è quel discorso che dice l’essere in molti modi.

    L’ordine del discorso e l’ordine del pensiero

    Le «eterotopie» svolgono un ruolo epistemologico speciale nella misura in cui denudano l’essere del discorso e con esso del pensiero, proprio «perché devastano anzi tempo la “sintassi” e non soltanto quella che costruisce le frasi, ma anche quella meno manifesta che fa “tenere assieme” (a fianco e di fronte le une alle altre) le parole e le cose».

    Il kitchen come condizione di possibilità degli enunciati

    Il «senso», se senso v’è in un testo kitchen, si dà soltanto dall’improvvisa apparizione di un enunciato, nel bagliore di un attimo.

    Giunti a questa conclusione possiamo asserire una volta per tutte che il linguaggio poetico kitchen abita integralmente le «eterotopie», che altro non sono che quei luoghi che consentono l’irruzione evenemenziale dell’atto enunciativo.

    “Nel suo libro su Le parole e le cose, del 1966, il filosofo francese Michel Foucault dichiarava di essersi ispirato, per il proprio lavoro, a questo testo di Borges*, allo stupore e al senso di comico disorientamento che esso aveva provocato in lui.

    La sua opera era in effetti uno studio «archeologico», come lui lo chiamava, di alcuni tratti fondamentali del modo in cui la mentalità europea moderna si è rappresentata il mondo. La funzione ispiratrice della pagina di Borges consiste nel richiamare al fatto che i nostri principî di classificazione e di ordinamento del mondo ci appaiono ovvi e naturali ma in realtà non lo sono: si possono ipotizzare infiniti altri modi di organizzare gli oggetti della nostra esperienza, per esempio quello paradossale che Borges immagina di aver trovato in una antica enciclopedia cinese”.

    *Enciclopedia cinese.
    Da: Foucault e l’archeologia della mente.

    *
    Marie Laure Colasson 4 marzo 2023

    Nel pensiero di Walter Benjamin la verità si dà solo nei «cocci del pensiero», nelle parole depositate sul fondale marino del dimenticato, sottratte al rimosso e all’oblio dalla rete del «pescatore di perle» e del «pescatore di stracci» […]

    Si tratta di una straordinaria collezione di citazioni, minuziosamente appuntate sui suoi taccuini e della quale il filosofo faceva il contenuto
    fondamentale della sua speculazione.

    COMPONGO:

    Gli oggetti e quindi le parole

    LA PIETRA E LO SWAROVSKI

    Prendo una PIETRA soprammobile e la restituisco al mare. La PIETRA si riempie di filamenti minerari e brilla. Così può rispondere al vanitoso SWAROVSKI che non la calcola. Torna sul mobile e chiede allo SWAROVSKI di sposarla. Lo SWAROVSKI rimane abbagliato/pietrificato e sotto ai raggi dello splendido sole di un’isola va a rilassarsi con la PIETRA.

    (Giuseppina Palo)

  3. ri-partire dal ‘tatto’.

    Leggendo la poesia kitchen, la migliore, ho sempre una sensazione ‘tattile’, come se le parole sgorgassero direttamente dal senso del ‘tatto’ piuttosto che da quello del (genericamente) linguaggio. E infatti è il ‘tatto’ il massimo organo a disposizione dell’homo sapiens attraverso tutte le sue svariate forme di civilizzazione, le parole che sono passate attraverso il ‘tatto’ rinvigoriscono, si rivitalizzano, obbediscono al ‘tatto’ più che obbedire alle grammatizzazioni linguistiche e, genericamente, ideologiche sono parole che non obbediscono più al ‘senso comune’ ma alla comunità dei sensi.
    Dunque: bisogna ri-partire dal ‘tatto’.

