Andrea Temporelli, Plusvalenze letterarie ovvero Amicizia e letteratura. Oltre l’amichettismo in 5 passi, Video L’apprendista genio, corso di scrittura creativa

Plusvalenze letterarie
di Andrea Temporelli 11 febbraio 2023

Plusvalenze letterarie

Si discute spesso, e ancor più si fanno pettegolezzi, intorno alle cricche letterarie, ai giochi di scambi di favore di taluni che si considerano “amici”. Senza cadere nel moralismo, cerchiamo di puntualizzare cinque buone prassi, per difendere sia l’amicizia sia la credibilità letteraria

Plusvalenze letterarie ovvero Amicizia e letteratura. Oltre l’amichettismo in 5 passi

Recentemente, si è tornato a discutere di una questione da sempre presente nella società letteraria, ovvero dei rapporti di amicizia, che talvolta sembrano scadere in un legame interessato, una specie di alleanza strategica per promuoversi a vicenda. Si è parlato di amichettismo letterario per identificare la pratica di scambi di favori, ossia di recensioni, inviti, fascette, pubblicazioni e quant’altro. Così Luigi Mascheroni, su “Il Giornale” (La sciamana prodigio dell’amichettismo intelligente, 28 novembre 2022):

Funziona così. Per dire. Chiara Valerio chiama Teresa Ciabatti, la quale poi ricambia intervistandola per quattro pagine su «7» del Corriere della sera, a pubblicare nella collana «PassaParola» che dirige per Marsilio, dove ospita, tra gli altri, sia Carlotta Vagnoli (con la quale colloquia su l’Espresso e che presenta al Salone del libro di Torino) sia Michela Murgia (dalla quale viene intervistata sull’Espresso e insieme alla quale mette in scena lo spettacolo Istruzioni per l’uso al teatro Carcano di Milano, la cui direzione artistica è di Lella Costa, che prima o poi pubblicherà per «PassaParola») sia Annalisa De Simone, che a sua volta invita Chiara Valerio e Teresa Ciabatti all’Italian Pavilion per la mostra del cinema di Venezia, istituzione con cui lavora Chiara Tagliaferri (moglie di Nicola Lagioia e amica di podcast di Michela Murgia), e dove quest’anno era in giuria Nadia Terranova, mentre su Radio 3 Chiara Valerio invita nella sua rubrica «L’isola della sera» sia Carlotta Vagnoli sia Michela Murgia sia Teresa Ciabatti e tutte insieme scrivono un racconto per l’antologia Le Nuove Eroidi e uno per l’antologia I figli che non voglio, tirando dentro anche Nadia Terranova e Loredana Lipperini, e così mentre su Repubblica e la Stampa si recensiscono a vicenda – la Murgia scrive del libro della Ciabatti la quale invece parla di quello della Valerio che viene intervistata dalla Lipperini – poi tutte scrivono dei libri che escono da Solferino, cinghia di trasmissione editoriale della sinistra di penna e di potere, e intanto fanno una settimana estiva in vacanza al festival dell’Istituto Italiano di Cultura di New York e una invernale alla “Nuvola” di Roma per la fiera della piccola e media editoria, ma in realtà una sorta di convention ombra del Pd, «Più libri più liberi». Curata da Chiara Valerio.

L’ambiente letterario, che una volta poteva identificarsi idealmente in un salotto, ora pare ridursi a un privé esclusivo, a cui si può accedere se si appartiene alla stessa area politica, alla stessa agenzia, alla stessa casa editrice, oppure se si dirige una collana o un festival o una scuola di scrittura a cui poter invitare altri scrittori sulla cresta dell’onda e via dicendo.

Dovendo prendere spunto dalla cronaca di questi mesi e cercando un tema popolare per rendere l’idea, verrebbe da parlare di un sistema predisposto per garantirsi a vicenda delle plusvalenze letterarie.

Ma se affrontare questo tema senza scivolare in un atteggiamento moralistico è complicato, tentiamo comunque qualche considerazione elementare.

Intanto, a livello linguistico, abbiamo un problema, nella lingua italiana. La parola amicizia è diventata terribilmente ambivalente. Rivendicare di “avere degli amici” è in pratica una viscida minaccia. Ci manca una parola adeguata per riferirci a quei rapporti magari “amichevoli”, ma che non si scostano poi molto dal vasto giro delle “conoscenze”, delle relazioni sociali più o meno stabili e costanti. L’amicizia è altra cosa. È per natura esclusiva, elettiva, riservata a pochissimi. Quanti? C’è chi arriva a sostenere che di amici non se ne possano avere più di due e tre. Ma già uno sarebbe un tesoro inestimabile. E si può vivere, perché no, anche senza averne.

Auspicherei in tal senso che si tornasse, al posto del termine “amicizia”, a usare con più frequenza parole come “stima” o “ammirazione”, che vanno bene persino in riferimento a certi presunti “nemici” letterari (ovvero per coloro i quali, si presume, siano posizionati in una diversa prospettiva culturale o stilistica e sim.) o in riferimento a individui che non si conoscono di persona, e di cui si apprezzano le opere.

Nello scollamento sempre più evidente che si nota fra una ipotetica classe “vip” di scrittori e una massa di scrittori da “sottobosco” e di aspiranti, c’è da notare che l’amichettismo ai piani alti stimola un – talvolta più ingenuo, ma del tutto analogo – amichettismo ai piani bassi. L’idea di stringersi in rapporti più autentici perché non invischiati con la gestione di poteri, reali o presunti, è subdola. E Loredana Lipperini ha ricordato l’esistenza anche del nemichettismo, che traccia ulteriori steccati, diffonde ombre e spesso veri e propri pregiudizi, intossica le relazioni umane.

Eppure, chi può permettersi a cuor leggero di giudicare i rapporti altrui? Perché non credere e anzi plaudire i rapporti di amicizia autentica? In altri termini: come gestire e difendere le amicizie, in ambito culturale, affinché non si confondano con la semplice cricca?

Per quel che mi riguarda, promuoverei in qualsiasi modo queste semplici pratiche.

Anzitutto, sarebbe opportuno giocare a carte scoperte: dichiarare l’amicizia, non nascondere i fatti e i rapporti. Portarla a tema, perché si riconosca nella sua genuinità.
Ma il primo punto ha poco senso se non comporta anche, in seconda battuta, una ricerca di moderazione e di sobrietà. Ecco, non è opportuno che le relazioni siano così stabilmente esercitate negli ambienti letterari. Con gli amici si esce anche senza un ricorrenza specifica da celebrare, ci si ritrova in occasioni informali. Anzi, due amici sono più a loro agio seduti in platea, anziché sotto i riflettori del palco.
Quando si parla dell’opera di un amico, è importante ricordarsi di argomentare. L’elogio scoperto, in fin dei conti, è poco elegante e, alla fine, poco efficace, forse persino controproducente. Il presupposto è che l’amicizia non deve impedire lo sguardo oggettivo sui testi. L’opera e l’autore vanno separati sempre, anche nel caso di un amico.
Anzi, l’amico è per certi versi la persona più esigente, il primo che ti ricorda chi sei, quanto vali, quanto puoi puntare in alto. E dunque è quello che sa criticarti con dolcezza e fermezza, in modo costruttivo, per tenerti sulla giusta strada, quando ai suoi occhi stai sbandando. “Se non hai un amico che ti critica, paga un nemico perché lo faccia”, dice il saggio.
Infine, quando si celebra un amico, quando lo si promuove, quando lo si difende, è bene dimostrare in qualche modo che lo si fa non per il bene di due sole persone o di una piccola comunità, ma per un bene comune, per valori che dovrebbero stare a cuore a tutti.
Al di là di queste e altre pratiche, poi, ci sarebbe da ricordare quanto pesi la “credibilità” che ogni singola persona si costruisce, in ogni ambito in cui si spende. Ma per non correre il rischio, anche su questo versante, di cadere nel moralismo, annotiamo soltanto l’opportunità di coltivare il senso dell’apertura al confronto, della curiosità anche verso chi non frequenta gli stessi salotti e non mette regolarmente like ai tuoi post, insomma verso chi non “fa parte del giro”. Ecco, sarebbe salutare saltare più spesso steccati, togliere tag, infrangere pregiudizi. Guardare, insieme agli amici, oltre sé stessi – dal momento che l’amico non ti ostruisce la vista sul mondo, ma semmai ne fomenta uno sguardo attento. Per esempio, promuovendo qualcuno che “non ha potere”, che non può ricambiare. Farlo solo perché si crede veramente in lui o, meglio ancora, si apprezza disinteressatamente la sua opera.