    Per Aristotele «l’uomo è il più intelligente fra gli esseri, non solo perché ha il senso del toccare più sviluppato, ma perché i suoi sensi formano una comunità dei sensi (e non un ‘senso comune’ di cui Aristotele non ha mai parlato, ma che è stato inventato dalla tradizione tomista). Questa comunità dei sensi è il loro logos, il loro riunirsi nella capacità di esprimere un giudizio (to krinon): si tratta dell’organologia di un pensiero esso stesso compreso come ‘processo scultoreo’, che vuol dire, anche, che questo pensiero e i suoi sensi hanno un corpo, mezzo del toccare, e delle mani, le quali poiché toccano, fabbricano, vale a dire esprimono la noesi tanto quanto la lingua del logos, e come la lingua che, nella bocca, compie movimenti che sono gesti chiamati segni, pensati più ampiamente da Beueys come impronte».1

    1 Bernard Stiegler, La miseria simbolica 2 La catastrofe del sensibile, Meltemi Milano, 2022 p. 96

  4. Caro Giorgio, rispondo volentieri e “a modo mio” alla domanda che mi hai posto anche se la filosofia è per uno non specialista come me, un campo difficilissimo da calpestare e in ogni angolo mi è quasi impossibile schivare le mine sotto i piedi. Parto perciò da ciò che abbiamo sotto gli occhi. “Invaso \invasore” non mi sembra un mantra qualsiasi o uno slogan. Contiene, secondo me, la valenza di ’Io penso dunque sono”, ha l’ambizione cioè di fondare ogni ragionamento su questo conflitto. Non per niente chiunque si accinga a parlare sull’argomento è obbligato a dare testimonianza di verità a questo fatto evidentissimo da cui sembra che non ci siano vie di uscite praticabili. Non lo sono tutte quelle vie che sbucano in una trattativa di pace che non prevedano un ritorno allo statu quo originario dell’ Ucraina. Non lo sono perché se ci si affida al ferro della logica si sottintende di escludere ogni ricorso alla fiducia reciproca. E tra i contendenti sembra proprio che non ce ne sia in maniera assoluta. Per questo, l’unica regola praticabile è la guerra “fino alla fine”, per conclusione necessaria, come si trattasse di una somma di addendi. Già! il problema però è capire cosa si intende per “fine “e se questo sia davvero coerente, per forza di sillogismo, con il punto di partenza che si sposa perfettamente con un altro e cioè se il principio: “salviamo l’umanità dalla sua autodistruzione” abbia la stessa valenza del principio di “autodeterminazione dei popoli” e se tra i due principi debba prevalerne solo uno di fronte a una loro impossibile conciliazione. Come uomo libero, odio e disprezzo ogni forma di dispotismo, di sopraffazione e qualunque forma di guerra, la risposta però non dipende da me, ma da una partita tra due squadre, l’una di bambini l’altra di adulti. Se i nomi della prima sono sconosciuti, quelli degli altri sono noti a tutti. Quei Pipistrelli nel finale di Venerea stanno in attesa sul bordo campo sentendosi investiti di un ruolo cosmico nella storia dell’universo.
    Lo scenario fisico però ne impone un altro di natura metafisica che riguarda il Bene ed il Male. Mentre il primo scenario ci sembra lontano questo ci fa cadere subito in noi stessi gettandoci in un’unica partita senza durata perché i giocatori si avvicendano continuamente in ruoli variabili indipendenti dal tempo.
    Come non riconoscere una tela di Bosch in un campo Ucraino?
    In parallelo il nostro inconscio non fa che generare mostri, mischia vigliaccherie ad eroismi, simula in piccolo l’assenza di giustizia mentre ne invoca, cerca un perdono che non gli sarà concesso, parla una lingua che sembra familiare ma che invece è incomprensibile perché ridotto a singhiozzo e balbuzie. Il “terror mortis” regna ovunque e probabilmente costituisce il nastro di Mobius che unisce interno ed interno, di cui tu parli. La poesia, a parer mio, risponde a questo estremo bisogno di ordine che ci arriva sotto forma di paura e che riempie gli spazi tra parola e parola, tra un fotogramma ed il successivo. Cosa sono le grandi costruzioni da Omero a Dante e Shakespeare, Leopardi passando dai greci se non un tentativo di mettere ordine, fissare in una narrazione ordinata e tollerabile il brutto, l’orrido, l’assurdo e il nulla in cui la vicenda umana si scioglie? Come tutte le costruzioni ordinate esse rappresentano entropia che si congela in versi concatenati l’uno all’altro secondo un senso, si pietrifica in regole sintattiche e armoniche, in ritmo che fa vibrare corde interiori e sconosciute.
    Tutto ciò andava bene in una società che non aveva prospettive cosmiche e assegnava centralità alla figura umana intorno a cui, come un germe in un’ostrica, cresceva la perla delle grandi opere artistiche, delle scoperte scientifiche, l’ottimismo delle magnifiche sorti e progressive.
    Difficile immaginare l’asimmetria di fondo del nostro tempo per cui il futuro non è altro che un cambio radicale di prospettive in cui la proiezione della mente diventa più intelligente di chi l’ha creato e ne assume il ruolo in forma di persona cosciente. Quello che si prospetta non è difficile immaginarlo in termini di rapporto tra pensiero libero e potere. In questo contesto stare nell’oggi significa scottarsi della lava del vulcano che cresce di potenza sotto i piedi. La stessa che frantuma le costruzioni e le seppellisce per conservarne lacerti, illustrazioni, citazioni da museo, versi per ogni occasione, orme di dinosauri ad uso e consumo della stanza della regina delle api.
    Quale allora il ruolo della poesia nel periodo di mezzo? Come chiedere di costruire un diamante e affidarlo al fiume incandescente. Meglio non farne o corazzarlo in maniera da renderlo refrattario, indigeribile, impresentabile e improponibile come un virus che abbia come unica chance di entrare nel sistema.