Ma a questo livello, che pure sarebbe il livello minimo per certificare la persistenza di un’autentica “tradizione letteraria”, si innescano già nuovi problemi: il rischio di dar adito, anche implicitamente, al clientelismo e suscitare nuovi pregiudizi…

Commento

Dal privato al privè il passo è breve, in realtà siamo tutti invischiati in un modo o nell’altro in una zona di compromissione generalizzata, una sorta di privè e non mi stupisce che un politico esperto e autorevole come Bersani chiamasse il partito cui un tempo apparteneva “la Ditta”, quasi fosse una sua pertinenza privata, una location di cui si ha le chiavi in tasca… in letteratura vale il principio della “Ditta” chi appartiene alla mia “Ditta” avrà degli sconti e dei lasciapassare, gli altri, chi non appartiene alla mia “Ditta”, saranno tassati ed esclusi. Questa idea della “Ditta” è qualcosa che insudicia la mente, una vera pandemia che ammorba il nostro Paese in tutti i suoi risvolti.

Le parole del direttore di “Repubblica” Maurizio Molinari ospite di Myrta Merlino a L’Aria che tira su La77: «Il 60 per cento di astensioni è un dato agghiacciante per la nostra democrazia»

«L’idea di descrivere la realtà con le battute è un modo di fare giornalismo che si commenta da sé. La realtà vera è che gli italiani hanno seguito Sanremo come fanno ogni anno, è un momento di identificazione nazionale che ha a che vedere con la tradizione del nostro Paese. In questo caso il tema sono stati i diritti ma lo è stato anche al Super Bowl. Il risultato elettorale è tutt’altra cosa. Ha a che vedere con la vittoria schiacciante di Giogia Meloni e di Fratelli d’Italia e con il dato agghiacciante dell’astensione che punisce soprattutto l’opposizione ma anche la maggioranza – ha aggiunto Molinari -. Perché nessuno è riuscito a giocare il fattore entusiasmo a proprio vantaggio. Il risultato è quello di una minor partecipazione degli italiani alla vita pubblica e quindi di una democrazia indebolita».

Anche la poesia in Italia vive da decenni in una situazione di «democrazia indebolita», ciascun attore di quel palcoscenico gioca una propria partita nella quale il criterio base è assecondare sempre la propria posizione per indebolire quella di qualsiasi altro attore considerato al pari di un usurpatore al trono di legno della auto storicizzazione.

(Giorgio Linguaglossa)

15 commenti

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15 risposte a “Andrea Temporelli, Plusvalenze letterarie ovvero Amicizia e letteratura. Oltre l’amichettismo in 5 passi, Video L’apprendista genio, corso di scrittura creativa

  1. Esempi di «nuova poesia»

    Giorgio Linguaglossa

    La regina Penelope registra un podcast per Odisseo

    «caro Odisseo,
    mi dicono che Circe ti ha piantato in asso
    s’è invaghita del Segretario di stato degli U.S. Antony Blinken…
    adesso però ha un debole per il ministro dell’Interno Piantedosi
    Continua pure il viaggio per mare
    ad Itaca c’è l’inflazione
    i prezzi dei generi alimentari sono alle stelle, il Nord Stream 1 non pompa più gas e anche ad Ogigia – mi dicono – c’è carenza di liocorni e di limoni!»

    «Se Ogigia piange, Itaca non ride! – risponde l’Eroe –
    Euriloco e gli altri marinai dell’Egeo se la spassano con le ancelle di Circe
    Dalla nave ammiraglia dei greci fuoriesce un odore di fritto misto e cannelloni»

    Il pappagallo Proust dall’attaccapanni di casa Linguaglossa, il 31 dicembre del 2022, ha così commentato le vicende post-troiane:
    «Off shore Opt-out»

    Odisseo è tornato a Itaca

    Odisseo è tornato a Itaca
    Ha messo le camicie sporche e i calzini in lavatrice
    Dicono che ha inaugurato la nuova politica di austerity
    Ha messo in piedi il Ministero della Verità ed ha istituito il Grande Fratello
    Ha avviato il compromesso storico con il partito dei proci
    Odisseo ha dichiarato di aiutare i miserelli e i menestrelli
    I critici sono utili per suonare il piffero
    I poeti sono di là, nell’anticucina, a lavare i piatti
    I filosofi sono addetti alla centrifuga
    Il Ministero della Verità controlla i passaporti, le carte di identità e le disfunzioni erettili
    Omero è un impiegato della Agenzia delle Entrate
    È addetto ai prelievi fiscali e alle onoranze funebri con il compito di accompagnare i feretri nell’ultimo viaggio per l’Ade
    Il Sig. Draghi è stato sostituito dal Sig. Lollobrigida
    Dio è stato sostituito dal Signor Piantedosi
    Il Ministro dell’Interno ha cancellato le parole «water closet» e le ha sostituite con «buco dell’ozono»
    La presidente del Consiglio Melona ha disposto che a giorni alterni analgesici e antipiretici vengano somministrati agli abitanti della Nazione in ragione dell’altezza
    In grandi quantità
    Con i tagli al reddito di cittadinanza è stato finanziato l’acquisto di milioni di rotoli di carta igienica

    Francesco Paolo intini

    LAUDATO SIA IL TORTELLINO IN SCATOLA AL MASTERCHEF

    Ma quale sliding story, il suo piatto è una merda!

    MENZIONE O MINZIONE D’ONORE?

    Sarebbe bastato fare un’aggiunta a una battuta di caccia del re Nasone
    più cruenta del solito.
    Meno cani al seguito e fagiani e corde d’impiccati
    Tutto perché non si è fatto in tempo a prenotare sulla Ferdinandea
    Dove pisciare e affogare in grande.

    SEGNALATO O SEGNATO?

    Tra le pillole rosse ce n’è una blu. Scrollare il tamburo prima dell’uso.
    La storia del giustiziere notturno tra avvertenze e indicazioni.
    Evitare in gravidanza. Potrebbe far male a Maria Carolina
    E dunque non partorire mitraglie e forche e nodi scorsoi.

    GIURIA O GIUNTA?

    Si alzi signora. Non ha mai sentito che ci sono rotule obbedienti alla 104?
    Avanzano le sedie a rotelle nell’ Asl. Proclamano indipendenza dall’osso sacro.
    Ah lazzaroni che fate al collo della Sanfelice?
    Morire a giugno è cosa possibile
    Ma vincerà la lotteria di capodanno, come piace al re.

    MOTIVAZIONE O MORTIFICAZIONE?

    Eburneo sarà lei. Il mio nome è colesterolo.
    Il vademecum parla chiaro: luna a pois prima di morire e niente filo per le sottane.
    Consulti il medico e non si faccia prendere dall’esaltazione.
    Un colpo al cuore, un altro a Leonora

    INSINDACABILE O ETERNO RITORNO?

    Un dente maledice la mascella.
    La mandibola difende la gengiva
    La carie benedice il nervo.
    -Alle pinze. Disse il dentista ma google scrisse panze
    E riempì di bolo lo schermo del computer.

    Carri, missili, aerei avanzarono sulla tastiera tranciando lettere e consonanti.
    Cosa scriveranno adesso?
    Lascia che i nervi si arrangino da soli. Tra correnti ci s’intende.
    E mentre gli ampere risalgono gli scoli
    avanza nel buio l’ascia del macellaio .

    PRIMO PREMIO O VITTORIA?

    Qui giace Tutankhamon sepolto con l’arco di Diana al mignolo
    la passione per il fucile a tromba, il coccodrillo nell’ intestino.
    Risalendo il Nilo pervenne il potenziale a una decisione.
    Meglio sarebbe non rivelare la ricetta, ma tant’è!