    ROBA DA AUMENTO DELLA CIODUE.

    Anche il cloro dice la sua
    e l’immagine si dissolve nel corridoio.

    Il sole irrompe con le stampelle
    Fa Enrico Toti ma poi ritorna nel monumento
    ogni tanto meraviglia la luce di una cometa
    e la via lattea risente dei saluti al fronte.

    Tutte le volte che si risalì dalle Marianne
    Bevemmo un sorso di vetriolo.

    Un inciampo chiuso in uno scaffale
    e tra acidi una fiala di ammoniaca
    Compare all’improvviso:

    -Non mettere in inventario le malefatte
    E del ghiacciaio ignora le bare.

    Ninfe e satiri si rincorsero nei mortai.
    Rubini e smeraldi a bordo campo.

    Parve evidente il cambiamento epocale
    ma tacemmo accanto agli abstract del 43.

    I floppy gli hippy i falchi nella PS,
    il più potente cadde da un grattacielo o si suicidò
    Come un Rockefeller in disgrazia.

    Si conserva la bara, gli eredi depongono chip ai suoi piedi.

    Una mantide si raccoglie in preghiera
    Divora ruggine e scarta vinile.
    Maledizioni partono aspettando il turno.
    ……..
    LIGHTNING ACCOUNTS

    Se ne stette immobile tra nuvole di gesso.
    Perché voleva Giove alla lavagna ma di fronte ebbe un sussulto
    Una scappatoia accelerata da uno sbadiglio.

    L’equazione si restrinse a una matrice:
    calcolo e nessun elettrone.

    Nascono così i carri armati? Ma perché caricarli
    Di lupara e jumbo sui piccioni?

    Da qualche parte farà zig zag
    Sotto la cattedra celeste, tra le gambe di Giunone
    Su una barca che si sfracella a destra e manca

    Mira a Capaneo tra figure della Panini
    Angelillo e poi Rivera un calcio all’arbitro
    Un altro a Sivori con l’aria di Beatrice.

    Non era un fulmine nemmeno un calcolo di bile
    Qualcosa che deborda stratosfera e di sotto
    Un plasma col vestito d’arlecchino.

    Neanche un albero che esponga i suoi protoni
    Un gesto misero come dire matto al Re.
    …….
    VENEREA

    Giungono odori di whisky
    Rispondono nubi di vodka.

    Imperversa la birra nei calici di giglio
    Con le bolle bianche si andrà a coprire i mandorli
    Altri si ecciteranno al tintinnio dei bicchieri.

    L’effervescenza dirà la sua
    Sul vino novello nei canali.

    Siamo su Venere, dunque.
    Un cataclisma ghiacciò lo zolfo
    E il dolce acido si mutò in alcool .

    Cubi di ghiaccio ne fanno un albero fiorito.

    La Terra si afferra a una fetta di Luna.
    Si andrà senza biglietto dovunque vorrà.