  2. milaure colasson

    Nel nostro Paese a “democrazia indebolita” quale poesia si può scrivere? Ditemelo voi. Se non altro che questa qui, postata sopra. Forse l’Ombra delle parole è Fuori dalla zona grigia di reciproca compromissione che vige nel Paese indebolito. Così è.

  3. In occasione del decesso del poeta Giampiero Neri avvenuta ieri, ripropongo un mio commento del
    9 giugno 2015 alle 8:24

    La Poesia di Giampiero Neri va considerata nella sua genesi storica, inserita nell’orizzonte di attese che si profilava alla metà degli anni Settanta. Ripropongo qui l’incipit di un mio articolo retrospettivo scritto dieci anni or sono ma ancora valido nelle sue linee generali:

    “Fin dall’inizio della sua produzione poetica (L’aspetto occidentale del vestito del 1976), Giampiero Neri ha optato per una poesia di «derivazione» da testi allotrii, per una poesia al grado zero della scrittura, puntando al prosciugamento del testo da ogni possibilità di significazione.
    Era ancora l’epoca delle retoriche e delle retorizzazioni che le poetiche belligeranti della post-avanguardia e le poetiche della ristrutturazione lirica nel frattempo mettevano in campo, e Neri riuscì nel suo intento di essere ascritto alla schiera degli autori «originali» o «diversi», con quel suo frasario «basso», il lessico e il tono understatement che, in un clima letterario come quello degli ultimi anni Settanta, nutrito di ideologismo e di sperimentalismo cronachistico, coniugavano l’aspetto della novità con quello di una ritrovata semplicità di dettato. Neri metteva in atto un’opera di disboscamento e di diserbamento stilistico con meticolosa e tenace rettilineità, che si è mantenuta integra fino a quest’ultimo libro, dal titolo un po’ insolito, di Armi e mestieri (2004). Laterale alla linea lombarda, in realtà Giampiero Neri ne ha prefigurato e anticipato gli esiti verso il minimalismo egemone. Se gettiamo un’occhiata alle date di apparizione del primo libro (1976), vedremo che Neri può essere considerato un battistrada della linea del «piccolo canone»: in ambito milanese. Nel 1976 appaiono Il disperso di Maurizio Cucchi e Somiglianze di Milo De Angelis; in ambito romano, nel 1974 esce di Patrizia Cavalli Le mie poesie non cambieranno il mondo, Area di rigore di Valentino Zeichen e, nel 1980, Ora serrata retinae di Valerio Magrelli, opere tutte che si inseriscono in un ambito e in un clima cultural-poetico di marca scettico-urbana che predilige le tematiche della rappresentazione delle periferie suburbane, le poetiche degli oggetti della nuova realtà postindustriale, nuovi modelli rappresentativi come il «giallo» applicato al discorso poetico, la ricomposizione dell’io lirico in un orizzonte scettico-privato etc. Siamo già entrati in quel clima di scetticismo diffuso e «riduzionistico» che ha avallato e favorito l’affermarsi del minimalismo, dove al riduzionismo delle tematiche corrispondeva un riduzionismo stilistico e allo scetticismo gnoseologico corrispondeva un rifiuto, una neutralità verso il pensiero estetico del Novecento e una neutralità verso i contenuti stilistici della Tradizione. Rifiuto e neutralità verso ogni ipotesi di «poetica», considerata con sospetto dopo il diluvio di teorizzazioni del post-sperimentalismo della generazione del ‘68.

    Indubbiamente, oggi le priorità della poesia italiana sono cambiate, dinanzi alla diffusione a macchia d’olio della narratività, credo che oggi si riproponga, anzi, sia diventata attuale, l’esigenza di una uscita di sicurezza dalla narratività diffusa che, così come si è solidificata in Italia, sembra aver esaurita la sua forza propulsiva.