    Nella casa abbandonata soltanto pipistrelli
    A cui è noto il valore di scambio.

    Un caro saluto
    F.P.Intini

  5. Facccio un passo indietro a quando tiravo fuori dal cilindro la Domanda:

    Quale poesia fare nell’epoca della fine della metafisica?

    Nel 2018 all’incirca commentando la poesia di Mario Gabriele tiravo fuori la formula poetry kitchen, per la prima volta riconoscendo al poeta di Campobasso la titolarità e la primogenitura di questa formula felice per la definizione della «nuova poesia». Negli anni a seguire mi resi conto che però l’autore considerava con serietà e seriosità la sua poesia come un genere o sotto genere della poesia post-lirica italiana, gli sfuggiva del tutto il ruolo fondamentale che svolgeva nella nuova fenomenologia del poetico il derisorio e l’autoderisorio, gli sfuggivano tutti gli altri retorismi che nel frattempo il Laboratorio metteva in campo fino a quando, di fronte agli sviluppi della poesia kitchen in chiave derisoria e autoderisoria (che nel frattempo gli avevano conferito Francesco Intini, lo scrivente, Gino Rago, Marie Laure Colasson e altri) la sua poesia (di Mario Gabriele) appariva improvvisamente invecchiata, ancorata ad una mnemotecnica della tradizione novecentesca; in sostanza, quella poesia appariva essere un sotto genere della poesia tardo novecentesca e al poeta di Campobasso non restava altro da fare che ripudiare l’ulteriore corso intrapreso dalla nuova fenomenologia del poetico.
    Restava estraneo e inc0mprensibile, a lui e ad altri compagni di viaggio, la profondità e la monumentalità implicite nella Domanda che avevo posta fin dal 2018: Quale poesia fare nell’epoca della fine della metafisica?
    Ad esempio, la risposta riduttiva che ne ha dato Andrea Temporelli che ha definito la formula una «etichetta», getta una luce cruda sulla sostanziale estraneità che la poesia di derivazione novecentesca manifesta nei confronti della Domanda, ritenendola fuorviante, periferica e per giunta grondante di filosofia.

    Il fatto che altri autori nel frattempo abbiano scelto la non scelta (come se si potesse non scegliere tra la poesia kitchen e la poesia normale), indica a mio avviso non solo una sotto valutazione, ma come sempre tra i letterati italiani, una ubiquità e una posizione di terzietà, un posiziocentrismo tra le due entità contendenti, come se la cosa fosse risolvibile mediante un «ri-posizionamento»: né di qua né di là.

    Einstein una volta ha detto: «Non hai veramente capito qualcosa finché non sei in grado spiegarlo con parole semplici a tua nonna…»
    Io andrei ancora al di là di Einstein dicendo che non c’è bisogno di spiegare affatto una poesia kitchen, è sufficiente leggerla, se non la capisci, è un problema tuo, non del testo.

  6. I processi di discretizzazione psicologica e ideologica sono diffusi a macchia d’olio nei linguaggi poetici di oggi, tutti discreti, soggetti di discretizzazione e intimisticazione e tutti leggibili da apparecchiature come Google, Facebook, Instagram, Pinterest e Amazon. La discretizzazione è pre-ideologica, dispone che tutti si scriva di questioni amorose e di questioni intimistiche perché sono le più trattabili e processabili mediante i Big Data, i soli che interessano gli istituti di ricerca sociologici.
    La normologia dei linguaggi oggi passa attraverso i processi di discretizzazione che si presentano come aggregazioni di dati (estetici, politici, civici, antropologici etc.) e quindi come dati oggettivi che sarebbe folle mettere in discussione.
    Il Collasso del Simbolico passa attraverso i processi di discretizzazione del web, cioè attraverso le poesiole sulle rose e le soggettoalgie, sul paesaggio delle cime del Lavaredo e altre consimili facezie. Tali formazioni discorsive costituiscono quelle che Bernad Stiegler chiama «le ipomnemata che formano i supporti di una scrittura del sé», scritture fonti di credenze, di atti di fede che, in quanto tali escono fuori dal raggio d’azione della ragione.

    Bernard Stiegler così risponde in una intervista reperibile nel web:

    «la finalità delle piattaforme come Facebook, Amazon e Google è quella di costituire un sistema di servizi integrati che soppianta il WWW e governa assolutamente tutto. La conseguenza è che hanno prodotto un nuovo modello economico definibile “data-economy”, nel quale le piattaforme guadagnano soldi convertendo tutte le informazioni in dati processabili. L’obiettivo di questi calcoli è vendere audience come all’epoca delle industrie culturali. La grande differenza rispetto al modello delle industrie culturali televisive e radiofoniche è che non viene venduta audience di massa ma comportamenti individualmente controllati. Quello che hai definito “microtargeting” è possibile perché si sono appropriati delle “ritenzioni”, ovvero quello che trattengo nella mia memoria di tutte le attività passate, e delle “protensioni”, cioè le anticipazioni sull’avvenire, quello che vorrei fare ecc. Tutto questo è passato sotto il controllo dei social network e può essere molto facilmente manipolato, per una ragione molto semplice, che è la seguente. I sistemi funzionano a una velocità milioni di volte superiore alla nostra nel trattare i nostri stessi dati. Se ad esempio interagisco con Google o con Amazon, per cercare un articolo o comprare un libro, Google ha dati sui miei comportamenti da più di vent’anni, ed è capace di processare queste informazioni con metodo statistico e calcoli delle probabilità 3 milioni e 100 mila volte più velocemente di me. Un data center infatti funziona a due terzi della velocità della luce nelle sue analisi, mentre il mio sistema nervoso funziona a una velocità di conduzione di 60 m/s. Quindi il sistema va più veloce di me, mi precede e conseguentemente mi prescrive i comportamenti.»1

    1 https://rizomatica.noblogs.org/2020/05/territori-laboratorio-per-una-economia-politica-ipermaterialista/

  7. Scrive Stiegler:

    «Perché la gallina, presa come gallina reale, ossia come proiezione che non è distinta e individualizzata in quanto tale, è una allucinazione, ma cambia nei suoi effetti, nelle sue possibilità di formare circuiti psicosociali, ossia libidinali e sublimi, secondo la maniera in cui sono regolati, appresi, praticati e organizzati i dispositivi ritenzionali attraverso cui essa appare
    […] È come una tale imperfezione dell’illusione, divenuta questione stessa dell’arte, ma di un’arte che rimane da inventare…».1

    op. cit. p. 136

  8. Domanda: Quale è la differenza tra la poesia kitchen e quella di Ennio Flaiano?

    Chi apre il periodo, lo chiuda.
    È pericoloso sporgersi dal capitolo.
    Cedete il condizionale alle persone anziane, alle donne e agli invalidi.
    Lasciate l’avverbio dove vorreste trovarlo.
    Chi tocca l’apostrofo muore.
    Abolito l’articolo, non si accettano reclami.
    La persona educata non sputa sul componimento.
    Non usare l’esclamativo dopo le 22.
    Non si risponde degli aggettivi incustoditi.
    Per gli anacoluti, servirsi del cestino.
    Tenere i soggetti al guinzaglio.
    Non calpestare le metafore.
    I punti di sospensione si pagano a parte.
    Non usare le sdrucciole se la strada è bagnata.
    Per le rime rivolgersi al portiere.
    L’uso del dialetto è vietato ai minori di 16 anni.
    È vietato servirsi del sonetto durante le fermate.
    È vietato aprire le parentesi durante la corsa.
    Nulla è dovuto al poeta per il recapito.

    (Ennio Flaiano, L’uovo di Marx, Scheiwiller, 1987)

  9. milaure colasson

    Che Ennio Flaiano sia stato un rivoluzionario della poesia italiana è cosa nota alle persone intelligenti, ma la vulgata nazionale e accademica ha sempre suonato la fisarmonica per il trio Sereni-Giudici-Raboni, con il che è presto detto: la storia della poesia italiana del secondo novecento è andata a farsi friggere. L’Accademia ha fatto il suo: ha sempre suonato la fisarmonica. Palazzeschi e Flaiano sono i due grandi eretici della poesia italiana, e questo l’accademia dei quiriti non glielo ha mai perdonato e li ha messi nel cassetto dell’oblio. Compito della poetry kitchen in quanto nuova fenomenologia del poetico è rivalutare questi poeti eslegi e politicamente non corretti, anzi, del tutto scorretti.