  4. L’articolo sulle plusvalenze letterarie di Andrea Temporelli è quanto mai pertinente .Niente di quello che dice ci risulta nuovo, ma vedere illustrati, nero su bianco, certi rapporti tra amicizia e letteratura fa un certo effetto. Feci un gioco analogo tempo fa scoprendo recensioni amichevoli incrociate in poesia. Tuttavia, oltre agli esempi di amichettismo tra autrici non dimentichiamo quelli tra autori. Il problema è che il fenomeno, nel nostro Paese, deborda e invade anche le cariche politiche, le aziende, gli ospedali, il mondo dello spettacolo… Si tratta di un male italiano, pervasivo, difficile da sradicare. Concordo con i cinque passi correttivi, molto raramente praticati. Per quanto riguarda la parola ‘ amico’ possiamo dire che i social ne hanno alterato il significato .

  5. Mi riferisco a questo brano dell’articolo sulle plusvalenze nel campo della letteratura di Andrea Temporelli :”[…] a livello linguistico, abbiamo un problema, nella lingua italiana. La parola amicizia è diventata terribilmente ambivalente[…].”
    Goethe lo ha risolto svariati anni fa, ed è
    Wahlverwandtschafte,
    in italiano “Le affinità elettive”, con tutto ciò che le affinità elettive comportano e affermano, anche in letteratura, fra le persone che agiscono in un comune perimetro o in una comune porzione dell’universo. Il resto attiene alla Sociologia della letteratura e più precisamente alla produzione culturale a partire dalla società di massa. Più volte sull’Ombra delle Parole in tanti e in tante abbiamo detto la nostra e senza peli sulla lingua su quelli che hanno scritto versi non già nella scuderia ma nella “stalla” dello Specchio Mondadori.

  6. Che cos’è un dispositivo poietico?

    Un dispositivo poietico è una costellazione di categorie retoriche ed ermeneutiche in atto in un testo.
    La poesia di oggi, dopo la fine del post-moderno, non può non recepire la riterritorializzazione del trash e del kitsch, non può non prendere atto della spazzatura… non può non de-territorializzare, de-costruire, de-rottamare il già rottamato, il già costruito, il già territorializato, la spazzatura della cultura oggi diventata cultura del trash e del pacchiano.
    Il genere lirico, il gusto euforbito ed eufonico è diventato trash e kitsch, pacchianeria dello spirito, furfanteria di manigoldi…
    La poesia consapevole di oggi non può non riterritorializzare frammenti, tracce, orme, lessemi, impulsi, abreazioni, rammemorazioni, idiosincrasie, tic, vissuti, dimenticanze, obblivioni; attaccare post-it e segnalibri, segnali semaforici e somatizzazioni, pixel, trash, pseudo trash, codicilli… questo spetta all’arte, è compito dell’arte senza più voler sondare chissà quali profondità metafisiche; in fin dei conti, tutte le tecniche sono parenti strette della Tecnica con la maiuscola che afferisce al Signor Capitale e ai suoi epifenomeni: gli esseri umani, gli acquirenti consumatori di merci sono epifanomeni del Capitale. Il Capitale pensa, sa, ma l’arte se ne è consapevole, dismette gli abiti di scena, adotta la strategia del camaleonte, si mimetizza tra gli oggetti, vuole essere un oggetto più oggetto di altri, da usare e gettare via; vuole essere un oggetto meno oggetto di altri, vuole essere un conglomerato di orme, di tracce, di scritture erase, di oggetti scomparsi, luminescenze, rifrazioni di oggetti sprofondati in chissà quale superficie…

  7. POLITTICO

    Passano sei mesi.

    Cambia il regime, le sigarette fanno male.

    Mare-shallo – italo-milanese. Le scarpe a punta.

    – Cantami Gracchiar di raganelle.

    Si ripresenta. Bussano. – Sono il tuo cervello;
    mascherato, clessidra romana.

    – Surreale
    come pera tolta dall’albero.

    Non ha punto d’arrivo,
    l’eterno ritorno.

    Ombra del tempo.

    LMT

  8. raffaele ciccarone

    Eppure il ramarro non ci crede senza Qr code

    Scottato il grillo con scrollo di gas acetico
    Tempo a vista di pass e QR code per Parigi
    Le pillole si sprecano dentro il Can Can
    Sebbene Carolina ci tenga

    Legnoso oltreoceano il gas consunto
    Sia nei rami senza piperita che nello
    Scrollo del fotone isotermico questo
    Questo nel giusto rigore pur rilasciando
    Soprassedendo su tutto

    Soprattutto le fabule di fabule
    A basso contenuto glicemico nel profumo
    In conditio sine qua non produce
    Illusioni dell’alluce nell’idea di quel Foglio A4

    Per giunta nell’opinato algoritmo
    Pullulano le plusvalenze amichevoli
    In bonis or for penalty per ben 15 punti
    Di puro ostracismo esiziale d’acchito
    In primis senza bitter

    by r. c.

  9. «L’artista gioca con le ritenzioni secondarie del suo pubblico attraverso i concatenamenti di ritenzioni primarie che articola sotto forma di un dispositivo di ritenzione terziaria… L’artista persegue in questo modo la realizzazione di esperienze estetiche sempre singolari, nella misura in cui queste permettono la proiezione dell’inatteso che sostiene ogni attesa (ciò che Eraclito chiama l’insperato, anelpiston), e che, per essenza, genera del nuovo che sempre rinasce, per quanto celato possa essere nell’arcaico, nel più antico: nel “pulsionale”.
    Sollecitando e sommuovendo il fondo punsionale, gli oggetti temporali audiovisivi hanno una efficacia simbolica senza precedenti. L’industria culturale audiovisiva, però, tende a sostituirsi all’artista, nella produzione dei concatenamenti ritenzionali terziari, in modo da provocare delle ritenzioni secondarie collettive omogenee. Queste determinano di fatto la perdita della singolarità delle coscienze, omologando sguardi e comportamenti. Si produce in tal senso una massiva standardizzazione dei comportamenti di consumo… al punto che la singolarità individuale scompare e, alla fine, il narcisismo primario, ovvero la condizione del desiderio, collassa».1

    «Non vedo ciò che non mi aspetto. E tuttavia accade che io attenda dell’inatteso: come spiegare questo fatto?»2

    1 Bernard Stiegler, La miseria simbolica 1. L’epoca iperindustriale. Meltemi, 2021, pp. 136-137
    2 Ibidem p. 133

  10. Mentre il moderno “brucia” esaurendo così l’istanza del nuovo, il postmoderno insegna il riutilizzo indiscriminato di antico e moderno (tra cui anche il simbolico). E reinventa l’ordinario.

  11. Il simbolico – cui appartiene la metafora – è da intendersi come complicazione. Ma l’enigma non ha a che fare con l’enigmistica. Quindi, starci attenti. All’IA, intelligenza artificiale, servono concetti già elaborati: non può generare domande, può solo dare risposte.

  12. Meglio amici che amichettisti 😉

  13. In tempi che vedono il calcolo trionfare ovunque non mi meraviglia di questa riduzione dell’amicizia a Like. Chissà se Niso, vedendo l’amico fraterno circondato dai nemici, avrebbe fatto marcia indietro. C’è da credere che si sarebbe limitato a filmare di nascosto con un cellulare la sua dipartita e a divulgarla in rete. Il ricavo di solidarietà sarebbe stato pari ai Like spendibili a loro volta sul mercato dell’esserci, del far parte di una cerchia di Soli, amichetti di stelle doppie e stelle nane e gigantesse. Gli altri possono al massimo aspirare a un Giove, destinato comunque a girare attorno, privo di luce propria. Ai primi la solennità della TV, della citazione da parte del vip, la presentazione dell’ultimo libro, agli altri men che strame. Che fare dunque? Navigare in questo mercurio libero dal termometro, dove un coccio rotto non combacia con l’altra metà del coccio semplicemente perché è parte di un superpuzzle dove Guernica è un Ready made e l’arte poetica un tentativo di assemblaggio di immondizia. Sulla riva opposta ci sono demoni che non fanno passare nessuno, manco a chiamarsi Dante.

    IL FATTO RIEMPIE LE BOTTIGLIE LANCIANDOSI CONTRO UN MURO

    La notizia ha i baffi della gioconda ma si depila ed è tutto ok.
    A tressette è una vera pippa. A scopone perde le staffe.

    Vieni a San Pasquale. C’è un Re nero che gioca da Dio
    E un coccodrillo che soccombe a uno gnu.