  10. milaure colasson

    La fine della metafisica n. 14

    14.

    Des perles d’Amazonie se noyent
    dans une soupe de crocodiles rue du Four

    Des blousons cloutés s’emparent du trépas
    sur le pont Sully pris au piège

    Eredia s’entretient avec le Minotaure
    qui lit Mallarmé sous la tempête d’un phare en plastique

    L’horloge moléculaire plutot snob
    se promène sur le “Sunset boulevard”

    Ramasse quelques putains très cheaps
    et des chaines de vélo

    Tout en folatrant avec la mort du pathos
    la blanche geisha chatouille avec une plume le nez de Velazquez
    en crachant des postillons astatiques

    Un poisson fossile plonge avec une chanson russe
    tandis qu’un scafandrier attrape le vent des Folies Bergères

    *

    Delle perle d’Amazzonia annegano
    in una zuppa di coccodrilli rue du Four

    Giubbotti con borchie s’impadroniscono del trapasso
    sul ponte Sully preso in trappola

    Eredia s’intrattiene con il Minotauro
    che legge Mallarmé sotto la tempesta d’un faro in plastica

    L’orologio molecolare piuttosto snob
    passeggia sul “Sunset boulevard”

    Ramazza qualche puttana molto cheaps
    e delle catene di bicicletta

    Mentre si diverte con la morte del pathos
    la bianca geisha solletica con una piuma il naso di Velazquez
    sputando saliva in equilibrio instabile

    Un pesce fossile si tuffa con una canzone russa
    mentre un palombaro afferra il vento delle Folies Bergères

  11. Due parole sulla poesia di Marie Laure Colasson dal titolo “La fine della metafisica n. 14”, è la risposta in poesia alla Domanda Fondamentale che abbiamo posto in exergo.

    Le opere autentiche oggi cercano la loro fine senza alcuna autenticità, senza finalità, senza intenzionalità e senza inganno ma con ferrea progettualità; opere che si muovono tra ironia e disinganno, auto ironia e auto straniamento. Sono ipomnemata falsificate e falsificabili, prodotto diciamo di ipoamnesia, parole ipoanamnestiche… le parole, loro sanno che l’unica autenticità che un poeta può mettere in campo è la dis-autenticità, il funambolismo da circo equestre, equilibrismo da trapezista da Circo Orfei… la penna del poeta kitchen è la vernice dell’imbianchino che può verniciare la pagina bianca con delle parole purché non tranquillizzate, purché traumatizzate da ciò che c’è là fuori, nel cosiddetto mondo… Sono parole interrotte e ultronee quelle della nuova fenomenologia del poetico, parole inquiete, che si ritirano nel loro guscio come le lumache nel loro carapace. Le parole di oggi sono fuggiasche, parole migranti che sono state intimidite, appaiono svagate, distratte prodotto del collasso del simbolico e fuggono via a chi le voglia padroneggiare, ap-prendere, sono dei vuoto a perdere, delle matrioske, infilzate l’una dentro l’altra all’infinito…

  12. Due parole sul video di Gianni Godi:

    I manichini androidi dei video di Gianni Godi rendono evidente il macchinismo intrinseco dei rapporti umani e dei rapporti degli uomini con gli oggetti, l’instabilità permanente del loro cinetismo motorio che diventa foriero di ulteriori sviluppi celibo-macchinici. Il video sulle “strutture dissipative” di Marie laure Colasson, abitato da palline luminescenti che scendono e salgono attraverso meccanismi macchinici di un macchinario celibe rende evidente che non si dà alcuna emancipazione dell’umano dall’inumano quanto della condivisione e della coappartenenza tra l’umano e l’inumano, il ferale e il cultuale. E la danza macabra tra le majorette e gli scheletri che indossano berretti militari al suono di canzonette marziali e la voce del soprano che intona un’aria soporosa, rendono evidente che ormai ci troviamo in un immaginario popolato da androidi e avatar quasi umani, ovvero, umanizzati.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.