    Questa notte è venuto a mancare sua eccellenza il Carbonio.
    Sulla sua statua piscia l’ internazionale.
    Ma è stato un ictus a travolgere i suoi quark
    E ora un piccone in meno s’aggira per l’Europa.

    Bakunin sposta Idrogeno dal piedistallo
    Senza far rumore, soltanto un po’ d’ acqua scorre dai polsini
    per la voglia di discendere da qualcuno
    forse un cammello o un esattore.

    Il Piombo ha voluto ali di farfalla e chiude il bozzolo con uno scacco.
    Dice che filerà seta per un ragno del bosco.
    D’ora in poi racconterà fiabe nei supermercati.
    Della zucca che nutre Edipo
    Del verme che fa la sfinge e non si fa beccare.
    Materia prima che non c’è.

    E dunque cari miei se il cervo dà la caccia al lupo alfa
    l’Oganesson proclamerà lo sciopero dei metalli.

    Ghigliottina attende un gallo di zolfo.

    Tutti contro il mercurio. Mente liquida ormai esaurita.
    Troppa volontà che spacca i termometri
    Inadatta a sopportare il carcere a vita.

    Saint-Just proclama la fine della tabella al muro.
    Ed è meglio così, senza lutto, senza eredi
    Dissolto tra fumi di brodo come il signor Capeto

    (F.P.Intini)

  14. Soltanto alcune Domande all’interno di una Domanda: Quando nasce un nuovo linguaggio?

    Uno stile nasce nel momento in cui una nuova «autenticità» ha derubricato e sostituito la vecchia. Un nuovo linguaggio emerge quando il vecchio è andato in pensione. È la forza del «nuovo» quello che spezza il tegumento della normologia. Non c’è un nuovo stile senza una nuova posizione di poetica. Uno «stile derivato» è uno stile che sopravvive parassitariamente e aproblematicamente sulle spalle di una tradizione stilistica. Gran parte della poesia contemporanea eredita e adotta uno «stile derivato», un mistilinguismo (alla Jolanda Insana) composito, aproblematico e apocritico che può perimetrare, come una muraglia cinese, qualsiasi discorso, qualsiasi chatpoetry. Che cos’è la chatpoetry? È lo stile attiguo a quello dei pettegolezzi privati delle rubriche di informazione e intrattenimento dei rotocalchi, del genere dei colloqui da salotto piccolo borghese televisivo intessuto di istrionismi, quotidianismi e cabaret. Vogliamo dirlo con franchezza? Quanti libri adottano, senza arrossire, il modello televisivo del reality-show? Quanti autori adottano un idioletto acritico e gratuito? Quanta poesia e narrativa di oggi si comporta in base al concetto di realpolitik del politico maggioritario? Quanta poesia e narrativa si adatta al liquido di contrasto idiolettico che oscilla tra chatpolitic e reality show? Quanta poesia in dialetto è scritta dentro un frigorifero in un idioletto incomprensibile e arbitrario? E dove lo mettiamo il mito della lingua dell’immediatezza? Il mito della incomprensibile? Quanti truismi sono stati scritti sulla lingua dell’infanzia quasi essa avesse un diritto divino di primogenitura in quanto lingua «matria» particolarmente adatta alla custodia dell’autenticità?

    Oggi dovremmo chiederci: quanta poesia neodialettale del tardo novecento fuoriesce dalla forbice costituita dalla retorica oleografica e dal folklore applicati al dialetto? Quali sono (alla fine del post-moderno) le basi filosofiche che giustificano l’applicazione dello sperimentalismo al dialetto? Che senso ha, dopo la fine della cultura dello sperimentalismo, applicare la procedura sperimentale al dialetto come hanno fatto Franco Loi, Cesare Ruffato e altri innumerevoli epigoni? Ha ancora un senso il «mistilinguismo» di Jolanda Insana? Ha ancora senso adoperare la categoria della «Bellezza» avulsa dal contesto della «non-bellezza»? E l’«autenticità»? Ha ancora senso parlare di «Bellezza» e di «autenticità» in mezzo alla «chiacchiera» della falsa coscienza? Si può ancora parlare della «Bellezza» in mezzo alla estraniazione del mondo delle merci e dei rapporti umani espropriati?

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